Chi mi conosce sa che non faccio mai inviti ad acquistare questo o quel titolo. Né indico quali titoli ho acquistato. Quando c’è una causa in ballo (ho coordinato quella con BPM del 2012) non posso esimermi dal dire la mia, senza che questo sia in nessun modo un invito a seguirmi.
Questa premessa prima di dire che sono fortemente orientato ad aderire alla causa patrocinata dallo studio legale milanese per i seguenti motivi:
1)ritengo fondamentale la competenza tecnica: voglio affidarmi a chi mi dà le maggiori rassicurazioni da questo punto di vista. È una considerazione valida in sé. In aggiunta, conoscendo, ahimé, l’alto grado di imprevedibilità dei giudici, ritengo che la loro reputazione nel “mercato legale”, pur non essendo una garanzia assoluta, sia un valore aggiunto.
2)la strategia proposta mi sembra realistica. Lo dico nella consapevolezza di non avere le conoscenze tecniche dell’addetto ai lavori. So anche che il mondo pullula di avvocati disposti a promettere mari e monti pur di accaparrarsi i clienti. Ho sempre diffidato di chi me l’ha fatta troppo semplice: purtroppo quella dell’azione legale è sempre una strada difficile, e va affrontata solo se l’analisi costi-benefici lo suggerisce.
Durante l’incontro di giovedì scorso, al quale ho partecipato, ho chiesto fosse introdotto un obiettivo aggiuntivo, che renderebbe molto più interessante, se conseguito, il nostro posizionamento di creditori. Successivamente mi è stato confermato che, ferma restando la necessità di un ulteriore approfondimento, questa “aggiunta” appare ragionevole.
3)il realismo deve assistere anche nel fissare gli obiettivi qualitativi e quantitativi. Non voglio porre limiti alla provvidenza, ma mi riterrò soddisfatto se una transazione permetterà di recuperare una quota significativa della perdita.
Tocco questo aspetto per due motivi.
Innanzitutto mi obbliga ad impegnarmi sin da subito in una causa, invece di mettermi alla finestra, sperando nelle ricadute positive delle iniziative altrui. La transazione la fanno solo quelli che salgono a bordo.
Secondariamente, per superare quello che molti considerano un importante elemento di incertezza: le eventuali spese di soccombenza. A questo riguardo voglio sottolineare due mie convinzioni:
a)la transazione, a fronte di argomenti ben posti, è la soluzione più probabile. Essa automaticamente esclude le spese di soccombenza;
b)le cause vanno intentate solo a ragion veduta e in maniera ben costruita. Fare causa a mezzo mondo può far gonfiare il petto, ma espone a sorprese (spese di soccombenza) amare e molto salate. Esempio: fare causa a Banca d’Italia e Consob non deve essere un’opzione da escludere per principio. Ma attenzione a compiere passi falsi con quei signori! Con i quali “transare” potrebbe non essere la cosa più semplice del mondo. E se la causa fosse persa…
Ecco: per me la scelta dello studio legale dipende anche dal realismo mostrato, non dalla promessa di dichiarare guerra al resto del mondo.
4)i costi devono essere ragionevoli. Sarebbe troppo bello se vivessimo in un mondo in cui gli avvocati fossero a buon mercato. Specialmente quelli bravi. Se però annetto importanza alla qualità dello studio legale, dovrò rassegnarmi ad una spesa “di mercato”.
Giovedì scorso è stato detto che le spese di perizia sono comprese negli onorari richiesti. Così pure, se ho capito bene, il contributo unificato.
Preferirei pagare meno, ma temo dovrò rassegnarmi a pagare una somma accettabile, se paragonata alla qualità del servizio e alle prospettive di ritorno.
Le esigenze di confidenzialità mi hanno indotto a velare alcune affermazioni. Chi la vive dall’interno mi avrà comunque capito.
Entrare in causa o no? Con quale avvocato? Lo sappiamo tutti: una causa non si intraprende mai avendo la certezza dell’esito. Sarebbe troppo comodo. I rischi ci sono. Come in qualsiasi investimento mobiliare.
Ognuno faccia le proprie considerazioni, ragionando (insindacabilmente) a modo suo; tutti quanti teniamo le dita incrociate.