ANNA' A MYKONOS COR COPRIFUOCO E' COME PORTASSE LE PASTICCHE A 'N CONCERTO DE CRISTINA D'AVENA

La scorsa settimana la BCE ha annunciato la nuova politica monetaria e un nuovo obiettivo di tasso d’inflazione,
unica sua guida dato che, caso unico al mondo, la BCE non ha un obiettivo di tasso di disoccupazione.


Quindi cosa c’è di nuovo?

“Appena sotto il 2 per cento”, la formulazione del 2003, è stata sostituita da “2 per cento”.

Nel testo si fa anche riferimento alle conoscenze acquisite da allora sulla gravità della paralisi della politica monetaria
che può verificarsi quando l’inflazione scende troppo.

Quindi “la stabilità dei prezzi si mantiene meglio puntando a un obiettivo d’inflazione del 2% nel medio termine”,
il che significa che, nel breve termine, questo obiettivo può anche essere superato.


Quindi la BCE si è data un obiettivo leggermente più flessibile rispetto a prima,
con la possibilità di superamento della soglia per un breve periodo, diciamo qualche trimestre.


Che strumenti ha a disposizione la banca centrle per centrare l’obiettivo?

Eccoli:
  • tassi di riferimento (deposito, rifinanziamento etc);
  • le indicazioni strategiche di politica economica;
  • le operazioni di rifinanziamento;
  • gli acquisti di asset, che negli ultimi anni sono state le operazioni più utilizzate, anche per controllare i livelli di debito.

Questi strumenti non sarebbero stati utilizzati nel 2003 , ai primordi dell’Euro.

Adesso invece, passo passo, sono diventati quasi comuni.

Chi avrebbe pensato al QE del PSPP nel 2003, per non parlare poi dell’enorme PEPP.

Ora queste cose sono diventate quasi comuni.


Ci si potrebbe chiedere:

la Bundesbank e la Banca Centrale dei Paesi bassi, i cani da guardia, con gli austriaci, della rigidità nell’area euro,

come hanno potuto accettare questi cambiamenti nella politica economica ?



Da un lato una serie di emergenze, a partire dalla crisi del debito al Covid,
hanno indicato come una politica economica troppo rigida fosse controproducente per le stesse economie di questi stati,
dall’altro hanno ottenuto anche qualcosa in cambio:


ad esempio la BCE sta per introdurre un indice speciale che tiene conto dell’andamento dei valori immobiliari,

indicatore che però rimarrà separato dal tasso d’inflazione, pur dando dei dati che comunque saranno considerati.

Questo però potrebbe portare a un’ulteriore spaccatura fra paesi con valori immobiliari in crescita (Olanda e Germania) e altri con valori in calo o stabili (Italia).



Il problema è che la politica monetaria della BCE avrà salvato nel breve termine l’euro,

ma non ha cancellato, anzi ha accentuato, i contrasti economici fra i vari paesi della BCE.


Il tasso di equilibrio dell’area euro,

quello che permette da un lato una crescita minima,

dall’altro la sopravvivenza della moneta unica,

e dall’altro ancora il non fallimento degli stati,

è ormai così basso da essere negativo,

il tutto senza però nessun vero ammodernamento delle strutture della UE e o degli stati nazionali.


Gli interessi di inflazione potranno essere anche sopra il 2%, ma i problemi sono tutti li.
 
La caffeina proviene dal tè, dal caffè o dal consumo di bibite che lo contengono
come le varie cole, oppure energetiche.

Bisogna prendere un attimo di pausa dalle informazioni pesanti, economiche o politiche,
vediamo quali siano le fonti di caffeina prevalenti paese per paese, con qualche sorpresa.


L’esame della diffusione regionale ci mostra alcune prevedibili roccaforti della caffeina.


Coffee-vs-Tea-vs-Soft-Drinks-caffeine-map-full.jpg




Il tè era la bevanda preferita di molti paesi nella maggior parte dell’Asia, tra cui Cina, India, Indonesia e Giappone.

Ma ha anche mostrato un forte punto d’appoggio in Africa, poiché il Kenya è il più grande esportatore di tè nero al mondo,
e in Europa, dove Turchia, Irlanda e Regno Unito sono i primi tre paesi consumatori di tè pro capite.


Il caffè era la bevanda a base di caffeina più preferita in un certo numero di paesi europei, compresi tutti i paesi nordici.
È anche la bevanda preferita in Canada, Corea del Sud e Brasile, questi ultimi due sono gli unici paesi in Asia e Sud America a preferire il caffè.


Forse la cosa più sorprendente è la preferenza globale per le bevande analcoliche.
Gli Stati Uniti e la maggior parte dell’America Latina hanno consumato in modo schiacciante bevande analcoliche
rispetto ad altre bevande alla caffeina, così come le Filippine, la Thailandia e l’Australia.

Anche in Europa, alcuni paesi che sono forti bevitori di caffè come l’Italia e la Svizzera
hanno acquistato più bibite che caffè con margini ristretti.


L’influenza della coca cola sul dibattito tra caffè, tè e bevande analcoliche.

Sebbene la mappa globale della preferenza per la caffeina appaia a prima vista specifica per regione, ci sono alcune notevoli influenze commerciali in gioco.

La proliferazione di bevande analcoliche in America Latina è in gran parte dovuta al potere della Coca-Cola.

Il Messico, il paese che preferisce maggiormente le bevande analcoliche alle altre bevande,
è anche il più grande consumatore mondiale di Coca-Cola pro capite.

La Coca-Cola ha anche raggiunto ben oltre i confini degli Stati Uniti, dove è nata,
diventando una bevanda base in molte parti d’Europa, Australia e Asia.


Questo potere dei marchi si estende anche al caffè.

Molti paesi che preferiscono il caffè in realtà si sono orientati maggiormente verso gli acquisti di caffè istantaneo
rispetto al caffè appena preparato, un segno dell’influenza duratura del marchio di caffè istantaneo di Nestlé, Nescafé.

Però è importante notare che molti paesi non sono rientrati nella classifica
e che gli acquisti di caffeina non fanno distinzione tra ogni singola possibile bevanda a base di caffeina.

Esistono molti tipi diversi di caffè, tè, bevande analcoliche e persino erba mate tra cui i consumatori possono scegliere.


Come istantanea del consumo globale di caffeina,
ricordo che lo stimolante psicoattivo più comunemente consumato al mondo viene assunto in molte forme diverse.


Sia nel corso della storia, sia nei tempi moderni.
 
Se si esprime un ruolo in un potere democratico,
in una nazione dove si è cercato di tutelare le libertà personali, nel limite delle possibilità,
dove privatamente è possibile esprimere qualsiasi opinione senza andare in prigione
(i mass media sono purtroppo una cosa diversa), allora bisogna avere un po’ di cautela.

Se il presidente della Commissione esteri del Senato si permette di appoggiare una delle dittature comuniste più brutali del mondo,
allora il cittadino è autorizzato a ritenere che questa persona, ed alla parte politica che lo difende, non abbia per niente a cuore le libertà personali ed i diritti civili.


Questo è quello che è accaduto con il presidente della commissione esteri del Senato, Vito Petrocelli,
che mostra il suo appoggio a un articolo pubblicato dall’organo di stampa del governo cinese, del PCC,
dove si invoca un “Re bilanciamento” nella discussione politica sullo Xinjiang.

Il paper, scritto da un accademico italiano, mostra quanto il denaro cinese riesca a penetrare il mondo accademico occidentale.

Del resto non c’è professore universitario che non sia sensibile alla giusta pressione economica.


petrocelli-1.png




Cosa dice l’articolo?

In soldoni che si la Cina avrà represso gli Uiguri nello Xinjiang, ma lo ha fatto a fin di bene, per l’avanzamento economico della regione.

Alla fine cosa volete che sia qualche decina di migliaia di persone nei campi di lavoro e rieducazione,
a fronte dell’avanzamento economico della regione?

Come cosa volete che sia la galera per qualche decina di migliaia di seguaci di Falun Gong,
il ramo del credo buddista che si era diffuso in Cina prima di una violenta repressione, nei confronti del partito comunista cinese?

Alla fine cosa volete che siano i diritti umani, le vite delle persone, nei confronti del potere (e del denaro…) del partito Comunista Cinese.?


Le parole elogiate da Petrocelli sono al livello, anzi peggiori, dei discorsi delle potenze coloniali europee del XIX secolo.


Non volendosi perdere nulla, e seguendo l’esempio di Grillo,
Petrocelli difende il governo comunista di Cuba, fatto che, se confrontato a quanto scritto sulla Cina, sembra quasi un peccato veniale.



petrocelli-2.png



Questo può essere il presidente della commissione esteri del Senato del Hebei,
di una regione governata dal partito unico, non può essere i presidente di una commissione di una camera democraticamente eletta.


Perfino quando vi era l’URSS si tenevano maggiori attenzione e rispetto per la democrazia,
quella vera, che lo ha portato alla posizione che tiene.
 
Buffoni in libreria e giornale del terrore.


«Il Green pass non solo deve diventare obbligatorio per i ristoranti al chiuso,
ma anche per i mezzi di trasporto pubblico come autobus e metropolitana.

Dal punto di vista tecnologico, non è impossibile applicare questa necessaria misura.
Non possiamo obbligare le persone a vaccinarsi,
però chi non lo vuole fare avrà meno opportunità o, quanto meno,
dovrà eseguire un tampone antigenico ogni volta che vorrà frequentare luoghi affollati o usare i mezzi pubblici»
.

A suggerirlo è Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, in un’intervista a Il Messaggero.

Dalla pandemia, spiega,

«ne usciamo soltanto se siamo razionali.
La razionalità dice che dobbiamo vaccinare a tutto spiano, perché così evitiamo malattia grave e morti. Altrimenti ne usciamo nel 2024».

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«È ragionevolmente certo che i numeri dei contagi aumenteranno nelle prossime settimane,
perché la variante Delta è più contagiosa di quella Alfa e sappiamo che entro fine agosto diventerà prevalente.
Non avremo però un grande impatto sugli ospedali perché abbiamo una rilevante quota di popolazione vaccinata».

Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, su Radio Cusano Campus.

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La possibilità di un’«ondata estiva» del virus «credo che debba preoccupare chiunque abbia responsabilità
e un po’ di senno ma, di fronte a un aumento di contagi, l’importante è che non ci siano aumenti di ospedalizzazioni gravi e di decessi».

Così il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, a Radio 24.

«Bisogna vaccinare il maggior numero di persone possibile questa è la vera sfida», osserva Bonaccini

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«Sapevamo che questo virus ci avrebbe tenuto compagnia per diverso tempo,
ma non pensavo che riprendesse così in fretta a determinare una quota così alta di contagi.
Non bisogna fare come Johnson che, in modo improvvido, ha detto dal 19 luglio Freedom day,
ma fare in modo che ci siano delle attenzioni in particolare situazioni di assembramento
e portare con sé la mascherina un po’ come gli occhiali da sole, utilizzandola quando serve».

Così il virologo Fabrizio Pregliasco su Cusano Italia Tv.
«Purtroppo le varianti sono all’ordine del giorno di questo tipo di virus e la delta ha queste caratteristiche
di maggiore carica virale e di maggiore facilità nell’infettare i più giovani, conseguentemente anche una più ampia diffusione.
L’elemento positivo che vedo in Italia, come in Inghilterra e Israele che hanno vaccinato prima di noi,
che a fronte di un incremento dei contagi si vede solo una piccola quota di casi gravi».

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Si andrà in zona gialla se l’occupazione delle terapie intensive è superiore al 5% dei posti letto a disposizione
e se quella dei reparti ordinari supera il 10%.


Sarebbe questa, secondo quanto si apprende da diverse fonti di governo e delle regioni,
l'ipotesi alla quale si sta lavorando per rivedere i parametri del monitoraggio con il quale vengono attribuite le fasce di colore alle regioni.
La cabina di regia con il premier Mario Draghi e le forze di maggioranza
per discutere del cambio dei parametri per i colori delle regioni e della possibile estensione dell’obbligo del green pass
dovrebbe tenersi mercoledì mattina e, sempre nella stessa giornata, potrebbe tenersi un Consiglio dei ministri.

La cabina di regia non è stata ancora convocata.
 

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