(Reuters) - La caduta dell'euro verso il livello di parità con il dollaro ha spinto la Banca centrale europea con le spalle al muro, mettendo i suoi responsabili di politica monetaria di fronte a scelte difficili ed economicamente costose.
Se l'euro crollasse l'inflazione, già a livelli record, aumenterebbe il rischio di una crescita dei prezzi ben al di sopra dell'obiettivo del 2% fissato dalla Bce.
Ma per contrastare i minimi ventennali toccati dalla moneta unica sarebbe necessario un aumento più rapido dei tassi d'interesse, che potrebbe aggravare la situazione per un'economia già alle prese con una possibile recessione, l'incombente carenza di gas e i costi energetici alle stelle che stanno riducendo il potere d'acquisto.
Finora la banca centrale ha minimizzato la questione, sostenendo di non avere un obiettivo per il tasso di cambio, anche se la valuta è importante. I verbali della riunione politica di giugno, pubblicati oggi, non hanno evidenziato particolari preoccupazioni. Ma le mosse del mercato sono ormai troppo ampie per essere minimizzate.
"La debolezza dell'euro rafforza l'idea che la Bce sia rimasta indietro rispetto alla curva", ha detto Dirk Schumacher, responsabile della ricerca macro europea di Natixis Cib.
"Considerato l'alto livello dell'inflazione, un euro più forte sarebbe molto utile perché abbasserebbe l'inflazione".
Questo fa aumentare il costo delle importazioni, soprattutto per l'energia e altri beni denominati in dollari, rendendo tutto più costoso. Secondo studi spesso citati dalla Bce, un deprezzamento dell'1% del tasso di cambio aumenta l'inflazione dello 0,1% in un anno e fino allo 0,25% in tre anni.
Asino di Buridano?