Val
Torniamo alla LIRA
Ecco smontata un'altra presa per il kulo.
La rivista Nature aveva già affrontato il tema lo scorso febbraio con un lungo articolo e un editoriale di accompagnamento:
il rischio di contagio del virus attraverso le superfici è QUASI NULLO.
nonostante ciò gli sforzi si concentrano ancora su pulizie e sanificazioni.
Con un appello: dedicare maggiore attenzione alla via di contagio considerata principale,
la cosiddetta trasmissione aerea (aerosol), ovvero le goccioline respiratorie grandi e piccole
che trasportano particelle virali emesse da persone che starnutiscono, tossiscono, parlano e respirano
e che possono rimanere a lungo in un ambiente chiuso poco ventilato.
Ora un nuovo report pubblicato dai Centers for Disease and Control Prevention (CDC) degli Stati Uniti
che ha analizzato i vari studi disponibili ha concluso che la trasmissione del coronavirus
attraverso il contatto con una superficie contaminata è molto rara: un caso ogni diecimila.
A inizio pandemia, quando ancora non si sapeva nulla di questo nuovo virus,
gli esperti hanno cominciato a segnalare possibili pericoli di contagio attraverso le superfici contaminate:
toccarle e poi portare le mani su naso e bocca potrebbe essere una via di ingresso del virus.
Così sono cominciate le pulizie senza sosta (inizialmente anche di strade).
Le aziende si sono attrezzate con disinfestazioni accurate e anche i vagoni di treno e metro sono «sanificati» periodicamente.
La sanificazione è diventata un business.
Del resto la pulizia profonda fa sentire la gente più sicura perché è qualcosa che si vede.
Ma dopo tanti mesi è ora molto più chiaro che il coronavirus è un virus respiratorio,
si trasmette attraverso piccole goccioline che fluttuano nell’aria in ambienti chiusi.
Non ci sono studi che provano l’infezione attraverso il contatto con superfici contaminate.
Il fatto che il virus permanga su una superficie non significa automaticamente infezione.
Bisogna che su quel tavolo o su quella maniglia sia depositata una quantità piuttosto elevata di particelle virali,
che poi finisca sopra una mano che infine tocca una faccia. Non così automatico.
E soprattutto il virus deve essere ancora infettivo (e non inerte come capita dopo un certo periodo di tempo).
Ora il report dei CDC fa un po’ di chiarezza su un tema rimasto a lungo controverso.
I ricercatori hanno stimato la probabilità di contagio con studi quantitativi di valutazione del rischio microbico.
« I risultati di queste ricerche suggeriscono che il rischio di infezione da Sars-Cov-2
attraverso la via di trasmissione dei fomiti è basso e generalmente inferiore a 1 su 10.000,
il che significa che ogni contatto con una superficie contaminata ha meno di 1 su 10.000 possibilità di causare un’infezione»
concludono gli scienziati, che suggeriscono acqua e sapone o detergente per pulire le superfici.
L’uso di disinfettanti per l’igiene delle superfici ha dimostrato di essere efficace
«nel prevenire la trasmissione secondaria di Sars-Cov-2 tra una persona infetta e altre persone all’interno della famiglia.
C’è tuttavia poco supporto scientifico per l’uso di routine dei disinfettanti in contesti comunitari, sia interni sia esterni,
per prevenire la trasmissione da Sars-Cov-2 da fomiti .
Nella maggior parte delle situazioni, per ridurre il rischio di contagio è sufficiente la pulizia delle superfici utilizzando sapone o detergente.
La disinfezione è consigliata solo negli ambienti interni della comunità in cui si è verificato un caso sospetto o confermato di Covid-19 nelle ultime 24 ore».
Dove ci si contagia: gli ambienti chiusi
Ma se solo una persona du diecimila si contagia attraverso le superfici contaminate e una su mille si infetta all’aperto,
come rivelato da una ricerca irlandese, come si spiegano i milioni di contagiati nel mondo?
Ormai è noto che sono gli ambienti chiusi quelli più a rischio di contagio,
iuna ricerca pubblicata su Nature analizzando gli spostamenti di 98 milioni di americani
ha identificato i luoghi dove il rischio di contagio da coronavirus è più elevato.
«I luoghi critici sono gli ambienti chiusi di dimensioni ridotte e con limitata ventilazione, soprattutto con un tempo di permanenza elevato»
ricorda Giorgio Buonanno, professore ordinario di Ingegneria tecnica ambientale
all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane (Australia).
Si è visto infatti in numerosi studi in tutto il mondo che Sars-CoV-2 si diffonde soprattutto in quegli ambienti chiusi
dove si riuniscono molte persone: matrimoni, chiese, palestre, ristoranti, mezzi pubblici, cori, bar, mattatoi, carceri,
feste soprattutto quando si parla ad alta voce o si canta senza mascherina».
Si può gestire il rischio di contagio con adeguate strategie di ventilazione e areazione.
In un’aula scolastica di medie dimensioni è possibile ricambiare completamente l’aria aprendo le finestre (areazione) in 10-20 minuti.
«L’ideale sarebbe agire con impianti di ventilazione meccanica controllata: nel caso di ricircolo è consigliato l’utilizzo di filtri HEPA.
Quando la ventilazione meccanica non è attuabile perché richiede importanti lavori di ristrutturazione
si può pensare a purificatori d’aria portatili che possono essere spostati in vari ambienti.
È importante sapere che oggi gli ingegneri sono in grado di stimare il rischio e di gestire qualsiasi ambiente indoor,
intervenendo su ventilazione, tempi di esposizione ed affollamento».
La rivista Nature aveva già affrontato il tema lo scorso febbraio con un lungo articolo e un editoriale di accompagnamento:
il rischio di contagio del virus attraverso le superfici è QUASI NULLO.
nonostante ciò gli sforzi si concentrano ancora su pulizie e sanificazioni.
Con un appello: dedicare maggiore attenzione alla via di contagio considerata principale,
la cosiddetta trasmissione aerea (aerosol), ovvero le goccioline respiratorie grandi e piccole
che trasportano particelle virali emesse da persone che starnutiscono, tossiscono, parlano e respirano
e che possono rimanere a lungo in un ambiente chiuso poco ventilato.
Ora un nuovo report pubblicato dai Centers for Disease and Control Prevention (CDC) degli Stati Uniti
che ha analizzato i vari studi disponibili ha concluso che la trasmissione del coronavirus
attraverso il contatto con una superficie contaminata è molto rara: un caso ogni diecimila.
A inizio pandemia, quando ancora non si sapeva nulla di questo nuovo virus,
gli esperti hanno cominciato a segnalare possibili pericoli di contagio attraverso le superfici contaminate:
toccarle e poi portare le mani su naso e bocca potrebbe essere una via di ingresso del virus.
Così sono cominciate le pulizie senza sosta (inizialmente anche di strade).
Le aziende si sono attrezzate con disinfestazioni accurate e anche i vagoni di treno e metro sono «sanificati» periodicamente.
La sanificazione è diventata un business.
Del resto la pulizia profonda fa sentire la gente più sicura perché è qualcosa che si vede.
Ma dopo tanti mesi è ora molto più chiaro che il coronavirus è un virus respiratorio,
si trasmette attraverso piccole goccioline che fluttuano nell’aria in ambienti chiusi.
Non ci sono studi che provano l’infezione attraverso il contatto con superfici contaminate.
Il fatto che il virus permanga su una superficie non significa automaticamente infezione.
Bisogna che su quel tavolo o su quella maniglia sia depositata una quantità piuttosto elevata di particelle virali,
che poi finisca sopra una mano che infine tocca una faccia. Non così automatico.
E soprattutto il virus deve essere ancora infettivo (e non inerte come capita dopo un certo periodo di tempo).
Ora il report dei CDC fa un po’ di chiarezza su un tema rimasto a lungo controverso.
I ricercatori hanno stimato la probabilità di contagio con studi quantitativi di valutazione del rischio microbico.
« I risultati di queste ricerche suggeriscono che il rischio di infezione da Sars-Cov-2
attraverso la via di trasmissione dei fomiti è basso e generalmente inferiore a 1 su 10.000,
il che significa che ogni contatto con una superficie contaminata ha meno di 1 su 10.000 possibilità di causare un’infezione»
concludono gli scienziati, che suggeriscono acqua e sapone o detergente per pulire le superfici.
L’uso di disinfettanti per l’igiene delle superfici ha dimostrato di essere efficace
«nel prevenire la trasmissione secondaria di Sars-Cov-2 tra una persona infetta e altre persone all’interno della famiglia.
C’è tuttavia poco supporto scientifico per l’uso di routine dei disinfettanti in contesti comunitari, sia interni sia esterni,
per prevenire la trasmissione da Sars-Cov-2 da fomiti .
Nella maggior parte delle situazioni, per ridurre il rischio di contagio è sufficiente la pulizia delle superfici utilizzando sapone o detergente.
La disinfezione è consigliata solo negli ambienti interni della comunità in cui si è verificato un caso sospetto o confermato di Covid-19 nelle ultime 24 ore».
Dove ci si contagia: gli ambienti chiusi
Ma se solo una persona du diecimila si contagia attraverso le superfici contaminate e una su mille si infetta all’aperto,
come rivelato da una ricerca irlandese, come si spiegano i milioni di contagiati nel mondo?
Ormai è noto che sono gli ambienti chiusi quelli più a rischio di contagio,
iuna ricerca pubblicata su Nature analizzando gli spostamenti di 98 milioni di americani
ha identificato i luoghi dove il rischio di contagio da coronavirus è più elevato.
«I luoghi critici sono gli ambienti chiusi di dimensioni ridotte e con limitata ventilazione, soprattutto con un tempo di permanenza elevato»
ricorda Giorgio Buonanno, professore ordinario di Ingegneria tecnica ambientale
all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane (Australia).
Si è visto infatti in numerosi studi in tutto il mondo che Sars-CoV-2 si diffonde soprattutto in quegli ambienti chiusi
dove si riuniscono molte persone: matrimoni, chiese, palestre, ristoranti, mezzi pubblici, cori, bar, mattatoi, carceri,
feste soprattutto quando si parla ad alta voce o si canta senza mascherina».
Si può gestire il rischio di contagio con adeguate strategie di ventilazione e areazione.
In un’aula scolastica di medie dimensioni è possibile ricambiare completamente l’aria aprendo le finestre (areazione) in 10-20 minuti.
«L’ideale sarebbe agire con impianti di ventilazione meccanica controllata: nel caso di ricircolo è consigliato l’utilizzo di filtri HEPA.
Quando la ventilazione meccanica non è attuabile perché richiede importanti lavori di ristrutturazione
si può pensare a purificatori d’aria portatili che possono essere spostati in vari ambienti.
È importante sapere che oggi gli ingegneri sono in grado di stimare il rischio e di gestire qualsiasi ambiente indoor,
intervenendo su ventilazione, tempi di esposizione ed affollamento».