baleng
Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
L'altro giorno mi sono visto il film "Io, Claude Monet", nell'unico giorno di proiezione. Giovedì 16 è uscito sul Corriere (del Veneto) un articolo sullo stessa da parte di Marco Goldin
, perciò ne parlo. Le mie osservazioni furono che non si trattava affatto di un film, ma di un documentario, per di più talmente monocorde (stessa impostazione per le 2 ore, cioè brani di lettere letti da una voce davvero orribile e nel modo sbagliato - voce di ... Claudio Monetti, e non scherzo - il tutto centrato sul solo Monet senza alcun collegamento con gli altri impressionisti, e senza alcun intervento di una voce narrante a spiegare), talmente monocorde, dicevo, che verso la fine non prendere sonno sulla poltroncina del cine rimase davvero un'impresa - in parte fallita
. La totale mancanza di varietà espressiva in due ore di narrazione con il solo criterio cronologico è errore che nemmeno un dilettante al primo anno di scienza delle comunicazioni oggi commetterebbe. Peccato, perché invece le immagini erano valide: non solo, com'è ovvio, i quadri del pittore, ma anche le visioni di paesaggio spesso sovrapposte alle opere stesse, con effetti interessanti, ma forse anche nocivi alla vera comprensione degli aspetti stilistici ed artistici di Monet.
Assente qualsiasi criterio di giudizio sul livello delle opere, il che non aiuta, perché Monet variò molto nei vari periodi.
Aggiungo ora una stretta sintesi delle osservazioni di Goldin (di più no, detesto il personaggio).
Conferma la noia, con in più una critica alle musiche che, secondo lui, distraeva dalle parole (secondo me no, era discreta o buona). Critica l'enfasi della voce recitante, del tutto inappropriata (d'accordo). E critica la scelta di presentare Monet come un pittore perennemente alla canna del gas, senza denaro e quasi disperato (il che, quando dice di non avere denaro sufficiente per manutenere le sue tre barche appare infatti abbastanza contraddittorio). In questo modo si presenta Monet, aggiunge M G, come il solito prototipo del genio incompreso e squattrinato, ai margini della società, mentre da un certo punto in poi fu il pittore più ricco della sua generazione.
In effetti, aggiungo, non appare molto congruo quel repentino passaggio da un Monet indigente e marginale ad un Monet che riceve ministri e può permettersi di donare allo stato opere condizionandone la "location".
MG termina preoccupandosi che non venga creato un pubblico "sbandato", che poi non frequenterà più i musei. Evidentemente in questo ha sentito aria di concorrenza



Assente qualsiasi criterio di giudizio sul livello delle opere, il che non aiuta, perché Monet variò molto nei vari periodi.
Aggiungo ora una stretta sintesi delle osservazioni di Goldin (di più no, detesto il personaggio).

Conferma la noia, con in più una critica alle musiche che, secondo lui, distraeva dalle parole (secondo me no, era discreta o buona). Critica l'enfasi della voce recitante, del tutto inappropriata (d'accordo). E critica la scelta di presentare Monet come un pittore perennemente alla canna del gas, senza denaro e quasi disperato (il che, quando dice di non avere denaro sufficiente per manutenere le sue tre barche appare infatti abbastanza contraddittorio). In questo modo si presenta Monet, aggiunge M G, come il solito prototipo del genio incompreso e squattrinato, ai margini della società, mentre da un certo punto in poi fu il pittore più ricco della sua generazione.
In effetti, aggiungo, non appare molto congruo quel repentino passaggio da un Monet indigente e marginale ad un Monet che riceve ministri e può permettersi di donare allo stato opere condizionandone la "location".
MG termina preoccupandosi che non venga creato un pubblico "sbandato", che poi non frequenterà più i musei. Evidentemente in questo ha sentito aria di concorrenza

