chi pisciava in compagnia era figlio di ........ (1 Viewer)

Corvo Sfigato

One Shot One Kill
ho chiuso la posizione in Premafin ... rimettendoci circa il 4% ... devo capire meglio come impatterà la vicenda Arpe su Fonsai ... e Premafin

La fusione Premafin come bersaglio e la tensione tra Generali e Mediobanca

15 febbraio 2012 - 11:15
I rapporti di Meneguzzo con Trieste e i soci nascosti da Hsbc «Un’apertura di cavallo? No, questa è una siciliana». Questa è la battuta attribuita a Matteo Arpe dopo la comunicazione alla Consob di ieri sera. Nel gioco degli scacchi, la difesa alla siciliana detta un gioco semiaperto che dà adito a sviluppi complessi. E in effetti Palladio Finanziaria e Sator hanno avviato una partita con più soluzioni attraverso mosse passibili di più letture.
Annunciare all’unisono un patto di consultazione senza obblighi di voto mira a disinnescare il sospetto del concerto agli occhi della Consob. Sostenere la ricapitalizzazione di Fonsai dovrebbe rendere difficile qualificare come ostile il rastrellamento azionario. Del resto, tra Arpe e Piergiorgio Peluso, il manager inviato da Unicredit in Fonsai, c’è una antica stima. Ma le note di Sator e Palladio sono interessanti ancor più per quel che tacciono.
Roberto Meneguzzo e Arpe non si impegnano a sostenere esattamente l’aumento di capitale da 1,1 miliardi, ma genericamente la ricapitalizzazione di Fonsai. L’ammontare dell’emissione era stato elevato dai 750 milioni originari al termine delle trattative tra Unipol e Salvatore Ligresti, socio di maggioranza di Premafin, che ha il 35% di Fonsai. Ufficialmente, Meneguzzo e Arpe non commentano il disegno di Unipol, sostenuto dalle banche creditrici del gruppo Ligresti, Unicredit e Mediobanca. E tuttavia la fusione di Premafin in Fonsai, snodo cruciale dell’operazione, difficilmente sarà accettata dai due scalatori perché porterebbe debito dentro la compagnia da salvare. Il fatto che le banche creditrici di Premafin siano pronte a ridurre da 320 a 200 milioni il debito, già ristrutturato, trasformando la differenza in strumenti di capitale, non cambierebbe i termini del problema. Ma Unipol propone la sua operazione come un tutt’uno, non come una serie di passaggi da esaminare uno a uno.
Mentre la Borsa attende di scoprire fin dove si spingeranno Arpe e Meneguzzo, la parola passa a Isvap e Consob. Se le due autorità dovessero bocciare l’operazione Unipol, i due scalatori si troverebbero in buona posizione dentro Fondiaria. Viceversa, dovrebbero disporsi al conflitto in sede legale ovvero in sede assembleare formando, con ulteriori acquisti, una minoranza di blocco. Salvo trattare una buona uscita. Certo è che, se salta la fusione Premafin-Fonsai, l’intera architettura studiata da Mediobanca sarebbe incrinata. E allora apparirebbe il convitato di pietra di questa vicenda: le Generali, poco entusiaste di trovarsi un concorrente più grande come Unipol-Fonsai. Tra Meneguzzo e il leader del Leone, Giovanni Perissinotto, c’è un legame personale consolidato dagli affari tra Palladio e la compagnia. La qual cosa alimenta la tensione che da qualche mese corre tra piazzetta Cuccia e Trieste.
Comunque sia, un po’ più di trasparenza non guasterebbe. La società di Meneguzzo, che detiene il 59% di Palladio, risulta partecipata al 32% da Hsbc Bank, ma fonti ufficiose precisano che la banca inglese non avrebbe mai posseduto azioni essendosi limitata a emettere strumenti di partecipazione per conto di terzi. Si attende che Vicenza precisi l’identità dei partner. Ma soprattutto che Palladio e Sator spieghino il loro disegno industriale.
Autore: Massimo Mucchetti – Corriere della Sera
 

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