Banco Popolare (BP) aspettando un vecchio amico ......... (2 lettori)

eusebio

Forumer storico
disastro........le piccole e medie imprese alla canna del gas.
non centra poco qualità,prezzo ecc ecc...si son bloccati i consumi,e gli investimenti.
ocio ai numeri della cassa integrazione....saranno spaventosi.


per quanto te fregi un azzz degli operai....

questi con i prezzi a cui han dovuto ( per esigenze ) comprare gli immobili si trovano sul groppone un mutuo ventennale che li lascia poco spazio all'immaginazione, ovvero a comprare questo o quella cosa....

Se poi ci mettiamo che cominciano a vedere anche loro il rallentamento economico in atto, familiari e non in cassa integrazione, saldo c/c di poche migliaia di euro sopra il rosso....

è naturale che raziocinino le spese in vista di mesi alquanto difficili....

ad ogni modo facciamo un plauso ai comuni, ai proprietari dei terreni e in parte agli impresari ( che ora pagheranno a caro prezzo l'arresto delle vendite ) che in questi ultimi anni hanno creato sta bolla immobiliare colossale....

bastava che il comune costringesse a costruire in edilizia convenzionata ( quindi al proprietario del terreno si riconosceva x anzichè 3-4-5 volte x ) e si obbligava l'imprenditore a vendere a y ( anzichè 1,5-2 volte y ) e la situazione sarebbe assai diversa...

Come detto se un operaio avesse sulla groppa un mutuo ventennale, ma di 50.000,00 euro anzichè 100.000,00 le cose si guarderebbero con prospettiva assai differente....
 

Larry Belin Pirlon

Nuovo forumer
Treviso - Due anni fa, di questi tempi, gli imprenditori del Nordest erano già scesi in piazza contro Prodi. Se oggi non fanno il bis «è perché al governo c’è gente che nell’ottobre 2006 manifestava con noi», spiega Mario Pozza, presidente della Confartigianato della Marca. «Luca Zaia, Maurizio Sacconi, Adolfo Urso: spero che ora possano farsi interpreti del nostro disagio. Se la battaglia era giusta allora, non vedo perché non sia giusta adesso con questa bruttissima crisi».

Come l’araba fenice :eek:che risorge dalle sue ceneri, il Nordest è costretto a reinventarsi ancora una volta. Ha superato gli anni della svalutazione e della delocalizzazione, ha lottato con la concorrenza sleale dei cinesi, forse credeva che i peggiori effetti della globalizzazione fossero passati. Invece il crollo del sistema finanziario internazionale taglia le gambe al «modello veneto» già provato dall’impennata del costo delle materie prime e dal cambio sfavorevole col dollaro; un modello fatto di miriadi di piccole e medie imprese che una per una sono tanti Pollicino ma messe assieme costituiscono la locomotiva d’Italia. E stavolta è più difficile trovare rimedi.

La disoccupazione è un incubo che si allarga: soltanto nella provincia di Treviso, dove c’è una partita Iva ogni 8 abitanti, da gennaio ad agosto le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 30% mentre parallelamente è cresciuta la cassa integrazione (+29,3% quella ordinaria e +22 quella straordinaria). Boccheggiano i distretti manifatturieri orgoglio di queste zone, dalle scarpe sportive al tessile, dalla meccanica al legno, dagli occhiali all’oreficeria. La Electrolux di Susegana ha lasciato a casa 380 persone, il maglificio Monti di Maserada calcola 250 esuberi, la Aprilia di Scorzè (gruppo Piaggio di Roberto Colaninno) nonostante gli allori del Motomondiale ha 350 persone in cassa integrazione.

«Duecento licenziamenti alla Zanussi fanno un articolone di giornale, 50 piccole aziende che chiudono non fanno una notizia breve – protesta Pozza, leader della maggiore associazione artigiana della Marca –. Eppure sono 50 imprenditori più i loro dipendenti che restano senza lavoro né protezioni sociali. Lo stato paga i debiti dell’Alitalia ma noi siamo dimenticati». L’esasperazione prende ancora una volta la forma della ribellione fiscale contro gli studi di settore, cioè i parametri per calcolare le tasse da pagare in base a un reddito presunto.

Non è lo sciopero minacciato due anni fa, ma l’obiettivo è lo stesso. Le associazioni artigiane di Treviso hanno lanciato una raccolta di firme per bloccare l’applicazione degli studi di settore nel 2008 e 2009 per poi ridiscutere l’intera materia: le sottoscrizioni sono già migliaia. Fabio Gava, deputato azzurro di Treviso, assieme a 42 colleghi del Pdl ha presentato un’interpellanza urgente a Giulio Tremonti che la Camera discuterà oggi. Anche il centrosinistra ha depositato un ordine del giorno (tra i firmatari l’imprenditore vicentino Massimo Calearo) accolto dall’esecutivo in cui si chiede «un’immediata verifica» degli studi.
«Pare che il governo voglia intervenire sugli acconti Irpef, sull’imponibile Irap, sui termini di pagamento dell’Iva – dice Giuseppe Bortolussi, segretario degli artigiani di Mestre – ma la cosa più importante è congelare gli studi di settore inaspriti da Visco, insostenibili con l’economia in recessione». «Attendiamo un segnale – insiste Pozza – altrimenti valuteremo il da farsi». E nelle città del Nordest si profila un’altra manifestazione anti-governativa, anche se a Palazzo Chigi è insediato un esecutivo «amico».

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Larry Belin Pirlon

Nuovo forumer
25/11/2008 10.00 Italia: fiducia dei consumatori in ribasso

FTA Online News
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Secondo l’inchiesta ISAE realizzata tra il giorno 3 e il giorno 18 del mese di novembre la fiducia dei consumatori italiani segna una nuova flessione, attestandosi a 100,4 da 102,2. Il deterioramento risulta particolarmente marcato per quanto riguarda il quadro economico generale, il cui indicatore scende a 72,5 da 78 di ottobre, sui minimi dal marzo 1994. L’indicatore relativo al quadro futuro scende a 93,3 da 95,9 mentre quello che comprende le indicazioni relative al solo quadro corrente passa da 105,1 a 104,6. In controtendenza, migliorano invece le valutazioni sulla situazione personale degli intervistati (da 112,3 a 113,7), grazie soprattutto a indicazioni leggermente meno negative per quanto concerne il risparmio ed il bilancio familiare. Emergono però fortissime preoccupazioni riguardo al mercato del lavoro e un marcato pessimismo circa la situazione economica sia del paese che individuale. Il mercato dei beni durevoli rimane sostanzialmente stazionario su livelli depressi e prosegue infine il marcato rallentamento delle percezioni d’inflazione: continuano a ridimensionarsi sia i giudizi sugli aumenti registrati negli ultimi 12 mesi che le attese di incrementi a breve termine (pur con intensità minore rispetto ad ottobre) . Nel dettaglio territoriale, la fiducia risulta in peggioramento nel Nord e nel Mezzogiorno mentre mostra segnali di ripresa nel Centro. I consumatori esprimono forti preoccupazioni riguardo a tutte le variabili. La situazione economica generale dell’Italia si è fortemente deteriorata né è prevista recuperare nei prossimi dodici mesi. I relativi saldi passano infatti da -125 a -132 nel primo caso e da -34 a -40 nel secondo. Ancora più negativa è prevista l’evoluzione a breve del mercato del lavoro: il saldo relativo alle attese di incremento della disoccupazione balza infatti da 65 a 80, sui massimi dal marzo del 1994. Quadro economico Indice generale Continuano di converso a ridimensionarsi le valutazioni sull’andamento dei prezzi: i giudizi sull’andamento negli ultimi 12 mesi rafforzano i segnali di miglioramento scendono da 114 a 108 in termini di saldo, sui minimi dallo scorso dicembre; le attese per i successivi 12 mesi si confermano negative per il secondo mese consecutivo (a -7 da -8 in ottobre).



Il peggioramento della fiducia registrato a livello nazionale è sintesi di dinamiche eterogenee nelle principali zone territoriali: l’indice risulta in peggioramento nel Nord e nel Mezzogiorno mentre mostra segnali di ripresa nel Centro. Analizzando le componenti del clima, si evidenzia un generale peggioramento delle opinioni sul quadro economico generale e delle prospettive future mentre segnali di recupero provengono dalle opinioni sul quadro personale e, in misura minore, dalle opinioni sul quadro corrente. Nord Ovest: la fiducia dei consumatori si deteriora per il secondo mese consecutivo passando da 103,5 a 101,5 e riportandosi leggermente al di sotto del livello raggiunto a giugno. La diminuzione dell’indice è dovuta soprattutto ad opinioni in marcato peggioramento riguardanti il quadro economico generale, il quadro corrente e quello futuro. Invece, segnali positivi provengono dal quadro personale. Nord Est: dopo la relativa stabilità registrata lo scorso mese, l’indicatore di fiducia torna a peggiorare (da 102,9 a 99,7) rimanendo comunque al di sopra del basso livello registrato a luglio. Il quadro negativo segnalato dall’indicatore di fiducia è la sintesi di valutazioni fortemente pessimistiche sul quadro economico generale mentre le opinioni sul quadro corrente e futuro registrano un peggioramento più contenuto. Anche in questa ripartizione, le opinioni sul quadro personale sono in miglioramento. Centro: In controtendenza rispetto alle altre ripartizioni, l’indicatore di fiducia dei consumatori del Centro sale da 98,2 a 99,7 riportandosi sui valori di giugno 2008. I consumatori del Centro, coerentemente con quanto avviene per il resto del territorio, esprimono opinioni negative sia per il quadro futuro sia per quello economico generale; invece le valutazioni concernenti il quadro personale e quello corrente sono orientate all’ottimismo. Mezzogiorno: dopo la ripresa registrata lo scorso mese, nel Mezzogiorno l’indicatore torna a diminuire passando da 103,2 a 100,6. Il peggioramento è essenzialmente dovuto ad un diffuso pessimismo rilevato nelle opinioni sul quadro economico generale, su quello futuro e su quello corrente mentre segnali positivi provengono dalle valutazioni sul quadro personale.


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eusebio

Forumer storico
Treviso - Due anni fa, di questi tempi, gli imprenditori del Nordest erano già scesi in piazza contro Prodi. Se oggi non fanno il bis «è perché al governo c’è gente che nell’ottobre 2006 manifestava con noi», spiega Mario Pozza, presidente della Confartigianato della Marca. «Luca Zaia, Maurizio Sacconi, Adolfo Urso: spero che ora possano farsi interpreti del nostro disagio. Se la battaglia era giusta allora, non vedo perché non sia giusta adesso con questa bruttissima crisi».

Come l’araba fenice :eek:che risorge dalle sue ceneri, il Nordest è costretto a reinventarsi ancora una volta. Ha superato gli anni della svalutazione e della delocalizzazione, ha lottato con la concorrenza sleale dei cinesi, forse credeva che i peggiori effetti della globalizzazione fossero passati. Invece il crollo del sistema finanziario internazionale taglia le gambe al «modello veneto» già provato dall’impennata del costo delle materie prime e dal cambio sfavorevole col dollaro; un modello fatto di miriadi di piccole e medie imprese che una per una sono tanti Pollicino ma messe assieme costituiscono la locomotiva d’Italia. E stavolta è più difficile trovare rimedi.

La disoccupazione è un incubo che si allarga: soltanto nella provincia di Treviso, dove c’è una partita Iva ogni 8 abitanti, da gennaio ad agosto le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 30% mentre parallelamente è cresciuta la cassa integrazione (+29,3% quella ordinaria e +22 quella straordinaria). Boccheggiano i distretti manifatturieri orgoglio di queste zone, dalle scarpe sportive al tessile, dalla meccanica al legno, dagli occhiali all’oreficeria. La Electrolux di Susegana ha lasciato a casa 380 persone, il maglificio Monti di Maserada calcola 250 esuberi, la Aprilia di Scorzè (gruppo Piaggio di Roberto Colaninno) nonostante gli allori del Motomondiale ha 350 persone in cassa integrazione.

«Duecento licenziamenti alla Zanussi fanno un articolone di giornale, 50 piccole aziende che chiudono non fanno una notizia breve – protesta Pozza, leader della maggiore associazione artigiana della Marca –. Eppure sono 50 imprenditori più i loro dipendenti che restano senza lavoro né protezioni sociali. Lo stato paga i debiti dell’Alitalia ma noi siamo dimenticati». L’esasperazione prende ancora una volta la forma della ribellione fiscale contro gli studi di settore, cioè i parametri per calcolare le tasse da pagare in base a un reddito presunto.

Non è lo sciopero minacciato due anni fa, ma l’obiettivo è lo stesso. Le associazioni artigiane di Treviso hanno lanciato una raccolta di firme per bloccare l’applicazione degli studi di settore nel 2008 e 2009 per poi ridiscutere l’intera materia: le sottoscrizioni sono già migliaia. Fabio Gava, deputato azzurro di Treviso, assieme a 42 colleghi del Pdl ha presentato un’interpellanza urgente a Giulio Tremonti che la Camera discuterà oggi. Anche il centrosinistra ha depositato un ordine del giorno (tra i firmatari l’imprenditore vicentino Massimo Calearo) accolto dall’esecutivo in cui si chiede «un’immediata verifica» degli studi.
«Pare che il governo voglia intervenire sugli acconti Irpef, sull’imponibile Irap, sui termini di pagamento dell’Iva – dice Giuseppe Bortolussi, segretario degli artigiani di Mestre – ma la cosa più importante è congelare gli studi di settore inaspriti da Visco, insostenibili con l’economia in recessione». «Attendiamo un segnale – insiste Pozza – altrimenti valuteremo il da farsi». E nelle città del Nordest si profila un’altra manifestazione anti-governativa, anche se a Palazzo Chigi è insediato un esecutivo «amico».

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di ditte che han delocalizzato per contenere i costi ne ho sentite a iosa, ma sui prezzi ho visto rialzi del 10% annui se non del 20-25%....

quindi vorrei che mi dicessero di quanto è aumentato in questi 6-7 anni il costo di voce per voce di ciò che serve per arrivare al prodotto finito....
 

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