Certificati di investimento - Cap. 5

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(Reuters) - Il governo italiano dovrebbe decidere la prossima settimana se bloccare la vendita della raffineria siciliana Isab di Priolo, di proprietà di Lukoil alla società di private equity cipriota G.O.I. Energy.
Lo hanno riferito a Reuters due fonti vicine alla questione.
Il governo Meloni vuole avere voce in capitolo nella trattativa, poiché l'impianto Isab di Lukoil in Sicilia raffina 320.000 barili di greggio al giorno, rappresentando un quinto della capacità di raffinazione italiana e impiegando circa 1.000 persone.
Il governo può porre un veto alla transazione in base alla normativa sul "golden power", concepita per proteggere le industrie ritenute di importanza strategica.
A gennaio Lukoil ha detto di aver raggiunto un accordo preliminare per la vendita della raffineria a G.O.I. Energy, aprendo la strada alla prima significativa cessione di asset per il gruppo dopo l'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca.
Con il sostegno del trader di materie prime Trafigura, G.O.I. Energy ha finora prevalso su diversi pretendenti alla raffineria, tra cui la piattaforma di investimento statunitense Crossbridge.
La decisione su Isab sarà probabilmente all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri della prossima settimana, ha detto una delle fonti, che ha chiesto di non essere nominata a causa della delicatezza della questione. I ministri del governo Meloni si riuniscono solitamente il giovedì.
Il ministro dell'Industria Adolfo Urso ha ripetutamente affermato che lo stato garantirà la tutela dei posti di lavoro e il mantenimento degli standard ambientali nella vendita dell'impianto.
Da quando il golden power è stato introdotto nel 2012, le autorità governative hanno bloccato le incursioni straniere in Italia solo otto volte.
In sei casi, i veti hanno bloccato offerte da parte di società cinesi, mentre lo scorso anno il governo ha respinto il tentativo della società nucleare statale russa Rosatom di acquisire Faber Industrie, che produce cilindri per lo stoccaggio di idrogeno.
Alcuni media hanno ipotizzato che gli Stati Uniti siano preoccupati per la vendita della raffineria di Priolo, dato che l'impianto si trova a soli 50 chilometri da una base Nato a Sigonella.
In risposta, il mese scorso G.O.I Energy ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che né la società né il Ceo Michael Bobrov hanno alcun legame con la Russia.



Cioè... da non credere...
 
JP Morgan e Morgan Stanley starebbero valutando un potenziale accordo con First Republic Bank. Lo riporta il Wall Street Journal, aggiungendo che i due colossi bancari sarebbero pronti a sostenere l'istituto californiano a rischio fallimento. Sul tavolo anche l'opzione di un'acquisizione totale della banca.


Boh, salvano questa e poi sotto con un'altra?

Banche grandi spinte a salvare banche piccole ( 14 salvate nel 2008 prima di LB) .. e la banca grande chi la salva ?
Non sarà così ! ( spero).
Sangue freddo ed occasione per acquistare titoli che solo pochi giorni sembravano regalati , a me compreso.
Barriere a scadenza e no leva
 
insomma anche sto fine settimana salta qualcuno.

Tranquilli che la ECB monitora.

L'aiuto di miliardi della Banca nazionale svizzera (BNS) a Credit Suisse ha ridotto solo di poco le preoccupazioni degli investitori sulla grande banca in difficoltà. Mentre il corso delle azioni del numero due bancario elvetico scende di nuovo oggi, le speculazioni su una sua divisione si fanno sempre più insistenti.
Il prestito di 50 miliardi della BNS, accolto ieri da Credit Suisse, ha alleggerito la pressione sulla banca, almeno nel breve periodo. Nonostante la grande "pezza" della BNS, le preoccupazioni rimangono, hanno commentato ad esempio oggi gli analisti della banca d'investimento statunitense KBW. Sul mercato si fa riferimento in particolare alle cifre persistentemente in rosso e al continuo deflusso di depositi e patrimoni dei clienti.
Lo scetticismo degli investitori si riflette anche nell'andamento del titolo Credit Suisse. Dopo il movimento di recupero di ieri, il corso dell'azione è sceso bruscamente già oggi: dopo aver aperto sopra i 2 franchi, nel primo pomeriggio era a 1,835 franchi in calo del 9,25%.
Alla luce dei continui e gravi problemi della grande banca, gli analisti bancari dubitano che il Credit Suisse possa continuare il suo corso senza ulteriori correzioni. Secondo KBW, l'istituto finanziario potrebbe essere costretto ora a procedere a una ulteriore ristrutturazione.
"A nostro avviso, lo status quo non è più un'opzione", ha dichiarato in un commento l'autorevole analista bancario Kian Abouhossein della banca statunitense JPMorgan. Il marchio "Credit Suisse" è ora in uno stato di continua erosione, avverte.
Per gli analisti di KBW, una scissione della banca e ulteriori vendite di parti dell'azienda sono "la soluzione più probabile". In primo piano vi sono le attività in Svizzera, che sono ancora considerate forti. Gli analisti stimano il valore di questa attività a 10-12 miliardi di franchi in caso di scorporo. Si tratta di una cifra notevolmente superiore all'attuale valore di borsa dell'intero Credit Suisse, pari a circa 7,2 miliardi di franchi.
Tuttavia, anche l'attività di gestione patrimoniale di Credit Suisse resta attrattiva: nonostante i deflussi di patrimoni e le recenti cifre in rosso, gli esperti di KBW vedono per questa un valore di ben 9 miliardi di franchi, anche se una vendita dovrebbe probabilmente avvenire con uno sconto significativo. Gli esperti di JPMorgan sottolineano inoltre la forte performance della divisione nel corso degli anni.
"La palla al piede" sarebbe la divisione Investment Banking (IB), in perdita.
I costi elevati per una chiusura completa delle unità IB causerebbero probabilmente qualche grattacapo a un potenziale acquirente della grande banca. Gli esperti di KBW assegnano un "valore negativo" di 11 miliardi di franchi all'attività.
Nelle speculazioni di analisti e media, in primo piano come possibile acquirente almeno di parti di Credit Suisse, vi è la concorrente UBS.
Tuttavia un tale passo necessiterebbe il sostegno delle autorità svizzere. A queste ultime preoccuperebbe l'elevata quota di mercato in Svizzera dopo una fusione delle due grandi banche. Inoltre, una fusione in Svizzera comporterebbe probabilmente una massiccia riduzione dei posti di lavoro.
UBS preferisce concentrarsi sulla propria strategia ed è riluttante ad assumere rischi legati al Credit Suisse, ha riferito ieri sera l'agenzia di stampa statunitense Bloomberg, citando ambienti informati. Il presidente della direzione del numero uno bancario elvetico Ralph Hamers ha detto solo a metà settimana, durante una conferenza finanziaria, che non avrebbe risposto a "domande ipotetiche sul Credit Suisse"
 
(Reuters) - Il fallimento della banca californiana Svb e di Signature Bank hanno scatenato una significativa volatilità sui mercati globali, Europa inclusa. Ma le perdite potenziali nei portafogli obbligazionarti non rappresentano una minaccia sistemica, scrive Dbrs Morningstar in un report sui rischi che corre il comparto bancario.
Alcuni dei problemi che hanno portato al fallimento di Svb non sono presenti a questi livelli nel sistema bancario europeo.
"Le banche dell'Ue generalmente hanno una più bassa esposizione verso titoli del reddito fisso, una più stabile base di depositi retail, e uno schema regolatorio che include politiche manageriali più stringenti sui rischi legati ai tassi anche per le banche più piccole".
Dbrs sottolinea, inoltre, che "il pieno impatto dell'attuale instabilità finanziaria deve ancora essere visto. Inoltre la volatilità globale del mercato è aumentata e i mercati sono preoccupati di qualunque segnale di debolezza. I timori di un possibile contagio hanno spinto le autorità svizzere ad annunciare di recente una iniezione di liquidità di 50 miliardi di franchi svizzeri per Credit Suisse".
"In questo momento non ci attendiamo misure simili necessarie per altre banche europee poiché Credit Suisse stava affrontando le sfide di compliance e di ristrutturazione specifiche del suo franchising accentuate dall'attuale volatilità del mercato".
 
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