Beppe Scienza sulle obbligazioni legate all'inflazione
BEPPE SCIENZA*
Il Kazachstan tratta i propri risparmiatori meglio dello Stato italiano. È ciò che si scopre confrontando il rendimento dei recenti Buoni del Tesoro reali 200308 con quello di un'analoga emissione dello stato asiatico. Un modesto 1,65% a fronte di un 4,10% annuo (oltre all'inflazione, in entrambi i casi).
Dati i contesti molto diversi, il paragone è un po' brutale e comunque il prestito del Tesoro non è malvagio. Scadenti sono invece, come al solito, quelli che le banche italiane collocano tra i loro clienti.
Al riguardo mi sia permesso un commento personale. Già nelle ultime pagine de Il risparmio tradito (Ediz. Libreria Cortina Torino) e poi in altri interventi, da anni consiglio le Obligations Assimilables du Trésor indexées (OATi e OATei) francesi, che sono fra i migliori titoli in euro indicizzati all'inflazione. Peccato che m'arrivino in continuazione email di lettori che protestano perché la loro banca si rifiuta di acquistargliele o comunque mette bastoni fra le ruote. Uno sportellista, per spaventare il cliente, ha addirittura preteso la firma dei moduli previsti per i valori mobiliari ad alto rischio. Titoli dello stato francese con garanzie in termini di potere d'acquisto: questo sarebbe un investimento ad alto rischio per chi ha rifilato obbligazioni Cirio e fondi comuni gestiti in modo fallimentare!
Tale ostruzionismo però si spiega. Sono mesi infatti che il sistema bancario italiano colloca tra i propri clienti obbligazioni legate all'inflazione di terza e quarta scelta. Presiti che rendono meno, che sono meno liquidi e meno sicuri dei titoli di stato reali francesi o greci (vedi tabelle), ma che in compenso fruttano alle banche guadagni ben maggiori.
Che dire infatti delle San Paolo Imi 20032008, un grosso prestito con una maggiorazione media rispetto all'inflazione europea dello 0,8% quando le OATei 2012 ai prezzi attuali garantiscono il 2,12% reale?
Insomma, siamo alle solite: l'unica attività in cui le banche italiane (e anche quelle svizzere, per consolarsi) sono brave è quella di sommergere i loro clienti con prodotti scadenti. Anzi, l'iniziativa del Tesoro è finalizzata anche a porre un freno a tali comportamenti, intensificatisi negli ultimi mesi, e come tale è molto apprezzabile.
Ciò non toglie che i Btp reali 200308 1,65% presentino alcuni difetti. Che giudizio dare per cominciare del rendimento reale facciale dell’1,65% lordo o anche dell’1,69% tenendo conto del prezzo di emissione? Ragionando su un'inflazione in Eurolandia del 2% l'anno, arriveremmo a un 3,7% nominale lordo a scadenza. Quindi un po' sopra i Btp di pari durata. In termini relativi quindi non è malaccio. Ma in assoluto il rendimento reale atteso è esile. Per cominciare ci sono le imposte, che colpiscono anche le rivalutazioni del capitale. Poi è prevedibile che l'inflazione italiana resti superiore a quella media europea. Ammettiamo pure che il differenziale si riduca a mezzo punto percentuale. Il rendimento reale netto dei Btp reali 200305 si attesterebbe intorno a uno 0,7% annuo.
Già a prima vista, non fa una bella impressione. Ancor meno pingue appare alla luce di alcuni confronti, per i cui dettagli rinvio alla mia pagina in Internet presso l'Università di Torino.
Potremmo infatti partire con gli unici altri titoli anticarovita emessi dal Tesoro italiano esattamente 20 anni. Ebbene, i Ctr 19832003 rendevano il 2,5% netto oltre l'inflazione. Solo che allora sembrava poco e il parametro scelto "il deflattore implicito del prodotto interno lordo al costo dei fattori" destava, a torto, sospetti di intenti manipolatori.
Cambiando angolazione, esaminiamo il rendimento reale medio dei Bot. Scopriamo così che dal 1970 ad adesso ammonta all'1,5%, al netto delle imposte. Non parliamo poi dei Cct: dalla fine del 1980, da quando sono disponibili gl'indici di capitalizzazione della Banca d'Italia, hanno reso mediamente il 4,8% reale netto, che è una bella sberla.
Di fronte a dati simili, e anche senza insistere coi titoli di Stato kazachi con rendimenti reali del 4,10%, ma denominati in tenge anziché in euro, la prospettiva di uno 0,7% più dell'inflazione italiana non è entusiasmante. Non promette di arricchire i sottoscrittori dei Btp reali, come invece di fatto si sono "arricchiti" gli aficionados dei Cct, visto che 100 lire investite a fine 1980 sono diventate 290 lire di adesso, al netto di imposte e inflazione.
Ma il vero motivo per cui i Btp reali 200308 mi lasciano freddo è la durata relativamente breve. I rischi di impennate inflazionistiche, e di tassi reali fortemente negativi, s'insinuano soprattutto nel lungo termine. A breve un'inflazione al 20% è improbabilissima, ma chi se la sente di escluderla invece per esempio nel 2021? Più prudenti quindi, in un'ottica difensiva, titoli che durino ancora 10, 20 e magari 30 anni come alcuni della Francia o della Grecia. Ovviamente uno può aspettare che il Tesoro italiano esca anche lui con prestiti simili, che però non sono in dirittura d'arrivo.
Un'altra, però, è la critica di fondo che si deve muovere all'emissione del Tesoro, che comunque (ripetiamolo!) è decorosa. Perché offrire agli italiani solo titoli agganciati a un'inflazione in gran parte estera, anche se della stessa area monetaria, e per giunta storicamente più smorzata? Perché negargli ciò che offrono ai loro risparmiatori stati così diversi come gli USA, il Kazachstan, l'Inghilterra, il Brasile o la Francia, ovvero titoli a reddito fisso indicizzati a come aumentano i prezzi dove uno vive?
*Università Torino
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