PARTE VII
Per cui la decisione di due Paesi è stata trasmessa immediatamente a tutti gli altri. Tutti i tassi d’interesse volarono verso l’alto. Perché ci interessa tutto questo? I Paesi del Sud dei quali noi ci occupiamo si erano indebitati moltissimo dal ’73 in avanti, pagando tassi d’interesse intorno al 5%. Con l’affermarsi delle politiche monetariste, i tassi d’interesse volano oltre al 20%. Per i Paesi del Sud il tasso medio era intorno al 25%, ma molto spesso ha toccato anche il 30%. Voi immaginate che cosa vuol dire aver fatto dei programmi per finanziare un pagamento a degli interessi al 5% su un debito che io ho assunto e che cosa significhi dovermi trovare a pagare il 30%; v’è una certa differenza.Di più: v’è un fenomeno importantissimo di quel periodo del ’79 ed è la scelta degli Stati Uniti di far apprezzare il dollaro. L’apprezzamento di una moneta è il contrario di una svalutazione, ovverosia è l’aumento di quella moneta rispetto alle altre valute. Gli Stati Uniti erano e sono tutt’ora un Paese fortemente importatore: importano molto più di quanto esportano. Il ragionamento dei governanti americani, allora, era questo: noi abbiamo già l’inflazione che ci dà parecchio fastidio, importiamo moltissimo, il costo delle importazioni è cresciuto in ragione dell’aumento del prezzo del petrolio perché questo fa parte delle nostre importazioni; tutto questo ci dà fastidio, per cui combattiamo l’inflazione coi tassi d’interesse, ma vediamo se riusciamo a far crescere il valore del dollaro, perché se il nostro dollaro cresce noi paghiamo meno le importazioni. Mi spiego: un’auto italiana costa, per ipotesi, 200 milioni, oggi il dollaro vale più o meno 2.000 lire, per comperare questa automobile occorrono 100.000 dollari.
Se io, Stati Uniti, riesco a far aumentare il valore del dollaro, forse riesco a comprare l’auto con meno dollari. Se i miei dollari li faccio passare a valere non più 2.000 lire, ma 4.000 lire, io cambio i dollari in lire, perché l’auto italiana la pago sempre in lire, i 100.000 dollari che prima mi procuravano 200 milioni di lire ora mi fanno procurare 400 milioni di lire, per cui con gli stessi 100.000 dollari mi compro 2 automobili, ovvero ne compro 1 con 50.000 dollari. Voi capite che per gli Stati Uniti, avendo un forte fabbisogno di importazioni, avere un dollaro forte era importante, perché si potevano comperare, a parità di dollari, più beni, ovvero si compravano le stesse quantità, pagando meno dollari. Mai, purtroppo, venne raggiunto un obiettivo di politica economica con così tanta efficacia; perché? In realtà è sfuggita ai governanti americani questa situazione, nel senso che loro volevano sì l’apprezzamento, ma non così virulento. Il dollaro passa, con le lire italiane, da circa 600 lire fino a toccare le 2.200 lire, ovverosia quadruplica il suo valore nel giro di un anno; nello stesso periodo, cioè all’interno del periodo che va da fine ’78 a inizi ’80, raddoppia il suo valore rispetto alla sterlina, al marco, al franco svizzero e alle valute più forti e lo decuplica e più ancora rispetto alle valute del Sud. Con l’Italia, che non aveva una valuta fortissima, il rapporto è stato di 1:4, con valute più deboli di quella italiana è stato peggio ancora. Ora, voi immaginate che cosa questo può essere costato ai Paesi del Sud. Perché? Perché la valuta internazionale era il dollaro. I beni che venivano venduti sul mercato internazionale facevano riferimento ai prezzi che avevano sul proprio mercato nazionale, ma il mercato dei soldi, ovverosia il mercato finanziario (prestiti, debiti, crediti…) non è che avesse un mercato nazionale di riferimento, era un mercato misurato sostanzialmente in dollari. Questo significa che questi Paesi s’erano indebitati in dollari, promettendo di pagare un certo tasso d’interesse, ma si sono trovati dal 5% a dover pagare il 30%, inoltre si sono trovati ad avere lo stesso debito misurato in dollari (non era cambiato il loro debito): un debito che, misurato in valuta locale, era diventato enorme. Qui spiego sempre con l’esempio della coppia che mette su casa. Se una delle nostre coppie prodigiose ha questa intenzione, immaginiamo che voglia spendere 300 milioni. La zia di uno dei due regala loro 100 milioni, per dar loro una mano e questi si recano in banca a chiedere un prestito di 200 milioni. Guadagnano 2 milioni al mese a testa, che vuol dire 48 milioni in due all’anno, il che può dare una certa tranquillità. Dicono: prendiamo 200 milioni in prestito dalla banca, paghiamo il 5% di tasso d’interesse, che vuol dire 10 milioni ogni anno, il mio reddito serve a vivere, ecc…, mentre il tuo serve a pagare gli interessi e per cominciare a restituire il capitale; facciamo l’operazione della nostra vita, ringraziamo la zia, e ci siamo fatti la casa. Le cose magari vanno bene il primo anno e poi immaginate che capiti quello che è capitato nel ’79, ovverosia che i tassi d’interesse improvvisamente schizzino al 30%, la qual cosa non è tanta piacevole, perché il 30% di 200 milioni è 60 milioni. Questo vuol dire che lo stipendio di chi dei due doveva pagare gli interessi e restituire il debito non è più sufficiente, ma non bastano neanche i due stipendi messi insieme (48 milioni); è un gran pasticcio! È anche piuttosto perverso se uno pensa che in realtà, in poco più di tre anni, con interessi di questo tipo, loro pagano alla banca la stessa cifra che avevano contratto all’inizio come capitale di debito, perché in un arco di tempo di tre anni, a colpi di 60 milioni all’anno, restituisco 180 milioni.
Noi, per “servire il debito”, come si dice, abbiamo pagato i 180 milioni, ma abbiamo sempre questo debito di 200 milioni da pagare ancora. Il servizio del debito sarebbero gli interessi più la rata di restituzione periodica del capitale. Si dice “servire il debito” perché io per poter mantenere in mano mia il capitale che ho ricevuto, devo fare il servizio di pagare gli interessi e restituire una piccola quota ogni anno. Voi immaginate se questa coppia avesse avuto la luminosa idea di prendere dollari anziché lire (tante nostre famiglie hanno contratto un prestito in valuta diversa dalla lira quando, prima del ’92, le nostre banche proponevano di fare i prestiti misurati in ECU, l’attuale euro, che creò qualche imbarazzo. Perché? Immaginate che capiti oggi quello che capitò 20 anni or sono, quando in un anno il dollaro quadruplicò il suo valore rispetto alla lira…). Immaginate, quindi, che la coppia sia andata in banca e abbia contratto un prestito di 200 milioni di lire, ma con valuta in dollari, per cui sono stati dati loro 100.000 dollari. Firmano e prendono i 100.000 dollari, li cambiano in lire, prendono 200 milioni, con i quali aggiunti a quelli della zia acquistano la casa e va tutto bene. Arriva, poi, il 30% sui 100.000 dollari, la qual cosa è già sgradevole, per cui la banca che prima chiedeva interessi per 5.000 dollari annui, ora chiede il 30%, ovverosia 30.000 dollari e poiché ogni dollaro equivale a 2.000 lire, le dovevano essere corrisposti 60 milioni di lire, ovverosia 30 mila dollari. L’anno dopo immaginate che capiti questa cosa “prodigiosa” per cui il dollaro acquista 4 volte il valore che aveva prima e passa da 2.000 a 8.000 lire. Questo è piuttosto imbarazzante, perché non vi sono più soldi per pagare alcunché.
Proviamo a effettuare i conti: il debito che noi abbiamo è sempre di 100 mila dollari, però ognuno dei dollari che compongono questo capitale va moltiplicato, ora, per 8.000 lire, quindi il prestito, ora, corrisponde, misurato in lire, a 800 milioni. Quindi, questi hanno comprato una casa da 300 milioni e si ritrovano con un debito di quasi 1 miliardo. Di più, la cosa più “simpatica” di tutte è che gli interessi, che corrispondono, al 30%, sono sempre 30.000 dollari, perché sono il 30% di 100.000 dollari e la banca non vuole un dollaro di più. Il problema è che le lire necessarie per pagare quei 30.000 dollari adesso sono 8.000 per ognuno di quei 30.000, ovverosia 240 milioni. Solo per pagare gli interessi, questa coppia deve pagare una cifra più alta di tutto il capitale; deve vendere la casa per pagare gli interessi di un anno, ma l’anno dopo hanno ancora 240 milioni da pagare. Questo sembra un racconto di fantascienza, di fanta-politica, o di fanta-economia, ma è esattamente quello che è successo tra il 1978 e il 1980 e dall’80 in avanti ha continuato a succedere, perché i prezzi erano esposti in dollari. Non solo: quando succedono questi avvenimenti nascono fenomeni di sfiducia delle valute nazionali che si svalutano, per cui la svalutazione continua e diventa ancora più veloce e più vigorosa; nascono fenomeni di iperinflazione all’interno del Paese che subisce queste svalutazioni e queste creano ulteriori ingiustizie sociali, fenomeni di mancanza di equità sul piano economico con conseguenti grandi disastri. Per quanto ci interessa in relazione al debito, noi abbiamo che questi governi si indebitarono con le banche internazionali, ossia con soggetti privati, quando era conveniente indebitarsi, in teoria per effettuare progetti interessanti per il proprio Paese: infrastrutture e altro. Dopodiché si sono trovati con interessi aumentati violentemente, faticano, quindi, a trovare le risorse per pagare gli interessi e, in aggiunta, si trovano con l’esplosione del valore del debito in valuta locale, perché in termini di dollari (valuta forte) il loro debito non è mutato, ma loro ricavano le risorse per pagare il debito da quelle nazionali e queste non bastano più, perché, espresso in valuta nazionale, il debito è letteralmente esploso. Per un po’ i Paesi ce la fanno a pagare, svenandosi letteralmente, ma nell’estate del 1982 il Messico dichiara l’insolvenza. Il 1982 è la terza data importante nella storia del debito, perché segna lo scoppio della crisi del debito internazionale. I Paesi del Sud smettono di pagare, perché non ce la fanno più; non è umanamente possibile pagare. Io dico sempre, un po’ scherzando, che quella famiglia che si è indebitata e deve pagare 240 milioni di interesse non scappa nemmeno, perché uno scappa quando prende i soldi e poi ha da guadagnare. Non scappi perché è chiaro che nessuno di noi può pagare 240 milioni solo d’interessi solo per essersi comprato un alloggio. Allora questi Paesi si comportano nello stesso modo e dicono: noi non siamo più nelle condizioni di pagare. Cosa succede a questo punto? V’è una grande preoccupazione nella comunità internazionale, perché la grande comunità del Nord dice: se le grandi banche internazionali si trovano in questa situazione, per noi diventa sgradevole perché se a loro mancano gli afflussi di denaro che arrivano dai pagamenti periodici che i debitori devono versare, vuol dire che non avranno il denaro per pagare i pagamenti che noi chiediamo loro di fare da noi. Le grandi banche internazionali erano quelle in cui qualunque azienda del Nord, ma anche noi e le nostre famiglie, avevamo i nostri conti. Se noi diciamo alla nostra banca di pagare una bolletta e la nostra banca non esegue l’ordine, a noi dà fastidio, perché il servizio per cui paghiamo la bolletta dopo un po’ ci viene tolto e noi ci chiediamo il motivo, visto che al pagamento avrebbe dovuto pensarci la banca.