Eni (ENI) apriamo una discussione alternativa (2 lettori)

tontolina

Forumer storico
Analisi Eni (30/01/2007 - 19:07)

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Quel presunto testa e spalle in formazione (la testa è di per sé un doppio massimo) sta diventando sempre più minaccioso, pur essendo fronteggiato dal doppio supporto costituito dalla trendline ascendente e dalla neckline corrispondente ad un supporto statico, ex resistenza molto solida.
Completano il quadro un RSI sotto 50 ed un movimento direzionale negativo ma non molto incisivo, come dimostra un ADX sotto 25; del resto, la formazione di una eventuale spalla destra (se tale è quella in corso) è compatibilissima con un movimento congestionato, giustificato da un ADX basso.

Attenzione, quindi, ai possibili sviluppi per eventuali short; ora come ora, eventuali rimbalzi non mi farebbero prendere in considerazione la possibilità di operazioni long.

Natale Lanza
http://www.borsanalisi.com/news/300.shtml
 

tontolina

Forumer storico
ALTRO GUAIO PER ENI
CON LA STESSA MOTIVAZIONE PUTIN HA REVOCATO LE LICENZE IN RUSSIA


PUTIN DOCET?

Eni: consorzio Kpo viola norme ambientali in Kazakhstan

ALMATY (MF-DJ)--Una commissione pubblica formata da ecologisti e parlamentari kazaki hanno affermato che il consorzio Kpo, che sviluppa il giacimento Karachaganak nell'ovest del Kazakhstan, sta violando le norme ambientali. Lo riferisce l'agenzia di stampa Interfax. Del consorzio fanno parte Bg Group, Eni, Chevron e Lukoil. Karachaganak e' uno dei maggiori giacimenti di petrolio e gas nell'ex repubblica Urss. La commissione ha stabilito che "le attivita' del consorzio non rispettano la legislazione ambientale" in Kazakhstan. Le conclusioni della commissione saranno inviate al Governo e saranno oggetto di audizioni parlamentari. red/ren (END) Dow Jones Newswires Copyright (c) 2007 MF-Dow Jones News Srl. February 06, 2007 08:20 ET (13:20 GMT)
 

tontolina

Forumer storico
Sarebbe davvero grave perchè Eni
ha già perso l'estrazione in Venezuela
ha interrotto l'estrazione in Nigeria

se adesso perde il Kazakhstan dopo tutti gli anni di investimento....
 

tontolina

Forumer storico
Yukos: Rosneft partecipera' all'asta contro Eni-Enel

MOSCA (MF-DJ)--Il colosso petrolifero russo Rosneft prevede di lanciare un'offerta per una quota pari al 20% di GazpromNeft. Tale asset, attualmente detenuto dall'ex big energetico Yukos ora in bancarotta, sara' messo all'asta mercoledi' 4 aprile in un singolo lotto con le divisioni gas Arcticgaz e Urengoil. A queste due societa' sono interessate le italiane Eni ed Enel, che si presenteranno insieme alla russa Esn. Gli analisti si attendono tuttavia una vittoria di Gazprom. red/ren (END) Dow Jones Newswires Copyright (c) 2007 MF-Dow Jones News Srl. April 02, 2007 03:12 ET (07:12 GMT)
 

tontolina

Forumer storico
ha fatto acquisti
in India
in Congo
in Russia assieme ad ENEL
ora in Alaska

Direi che è diventata iperattiva pure lei


Eni resta a galla, operazione in Alaska offre buoni spunti di riflessione

12/04/2007 13.20



Eni resta a galla sul listino milanese (+0,12% a quota 24,52 euro) sostenuta dai prezzi del petrolio saliti oltre i 62 dollari al barile sulla scorta dell'allarme lanciato dall'Agenzia Internationale per l'Energia secondo cui il livello di produzione dell'Opec ha toccato il livello più basso degli ultimi 2 anni, mettendo a rischio le scorte di greggio. A New York il prezzo spot dell'oro nero è cresciuto di 15 centesimi a 62,16 dollari al barile.

Mentre a Londra il Brent è salito di 7 centesimi a 67,91 dollari al barile. A contribuire ai rialzi sono anche i dati diffusi ieri sulle scorte di carburante negli Usa che la scorsa settimana sono scese di 5,5 milioni di barili ben oltre le attese di un calo di 1,4 milioni di barili. Oltre al rialzo del greggio, Eni è supportata dall'annuncio di ieri dell'acquisizione del 70% e l'Operatorship del giacimento a olio di Nikaitchuq, situato sia onshore sia offhsore nell'estremo nord dell'Alaska, nella regione del North Slope.

Eni, che deteneva già il 30% nel campo, possiede ora il 100% della titolarità. Il colosso oil italiano è presente in Alaska dal 2005, quando ha acquisito 103 blocchi esplorativi da Armstong Oil&Gas. Nikaitchuq è però il primo progetto che Eni potrà sviluppare in qualità di operatore nella regione. L'avvio delle attività di produzione è previsto per la fine del 2009. Il progetto consiste nella perforazione di circa 80 pozzi, di cui 32 situati onshore e i rimanenti perforati da un'isola artificiale localizzata offshore.

I pozzi verranno successivamente collegati con un impianto di produzione situato a Oliktok Point, con l’obiettivo di raggiungere la produzione di 40 mila barili al giorno. Gli investimenti nel progetto ammonteranno a circa 900 milioni di dollari, ma non preoccupano gli esperti. "Valutiamo positivamente l'operazione", dichiara oggi Carmelo Pappalardo di RasBank. Infatti, "il gruppo prosegue la strategia di una maggiore diversificazione geografica nelle attività di esplorazione di nuove aree ed aree ad alto potenziale di idrocarburi e gas naturale".

Inoltre il Nord America e l'Alaska in particolare continuano a rivelarsi una zona ricca di opportunità. Il Beaufort Sea, in particolare, dove Eni detiene 64 licenze, è un'area particolarmente significativa e largamente inesplorata. Il gruppo, puntando sul proprio know-how tecnologico nello sviluppo di progetti in condizioni ambientali difficili, è intenzionato a conseguire in Alaska un ruolo significativo, e l'acquisizione di Nikaitchuq rappresenta un importante passo in questa direzione.

In terzo luogo, prosegue Carmelo Pappalardo, l'acquisizione ha consentito a Eni di acquisire l'Operatorship del giacimento. Tale ruolo pone Eni come interlocutore e controparte esclusiva con le comunità locali. Unica incognita riguarda il pricing dell'operazione sul quale non è stata data nessuna disclosure. "Sul titolo Eni manteniamo il rating di outperform (sovraperformerà il mercato, ndr) con un target price a 25,3 euro", conclude l'esperto di RasBank. Anche Euromobiliare questa mattina ha ribadito il consiglio d'acquisto sul titolo, ma con un target a 28 euro.

Francesca Gerosa
http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=200704121235137678&chkAgenzie=TMFI
 

tontolina

Forumer storico
L’oro nero del futuro
16 May 2007 di Rocki Gialanella



L’Occidente guarda al Kazakistan e al Caspio come una valida alternativa alla dipendenza energetica dalla Russia

Gli sforzi di Usa e UE per diversificare le importazioni di gas e petrolio e cercare fornitori alternativi alla Russia, hanno trasformato l’accesso ai giacimenti del Caspio e alle riserve di combustibile dei paesi centroasiatici in un obiettivo strategico per l’Occidente. Nel progettare nuove rotte a margine di Mosca, Bruxelles, Washington e le multinazionali del petrolio, stanno scommettendo molto sul Kazakistan. Questo paese –che offre una combinazione di risorse naturali abbondanti e stabilità politica- può essere considerato il leader di un gruppo di pesi massimi in materia di idrocarburi (che comprende Iran, Turkmenistan e Uzbekistan) che risultano molto più imprevedibili. Nel 2006, il paese ha prodotto 65 milioni di tonnellate di greggio e oltre 2.500 metri cubi di gas.

Il Kazakistan ha esportato 54,6 milioni di tonnellate di greggio, la maggior parte attraverso la Russia, e 8.000 milioni di metri cubi di gas (attraverso i gasdotti del monopolista russo Gazprom). Le previsioni includono un aumento della produzione di idrocarburi nei prossimi anni. Ai giacimenti di Tenguiz e Karachanak, in fase di esplorazione a Nord del Caspio, si sommeranno quello di Kachagan e altri. Il Kazakistan punta a produrre 100 milioni di tonnellate di greggio entro il 2010 e arrivare a 120 milioni nel 2015. Per il 2012 vorrebbe aumentare la sua produzione di gas fino agli 80.000 metri cubi.

Con poco più di 15 milioni di abitanti e un territorio equivalente a cinque volte la Spagna, il Kazakistan ha bisogno di nuove rotte per esportare e trarre profitto dalla vendita di idrocarburi. Nordamericani ed europei hanno esercitato pressioni affinché il Kazakistan acceleri la costruzione di un gasdotto sottomarino nel Caspio. Il tema è stato discusso reiteratamente sia da Andris Pibalgs (Commissario agli affari energetici dell’UE), sia dai responsabili per i temi dell’energia dell’Amministrazione Usa. Per le autorità del Kazakistan, il problema fondamentale per la costruzione del gasdotto sottomarino è il consenso di Russia e Iran (gli altri Stati che affacciano sul Caspio). Secondo il Governo kazako è necessario che la Russia venga coinvolta in qualità di socio e non di competitor. Infine, bisognerà testare la competitività del progetto con quello denominato Blue stream (che conduce il gas russo in Turchia attraverso il Mar Nero).

A margine del progetto del gasdotto sottomarino, la UE ha proposto al Kazakistan la possibilità di produrre gas liquefatto e si è offerta di finanziare uno studio di fattibilità sul tema. In seno all’Amministrazione kazaka ci sono alcune divisioni. Il presidente Nursultán Nazarbáyev ha mostrato il suo personale interesse ed ha visitato gli stabilimenti localizzati in Qatar. Il ministro dell’economia è più prudente e sostiene che i costi di trasporto possono incidere troppo sul risultato finale.

I rapporti commerciali (in campo energetico) con la Russia vengono dominati da due rotte petrolifere. La prima è l’oleodotto Atirau- Samara, di 697 chilometri, un’eredità del periodo sovietico che trasporta crudo dall’area a Nord del Caspio fino ai terminali russi localizzati sul Mar Nero e sul Baltico, e da lì, verso l’Europa dell’Est. L’oleodotto ha una capacità di 15 milioni di tonnellate annue che sarà ampliata fino a 20 milioni. Il greggio trasportato (un miscuglio di qualità diverse) non ha la stesse qualità di quello trasportato dal secondo oledotto (che scorre dai campi petroliferi di Tenguiz al porto di Novorosiisk nel Mar Nero). Questa seconda rotta (chiamata COC, Consorzio dell’Oleodotto del Caspio) è lunga 1.510 chilometri ed è stata inaugurata nel 2001. Si tratta dell’unico oleodotto in territorio russo che non appartiene a Transneft (il monopolista della rete russa).

Chevron, Mobil, Agip, Lukoil, Rosneft e altre imprese che lavorano in zona possiedono distinte percentuali del COC. Lo stato russo detiene una partecipazione del 24%, il Kazakistan del 19% e il Sultanato dell’Oman il 7%. Il COC ha trasportato nel 2006 più di 31 milioni di tonnellate (delle quali 24,5 milioni erano kazake). Gli operatori del COC sollecitano un ampliamento della capacità dell’oleodotto fino ai 67 milioni di tonnellate annue. Prima di fornire la sua autorizzazione all’ampliamento, la Russia deve incrementare i suoi benefici e risolvere un contenzioso sulla gestione del Consorzio. Per dare luce verde all’ampliamento del COC, Mosca chiede che il Kazakistan partecipi all’oleodotto Burgas- Alexandropolis, un progetto –firmato da Russia, Grecia e Bulgaria dopo tredici anni di negoziazioni- che consente di evitare lo stretto del Bosforo e Dardanelli.
 

tontolina

Forumer storico
Eni: via libera da Cda ad emissione bond fino a 1,5 mld euro


L'odierno Consiglio di Amministrazione di Eni ha deliberato l’emissione di un prestito obbligazionario per un ammontare complessivo fino a 1,5 miliardi di euro. Lo precisa la società attraverso un comunicato che sottolinea come l'emissione potrà essere effettuata in una o più tranche ed entro il 30 giugno 2008. L’emissione "è volta a perseguire un migliore equilibrio tra l’indebitamento a breve e a medio-lungo termine di Eni. Il prestito sarà quotato alla borsa di Lussemburgo".
 

tontolina

Forumer storico
Bush mette i missili in Polonia?

Bush mette i missili in Polonia?
Putin risponde silurando la società petrolifera di famiglia: Conoco

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2147&parametro=economia

Gazprom sceglie Total come socio
Maurizio Blondet
15/07/2007
Fabbrica Gazprom a sud di Mosca

MOSCA - Putin ha sospeso la partecipazione della Russia ai trattati sulle forze convenzionali in Europa.
«Una nuova guerra fredda», strillano i media.
«Putin scatena una nuova corsa agli armamenti».
«Putin minaccia l'Europa».
Ciò che i media invece non hanno detto è questo: negli stessi giorni, Gazprom ha scelto una compagnia europea - la francese Total - come socia per lo sfruttamento dell'immenso giacimento Shtokman in Siberia, ritenuto la più grande riserva mondiale di gas. (1)
Su questo giacimento (3.700 miliardi di metri cubi accertati, forniture assicurate per 50-60 anni) avevano messo il cappello, durante l'era Eltsin, le compagnie americane.
In origine infatti lo Shtokman doveva essere la fonte del nuovissimo mercato del gas liquefatto (GPL) da destinare agli Stati Uniti.

Con il nuovo accordo con la Total, invece, il gas russo transiterà anzitutto nel gasdotto «North-Stream», costruito a tappe forzate da Russia e Germania nelle profondità del Baltico: per rifornire dunque l'Europa come cliente privilegiato.
Naturalmente il contratto è molto favorevole a Gazprom, ossia all'interesse nazionale russo.
«La parte di Gazprom nel progetto è del 75%, quella di Total del 25%», ha detto Aleksei Miller, il presidente di Gazprom.
La nuova società sarà solo «proprietaria delle infrastrutture di sfruttamento».
Total non sarà dunque padrona delle riserve (le licenze relative restano a Gazprom) ma parteciperà alla gestione e fornirà il suo know-how.
E ai concorrenti americani, Chevron e Conoco, resteranno (forse) le briciole restanti.
Ma per Total è comunque un colpo grosso,
tanto più che Mosca aveva minacciato di toglierle il contratto di raffinazione del giacimento Khariaga (stimato a 96 milioni di tonnellate) per non aver adempiuto agli obbiettivi prefissati di produzione.
La scelta dei francesi è dunque tutta politica.
Difatti, come ha chiarito il giornale economico russo Vedemosti, segue alla telefonata intercorsa il mercoledì precedente tra Putin e Sarkozy, di cui ha preso l'iniziativa quest'ultimo.

E' più che probabile che, come contropartita, Parigi d'ora in poi sosterrà Mosca nel quadro dell'accordo strategico con la UE sulle forniture di gas, e sul più vasto piano politico - contro i maggiordomi degli USA che continuano a governare l'Europa.
L'altra cosa che i giornali non dicono è chi sia il vero responsabile della «nuova corsa agli armamenti»: George W. Bush, con la sua fanatica politica di «sicurezza attraverso le armi» e la sua volontà di piazzare i missili anti-missile in Polonia, rifiutando i mezzi diplomatici e disprezzando i trattati già firmati.
Che la corsa agli armamenti sia in corso sul piano planetario, lo ha denunciato l'ultimo rapporto del SIPRI di Stoccolma, l'istituto più autorevole in questo campo. (2)
Le spese militari nel mondo hanno raggiunto nel 2006 ben 1.200 miliardi di dollari, cifra senza precedenti nella storia, e con un forte aumento rispetto all'anno prima.
Ma gli Stati Uniti restano in testa a tutti per le spese militari, con 529 miliardi di dollari.
La Russia ha un bilancio militare quasi 15 volte inferiore, con 34,7 miliardi di dollari, per lo più volto al rammodernamento del suo apparato militare a lungo trascurato
.
Meno della Gran Bretagna (59 miliardi di dollari), meno della Francia (53), meno del pacifico Giappone (43,7 miliardi di dollari).
Quanto alla Cina, il cui riarmo il Pentagono giudica preoccupante e minaccioso, il suo bilancio militare non raggiunge, almeno ufficialmente, i 50 miliardi di dollari.
Più o meno come la Francia, e sulla linea del suo nemico potenziale, il Giappone.
Sono le cifre relative che contano - l'America spende dieci volte più della Cina - e anche questo i media non lo dicono mai.
Se gli altri Paesi hanno accelerato la spesa militare (in Asia centrale del 73% dal 1998, in Russia del 155% nello stesso periodo, del 37% nel resto del mondo) è come risposta alla presenza aggressiva americana in Asia.
Sono i primi 40 fabbricanti di armamenti americani ad aver realizzato il 63% delle vendite all'estero, seguiti dagli europei con il 29%.
Nel complesso, i vari apparati militari-industriali hanno guadagnato 290 miliardi di dollari: un tasso di profitto del 25% sul venduto.

Inutile dire come questa prosperità dell'industria letale distorca l'economia mondiale.
Più urgente ricordare cosa succede nella storia quando ci sono «troppe» armi: le armi «agiscono» da sé.
Il processo razionale - si fabbricano armi perché c'è la guerra - è stato spesso rovesciato, come nel primo conflitto mondiale: si sono fatte guerre «perché» si ha disponibilità di armi.
E' la politica di Bush e del suo complesso militare-industriale, enunciata di fatto nella nuova dottrina della sicurezza nazionale USA.

Maurizio Blondet
 

tontolina

Forumer storico
questa semestrale fa rimpiangere MINCATO

già tanto Scaroni pensa già alla borsa inglese e qui aumenta il debito

he per Eni un acconto sul dividendo

di Mauro Introzzi
21-09-07


Il gruppo petrolifero si uniforma alla nuova tendenza dei colossi energetici di Piazza Affari e conferma, per il secondo anno consecutivo, il suo acconto da 0,6 euro per azione. Eni, inoltre, ha presentato la sua semestrale.
Quella di remunerare gli azionisti più volte all'anno è una pratica prettamente anglosassone. Da un paio di anni a questa parte, la manovra viene replicata anche dalle società di casa nostra. Sono solite staccare un anticipo sulla cedola le società attive in comparti tradizionali, dove i flussi di cassa sono stabili nel tempo e le dinamiche finanziarie consolidate. L'identikit perfetto delle società energetiche.

Non ha caso sono proprio i grandi colossi dell'energia di Piazza Affari che hanno incominciato ad adottare questa pratica. E se nei giorni scorsi è toccato a Enel (0,2 euro che verranno staccati il 19 novembre), Snam Rete Gas (0,08 euro il prossimo 22 ottobre) e Terna (0,056 euro il prossimo 19 novembre), in queste ore è stata Eni a dichiarare che pagherà un anticipo di 0,6 euro. Il colosso petrolifero, che ha così confermato la somma dello scorso anno, staccherà la cedola il 19 ottobre, con data di pagamento fissata per il 22 ottobre. La somma che uscirà dalle casse del cane a sei zampe è di 2,4 miliardi di euro.

La schiera dei 'dividendi d'autunno' sarà completata dall'anticipo di Ascopiave (0,025 euro il prossimo 12 novembre) e dalle cedole straordinarie di FastWeb (3,77 euro il 22 ottore) e Biesse (0,5 euro il 17 dicembre).

Eni, intanto ha dichiarato di aver chiuso il primo semestre dell'anno
con un fatturato di 41,68 miliardi di euro, - 5,9% rispetto ai ricavi della prima metà del 2006.
L'utile operativo ha così raggiunto i 9,3 miliardi di euro, -11,6% dal risultato del 2006.

L'utile prima delle imposte, invece, è passato da 11,16 a 9,8 miliardi di euro,-11,8%.
L'utile dopo le imposte sul reddito, l'utile netto si è fermato a quota 5,16 miliardi, -8%.

In deciso calo il free cash flow, passato da 7,7 miliardi a 873 milioni,-88,66%

Il flusso di cassa del periodo si è ridotto, passando in 12 mesi da 3.14 a 2,83 miliardi di euro.
La posizione finanziaria netta, che alla fine di giugno 2006 era positiva per 4 miliardi, alla fine di giugno 2007 era in rosso per 2,35 miliardi.
Il flusso di cassa e l'indebitamento sono stati influenzati nettamente dagli elevati investimenti tecnici e da quelli dedicati alle partecipazioni e alle imprese consolidate.

Un semestre non particolarmente brillante, dedicato più al consolidamento che alla crescita. Non è detto, però, che le dinamiche dei conti del gruppo siano destinate a continuare con questo ritmo. La corsa dei prezzi del greggio, sotto questo punto di vista, potrebbe aiutare Eni.


http://www.soldionline.it/a.pic1?EID=19378
 

tontolina

Forumer storico
tontolina ha scritto:
questa semestrale fa rimpiangere MINCATO

già tanto Scaroni pensa già alla borsa inglese e qui aumenta il debito

oggi è uscito impietoso il giudizio di Goldman SACHS sul Rosso
che boccia le operazione di Scaroni dell'ultimo anno in quanto hanno distrutto valore per 737 mln di dollari


chissà se pure la banca mondiale rimpiange l'onesto Mincato
 

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