Sharnin 2
Forumer storico
Borse: nuova «esuberanza irrazionale»?
Alfonso Tuor
Il crollo delle Borse dell’inizio di questo decennio è da considerare solo uno sgradevole ricordo e i mercati sono destinati a conoscere un nuovo boom eccezionale, ossia a salire ancora fortemente e a lungo. In questi giorni numerosi analisti finanziari hanno avanzato queste ipotesi. Le voci si sono moltiplicate questa settimana dopo che, esattamente lunedì scorso, l’indice azionario americano S&P 500 ha raggiunto il massimo di tutti i tempi, superando il livello che aveva toccato nel marzo del 2000. In pratica, dato che questo è l’indice americano più significativo, si può dire che è stato definitivamente archiviato il crollo iniziato nel 2000. L’entusiasmo di questi analisti induce ad alcune considerazioni. In primo luogo, il massimo storico dello S&P 500 a 1.529 punti può essere celebrato come un raddoppio dell’indice, se si considera che lo stesso indice era sceso nell’ottobre del 2002 fino a 776 punti. Ma può essere anche una performance molto deludente, se si considera che la Borsa è ritornata al livello di circa sette anni fa, mettendo nel frattempo a dura prova le coronarie e i nervi degli investitori. Ma c’è di più, se si guarda all’andamento della Borsa americana ragionando in termini di euro, l’investitore, a causa del calo del dollaro, sta ancora perdendo circa il 28% (poco meno se si ragiona in franchi svizzeri).
Quindi, non ci dovrebbe essere molto da celebrare, ma ciò non frena gli analisti che mettono in risalto come le attuali quotazioni di Borsa sono molto più «sane» di quelle dell’inizio del 2000. In proposito i dati sono chiari. Oggi l’indice ha un rapporto tra prezzi e utili di 18, ossia non superiore alla media storica; i bilanci societari sono sani e gli utili salgono addirittura più delle aspettative (nel primo trimestre di quest’anno sono ad esempio cresciuti dell’8,2%) e, infine, il peso nell’indice dei settori e delle società è notevolmente mutato. Allora la parte del leone la facevano le società attive nel settore tecnologico, che erano riuscite ad alimentare aspettative di crescita strabilianti, mentre ora i pesi massimi dell’indice sono società che realizzano profitti «veri», come la ExxonMobil, attiva nel settore petrolifero. Quindi, è incontestabile che il mercato si è «ripulito» e che oggi presenta caratteristiche diverse e soprattutto più rassicuranti. Ma è pure difficilmente contestabile che questo rialzo è stato reso possibile da un livello dei tassi di interesse estremamente basso e da un eccesso di liquidità, che favoriscono i fenomeni delle fusioni ed acquisizioni, delle società di Private Equity, ecc, che costituiscono il sostegno maggiore degli indici.
Ma a preoccupare ancor più è l’affacciarsi di nuove argomentazioni tese a spiegare che siamo in una realtà economica completamente nuova, che giustifica un ulteriore forte ascesa degli indici azionari. Nella seconda metà degli anni Novanta, per giustificare quella che tutti in seguito riconobbero essere una bolla, fu «inventata» la teoria di un nuovo paradigma economico creato da Internet e dalle nuove tecnologie. Oggi a confortare la previsione della continuazione della «festa borsistica» è la tesi che siamo entrati in una realtà che funziona con canoni completamente nuovi grazie alla sempre maggiore integrazione nell’economia mondiale di India e Cina. Come il nuovo paradigma delle nuove tecnologie in voga negli anni Novanta, anche l’attuale tesi parte da dati di fatto avvertiti dalla stragrande maggioranza della popolazione. Ciò dà a queste teorie una parvenza di maggiore credibilità. Infatti non vi è dubbio che Cina ed India pesano molto sull’economia mondiale di oggi e che il loro peso molto probabilmente tenderà ad aumentare. Non vi è nemmeno alcun dubbio che la loro entrata nel circuito economico mondiale ha avuto un effetto deflazionistico, permettendo, da un canto, di tenere bassi i tassi di interesse e, dall’altro, di deprimere i livelli salariali occidentali, contribuendo in questo modo alla crescita degli utili societari. È però meno certo che questi paesi continueranno ad esercitare questo ruolo «benefico» soprattutto per le Borse, anche perché il loro boom economico sta contribuendo a quell’impennata dei prezzi delle materie prime che non riguarda solo il petrolio, ma che sta toccando, e in modo sostanziale, anche i prezzi delle derrate agricole.
Il riaffacciarsi di nuovi paradigmi induce a ritenere che siamo alla vigilia di una fase di «irrazionale esuberanza» delle borse, come del resto fa pensare l’ondata di fusioni ed acquisizioni che sta assumendo le caratteristiche di una «manìa», che come tutte le manie provoca solo danni all’economia reale.
Molto probabilmente il rally attuale delle Borse è in realtà dovuto all’eccessiva quantità di denaro che le banche centrali continuano ad iniettare nel circuito economico. E come è sempre accaduto, se questi eccessi non vengono corretti dalle autorità monetarie, alimentano bolle speculative, che costantemente si concludono con crolli attraverso i quali i mercati distruggono i soldi in eccesso e in cui gli investitori creduloni restano in braghe di tela. Oggi molto probabilmente siamo entrati nella fase «entusiasmante», che può durare anche alcuni anni, di «gonfiamento» della bolla.
CdT
24/05/2007 19:33
Alfonso Tuor
Il crollo delle Borse dell’inizio di questo decennio è da considerare solo uno sgradevole ricordo e i mercati sono destinati a conoscere un nuovo boom eccezionale, ossia a salire ancora fortemente e a lungo. In questi giorni numerosi analisti finanziari hanno avanzato queste ipotesi. Le voci si sono moltiplicate questa settimana dopo che, esattamente lunedì scorso, l’indice azionario americano S&P 500 ha raggiunto il massimo di tutti i tempi, superando il livello che aveva toccato nel marzo del 2000. In pratica, dato che questo è l’indice americano più significativo, si può dire che è stato definitivamente archiviato il crollo iniziato nel 2000. L’entusiasmo di questi analisti induce ad alcune considerazioni. In primo luogo, il massimo storico dello S&P 500 a 1.529 punti può essere celebrato come un raddoppio dell’indice, se si considera che lo stesso indice era sceso nell’ottobre del 2002 fino a 776 punti. Ma può essere anche una performance molto deludente, se si considera che la Borsa è ritornata al livello di circa sette anni fa, mettendo nel frattempo a dura prova le coronarie e i nervi degli investitori. Ma c’è di più, se si guarda all’andamento della Borsa americana ragionando in termini di euro, l’investitore, a causa del calo del dollaro, sta ancora perdendo circa il 28% (poco meno se si ragiona in franchi svizzeri).
Quindi, non ci dovrebbe essere molto da celebrare, ma ciò non frena gli analisti che mettono in risalto come le attuali quotazioni di Borsa sono molto più «sane» di quelle dell’inizio del 2000. In proposito i dati sono chiari. Oggi l’indice ha un rapporto tra prezzi e utili di 18, ossia non superiore alla media storica; i bilanci societari sono sani e gli utili salgono addirittura più delle aspettative (nel primo trimestre di quest’anno sono ad esempio cresciuti dell’8,2%) e, infine, il peso nell’indice dei settori e delle società è notevolmente mutato. Allora la parte del leone la facevano le società attive nel settore tecnologico, che erano riuscite ad alimentare aspettative di crescita strabilianti, mentre ora i pesi massimi dell’indice sono società che realizzano profitti «veri», come la ExxonMobil, attiva nel settore petrolifero. Quindi, è incontestabile che il mercato si è «ripulito» e che oggi presenta caratteristiche diverse e soprattutto più rassicuranti. Ma è pure difficilmente contestabile che questo rialzo è stato reso possibile da un livello dei tassi di interesse estremamente basso e da un eccesso di liquidità, che favoriscono i fenomeni delle fusioni ed acquisizioni, delle società di Private Equity, ecc, che costituiscono il sostegno maggiore degli indici.
Ma a preoccupare ancor più è l’affacciarsi di nuove argomentazioni tese a spiegare che siamo in una realtà economica completamente nuova, che giustifica un ulteriore forte ascesa degli indici azionari. Nella seconda metà degli anni Novanta, per giustificare quella che tutti in seguito riconobbero essere una bolla, fu «inventata» la teoria di un nuovo paradigma economico creato da Internet e dalle nuove tecnologie. Oggi a confortare la previsione della continuazione della «festa borsistica» è la tesi che siamo entrati in una realtà che funziona con canoni completamente nuovi grazie alla sempre maggiore integrazione nell’economia mondiale di India e Cina. Come il nuovo paradigma delle nuove tecnologie in voga negli anni Novanta, anche l’attuale tesi parte da dati di fatto avvertiti dalla stragrande maggioranza della popolazione. Ciò dà a queste teorie una parvenza di maggiore credibilità. Infatti non vi è dubbio che Cina ed India pesano molto sull’economia mondiale di oggi e che il loro peso molto probabilmente tenderà ad aumentare. Non vi è nemmeno alcun dubbio che la loro entrata nel circuito economico mondiale ha avuto un effetto deflazionistico, permettendo, da un canto, di tenere bassi i tassi di interesse e, dall’altro, di deprimere i livelli salariali occidentali, contribuendo in questo modo alla crescita degli utili societari. È però meno certo che questi paesi continueranno ad esercitare questo ruolo «benefico» soprattutto per le Borse, anche perché il loro boom economico sta contribuendo a quell’impennata dei prezzi delle materie prime che non riguarda solo il petrolio, ma che sta toccando, e in modo sostanziale, anche i prezzi delle derrate agricole.
Il riaffacciarsi di nuovi paradigmi induce a ritenere che siamo alla vigilia di una fase di «irrazionale esuberanza» delle borse, come del resto fa pensare l’ondata di fusioni ed acquisizioni che sta assumendo le caratteristiche di una «manìa», che come tutte le manie provoca solo danni all’economia reale.
Molto probabilmente il rally attuale delle Borse è in realtà dovuto all’eccessiva quantità di denaro che le banche centrali continuano ad iniettare nel circuito economico. E come è sempre accaduto, se questi eccessi non vengono corretti dalle autorità monetarie, alimentano bolle speculative, che costantemente si concludono con crolli attraverso i quali i mercati distruggono i soldi in eccesso e in cui gli investitori creduloni restano in braghe di tela. Oggi molto probabilmente siamo entrati nella fase «entusiasmante», che può durare anche alcuni anni, di «gonfiamento» della bolla.
CdT
24/05/2007 19:33