CHi E' SENZA PECCATO...

:lol::lol::lol::lol: Chissà quante volte ci prendono per i fondelli ........renzie ..sempre:D

Peter Onneken e John Bohannon sono due giornalisti, uno tedesco e l’altro americano, impegnati sul fronte della falsa scienza e delle riviste scientifiche a pagamento, che hanno pensato bene di costruire a tavolino una tipica «ricerca» scientifica ben poco fondata da dare in pasto al sistema che indagano da anni. Così hanno davvero condotto una ricerca su un gruppo di volontari, appena 16, registrando dati e facendo loro fare esami all’inizio e alla fine. La ricerca si è svolta dando da mangiare cioccolata fondente per 15 giorni a un gruppo di persone con una dieta a basso contenuto di carboidrati e nel misurarne gli effetti. Con un numero così basso di partecipanti, 5 hanno mangiato cioccolata e gli altri hanno fatto da gruppo di controllo, i dati erano destinati per forza a fornire qualche scostamento statistico significativo e alla fine tra tutti i dati si è potuto ricavare che chi ha mangiato cioccolata è dimagrito del 10% più in fretta di chi no.
LA RICERCA SCIENTIFICA -

Una burla o poco più, ma una volta assemblato un documento con la parvenza di un paper scientifico e dopo averlo firmato con nomi falsi e qualifiche da ricercatori, l’opera è stata inviata a numerose «riviste scientifiche» a pagamento, di quelle che assicurano di sottomettere i paper a peer review, anche se non è vero. E infatti, pagando, il documento è finito pubblicato senza cambiare una virgola e recensito positivamente da diverse di queste riviste.
 
A quel punto, sfruttando «la pigrizia dei giornalisti» i due hanno confezionato una nota-stampa accattivante, prodotto un video e persino in rap e una ballata sul tema. Bingo, la cosa ha funzionato benissimo e in pochi giorni la notizia è stata pubblicata fino in Australia senza che nessuno sollevasse obiezioni, diffusa usando quasi sempre dei copincolla dalla nota stampa originale.
Con grande delusione del duo invece i video e le immagini prodotte sono state ignorate, tutti hanno preferito pubblicare immagini di donne che mangiano cioccolato voluttuosamente.
 
La lotta per il potere fra le correnti mussulmane crea il nostro disagio........

Affabile, sorridente e sempre elegante, quando la primavera araba ha coinvolto la Siria ha ordinato lui ai soldati di sparare sulle manifestazioni pacifiche.

È stato lui a radicalizzare la protesta rifiutando di dialogare, praticando la tortura, facendo radere al suolo città intere e scaricando tonnellate di esplosivi sui civili.

È stato lui, soprattutto, a scarcerare dall’estate del 2011 i jihadisti più sanguinari, gli stessi che hanno poi formato lo Stato islamico, per contrastare i ribelli democratici e presentarsi al mondo come unico baluardo contro l’estremismo islamico.
Questo è stato il crimine più spaventoso di Bashar al Assad.

Ma ora che il gioco gli si è ritorto contro e il mostro da lui creato minaccia la periferia di Damasco, è arrivato forse il momento di tapparsi il naso e allearsi con lui?
 
Fuori da Damasco, il regime siriano controlla solo una piccola parte del territorio siriano.

Non solo il clan Assad è ormai una delle tante fazioni in campo, ma nessuno dei componenti dell’opposizione vorrebbe formare un governo di transizione sotto l’autorità del dittatore.
Un’alternativa senza sostenitori

A questo punto, né la maggioranza sunnita della popolazione né i paesi sunniti della regione sono disposti ad accettare una permanenza di Assad al comando, perché questo permetterebbe il predominio della minoranza alauita, la corrente dello sciismo a cui appartiene il regime.

Assad non è più un’opzione, e alleandosi con lui non faremmo altro che rafforzare lo Stato islamico, che per molti sunniti è ancora una scelta preferibile alla sottomissione al regime.

A meno che iraniani e russi non accettino la sostituzione di Assad con una personalità concordata (anche alauita) non ci sarà soluzione politica a questa crisi.
Per questo bisogna continuare a percorrere la via della diplomazia.

È necessario parlare agli iraniani e ai russi, ma nel frattempo la soluzione non arriverà dagli attacchi contro i jihadisti che Francia e Regno Unito hanno deciso di effettuare in territorio siriano.
Questi attacchi sono sicuramente indispensabili per debellare i terroristi, ma l’unica soluzione reale è quella di creare alla frontiera turca una zona protetta (dal regime e dallo Stato islamico) dove accogliere i rifugiati, costruendo attraverso le elezioni un governo alternativo.
 
E questo è un problema....ma non è il "nostro problema".

Il nostro problema è eliminare l'arrivo di persone che non hanno motivo di fuggire dai loro paesi, se non il solo scopo di "farsi mantenere".

E' la dura realtà. Noi "importiamo" clandestini per favorire l'arricchimento delle onlus.
Io la chiamo "tratta dei disperati".
 
Articolo veramente interessante......

Il 5 settembre il segretario di stato americano John Kerry ha telefonato al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, avvertendolo di non intensificare il sostegno militare al governo siriano.

Kerry ci è andato giù pesante, dicendo a Lavrov che le azioni della Russia potrebbero “portare alla perdita di altre vite innocenti, all’incremento dei flussi migratori e al rischio di uno scontro con la coalizione che lotta contro lo Stato islamico in Siria”.

Finora Mosca si è limitata a inviare in Siria una squadra militare di quelle che solitamente vengono dislocate per preparare l’arrivo di un contingente molto più grande.

Ha anche mandato un centro di controllo del traffico aereo e alcune unità abitative per il proprio personale presso una base aerea siriana.
Questo significa probabilmente che i russi si stanno preparando a intervenire per salvare il presidente Bashar al Assad.

Nei quattro anni di guerra civile in Siria, il Cremlino ha fornito ad Assad sostegno diplomatico, aiuti economici e armi, ma questo non è più sufficiente.

Ci vorrà almeno una rapida consegna di armi pesanti, e forse anche l’intervento dell’aviazione russa in sostegno all’esausto esercito siriano.

Ne hanno davvero bisogno.

Da maggio, quando i jihadisti del gruppo Stato islamico hanno conquistato Palmira nel centro della Siria, hanno continuato ad avanzare verso ovest a partire dalla loro nuova base.
 
Un mese fa hanno conquistato la città a maggioranza cristiana di Al Qaratayn, a nordest di Damasco (i cui abitanti, naturalmente, sono fuggiti).

E ora le truppe dello Stato islamico sono a trenta chilometri dalla M5, l’autostrada che collega Damasco con le altre parti della Siria che sono ancora sotto il controllo del governo.

Tra l’altro, se i jihadisti hanno conquistato Palmira è perché la “coalizione contro lo Stato islamico” (in pratica l’aviazione statunitense) non ha lanciato neanche una bomba per difenderla.

Ha effettuato almeno mille missioni per difendere Kobane, la città curda al confine con la Turchia assediata dai combattenti del gruppo Stato islamico, perché i curdi erano alleati di Washington.

Palmira invece era difesa dai soldati di Assad, e quindi gli Stati Uniti hanno lasciato che lo Stato islamico se ne impadronisse.



Si può facilmente immaginare l’orrore di Kerry (e di Obama) all’idea che difendendo Palmira dessero l’impressione di star proteggendo il brutale regime di Assad.
 
Ma se le truppe dello Stato islamico riusciranno a tagliare l’M5, questo sarà visto come un segno dell’imminente sconfitta del governo.
A quel punto quasi la metà delle persone che ancora vivono in territori controllati dal regime di Damasco (circa 17 milioni di persone) potrebbero farsi prendere dal panico e cercare di lasciare il paese.

Tra questi ci sarebbero naturalmente le minoranze religiose (cristiani, alawiti e drusi): cinque milioni di persone che hanno buone ragioni di temere di essere massacrate, stuprate o ridotte in schiavitù dai jihadisti.

Anche i milioni di musulmani sunniti che hanno servito il governo e l’esercito sarebbero in pericolo.

Quindi altri quattro o cinque milioni di profughi potrebbero riversarsi fuori dai confini della Siria, aggiungendosi ai quattro milioni che lo hanno già fatto.

Quel che si lascerebbero alle spalle sarebbe una Siria interamente controllata dai jihadisti.

A quel punto resterebbe solo da vedere se questi seguiranno la strada dei profughi, attaccando il Libano e la Giordania, o se cominceranno a combattersi tra loro.
Tutti e tre i principali gruppi islamisti – lo Stato islamico (non più sostenuto da Turchia e Arabia Saudita), il Fronte al nusra e Ahrar al-Sham (che invece lo sono ancora) – sono praticamente identici per quanto riguarda l’ideologia e gli obiettivi finali.

Hanno tuttavia alcune differenze tattiche: lo scorso anno lo Stato islamico e il Fronte al nusra hanno avuto una disputa territoriale piuttosto seria, che forse potrebbe tenerli impegnati.

Ma anche se così fosse, la Siria sarebbe perduta.
 
È questo il rischio che i russi vedono all’orizzonte ed è per questo che forse sono decisi a combattere.

Il 4 settembre, quando gli è stato chiesto se volesse farsi coinvolgere direttamente nel conflitto siriano, il presidente russo Vladimir Putin si è limitato a dire che la domanda era “prematura”.

Nessuno ama Assad, neanche i russi, ma è il male minore tra le possibilità che ancora rimangono.

Per essere precisi, è l’unica alternativa che rimane alla vittoria dei jihadisti.

La maggior parte dei ribelli “moderati” hanno smesso di combattere o sono fuggiti all’estero, incapaci di competere con i jihadisti per potenza di fuoco, risorse e atrocità.

L’idea che gli Stati Uniti possano creare una “terza forza” moderata capace di sconfiggere sia i jihadisti sia Assad è un’illusione che serve solo a salvare la faccia.

Mosca ha usato la diplomazia per salvare l’amministrazione Obama da se stessa due anni fa, quando Washington era pronta a bombardare l’esercito di Assad per rispondere alle accuse (forse non vere) secondo cui questo aveva usato gas contro i civili.

Ma stavolta l’unico modo in cui la Russia può evitare il disastro è mettere in campo le proprie forze aeree, e forse anche quelle di terra.

Se lo farà, la domanda principale sarà se gli Stati Uniti lasceranno che sia la Russia a svolgere un compito che per loro è troppo spinoso o se invece cederanno alle rimostranze degli alleati turchi e sauditi, opponendosi all’intervento russo.

Dal momento che gli Stati Uniti non hanno una loro strategia coerente, è impossibile prevedere come reagiranno.

Nonostante le sbruffonate di Kerry, neanche a Washington sanno ancora cosa fare.
(Traduzione di Federico Ferrone)


Morale della favola ? Che idioti questi americani .......o forse no ? Petrolio ? Gas ? Armi ? Ricostruzione ? Erba ?
 
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