Che cos’è la mafia - 2

sharnin

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Parliamo del termine. Excursus di linguistica (spero che non sia troppo tecnico, ma io sono anche una linguista e quanto segue è frutto di una ricerca personale)

Incominciamo col dire che la parola Mafia non è siciliana, ma è sicuramente una parola antichissima, perché se ne possono trovare riferimenti in molte lingue, tutti con significati connessi all’uso del fuoco.
In ebraico abbiamo:
ifia= luce delle fiamme e della brace (anche bellezza, splendore); afia= cottura in forno
m-= uno, un solo
mafua= mantice
In arabo: aafia= fuoco, anche come termine augurale
in swaili: iifia= pietra del focolare, al plurale mafia, mafya.
Cè anche un Arcipelago delle Mafia, al largo di Zanzibar, sono isole che servivano come basi commerciali e deposito per il commercio e la tratta degli schiavi (donne e ragazzi) sin dal tempo dei Sumeri.
(in greco con la stessa fonetica troviamo ofion = oppio, succo vipera )
in cinese: mafei= droga, morfina (ricordo che il papavero da oppio è di origine egea e la sua coltivazione fu introdotta in India in età ellenistica e in Cina ancora dopo)

in lingua Sioux (lakota):
mahpiua= vapore, nebbia, nuvola
In turco abbiamo:
mahfi= nascosto, mafia;
mahfi is = affare segreto

Questo ci ricorda il rito antichissimo e molto diffuso della “Capanna di Vapore” - accompagnato da inalazione di droga - che si ritrova tra i pellerossa, e poi, in forma evoluta, i Romani (le Terme) il bagno turco, etc..... i popoli nordici (sauna)

Il termine è molto probabilmente connesso con lo spagnolo màhia = magia, a sua volta in relazione con il radicale mah, mec/mag, meg che vuol dire papavero (da oppio).
Probabilmente si trattava di un termine rituale collegato alle cerimonie della Confraternita (Società segreta) del Grande Fuoco o della Brace. Alla stessa sfera rituale appartengono la Danza del Grande Fuoco, o della Brace e il rito già ricordato della Capanna di Vapore.
Per le fasi più arcaiche è possibile che si riferisse anche al pasto cannibalico d’investitura - “compromettente” (e segreto) - presente nei rituali di queste società segrete, dove il tipo di porzione offerta alludeva al ruolo attribuito.
[Non stupiscano i riferimenti a lingue apparentemente così lontane da noi, sia perchè parlanti assiro hanno frequentato l’isola alla ricerca di metalli nel 3500 aC e tracce egiziane sono numerose nell’isola, sia perchè queste lingue antiche sono rimaste le lingue segrete del potere, le lingue politiche per molti secoli dopo che non erano più parlate.]

Altri termini
Anche per l'espressione “uomo d'onuri” la derivazione più probabile è da “l'uomo di Onuri” cioè l’iniziato ad Onuri, dio egiziano “della caccia “, intesa allegoricamente come caccia all’uomo, piu che come attività venatoria.
Anche a proposito dell’espressione “pezzo da novanta”, possiamo ricordare che i Novanta o Noventa erano un’antica tribù anglosassone che probabilmente ha lasciato il suo nome al paese di Noventa di Piave (che ci facevano lì? beh, sin dalla più remota antichità c'era un intenso commercio di schiavi di tutte le razze e in tutte le direzioni)

Passiamo ai rituali.
Sia il rituale dell'incaprettamento che quello del sasso in bocca non sono peculiarità siciliane, ma sono universali e si ritrovano nelle fasi primitive di tutte le popolazioni (cfr Frazer): si diceva che il sasso doveva “impedire allo spirito del morto di uscire e andare a spaventare i parenti”, ma in realtà indicava che il morto in questione non era un morto oracolare e quindi non aveva diritto a “parlare” (leggi: non doveva essere utilizzato come oracolo dai suoi discendenti).
L'incaprettamento invece è un modo per trasportare sia gli iniziandi - che potevano entrare solo legati nel bosco sacro - che i prigionieri, senza danneggiarli, sistema usato ancor oggi dai reparti speciali degli eserciti.

E così non sono specifiche della Sicilia tante altre cose. Il sacrificio del cavallo - a cui è collegato l'uso della testa tagliata come allusione - è tipico di tutta la vastissima area della cavalleria e dell'allevamento del cavallo, dall’Inghilterra all’India. Quella Inghilterra del ciclo di re Artù che alla Sicilia è collegata. Da notare anche l’analogia tra Curlian, antico nome di Corleone, e Corlean, città del ciclo arturiano, e da ricordare che la spada Exalibur nella leggenda va a finire in Sicilia.

Insomma si sono fatti passare per tipicamente siciliani un sacco di elementi che specificamente siciliani non sono.
 
Ti leggo con attenzione :)

Ti avverto però che l'argomento, in molti e non per disonestà ma per angoscia e frustrazione, non lo vorranno sentire.
Quindi se ne vuoi parlare, ed io ci sarò, non scoraggiarti per i pochi interventi. :)
 
Argema ha scritto:
Ti leggo con attenzione :)

Ti avverto però che l'argomento, in molti e non per disonestà ma per angoscia e frustrazione, non lo vorranno sentire.
Quindi se ne vuoi parlare, ed io ci sarò, non scoraggiarti per i pochi interventi. :)

Grazie, ma io non mi scoraggio affatto.
La gente si sente frustrata da molti argomenti perchè non ci ragiona a mente fredda e non si rende conto dell'illogicità di certi assunti. Del resto una reazione emotiva di angoscia è proprio quello che si vuole ottenere coi "catechismi", cioè coi lavaggi del cervello ripetuti fino all'ossessione e rimarcati in tutti i modi possibili.
Ma è una costante della storia "politica" umana raccontare le cose all'incontrario, sin dalla società segrete tribali del Paleolitico. Anzi, ti dirò che studiando le società segrete primitive si capisce moltissimo della politica. C'è un fil rouge ininterrotto! :D
 
Interessante sharnin.

Posso chiederti di dove sei? Ovvero se hai una qualche origine e/o dimestichezza siciliana?
 
genesta ha scritto:
genesta ha scritto:
sharnin ha scritto:
genesta ha scritto:
Interessante sharnin.

Posso chiederti di dove sei? Ovvero se hai una qualche origine e/o dimestichezza siciliana?

Biografia
Sono nata e cresciuta a Milano. Mio padre era siciliano ma è venuto a Milano a 18 anni per fare ingegneria e dopo la laurea c'è rimasto. Mia madre è milanese ma con ascendenze liguri e toscane.
Andavamo in Sicilia in per una parte delle vacanze, perchè c'erano parenti e una proprietà.
Vivo in Sicilia da quando mi sono sposata, a Catania, ma passiamo molto tempo libero in campagna.
Non tornerei a Milano manco dipinta, anche se ho conservato le amicizie, e ... Catania è diventata un po' troppo incasinata, trafficata e rumorosa per i miei gusti.


Seguita da chi? da che linguista?
E' molto improbabile che un sostantivo derivi da un aggettivo, poi mafia è un termine politico e i termini politici venivano dalle lingue "alte", impossibile che venga da una lingua "bassa" (cioè lingua comune) come l'arabo, inoltre è un termine sicuramente più antico dell'arabo. La mia etimologia è più attendibile e più documentata.
 
Dicevi che vivi a Catania.

Magari siamo vicini di casa.

Comunque, se mi permetti di rilevare qualche incongruenza ...

L'etimologia più seguita della parola MAFIA la fa derivare dall'arabo MAJAS (non già aafia come dici tu), cioé "smargiasso", "sfacciato", da cui "mafiusu" che rileva un atteggiamento piuttosto che uno status quo.

Inoltre, il termine mafia inteso come organizzazione criminale nessuno ha mai affermato essere stato "inventato" in Sicilia: La "Mafia Cinese" ha, probabilmente origini più profonde sotto il profilo delle organizzazioni criminali atte a imporre anche alle classi dirigenti la propria mediazione violenta.

La definizione riportata descrive con buona completezza il fenomeno sulla base dell'osservazione delle condizioni nelle quali viene a trovarsi la Sicilia all'indomani dell'abolizione del sistema feudale, proclamata dal parlamento siciliano soltanto nel 1812.

Poi, l'espressione "Uomo d'onuri", come scrivi tu, cioé, più correttamente "Omu d'unuri", non é una espressione in realtà bensì, semplicemente, la "sicilianizzazione" di "Uomo d'onore".

Caratteristica, questa dell'uomo d'onore, che dovevano possedere coloro i quali aspiravano al reclutamento nelle fila mafiose quando il significato della mafia ben contemplava il valore implicito nel termine "onore", cioé quando, ai tempi di Salvatore Giuliano, esser mafioso significava lottare contro le ingiustizie perpetrate dai ricchi feudatari ai danni dei poveri contadini ad essi sottoposti.

Il mafioso siciliano nasce come un "robin hood" contro il progressivo inurbamento dell'aristocrazia, l'alienazione delle terre da parte dei nobili ai capeddi o gabelloti, ai quali era in precedenza affidata l'amministrazione del latifondo, e quindi il rapporto con i mezzadri in assenza degli aristocratici, l'usurpazione delle proprietà comunali e l'acquisto delle terre ecclesiastiche espropriate, resi possibili dal venir meno dei vincoli feudali e dall'eversione degli usi civici, determinando il trasferimento di gran parte della proprietà terriera nella disponibilità di questa emergente "borghesia".

Il venir meno del tradizionale sistema repressivo, demandato soprattutto all'aristocrazia, e il nascente accentramento amministrativo, perseguito dai governi ispirati dal cosiddetto assolutismo illuminato, indussero i nuovi proprietari a ricorrere a milizie private, "bande" o squadre", strumento indispensabile per la realizzazione del controllo territoriale.

Compiti di queste "unioni o fratellanze", "piccoli Governi nel Governo" - come le definisce il Procuratore Generale del Re Pietro Calà Ulloa (1802-1879) nel rapporto al ministro di Grazia e Giustizia del 1838 - erano: la gestione del traffico dell'abigeato, l'offerta di "mediazione" fra ladri e derubati e, più in generale, fra i braccianti, i contadini e i nuovi proprietari, la composizione delle liti, la protezione degli affiliati e la corruzione dei funzionari pubblici.

Inoltre, il progressivo affermarsi delle "cosche" come "istituzioni di soccorso", radicate nelle comunità locali, era dovuto al ricorso metodico alla violenza, alla capacità di superare con successo ogni conflitto con gli organi statali, all'"omertà" dei "mafiusi", ossia all'"essere uomini", e in particolare "uomini d'onore" - cioè coraggiosi e astuti, capaci di crimini efferati e, al contempo, "rispettosi" della morale tradizionale, soprattutto familiare.

Il periodo seguente l'Unità d'Italia, cioè a partire dal 1860, registra il compimento del processo di "istituzionalizzazione" della mafia e i primi esperimenti di coordinamento fra cosche. La sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte del governo centrale, restìo ad avviare un'efficace azione repressiva, l'accordo fra politici e mafiosi in sede locale, in virtù del quale i primi si assicuravano il consenso elettorale delle popolazioni, mentre i secondi ottenevano in cambio la gestione della riscossione dei tributi, la possibilità di incidere sulle finanze dei comuni e sulle forze di polizia condizionandone l'attività investigativa, il ricorso alle cosche per sconfiggere il Brigantaggio, consentirono la penetrazione della mafia nelle istituzioni legali, contribuendo a legittimare ulteriormente il potere mafioso agli occhi dei siciliani ..........................
 
genesta ha scritto:
Dicevi che vivi a Catania.

Magari siamo vicini di casa.

Comunque, se mi permetti di rilevare qualche incongruenza ...

L'etimologia più seguita della parola MAFIA la fa derivare dall'arabo MAJAS (non già aafia come dici tu), cioé "smargiasso", "sfacciato", da cui "mafiusu" che rileva un atteggiamento piuttosto che uno status quo.

Inoltre, il termine mafia inteso come organizzazione criminale nessuno ha mai affermato essere stato "inventato" in Sicilia: La "Mafia Cinese" ha, probabilmente origini più profonde sotto il profilo delle organizzazioni criminali atte a imporre anche alle classi dirigenti la propria mediazione violenta.

La definizione riportata descrive con buona completezza il fenomeno sulla base dell'osservazione delle condizioni nelle quali viene a trovarsi la Sicilia all'indomani dell'abolizione del sistema feudale, proclamata dal parlamento siciliano soltanto nel 1812.

Poi, l'espressione "Uomo d'onuri", come scrivi tu, cioé, più correttamente "Omu d'unuri", non é una espressione in realtà bensì, semplicemente, la "sicilianizzazione" di "Uomo d'onore".

Caratteristica, questa dell'uomo d'onore, che dovevano possedere coloro i quali aspiravano al reclutamento nelle fila mafiose quando il significato della mafia ben contemplava il valore implicito nel termine "onore", cioé quando, ai tempi di Salvatore Giuliano, esser mafioso significava lottare contro le ingiustizie perpetrate dai ricchi feudatari ai danni dei poveri contadini ad essi sottoposti.

Il mafioso siciliano nasce come un "robin hood" contro il progressivo inurbamento dell'aristocrazia, l'alienazione delle terre da parte dei nobili ai capeddi o gabelloti, ai quali era in precedenza affidata l'amministrazione del latifondo, e quindi il rapporto con i mezzadri in assenza degli aristocratici, l'usurpazione delle proprietà comunali e l'acquisto delle terre ecclesiastiche espropriate, resi possibili dal venir meno dei vincoli feudali e dall'eversione degli usi civici, determinando il trasferimento di gran parte della proprietà terriera nella disponibilità di questa emergente "borghesia".

Il venir meno del tradizionale sistema repressivo, demandato soprattutto all'aristocrazia, e il nascente accentramento amministrativo, perseguito dai governi ispirati dal cosiddetto assolutismo illuminato, indussero i nuovi proprietari a ricorrere a milizie private, "bande" o squadre", strumento indispensabile per la realizzazione del controllo territoriale.

Compiti di queste "unioni o fratellanze", "piccoli Governi nel Governo" - come le definisce il Procuratore Generale del Re Pietro Calà Ulloa (1802-1879) nel rapporto al ministro di Grazia e Giustizia del 1838 - erano: la gestione del traffico dell'abigeato, l'offerta di "mediazione" fra ladri e derubati e, più in generale, fra i braccianti, i contadini e i nuovi proprietari, la composizione delle liti, la protezione degli affiliati e la corruzione dei funzionari pubblici.

Inoltre, il progressivo affermarsi delle "cosche" come "istituzioni di soccorso", radicate nelle comunità locali, era dovuto al ricorso metodico alla violenza, alla capacità di superare con successo ogni conflitto con gli organi statali, all'"omertà" dei "mafiusi", ossia all'"essere uomini", e in particolare "uomini d'onore" - cioè coraggiosi e astuti, capaci di crimini efferati e, al contempo, "rispettosi" della morale tradizionale, soprattutto familiare.

Il periodo seguente l'Unità d'Italia, cioè a partire dal 1860, registra il compimento del processo di "istituzionalizzazione" della mafia e i primi esperimenti di coordinamento fra cosche. La sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte del governo centrale, restìo ad avviare un'efficace azione repressiva, l'accordo fra politici e mafiosi in sede locale, in virtù del quale i primi si assicuravano il consenso elettorale delle popolazioni, mentre i secondi ottenevano in cambio la gestione della riscossione dei tributi, la possibilità di incidere sulle finanze dei comuni e sulle forze di polizia condizionandone l'attività investigativa, il ricorso alle cosche per sconfiggere il Brigantaggio, consentirono la penetrazione della mafia nelle istituzioni legali, contribuendo a legittimare ulteriormente il potere mafioso agli occhi dei siciliani ..........................


>L'etimologia più seguita della parola MAFIA la fa derivare dall'arabo MAJAS (non già aafia come dici tu), cioé "smargiasso", "sfacciato", da cui "mafiusu" che rileva un atteggiamento piuttosto che uno status quo.

Su questo ti ho già risposto

>Inoltre, il termine mafia inteso come organizzazione criminale nessuno ha mai affermato essere stato "inventato" in Sicilia

Ci è stato impiegato per la prima volta, nel 1863

> La "Mafia Cinese"

“mafia cinese” è una locuzione italiana, in italiano, in cinese io non so com’è

>Il periodo seguente l'Unità d'Italia, cioè a partire dal 1860, registra il compimento del processo di "istituzionalizzazione" della mafia

Guarda che, prima, la mafia non c’era, c’era qualcosa che era presente anche altrove, quasi dappertutto, con qualunque nome fosse chiamata. Che cos’erano gli “uomini d’arme” dei principi rinascimentali?

>La sottovalutazione del fenomeno mafioso da parte del governo centrale

Ma hai capito quello che scritto?
La mafia l’aveva inventata proprio il governo centrale, per subordinare le economie dei paesi “annessi” a quelle degli industriali e banchieri del nord. Tutto è funzionale a questo scopo, compresa la relazione Sonnino.
 

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