“Penso che se fossi Xi Jinping in questo momento, starei pensando: ‘Beh, ehi, per quanto riguarda i punti chiave che mi interessano – resilienza tecnologica e autosufficienza – ce la caviamo bene, questi dazi potrebbero non avere un impatto immediato su di noi'”. Così Lily McElwee, ricercatrice associata presso il Center for Strategic and International Studies.
Xi potrebbe credere che la Cina disponga di “strumenti di ritorsione che può imporre, il che sarebbe assai costoso per gli Stati Uniti”, ha aggiunto McElwee, che è anche presidente e CEO del Phoenix Committee on Foreign Relations.
Pechino può anche infliggere altre sanzioni agli Stati Uniti, come il blocco delle licenze di esportazione per i minerali di terre rare, vitali per l’industria tecnologica statunitense. Ed è forse lo spettro di tali sanzioni uno dei motivi per cui Trump potrebbe essere stato così ossessionato dalla ricerca di fonti di approvvigionamento alternative in luoghi come l’Ucraina e la Groenlandia.
Dopo aver visto il grave impatto inflazionistico negli Stati Uniti causato dalle crisi della catena di approvvigionamento durante la pandemia, i cinesi potrebbero scegliere di imporre nuove restrizioni al flusso di merci verso gli Usa. Agli studi legali e commerciali americani potrebbe essere vietato di operare in Cina.
E Pechino potrebbe dare una scossa anche al settore agricolo, limitando l’importazione di soia e sorgo negli Stati Uniti. Qualsiasi misura di questo genere danneggerebbe sia i cinesi sia gli americani, ma dimostrerebbe la capacità di ritorsione di Xi.