APRIAMO GLI OCCHI PER NON DOVER APRIRE IL...

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Buongiorno a tutti.
premessa: dando per assodato che i numeri di questa pandemia inventata sono falsi....domanda: perchè non riaprire tutto senza distinzione e come va va?
 
Argomentazioni:
Le ultime due testate citate sono Gasp e Imolaoggi........ altro che il FinancialTimes !!

Mi fate sbellicare ! :jolly:
 
Tachipirina e vigilante attesa.

Eccone un altro che sballa.
Parlare di "curare" ? No, vero ?


A rischio, ora e nel prossimo autunno, sono soprattutto gli over 60 non vaccinati,
come ha ribadito il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri:

“Queste persone corrono un rischio per loro stessi, non solo per la società.
A ottobre ci sarà una recrudescenza della circolazione del virus e, purtroppo, con questa circolazione,
anche se non paragonabile allo scorso anno, in ospedale andrà prevalentemente chi non si è vaccinato. Ed è un rischio troppo alto”.


“Il rischio è che avremo i bambini più piccoli non vaccinabili, perché non c’è un vaccino per loro,
poi avremo una fascia di persone sopra i 60 che non si è vaccinata,
con la possibilità di infezione che passa dai bambini ai nonni non vaccinati
che poi vanno in terapia intensiva e muoiono. Oggi morire di nuovo Coronavirus, avendo un vaccino, è una stupidaggine.
Con la vaccinazione le possibilità di morte sono vicinissime allo zero”,

dice senza mezzi termini.
 
Il possibile ritorno alla Lira continua ad essere un argomento attuale,
ma spesso si omette di specificare quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi
per l’economia italiana e il relativo impatto sui maggiori indicatori macroeconomici.


Si discute sul fatto che il ritorno alla Lira possa essere un’ancora di salvezza per il Bel Paese,
facendolo tornare ad avere un’economia florida basata sull’industria e sulla produzione manifatturiera.


Gli esperti di Money.it hanno ipotizzato uno scenario, definendone dinamiche e conseguenze,
partendo dall’ipotesi che non sia l’Italia ad uscire dall’Euro ma l’area Euro,
minacciata da choc esterni e interni di grave intensità, a disgregarsi.


Data tale ipotesi si sviluppa lo studio con il fine di comprendere cosa accadrebbe in tale contesto,
sorvolando su eventuali default a catena dei Paesi dell’area Euro.


Moneta svalutata e inflazione gestibile
L’Italia esce dall’Euro e torna alla Lira in un contesto in cui l’Eurozona non esiste più.
Il primo effetto è l’innalzamento dell’inflazione dovuto al ritorno di una moneta fortemente svalutata
e di una crescita del PIL che nel medio periodo torna e in maniera più consistente rispetto ai dati attuali.


Questo perché, con il ritorno alla Lira svalutata a livelli congrui per l’economia,
riparte l’industria che può così esportare molto più di quanto faccia adesso
e tornare ad avere così un contributo positivo netto dalla domanda estera sulla bilancia commerciale italiana
- dinamica che adesso, nonostante la svalutazione dell’Euro, non avviene.



È vero che si pagherebbe di più per i materiali di produzione, a causa della svalutazione della moneta,
ma è vero anche che una classe dirigente capace potrebbe evitare il peggio liberalizzando il mercato,
aumentando la concorrenza e alimentando l’abbassamento dei prezzi.

Tornando alla moneta originaria, lo Stato può far leva sul tasso di cambio
decidendo di svalutare e rivalutare la moneta a seconda delle necessità, cosa che ora non accade.



Salgono la produzione industriale e l’export
La produzione industriale ripartirebbe, causando non pochi problemi a chi invece ha beneficiato dell’Euro come la Germania,
che ha preventivamente sussidiato le imprese avvantaggiandosi in un secondo momento
e diventando così leader indiscussa delle esportazioni in Europa a scapito di Paesi come l’Italia,
un tempo seconda in Europa per la sua produzione industriale.


Migliora la distribuzione dei salari
La bassa inflazione dovrebbe spingere la spesa dei consumatori.
Con il ritorno alla Lira, i salari nominali crescono ma il potere d’acquisto scende (la moneta vale meno).


Mentre con l’ingresso dell’Euro le quote salariali sono tornate pari a quelle degli anni ‘60.


L’ingresso nell’Euro ha compromesso la distribuzione della ricchezza,
una dinamica che, invece, non si verificava quando l’Italia poteva decidere indipendentemente la propria politica economica.



Aumenta l’occupazione
Lo Stato, se lasciato agire - con il presupposto di avere una buona classe dirigente -
può contrastare il fenomeno inflattivo incidendo sui prezzi (nel breve questa è la parte “dolorosa” per l’economia, un aspetto che approfondiamo più avanti),
o incentivando l’aumento dei salari o ancora facendo leva sulla produzione di moneta.


Rimanendo nell’ambito dell’occupazione, con la disgregazione dell’Euro dovrebbe beneficiare di un aumento.
La Germania, con l’enorme surplus commerciale che ha, vedrà il Marco rivalutarsi
mentre gli Stati vicini cominceranno a svalutare la moneta il più possibile per rilanciare, come detto prima, l’export.


Di conseguenza, aumenta l’export, aumenta la produttività, le aziende crescono e aumenta l’occupazione.


E non di poco conto. Con il ritorno alla lira si potrà "stampare moneta".
 
Il possibile ritorno alla Lira continua ad essere un argomento attuale,
ma spesso si omette di specificare quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi
per l’economia italiana e il relativo impatto sui maggiori indicatori macroeconomici.


Si discute sul fatto che il ritorno alla Lira possa essere un’ancora di salvezza per il Bel Paese,
facendolo tornare ad avere un’economia florida basata sull’industria e sulla produzione manifatturiera.


Gli esperti di Money.it hanno ipotizzato uno scenario, definendone dinamiche e conseguenze,
partendo dall’ipotesi che non sia l’Italia ad uscire dall’Euro ma l’area Euro,
minacciata da choc esterni e interni di grave intensità, a disgregarsi.


Data tale ipotesi si sviluppa lo studio con il fine di comprendere cosa accadrebbe in tale contesto,
sorvolando su eventuali default a catena dei Paesi dell’area Euro.


Moneta svalutata e inflazione gestibile
L’Italia esce dall’Euro e torna alla Lira in un contesto in cui l’Eurozona non esiste più.
Il primo effetto è l’innalzamento dell’inflazione dovuto al ritorno di una moneta fortemente svalutata
e di una crescita del PIL che nel medio periodo torna e in maniera più consistente rispetto ai dati attuali.


Questo perché, con il ritorno alla Lira svalutata a livelli congrui per l’economia,
riparte l’industria che può così esportare molto più di quanto faccia adesso
e tornare ad avere così un contributo positivo netto dalla domanda estera sulla bilancia commerciale italiana
- dinamica che adesso, nonostante la svalutazione dell’Euro, non avviene.



È vero che si pagherebbe di più per i materiali di produzione, a causa della svalutazione della moneta,
ma è vero anche che una classe dirigente capace potrebbe evitare il peggio liberalizzando il mercato,
aumentando la concorrenza e alimentando l’abbassamento dei prezzi.

Tornando alla moneta originaria, lo Stato può far leva sul tasso di cambio
decidendo di svalutare e rivalutare la moneta a seconda delle necessità, cosa che ora non accade.



Salgono la produzione industriale e l’export
La produzione industriale ripartirebbe, causando non pochi problemi a chi invece ha beneficiato dell’Euro come la Germania,
che ha preventivamente sussidiato le imprese avvantaggiandosi in un secondo momento
e diventando così leader indiscussa delle esportazioni in Europa a scapito di Paesi come l’Italia,
un tempo seconda in Europa per la sua produzione industriale.


Migliora la distribuzione dei salari
La bassa inflazione dovrebbe spingere la spesa dei consumatori.
Con il ritorno alla Lira, i salari nominali crescono ma il potere d’acquisto scende (la moneta vale meno).


Mentre con l’ingresso dell’Euro le quote salariali sono tornate pari a quelle degli anni ‘60.


L’ingresso nell’Euro ha compromesso la distribuzione della ricchezza,
una dinamica che, invece, non si verificava quando l’Italia poteva decidere indipendentemente la propria politica economica.



Aumenta l’occupazione
Lo Stato, se lasciato agire - con il presupposto di avere una buona classe dirigente -
può contrastare il fenomeno inflattivo incidendo sui prezzi (nel breve questa è la parte “dolorosa” per l’economia, un aspetto che approfondiamo più avanti),
o incentivando l’aumento dei salari o ancora facendo leva sulla produzione di moneta.


Rimanendo nell’ambito dell’occupazione, con la disgregazione dell’Euro dovrebbe beneficiare di un aumento.
La Germania, con l’enorme surplus commerciale che ha, vedrà il Marco rivalutarsi
mentre gli Stati vicini cominceranno a svalutare la moneta il più possibile per rilanciare, come detto prima, l’export.


Di conseguenza, aumenta l’export, aumenta la produttività, le aziende crescono e aumenta l’occupazione.


E non di poco conto. Con il ritorno alla lira si potrà "stampare moneta".
e i mutui? e tutti gl'impegni/debiti da restituire?
 
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cercheremo di spiegare quello che è definito come il “Great Reset”, il “Grande azzeramento”,
in parole il più possibile semplici e adatte a non cospiratori.

Una volta spiegato lasceremo che il lettore si faccia la propria matura opinione e decida cosa pensare e se pensarlo.

Noi, per fortuna, non siamo giornalisti pagati da Gedi né da altri gruppi imprenditoriali
per cui possiamo permetterci di presentarvi le cose e lasciare che voi decidiate.

Tra l’altro lo scrivente è di natura scettico, ma non per questo ignora fenomeni comunque interessanti.


Iniziamo a dire che il termine “Great Reset”, “Grande Azzeramento” come manovra della grande economia è quanto mai azzeccato.

Il termine viene usato dal distillato massimo della finanza e dei poteri elevati,
dato che è un termine diffuso dal World Economici Forum, cioè da quelle umili persone che organizzano Davos.

Per loro il Great Reset è “Una finestra di opportunità per riplasmare la ripresa post Covid definendo le priorità etc ”

Già il fatto che gli “Stackeholders”, i “Portatori di interessi,” nominati da nessuno,
si arroghino pubblicamente di decidere i destini del mondo
dovrebbe far rabbrividire la gente e spingere l gente in piazza con torce e forconi, ma sorvoliamo.


Se usciamo dalla versione edulcorata di Davos passiamo a come viene inteso il termine comunemente abbiamo una musica completamente diversa.


The Great Reset è un progetto ampiamente finanziato, incredibilmente ambizioso,
coordinato a livello internazionale, guidato da alcune delle più grandi multinazionali
e attori finanziari del pianeta e portato avanti da organismi statali e ONG cooperanti.


La sua anima è una combinazione di fantascienza dell’inizio del XX secolo, idilliaci manifesti sovietici,
l’ossessività di un contabile squilibrato con una dipendenza dal gioco d’azzardo
e una versione digitale aggiornata di “Manifest Destiny” “Destino manifesto”.


La ragione matematica delle élite per il Great Reset è che grazie alla tecnologia
il pianeta è diventato piccolo e il modello economico di espansione infinita è fallito,
ma ovviamente i super ricchi vogliono continuare a rimanere super ricchi, quindi hanno bisogno di un miracolo,
un’altra bolla, oltre a un sistema chirurgicamente preciso per la gestione di ciò che percepiscono come “le loro risorse limitate”.

Quindi, vogliono disperatamente una bolla che fornisca nuova crescita dal nulla – letteralmente –
mentre contemporaneamente cercano di stringere le cinture dei contadini,
uno sforzo che inizia con la “modifica comportamentale”,
ovvero il ripristino del senso di diritto dei contadini occidentali alla vita alta standard e libertà (vedi terribile “privilegio”).



La ragione psicologica del grande ripristino è la paura di perdere il controllo della loro proprietà.

Le élite mondiali suppongo che, se possiedi miliardi e muovi trilioni,
tutto il resto diventa il nulla, formiche e i loro beni polvere.

Alla fine chi è un operaio, un impiegato, un disoccupato, nei confronti di un Bill Gates o di un Soros? Nessuno.


L’obiettivo pratico del Grande Ripristino è quindi quello di ristrutturare radicalmente l’economia mondiale e le relazioni geopolitiche sulla base di due presupposti:

  • uno, che ogni elemento della natura e ogni forma di vita sia parte dell’inventario globale
  • (gestito dallo stato presumibilmente benevolo, che, a sua volta, è di proprietà di diversi ricchi improvvisamente benevoli, attraverso la tecnologia),

  • e

  • due, che tutto l’inventario deve essere rigorosamente contabilizzato:
  • essere registrato in un database centrale, essere leggibile da uno scanner e facilmente identificabile, ed essere gestito dall’IA, utilizzando l’ultima “scienza”.
L’obiettivo è quello di contare e poi gestire e controllare in modo efficiente tutte le risorse, persone comprese,
su una scala senza precedenti, con un’ansia digitale e una precisione mai viste,
il tutto mentre i padroni, i ricchi, i privilegiati, continuano a fiorire nella loro ricchezza
e a godere un mondo ed una natura liberate dalla fastidiosa presenza degli uomini comuni, elementi parassitari e fastidiosi.


La riforma in questione ha lo scopo di sconvolgere tutti i settori della vita, su scala planetaria:

governo, relazioni internazionali, finanza, energia, cibo, medicina, lavoro, urbanistica, immobili, forze dell’ordine, interazioni umane,
e inizia con il cambiamento del nostro modo di pensare di noi stessi e del nostro rapporto con il mondo.


Per effettuare questo profondo cambiamento bisognerà distruggere la privacy,

ed un primo passaggio per ottenere l’azzeramento della riservatezza

sarà proprio lo strumento medico, quello del controllo delle epidemie e delle malattie.


Il risultato finale desiderato è un gigantesco, senza gioia, altamente controllato trasportatore globale di tutto e di tutti,

dove la privacy è tremendamente costosa, il dissenso è impensabile, e la sottomissione spirituale è obbligatoria.



È come una cura medica permanente 24 ore su 24, 7 giorni su 7,
tranne che i farmaci sono sia chimici che digitali, e ti riportano alla nave madre,
che può poi punirti per un cattivo comportamento, per esempio bloccandoti l’accesso a certi luoghi
o bloccando il tuo conto in banca digitale – forse senza alcun intervento umano.



Immaginate una Scientology all’ennesima potenza ed avrete un esempio di questo modo di pensare.


Quindi, a livello sensoriale – per quanto riguarda il denaro e il potere –
questo trasportatore è un tentativo dei super ricchi di organizzare e monetizzare i loro “beni”,
comprese le persone, in modo più efficiente che mai.


A livello teologico, l’iniziativa è plasmata sul transumanesimo,
un sistema di credenze formali fondate sul sentimento patologico per cui tutte le cose naturali sono difettose
e quindi devono essere modificate per essere rese perfetti,
con una fusione con le macchine che però è la morte stessa del concetto tradizionale di vita.


Questi processi, se resi evidenti, sono assolutamente e totalmente inaccettabili da qualsiasi società ancora minimamente sana.


Porterebbero la gente in piazza con i forconi e le torce, come abbiamo scritto,
quindi sono spesso nascosti dietro il concetto fumoso di “Sostenibilità” e in documenti “ambiziosi”
(termine ormai che trovate ovunque nella povertà linguistica di queste classi dominanti
e che ha sostituito qualsiasi termine positivo, da “Buono” a “Crescita sociale” a “Diritti”),
ma chiari e logici come un piano quinquennale di epoca sovietica.


Fa parte di questo disegno tutta la cagnara su “Green deal” dove si chiede al popolo

di sacrificare il proprio benessere e la propria ricchezza sull’altare di un “Bene superiore scientifico”

non dimostrato, non spiegato e proprio scientificamente non vero.



Il “Great Reset” si basa alla fine sul raggiungimento di un bene superiore,
sempre irraggiungibile e che , soprattutto, non ha nulla a che fare con la vita e il benessere del popolo immediatamente coinvolto.


Può essere il cambiamento climatico (notate che non si parla di surriscaldamento per non essere presi a pernacchie)
la tutela del lamantino a pois che fino a ieri era ammazzato per permettere ad un pugno di ricchi di mangiarne il filetto a 1000 dollari all’etto,
oppure anche una popolazione sconosciuta che qualsiasi di questi ricchi potrebbe fare benestante con le proprie mance,
ma che diventa l’ostaggio di politiche demenziali, salvo dimenticarsene dopo sei mesi.

Prendendo come esempio un libro di Asimov, Fondazione e Terra, vogliono trasformare il nostro pianeta in una brutta copia di Solari,
pianeta dominato da 100 famiglie isolate, che non condividono nulla, sostanzialmente sterile, anche se apparentemente bellissimo.


Una bellezza per pochissimi, da cui la moltitudine è esclusa.
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

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