E Vicenza "fuggì" dalla Borsa
E Vicenza "fuggì" dalla Borsa
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MERCATO DEI CAPITALI. Il 2008 è stato un anno nero per Piazza Affari e l'unica impresa vicentina rimasta, Socotherm, ha registrato un crollo vicino all'80 per cento
La provincia con il maggior numero di industrie è anche quella col minor numero di società quotate
03/01/2009
E Vicenza “fuggì” dalla Borsa
Marino Smiderle
VICENZA
La crisi centra fino a un certo punto ma di sicuro ha dato una mano a rendere evidente una caratteristica dell'economia vicentina poco in linea con la globalizzazione imperante: l'allergia cronica alla Borsa.
Si parla delle imprese, non tanto delle batoste prese dai risparmiatori privati, purtroppo dolorose anche a queste latitudini. Ma se si parla di mercato dei capitali, di luogo dove andare a reperire le risorse finanziarie necessarie per lo sviluppo e gli investimenti futuri, state certi che piazza Affari non passa neanche per l'anticamera del cervello degli imprenditori berici. Chi c'era è fuggito e chi c'è molto probabilmente se ne scapperebbe a gambe levate se solo potesse.
Cominciamo con chi c'è, dal momento che a rimanere quotata in Borsa, settore Star, è restata una sola, coraggiosa società, la Socotherm di Zeno Soave, leader nel settore dei rivestimenti speciali di tubi. Dopo gli exploit degli anni passati, la Socotherm è stata penalizzata dal mercato in maniera esagerata, visto che è finita nell'elenco dei peggiori dell'anno con una perdita che ha sfiorato l'80 per cento.
Prima di capire i motivi di questo scivolone (peraltro connesso al momento negativo della Borsa che però nel suo complesso ha perso "solo" il 50 per cento), bisognerebbe aggiungere a Socotherm anche Sadi, la società che ha due stabilimenti a Pianezze e a Orgiano, ma negli ultimi anni ha cambiato pelle e ora ha la sede legale e la direzione generale a Milano, motivo per cui la definizione di società vicentina non pare corretta. Morale della favola, una provincia ricca e avanzata dal punto di vista imprenditoriale come Vicenza è anche la provincia meno rappresentata in Borsa.
I motivi? Tanti, tantissimi. Ma quello che una volta si riteneva il principale, vale a dire la generalizzata ritrosia berica ad aprire le porte del proprio capitale a soci esterni, ha lasciato il posto a una diffusa sfiducia nello strumento azionario che, a lungo andare, potrebbe pregiudicare il rilancio dell'economia o, per i più catastrofisti, relegare Vicenza in un angolo.
Certo, visto com'è andato il 2008, chi è rimasto fuori dalla Borsa ha stappato le bottiglie di champagne. Vedi per esempio la Banca Popolare di Vicenza, che il presidente Gianni Zonin ha voluto veramente popolare e, quindi, lontana dal listino.
E se si parla con chi quel listino l'ha provato (Franco Masello, per esempio, fu l'amministratore delegato che portò in Borsa la Deroma di Malo per poi scegliere, qualche anno dopo, di togliere le tende), il consiglio sincero che arriva è semplice: «State lontani da quel mercato».
Sì, da un lato c'entrano gli alti costi ma, soprattutto, il rischio è quello di orientare la gestione al breve termine e alle esigenze degli investitori ansiosi di risultati a breve. Gli stessi investitori che prima incitavano Soave a indebitarsi per allargare il proprio raggio d'azione globale e che poi lo hanno abbandonato quando il mercato è girato storto (ma la struttura e le prospettive di Socotherm restano brillanti).
Se l'esperienza concreta ha fatto perdere negli imprenditori la fiducia nella Borsa vuol dire che qualche colpa ce l'ha la Borsa stessa. Chissà che dalla recessione in corso non si riesca a trarre un insegnamento utile per dare finalmente a Vicenza, regina dell'economia reale, il posto che le spetterebbe anche nell'economia finanziaria.
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