valgri
Valter : Born in 1965
Accordo commerciale USA - EUROPA
Un accordo che costa caro all'Europa (e ai nostri portafogli)
Trump si è mangiato Von der Leyen a colazione. Lo ha detto Orban, ma ad essere sincero la penso in maniera molto simile.
Celebrato come un successo storico, l’accordo commerciale siglato tra Stati Uniti e Unione europea a Turnberry somiglia più a una tregua provvisoria che a una vera pace. Con una tariffa doganale unica al 15% su tutti i beni europei, Donald Trump può rivendicare un risultato politico spendibile in patria, mentre Bruxelles evita lo spettro di dazi al 50% e incassa qualche apertura sul mercato americano. Ma dietro l’apparente equilibrio, l’asimmetria resta evidente.
Il compromesso arriva dopo mesi di escalation unilaterale da parte degli Stati Uniti. Prima dell’intesa, Washington aveva già imposto tariffe punitive su acciaio, alluminio e auto europee, mentre l’UE, confidando nella diplomazia, aveva evitato ritorsioni immediate. Aveva però pronto un pacchetto da 93 miliardi di dollari di contro-dazi, che sarebbe scattato ad agosto. La minaccia americana di alzare le tariffe al 30% entro il 1° del mese ha cambiato tutto. L’Europa ha ceduto, e ha firmato.
Il prezzo è elevato. Oltre alla tariffa del 15% su tutti i beni, con aumenti rispetto al passato per numerosi settori, l’UE si è impegnata a investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti e a spendere 750 miliardi in energia americana—gas, petrolio e nucleare—entro la fine del mandato di Trump. Una somma colossale che segna, nei fatti, una nuova dipendenza energetica: finita quella da Mosca, comincia quella da Washington. E mentre si discute anche di ulteriori acquisti di armamenti americani, i benefici per l’industria europea restano incerti.

Trump si è mangiato Von der Leyen a colazione. Lo ha detto Orban, ma ad essere sincero la penso in maniera molto simile.
Celebrato come un successo storico, l’accordo commerciale siglato tra Stati Uniti e Unione europea a Turnberry somiglia più a una tregua provvisoria che a una vera pace. Con una tariffa doganale unica al 15% su tutti i beni europei, Donald Trump può rivendicare un risultato politico spendibile in patria, mentre Bruxelles evita lo spettro di dazi al 50% e incassa qualche apertura sul mercato americano. Ma dietro l’apparente equilibrio, l’asimmetria resta evidente.
Il compromesso arriva dopo mesi di escalation unilaterale da parte degli Stati Uniti. Prima dell’intesa, Washington aveva già imposto tariffe punitive su acciaio, alluminio e auto europee, mentre l’UE, confidando nella diplomazia, aveva evitato ritorsioni immediate. Aveva però pronto un pacchetto da 93 miliardi di dollari di contro-dazi, che sarebbe scattato ad agosto. La minaccia americana di alzare le tariffe al 30% entro il 1° del mese ha cambiato tutto. L’Europa ha ceduto, e ha firmato.
Il prezzo è elevato. Oltre alla tariffa del 15% su tutti i beni, con aumenti rispetto al passato per numerosi settori, l’UE si è impegnata a investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti e a spendere 750 miliardi in energia americana—gas, petrolio e nucleare—entro la fine del mandato di Trump. Una somma colossale che segna, nei fatti, una nuova dipendenza energetica: finita quella da Mosca, comincia quella da Washington. E mentre si discute anche di ulteriori acquisti di armamenti americani, i benefici per l’industria europea restano incerti.