BEATI QUELLI DI HOUSTON CHE HANNO SOLO UN PROBLEMA

Campi per 8000 persone in ogni regione: a cosa servono?


o per immigrati................ o per italiani SFRATTATI
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Non farti mai imporre la loro narrazione, disse a se stesso, inutilmente.

L’aveva sentita arrivare: vaghi allarmi, notizie ancora lontane.

Poi la vide avvicinarsi, ne intuì la vocazione.

Io sarò tutto, proclamava.

E aveva ragione: era nata per travolgere, schiacciare, soffocare, sovrastare.

Le prime fanterie furono sbaragliate in modo tragicomico, tra un involtino primavera e una birretta sui Navigli milanesi.

Il tempo di guardarsi attorno, di scoprirsi già accerchiati.

Voci metalliche, elicotteri.

Ma la televisione – cantava Lucio Dalla – ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione.

“Garage Olimpo”, il cupo film di Marco Bechis, parlava ancora di abissi materiali,
l’inferno argentino quasi ingenuo degli orrori caserecci di una dittatura atroce che ti faceva scomparire,
poteva ridurti a pezzettini nelle cantine dell’Esma e poi scaraventarti da un aereo oltre l’estuario della Plata, in mare aperto.


Ora è come se fossero scomparsi tutti quanti, ma volontariamente: senza colpo ferire.


Tutto ormai scorre silenziosamente, in tempi di sofisticazione digitale,
di auto senza rumore e quasi prive di pilota, di droni sapientissimi e algoritmi.

Gironi grigi e ammutoliti, bocche bendate e infagottate.

La parodia scolastica affidata alla mestizia di lezioni fantasmatiche,
grazie alla connessione solo digitale del codice binario che dà vita al monitor.

Tutti nell’Orrida Gheenna, sotto forma di influenza universale.

Triste ironia, per chi smaniava di poter essere virale, come se fosse una virtù, una fantastica conquista,
dentro la planetaria smaterializzazione progressiva di qualsiasi cosa avesse ancora addosso il vecchio odore di umanità possibile, e dunque impresentabile.

Del mondo antico, quello più familiare e tridimensionale,
restano quasi solo le affabili menzogne dell’affabulazione giornaliera,
con il sinistro contorno di ululati e feretri.


Menzogne virtuali a badilate, a once, a tonnellate:
le tenebrose fantasie di ogni leggenda, l’antologia di aneddoti che annebbia qualunque palingenesi presunta.


Imporre un solo tema, sempre quello, per un anno e oltre: anche per sempre, stando agli umori dei peggiori aruspici.

Imporre il modo di pensare, di vestirsi, di parlare e respirare, di calcare marciapiedi e magazzini.

Imporre l’orizzonte, dopo aver plasmato su misura ogni sussurro, ogni recondito sentire,
persino l’aritmetica drogata di elezioni presentate come cruciale appuntamento escatologico,
spada d’arcangelo a separare il bene e il male.



Nelle paludi torbide, gli alligatori ancora ufficialmente addetti alla politica si limitano oggi a un agitarsi goffo,
tra le sabbie di un’impotenza definitivamente conclamata.

Sono ben altri, lassù, a disegnare traiettorie concepite per convogliare in modo conveniente tutto il bestiame umano,
che ancora non capisce e perde tempo ad azzuffarsi in liti di cortile.

Se il piano infine non sarà condotto a termine, non sarà merito di alcuna schiera di soldati semplici.


Ci sono pure quelli, dotati di animo ribelle: hanno imparato a farsi ben valere, ma restano sparuta minoranza.


Intanto ha vinto l’onda anomala,
la vibrazione scura concepita come alibi per la dominazione ultima, imposta col terrore.


Ha vinto la paura, la quiete artificiale dell’allevamento in cui trionfa la superstizione.


Niente è credibile, nell’assordante macrocosmo delle frottole:
le rare verità ormai sfuggono a qualsiasi radar,
non trovano parole capaci di bucare le corazze della sordità atterrita.


Ancora si ragiona di cerotti, aghi e svariate altre stupidaggini,
mentre i signori dell’imperio giocano all’onnipotenza,
all’illusoria eternità televisiva, trafficando coi loro palinsesti,
le loro facce di cartone, i loro numeri truccati.


Chi mai l’avrebbe detto, un anno fa, che avrebbe dilagato in modo così folle e incontrastato
il totalitarismo della narrazione unica, prescritta dalla sera alla mattina, per decreto?

E’ come essersi scordati di avere corpo e gambe, raziocinio, cuore.

Sostanza umana di memorie, dignità di esistere.
 
La cura per il covid 19 esiste

Essa è semplice, si realizza con farmaci tradizionali.

È tutt’altro che costosa.

Se applicata con la giusta tempistica è in grado di salvare vite umane.

Piuttosto che il lockdown, bisogna, finalmente, mettere i medici di base
in grado di somministrare la terapia domiciliare precoce capillarmente su tutto il territorio nazionale
.


La corretta terapia domiciliare, somministrata tempestivamente all’apparire dei primi sintomi
è stata sinora negata dalle linee guida ufficicialmente riconosciute.

Eppure tale pratica risparmierebbe i pericolosi affollamenti nei pronto soccorso, nei reparti covid e nelle terapie intensive.

Il corretto trattamento domiciliare precoce (tdp) è, infatti, in grado salvare vite umane in modo diretto ma anche indiretto,
lasciando liberi gli ospedali per il trattamento delle altre consuete patologie.


La tensione e le energie impiegate nella propaganda dell’emergenza sanitaria
si sono tuttavia concentrate quasi esclusivamente sulla scarsa capacità di ricezione del sistema ospedaliero
rispetto alla dinamica di diffusione del covid tra la popolazione e in particolare sulla mancanza di un sufficiente numero di posti in terapia intensiva.

Tale deficienza a fronte della rapidità di crescita della diffusione della patologia
ha giustificato le segregazioni totali e parziali a cui siamo stati costretti nel corso della prima, della seconda e della terza ondata
malgrado esse abbiano comportato la dannosissima paralisi di gran parte della vita sociale ed economica del Paese.

Rianimazione ed intubazione rappresentano però il fallimento della cura.

La corretta terapia domiciliare precoce essendo in grado di circoscrivere l’evoluzione della patologia,
nella quasi totalità dei casi, alla prima fase, quella virale.

I pazienti correttamente e tempestivamente assititi evitano di passare alle fasi successive della patologia,
via via sempre più critiche e dispendiose dal punto di vista della natura degli interventi terapeutici necessari e della loro probabilità di successo.


Agli inizi si è tardato ad individuare la giusta modalità di intervento
anche a causa della disincentivazione alla pratica delle autopsie (OMS e ministero della sanità); si è così perso tempo prezioso.

Tuttavia a marzo 2020 i nostri medici avevano già concepito, quale efficace strategia di intervento,
una terapia domiciliare precoce a base di antinfiammatori fans, antibiotici, idrossiclorochina ed eparina
(cortisone nella eventuale seconda fase), plasmaimmune quando necessario.

Precoce, perché era subito stato chiaro quanto fosse decisiva la tempestività dell’intervento.

Si vedano a tal proposito la call conference del dott. Pierluigi Viale sulla patogenesi del covid-19 e le relative indicazioni terapeutiche

Si vedano anche le testimonianze dei medici Claudio Puoti, Salvatore Spagnolo, Luigi Cavanna,
e altri nonché le relative richieste dirette al ministero della sanità e al governo per implementare tale modalità di intervento a livello nazionale.


La praticabilità della terapia domiciliare precoce

Ad ogni medico di base sono affidati un massimo di 1500 pazienti.
Come si sa, essi sono capillarmente presenti su tutto il territorio nazionale.

Gli italiani venuti ufficialmente in contatto con il virus, i cosiddetti casi, sono ad oggi 3,6 milioni su sessanta milioni di abitanti, ossia il 6% della popolazione.

Il 6% di 1500 fa 90, ossia una media di circa 90 pazienti che ogni medico ha dovuto, ad oggi,
gestire per ragioni legate al covid; ma attenzione, circa l’80% di questi non necessita di cure essendo asintomatico.

Il 20% di 90 sono pari ad una media di 18 pazienti con sintomi affidati ad ogni medico di base.

Certamente la distribuzione dei casi e degli ammalati non è stata uniforme.

Alcuni medici, tuttavia, sono stati in grado di assitere e curare sino a 300 pazienti covid già nella prima fase
e con grande successo (praticamente nessuno dei pazienti trattati in tdp è finito in ospedale).

Le unità speciali di continuità assistenziale USCA sono state pensate ed attivate per intervenire laddove necessario ad affiancare i medici di base.


I medici che hanno concepito e sperimentato con successo la corretta terapia domiciliare precoce (tdp)
sono stati tuttavia frustrati nelle loro richieste. vedi ANSA ROMA, 13 novembre 2020.

Il protocollo per le cure a casa, messo a punto dal gruppo di lavoro del Ministero della Salute
che non prevede l’uso di antibiotici, antinfiammatori e cortisone, e impedisce la somministrazione di idrossiclorochina
ha seminato sconcerto tra quei medici di famiglia che avendo sperimentato con successo la tdp
avevano chiesto che fosse ufficializzata perché si potesse più adeguatamente diffonderne la pratica su tutto il territorio nazionale
con l’aiuto decisivo del ministero, ma all’uscita di quel protocollo si sono immediatamente resi conto
che la loro esperienza di cura sul campo era stata completamente negata.

Non ne hanno, infatti, condiviso le indicazioni terapeutiche: “Nessuno ci ha interpellati”.

In pratica il protocollo ufficiale prevede paracetamolo (tachipirina) per i sintomi febbrili,
antinfiammatori solo se il quadro clinico del paziente inizia ad aggravarsi, cortisone solo in emergenza.

Nessun antireumatico (idrossiclorochina), nè antibiotici.

Eparina solo per le persone che hanno difficoltà a muoversi.


Ascoltiamo, a tal proposito, lo sfogo del dott. Stefano Manera all’indomani della diffusione del protocollo per le cure a casa:
Una notizia degna di un venerdì 13 di un anno bisestile che sarà ricordato a lungo.
Come sapete uso da sempre la prevenzione e la medicina “non convenzionale” per curare me stesso e gli altri, tuttavia sono certo che sia indispensabile che un medico conosca e sappia utilizzare bene tutte le risorse terapeutiche a disposizione, con i giusti criteri e i giusti tempi.
Da mesi diciamo e scriviamo quanto sia fondamentale l’utilizzo di cortisone, antibiotici ed eparina anche precocemente nel trattamento della malattia.
Ci sono studi che ne dimostrano l’efficacia e l’utilità per salvare molte vite.
Qui emerge, nero su bianco, che c’è una volontà precisa di non fornire le cure idonee durante l’assistenza domiciliare.
Ci dicono l’esatto contrario: niente antibiotici e cortisone, che fino all’anno scorso venivano prescritti a tutti, da tutti i medici, per ogni banale influenza!
Non parliamo dell’idrossidoclorochina e del plasma iperimmune che fin da subito, sono stati banditi dai piani terapeutici
con la scusa della pericolosità degli effetti collaterali, convincendo rapidamente tutti.


L’attesa del tampone, anche 10 o più giorni, in presenza della sintomatologia da covid,
quasi del tutto sovrapponibile a quella influenzale, insieme al suo mancato trattamento,
rimandato sino alla disponibilità dell’esito del tampone, ha fatto il resto
impedendo il trattamento precoce del paziente fin dalla prima fase, quella prettamente virale,
in cui si rivela decisivo l’intervento farmacologico tempestivo del medico di base in grado di bloccare la deriva del covid verso le pericolose fasi successive.

L’drossiclorochina (plaquenil), insieme all’eparina (clexane) (+ antibiotico),
finché ne è stato consentito l’uso, sono stati i farmaci decisivi, il cui uso,
nella terapia domiciliare precoce (all’apparizione dei primi sintomi),
ha evitato il ricovero e l’aggravamento dei pazienti covid.


Viceversa, la prolungata attesa dell’esito del tampone, in presenza dei sintomi lievi della prima fase,
trattati con paracetamolo (tachipirina), hanno garantito (provocato) il peggioramento
e la transizione della malattia alle sue fasi successive, necessitanti ricovero ospedaliero
e nei casi più sfortunati terapia intensiva…

Tutto questo è noto sin dalla seconda metà dello scorso marzo,
ma le richieste di migliaia di medici sono rimaste inascoltate e anzi
l’AIFA ha proibito l’uso della idrossiclorochina e ribadito quello assai controverso della tachipirina.

Si ascolti a tal proposito la testimonianza seguente del dott. Andrea Mangiagalli


Tutti sappiamo quanto sia stata decisiva l’incremento della curva dei “casi” a legittimare e conclamare la seconda ondata
con conseguente necessità di paralizzare nuovamente la vita del paese.

Si continua tuttavia a negare l’inattendibilità del tampone rispetto alla veridicità dei risultati diagnostici
che restituisce e questo malgrado il pronunciamento dell’ISS e la letteratura scientifica di settore che ne hanno decretato la fallacia
(vedi il mio Dubbi da tamponare).


A tale proposito si veda

Palermo. “Tamponi inaffidabili”: il Codacons presenta esposto a nove Procure in Sicilia
L’inaffidibabilità è stata certificata dalla Commissione europea e dall’ISS
(procurano fino al 95% dei falsi positivi secondo l’Istituto Superiore di Sanità).
Sono stati ipotizzati i reati di truffa aggravata, procurato allarme, falso ideologico e omicidio colposo.


Integrazione del 27 novembre


Il biologo Franco Trinca spiega che esistono delle sostanze e delle molecole che possono aiutare a sconfiggere questa malattia
o perlomeno evitare che si sviluppi una forma grave, su tutte la quercetina:
Lo certifica lo stesso Consiglio Nazionale delle Ricerche”, dice Franco Trinca.


Integrazione del 4 dicembre


L’idrossiclorochina al Consiglio di Stato


aggiornamento dell’11 dicembre
Covid, cure con idrossiclorochina: ok da Consiglio di Stato


aggiornamento del 19 dicembre
Avv. Erich Grimaldi, lavvocato anti-covid: il virus si batte con la terapia domiciliare precoce, l’Aifa sui farmaci è troppo prudente


integrazione del 6 gennaio


Integrazione del 14 Gennaio
Terapia domiciliare di un gruppo di medici italiani condivisa anche da Yale
Circa 200 medici e specialisti italiani hanno messo a punto uno schema terapeutico domiciliare “anticovid”
utile a ridurre o evitare addirittura, il ricovero in ospedale ai malati di Sar-cov-2.
Lo stesso schema è condiviso da Harvey Risch, professore e componente del Dipartimento di Epidemiologia dell’Università di Yale
e dal collega Peter A. McCullough.

Leggi qui l’articolo completo


La testimonianza del dott. Szumski a Radio Radio TV


Aggiornamento del 20 gennaio

La terapia domiciliare precoce a rete 4 con i dottori Mangiagalli e Stramezzi


Aggiornamento del 21 Gennaio




La corretta terapia domiciliare precoce sembra essere stata finalmente sdoganata sui grandi mezzi di informazione.

Ecco il commento dell’avvocato Grimaldi fondatore del gruppo “terapiadomiciliarecovid19” su FB invitato alla trasmissione FuoriTg Tg3



Aggiornamento del 31 gennaio


Qui la giornalista coraggiosa, Angela Camuso, che mostra di aver finalmente compreso
l’enorme portata delle conseguenze della rimozione della terapia domiciliare precoce e la fa conoscere sui grandi mezzi di informazione



aggiornamento del 6 febbraio

continua la serie di trasmissioni che Rete 4 sta meritoriamente dedicando alla terapia domiciliare precoce


Nota: detto in sintesi
La cura per il covid esiste da marzo.
Essa è stata individuata grazie alla collaborazione di tanti medici sulla base della loro esperienza clinica dei malati di covid.
La cura fa uso di farmaci tradizionali Il successo, quando l’applicazione della cura è tempestiva, all’apparire dei primi sintomi, è totale.
Le autorità sono state informate ma colpevolmente hanno reagito nel peggiore dei modi
proibendo l’uso di uno dei farmaci utilizzato, l’idrossiclorochina che funziona da antivirale (noto sin dal 2005-prime sars).
Il farmaco è stato riammesso all’uso solo grazie a ricorso e intervento del consiglio di stato che lo ha riabilitato.

Se questi medici fossero stati ascoltati e ci si fosse organizzati per tempo :

avremmo evitato migliaia di vittime del covid

l’intasamento degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva
con conseguente incapacità delle strutture ospedaliere di far fronte al complesso delle cure e trattamenti per altre patologie

la clausura coatta e le limitazioni delle libertà fondamentali

le campagne terroristiche che hanno diffuso colpevolmente il panico tra la popolazione

lo smantellamento in corso, rapido e progressivo, del nostro sistema produttivo
con tutte le conseguenze drammatiche che esso comporta e comporterà.


Chi ancora si ostina a fare da megafono alla criminale propaganda che ha ammorbato il paese
privandolo della serenità relativa di cui godevamo si fa complice di questo ormai insostenibile stato di cose



integrazione del 15 febbraio

affaritaliani
Tachipirina e attesa? Il Covid dilaga. Ora Draghi li mandi tutti a casa
Linee guida per le cure domiciliari del Covid-19: le colpe dei vertici sanitari e del ministero della Salute nella gestione dell’epidemia


aggiornamento del 5 marzo 2021

ESCLUSIVO. Covid e cure precoci. Il Tar del Lazio: no alla Tachipirina e alla vigile attesa


aggiornamento del 9 marzo

dopo il pronunciamento del TAR del Lazio che ha sospeso gli effetti della nota dell’Aifa
che impediva ai medici di base di trattare i pazienti Covid se non con Tachipirina e vigile attesa.
Il Piemonte, e ora il Molise, hanno adottato lo schema terapeutico del protocollo di cura della terapia domiciliare precoce.
Prossimamente dovrebbero aggiungersi Abruzzo e Lombardia.

Bisognerebbe che in ogni regione ci si mobilitasse per fare altrettanto.

Vedi il servizio di Byoblu
 
Campi per 8000 persone in ogni regione: a cosa servono?


o per immigrati................ o per italiani SFRATTATI
Vedi l'allegato 598661

ma non è che ci finirà chi sta facendo vaccino oggi?
CHE VACCINO NON E' :ordine:

.............a pensar male a volte.............

 
Ultima modifica:
Ennesima scoperta dell'acqua calda.
Lo leggessero quei coyotes di Roma che hanno lo stipendio garantito.


Stare all'aperto non solo fa bene ma riduce al minimo il rischio di prendersi il Covid-19:
nuove evidenze arrivano da uno studio irlandese che ha dimostrato
come soltanto lo 0,1% dei casi totali registrati in Irlanda da inizio pandemia
siano riconducibili a contagi presi lontani dalle mura di casa o da luoghi chiusi.

Questo studio evidenzia, ancora una volta, come sia fondamentale stare all'aperto
più che rimanere al chiuso dove il virus corre davvero.


E i numeri parlano chiaro: su 232.164 casi di Covid-19 registrati in Irlanda fino al 24 marzo di quest'anno,
soltanto 262 sono il risultato di trasmissione all'aperto, pari allo 0,1% del totale.

Da inizio pandemia sono stati registrati 42 focolai associati a raduni all'aperto
con un focolaio comunitario che ha rappresentato sette casi.

I dati sono stati resi noti dall'Health Protection Surveillance Center (HPSC),
ovvero il Centro di sorveglianza per la protezione della salute irlandese e forniti al quotidiano The Irish Times.

I dati HPSC si sono basati su "luoghi che sono principalmente associati ad attività all'aperto,
ovvero sport all'aria aperta e cantieri edili, o focolai che menzionano specificamente nei commenti
che un luogo o un'attività all'aperto era coinvolta"
, scrivono i ricercatori.

Nello specifico, 21 focolai sono stati registrasti nei cantieri edili con 124 casi
e 20 focolai erano associati ad attività sportive e fitness in cui si sono verificati 131 casi.

L'ente ha però aggiunto che "non può determinare dove si è verificata la trasmissione".


Questi risultati hanno lasciato a bocca aperta anche gli addetti ai lavori:
il Prof. Liam Fanning, immunovirologo dell'University College di Cork,
ha affermato che gli incontri faccia a faccia all'aperto comportano sempre un rischio
se c'è una persona asintomatica sottolineando, però, che i dati sono
"rassicuranti e che i supporti finanziari per incoraggiare i pasti all'aperto dovrebbero essere molto più alti
in modo che l'Irlanda possa diventare una società di ristorazione all'aperto".

La stessa riflessione dovrebbe essere fatta anche in Italia
,
con i luoghi della ristorazione chiusi ormai da tempo immemore.

Anche Ed Lavelle, professore di biochimica al Trinity College di Dublino
e dal 2013 presidente della Società irlandese di Immunologia, ha affermato che
"i risultati convalidano molte delle tesi provenienti dagli Stati Uniti" e
"dimostrano che le attività all'aperto sono sicure. Andare in un bar all'aperto",
ha sottolineato, "è molto sicuro.

Meno ottimista ma oggettiva la collega Orla Hegarty, secondo la quale
"all'aperto il rischio di contagio è basso, perché - a meno che tu non sia vicino a qualcuno infetto -
la maggior parte del virus viene spazzato via dall'aria, come avviene per il fumo della sigaretta"
.


Sulla base di questi dati, il governo irlandese ha deciso la riapertura delle attività all'aperto dal 26 aprile
oltre ad alcuni luoghi turistici e tutti i locali con spazi esterni.

Il ministro del Turismo, Catherine Martin, ha messo a disposizione l'equivalente di 17 milioni di euro
per i ristoratori che vogliono ampliare i loro spazi all'esterno.

Se ce ne fosse bisogno, a dimostrare in modo definitivo che stare in luoghi aperti è, di per sè, il vero anti-Covid,
l'Università della California è arrivata alla conclusione che la possibilità di contrarre il Covid in un ambiente chiuso è 19 volte superiore.


Evidenze arrivano anche da uno studio cinese che ha dimostrato come, su 1.245 casi in Cina,
soltanto tre persone sono state infettate all'aperto e, tra l'altro, stavano conversando senza indossare le mascherine.


"La nostra conclusione è che in molti settori, e per molte dimensioni e formati,

dovrebbe essere possibile mettere in atto adeguate mitigazioni basate sull'evidenza

per fornire eventi e attività all'aperto in un modo che non aumenti il rischio dalla trasmissione sporadica all'epidemia di cluster".
 
Qualcosa si muove a Lecco.
Ma gli anticocrpi monoclonali si conoscono dallo scorso anno.
Si fossero mossi prima.......oggi non saremmo così ridotti.


''Rispetto ad un anno fa non siamo più così disarmati contro il virus''.

A dirlo è la dottoressa Stefania Piconi, primaria del dipartimento malattie infettive dell'Asst di Lecco,
nel fare il punto sulle terapie attualmente utilizzate nei due ospedali lecchesi in cui si combatte il Covid, Mandic e Manzoni,
e in particolare nel presentare lo studio in fase di svolgimento sull'utilizzo degli anticorpi monoclonali.

Nel corso della conferenza stampa che si è svolta nel pomeriggio odierno, mercoledì 7 aprile,
la dottoressa Piconi ha riferito che la cura ha finora prodotto risultato soddisfacenti.


''Come sappiamo abbiamo a che fare con una malattia bifasica: una consiste nella replicazione attiva del virus,
l'altra – che può mettere seriamente a rischio la vita delle persone infette –
riguarda la risposta infiammatoria esagerata nei confronti del coronavirus.

Perciò anche la terapia si distingue in due momenti precisi.

Nella prima abbiamo bisogno di antivirali, nella seconda di qualcosa che riduca questa eccessiva attivazione del sistema immunitario.

Quello che usiamo nel momento in cui si instaura una certa saturazione è l'ormai noto Remdesivir, che blocca o riduce la moltiplicazione del virus.

Quando viene somministrato rapidamente, nella prima fase del contagio, ha un'efficacia notevole.


Tra il gruppo di farmaci antivirali che stiamo integrando con grande soddisfazione ci sono i monoclonali.


Nella nostra Asst ne abbiamo di tre tipi, sostanzialmente hanno il ruolo di legarsi alla proteina Spike
che il virus utilizza per entrare nelle cellule, bloccandone questo passaggio e di conseguenza la sua replicazione.

Ad oggi gli anticorpi monoclonali sono stati usati su due pazienti che partivano da una situazione clinica generale molto compromessa.

Questi due individui ci sono stati segnalati dai medici di riferimento, in 48 ore abbiamo organizzato il percorso di infusione della terapia.

In entrambi i casi non hanno avuto manifestazioni cliniche e nell'arco di una settimana si sono negativizzati dal virus''.


La sperimentazione di questi antivirali presso il dipartimento gestito dalla dottoressa Picone, come spiegato da lei stessa,
ha raggiunto la terza fase di studio, sta ottenendo risultati significativi e non è dunque così lontano dal diventare una terapia consolidata e pronta all'uso.


''I pazienti eleggibili per questa terapia sono pazienti che hanno una situazione di partenza già compromessa,
hanno una malattia che ha fatto il suo esordio entro 10 giorni dalla scoperta della positività e che abbiano la manifestazione di sintomi.


Somministrare questa cura dopo due settimane non avrebbe senso dato che la malattia vive di due fasi.

Sono in arrivo dei monoclonali di seconda generazione, più efficaci nella risposta alle diverse varianti del virus''.


La terapia degli anticorpi monoclonali è destinata a pazienti non ricoverati e deve essere prescritta dai medici di base,
istruiti poco dopo la metà di marzo sull'ingresso di questa nuova cura,
i quali devono in un certo senso prevedere che un paziente fragile positivo con sintomi ancora lievi potrebbe avere complicazioni serie.

L'Asst, una volta ricevuta la segnalazione, convocherà il paziente
per sottoporlo all'iniezione degli anticorpi monoclonali attraverso flebo alla quale segue un'ora di osservazione.


La dottoressa Picone ha anche ipotizzato che nei prossimi mesi questa terapia potrà avvenire anche a domicilio,
peraltro attraverso la somministrazione del farmaco per via orale.


Riguardo la seconda fase della malattia, la primaria ha spiegato che in Asst è ancora in uso la cura attraverso cortisone
per attenuare la risposta eccessiva del sistema immunitario, ed è in fase di studio l'utilizzo del baricitinib,
un inibitore di alcuni enzimi che hanno un ruolo importante nel processo infiammatorio del Covid-19.
 
Si è conclusa la nuova valutazione del Prac dell’Ema che conferma di fatto il precedente verdetto specificando però che eventi di trombosi del seno venoso cerebrale, CVST e dell'addome (trombosi della vena splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine e talvolta sanguinamento devono essere presi in considerazione come effetti collaterali molto rari e che comunque i benefici complessivi del vaccino di AstraZeneca nella prevenzione del COVID-19 superano i rischi degli effetti collaterali
In conferenza stampa si è poi sottolineato come ad oggi siano stati registrati casi di trombosi delle vene e dei seni cerebrali anche per altri vaccini: "Su Johnson & Johnson sono stati registrati 3 casi di CVST su 4,5 milioni di vaccinati. Per Pfizer 35 casi su 54 milioni di vaccinati. Per Moderna 5 casi su 4 milioni vaccinati". In realtà è stato poi spiegato che per Moderna quei casi sono stati registrati a livello mondiale mentre il numero di vaccinati è solo quello europeo.

Come dicevamo, poi, sulla base dei dati analizzati e delle evidenze disponibili l'Ema non ha trovato alcuna correlazione tra un possibile maggiore rischio per determinate fasce d'età o per genere, da qui la decisione di non porre limitazioni. È vero che i casi di trombosi cerebrale registrati riguardano in particolar modo donne più giovani ma, come spiegato da Sabine Straus, presidente della Commissione Sicurezza di Ema, questo può essere dovuto alle politiche vaccinali europee. Il vaccino anglo-svedese è stato utilizzato per lo più su fasce d'età più giovani, ed "il 60% delle persone vaccinate sono donne, questo potrebbe aver influito sul fato che la maggior parte della reazioni sia avvenuta in questa popolazione. Ma non escludiamo anche altri fattori sui quali continueremo ad indagare".

Questi i sintomi da tenere sotto controllo in presenza dei quali va richiesta assistenza medica (vedi anche altro articolo su informazioni per il pubblico e gli operatori sanitari):
• fiato corto
• dolore al petto
• gonfiore alla gamba
• persistente dolore addominale (pancia)
• sintomi neurologici, inclusi mal di testa grave e persistente o visione offuscata
• minuscole macchie di sangue sotto la pelle oltre il sito di iniezione



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"Farsi somministrare il vaccino AstraZeneca è fino a 10 volte meno 'rischioso' che assumere un contraccettivo orale". Questo quanto sottolineato nel corso della conferenza stampa Ema per illustrare la decisione presa dal Prac.

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Ormai diverse fonti scientifiche autorevoli mettono in dubbio l’efficacia dei lockdown e della chiusura delle attività economiche,
che ha causato la miseria di milioni di italia ed un milione di disoccupati in più.

Nonostante questo i lockdown sono andati avanti, con ulteriori restrizioni Pasqua e Pasquetta.....e vanno avanti ancora oggi.


Anzi, per Pasqua e Pasquetta sono circolati numerosi vademecum da parte della stampa mainstream su “ciò che si può e ciò che non si può fare“.

Lunghe liste accompagnate da disegnini a prova di scarso quoziente intellettivo,
incorniciano intere pagine con ciò che ci è concesso fare, con quali attività siano non essenziali in zona rossa,
con lunghi excursus sull’inevitabilità della mascherina .

I disegnini sono necessari in quanto ormai leggere molti giornali mainstream, soprattutto in queste pagine acritiche,
sembra essere la prova di un quoziente intellettivo non propriamente eccelso.

Certo poi potevano specificare come e dove respirare, bere, mangiare, fare i bisogni.

Poi le chicche: se corri, quindi dai attività sportiva, puoi uscire dal comune.
Se cammini no. Sembra veramente una presa in giro, e usiamo termini gentili.



Un vademecum che non è andato giù a FabioDuranti, che così ha commentato insieme a EnricoMichetti a ‘Un Giorno Speciale’.


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il gruppo francese Iliad ha acquisito una partecipazione pari a circa il 12 per cento del capitale sociale di Unieuro,
catena di elettronica di consumo ed elettrodomestici, prima per numero di negozi e volume d’affari.
 

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