Come nasce il debito del terzo mondo

Nonsoniente

Forumer storico
I PARTE:

I meccanismi del debito e le possibili vie d’uscita
(prof. Riccardo Moro - Economista)


Coordinatore responsabile del progetto tecnico di conversione del debito nella presidenza del Comitato Ecclesiale Italiano per la riduzione del debito estero dei Paesi più poveri

Quando si deve parlare di un problema normalmente si inizia con le definizioni ma, in qualche modo, le saltiamo, per entrare nel problema attraverso una storia, perché, forse, attraverso il racconto le cose si capiscono meglio e poi, alla fine, possiamo riprendere tutto, raccogliendo effettivamente le definizioni del problema e provando a vedere quali sono gli elementi che giocano oggi sul tavolo internazionale. Le saltiamo tutte tranne una, vale a dire la definizione principale di questo problema; noi ci occupiamo del debito estero dei Paesi poveri, è vero, ma non è vero allo stesso tempo: noi, di fatto, ci occupiamo della povertà. La grande questione che abbiamo davanti oggi, in questo momento, è la grande, eccessiva, provocante, inaccettabile povertà che tocca troppe persone al giorno d’oggi nel pianeta, soprattutto se confrontata alle condizioni di vita, al confronto prodigiosamente agiate di cui in qualche modo godiamo noi. Tenendo conto che il nostro obiettivo fondamentale è la lotta alla povertà, piuttosto che non quella al debito, proviamo a ragionare su che cos’è questo debito. Qualcuno mi chiede: “Debito cosa significa? Si dice ‘debito estero’, ‘debito pubblico’? Chi è il debitore? Verso chi? ecc…”. Allora, anziché fare una dotta spiegazione dei vari tipi di debito che esistono, dei vari tipi di credito che il governo italiano ha, che le banche italiane possono avere, io credo che se spieghiamo un po’ la storia di quello che è capitato, mettiamo dentro, forse un po’ più facilmente, gli attori di questa vicenda e alla fine della storia abbiamo le idee chiare, senza bisogno di fare un’analisi troppo arida e che non è tanto piacevole da ascoltare
 
II PARTE

La storia del debito comincia nel 1973; in realtà comincia anche un paio d’anni prima, però qui partiamo da questa data. Cosa capita in quell’anno? Per chi era abbastanza grande per ricordarlo, nel 1973 successe una cosa simpatica, almeno per chi aveva 13-15 anni a quell’epoca, ovverosia che la domenica si andava in giro, in mezzo alle città, in bicicletta, o con i pattini a rotelle. I prezzi del petrolio erano prodigiosamente impazziti; aumentarono repentinamente di quattro volte. Perché? Questa è una bella domanda che richiederebbe l’intera serata, ma fondamentalmente aumentarono perché i produttori di petrolio erano pochi, erano riuniti in un cartello, che esiste tutt’ora e che si chiama OPEC, in cui fondamentalmente v’erano i Paesi arabi, ma non solo: v’era anche il Venezuela, ad esempio. I Paesi arabi decisero per varie ragioni di far salire alle stelle il prezzo del petrolio. Noi si andava in bicicletta proprio perché tutti i Paesi del mondo erano (e sono) consumatori di petrolio, ma era così costoso e comportava gravi conseguenze sull’economia di tutti i Paesi, che questi cercavano di consumarne di meno. Nonostante, però, le riduzioni e i risparmi, i Paesi produttori, gli Arabi in modo particolare, incassarono una quantità enorme di valuta rispetto a quella che incassavano prima. Fu il cosiddetto fenomeno dei petroldollari, perché il petrolio era valutato in dollari e la moneta internazionale era il dollaro. I Paesi arabi si trovarono così a incassare una quantità spropositata di denaro, la spesero per migliorare l’aspetto delle loro capitali, per fare di tutto e di più, ma era stato così repentino e così grande l’aumento che si trovarono comunque una liquidità tra le mani che non erano in grado di spendere.
 
PARTE III

Quando uno avanza dei soldi, quando uno risparmia dei soldi, non riesce o non vuole consumarli, cosa fa? Li porta in banca. I Paesi arabi fecero esattamente questo: offrirono questo denaro alle grandi banche internazionali. Queste ultime fecero il mestiere di una banca; ovverosia presero il denaro da chi avanzava soldi, lo raccolsero promettendo in pagamento un interesse applicando un tasso e lo offrirono a chi aveva bisogno di denaro, per effettuare investimenti, per spenderlo in qualche modo (progetti e quant’altro). Questo denaro venne offerto agli imprenditori del Nord e anche al Sud del mondo, anzi venne offerto in modo particolare al Sud del mondo, perché nel Sud del mondo v’era un fortissimo fabbisogno di infrastrutture. Da noi v’erano ospedali, porti, linee elettriche e quant’altro uno desideri avere; nel Sud del mondo queste infrastrutture erano molto più scarse. Questa grande quantità di denaro poteva essere messa proprio a disposizione di grandi progetti di investimento che realizzassero le infrastrutture mancanti nel Sud del mondo. Qui lo sviluppo economico era tale per cui non v’era un pullulare di imprese e gli interlocutori economici principali erano i governi. Non solo: l’interlocutore che più correttamente avrebbe dovuto realizzare quelle infrastrutture era il governo di ogni nazione. Per cui i banchieri di tutto il mondo, con tutti questi petroldollari tra le mani, andarono dai governi del Sud a dire: prendete questo denaro a prestito, perché con tutto questo denaro potete finalmente finanziare i vostri progetti infrastrutturali e così i governi del Sud presero questo denaro a prestito. Perché lo presero? Perché era molto conveniente indebitarsi in quel periodo. Che cosa significa? Significa che i tassi di interesse erano molto bassi. Perché? Proprio per questo fenomeno dei petroldollari. Mi spiego: se noi vendiamo arance al mercato e abbiamo poche arance e vi sono tanti compratori, tendenzialmente facciamo pagare abbastanza care le arance; se, invece, di arance ne abbiamo tante ed è anche la fine della giornata e rischiamo di tornare a casa con le nostre arance, abbassiamo i prezzi, applichiamo un’offerta speciale e promuoviamo due cassette al prezzo di una, pur di vendere le arance, che, altrimenti, il giorno dopo marcirebbero. Con il denaro è un po’ la stessa cosa. Il prezzo del denaro è il tasso di interesse, perché quando io vado in banca a chiedere del denaro, perché voglio, ad esempio, cambiare l’automobile, o acquistare la casa, o fare qualsiasi altra cosa, desidero, comunque disporre del denaro che la banca ha e io no, compro quel denaro pagandolo con un tasso di interesse, ovverosia la banca me lo dà se io le pago gli interessi. Gli interessi sono il prezzo della moneta. Quando in un sistema economico v’è molta disponibilità di denaro, normalmente i prezzi di questo denaro, ovverosia i tassi d’interesse, scendono; quando v’è scarsità di liquidità i tassi d’interesse tendono a salire e questo è anche abbastanza naturale, perché il mestiere della banca è quello di guadagnare sui prestiti che concede. Per cui le banche, trovandosi tutto questo denaro tra le mani, che gli veniva dato dai Paesi arabi produttori di petrolio, offrirono anche a tassi d’interesse molto bassi il denaro pur di collocarlo comunque, pur di non tenerlo infruttuoso, o infruttifero nelle proprie tasche. Allora, questa immissione repentina di denaro sul mercato determinata dall’aumento del petrolio, fece crollare i tassi di interesse.
 
PARTE IV

Il crollo dei tassi di interesse rendeva evidentemente poco costoso l’indebitamento, per cui tutti si fecero tentare e presero a prestito grandi quantità di denaro. Non solo, un’altra cosa abbastanza simpatica dal punto di vista numerico, in quel periodo, fu che ci si trovò in situazioni in cui i tassi di interesse reali erano negativi. Cosa vuol dire tasso di interesse reale negativo? Vuol dire che l’inflazione[1] è più alta dei tassi d’interesse; questo accadde in quel periodo. L’inflazione, in quegli anni, era determinata in modo particolare dal petrolio; il petrolio era diventato più costoso, tutte le nostre industrie, ad esempio, avevano bisogno di petrolio, perché o dovevano far muovere i furgoni con la benzina, che deriva dal petrolio, e costa, o per far muovere le macchine - torni, frese, e quant’altro negli stabilimenti - avevano bisogno di energia elettrica (l’energia elettrica, in Italia, è fondamentalmente erogata attraverso centrali termoelettriche, ovverosia centrali che producono energia elettrica consumando, bruciando, attraverso caldaie, petrolio). Per cui il petrolio incide sui costi di tutte le imprese, in modo particolare sui costi energetici. Quando un’impresa ha i suoi costi che sono aumentati, se non vuole andare in perdita, aumenta i prezzi. Questo meccanismo ha toccato un po’ tutti i settori. Tutti i prezzi si sono alzati, ma alzandosi i prezzi, io che nella mia azienda devo pagare la bolletta energetica (ENEL, benzina, ecc…), ma devo anche comperare dei componenti, dei manufatti, dei pezzi da montare insieme, da assemblare per fare il prodotto finale ho un aumento di costi dato anche da queste azioni, perché, ad esempio, io, imprenditore di prodotti finiti, mi rivolgo ad altri imprenditori–produttori di componenti per il prodotto finito, i quali a loro volta si rivolgono ad altri imprenditori di materiali. Allora, io mi trovo ad avere più costi per il petrolio, più costi per l’aumento dei diversi componenti nei diversi passaggi; non posso che aumentare, e ancora di più, i miei prezzi del prodotto finale.



È nata, allora, quella che si chiama “spirale inflativa”: i prezzi aumentavano, in ragione dell’aumento si determinava un aumento successivo, un aumento successivo ancora, ecc… Immaginate di essere in un’inflazione al 20% e immaginate che i tassi d’interesse siano del 10%. In questa situazione bisogna subito correre in banca a indebitarsi da morire, perché chi non si indebitasse sarebbe un po’ addormentato… Se una persona va in banca il 2 gennaio e prende in prestito 100.000 lire, poi va al mercato e compra, per esempio, un microfono da 100.000 lire, va a casa e lasciandolo imballato lo pone sotto il letto, il 31 dicembre prende il suo microfono va al mercato e lo vende. Al 2 gennaio aveva detto al direttore di banca: “Tu prestami 100.000 lire e io pago il 10% di interessi fra un anno”, però io so che l’inflazione è intorno al 20%. Dopo un anno vendo il microfono; il prezzo, se l’inflazione è del 20, è aumentato del 20%, vale a dire che adesso costerà 120.000 lire; incasso questa somma, vado dal direttore di banca, il quale pensava che io avrei fatto fatica a restituire i soldi; gli tiro i soldi sulla sua scrivania, facendogli vedere che io, invece, sono capace di restituire i soldi. Dò il 10%, ovverosia pago 10.000 lire per gli interessi, lo saluto e vado via, perché i miei rapporti con lui sono terminati, perché il 10% sono gli interessi e mi sono rimaste “magicamente” in tasca altre 10.000 lire, perché le ho incassate vendendo il microfono a 120.000 lire, grazie all’inflazione. Quest’ultima passa, quindi, sopra la testa dei singoli consumatori. Quando l’inflazione è alta e i tassi d’interesse sono bassi è molto conveniente indebitarsi. Questa condizione fu quella che esattamente si determinò nei primissimi anni dopo il ’73, tra il ’73 e il ’75. Per cui tutti fecero la gara a indebitarsi, ma anche abbastanza giustamente, perché il petrolio aveva fatto salire i prezzi e la grande quantità di petroldollari (dollari derivati dal ricavo del petrolio) aveva fatto abbassare e crollare i tassi d’interesse. Tutti si indebitano e per un certo periodo vivono piuttosto felici e contenti, quasi come nelle favole, e le cose vanno avanti per circa cinque o sei anni. La seconda data che ci interessa per la storia del debito è il biennio 1978–1979, perché nel ’79 si determinò la seconda crisi dei prezzi del petrolio. Prima i prezzi del petrolio erano aumentati di quattro volte in un anno; nel 1979 i prezzi del petrolio aumentano di cinque volte in un anno. Questo significa che in totale i prezzi sono aumentati non di nove, bensì di venti volte, perché se prima costava 100, sono passati a 400, poi v’è un ulteriore aumento di 5 volte sui 400 (5 x 4 = 20) e si arriva a 2.000. Per cui nello spazio di 6 anni il petrolio aumenta di 20 volte il suo prezzo. Che cosa capita? In teoria potrebbe capitare quello che è capitato nel ’73, ovverosia grande inflazione, crollo ulteriore dei tassi di interesse, condizioni di indebitamento particolarmente vantaggiose; tutti vanno di nuovo in banca e nelle grandi banche internazionali a farsi prestare del denaro per effettuare nuovi progetti di investimento. Invece le cose non vanno così e sono un po’ diverse, perché vi sono due personaggi con tratto molto virile e volitivo che arrivano alla responsabilità di governo della Gran Bretagna (anche se alcuni dicono dell’ Inghilterra, perché, dicono, non v’era la prospettiva dell’attenzione anche ai bisogni sociali in Scozia, in Galles, ecc… — ma non importa —) e degli Stati Uniti, che sono: Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Questi due individui, virili, avevano l’opinione che l’approccio più efficace per combattere l’inflazione fosse quello monetarista. Loro, e anche chi non condivideva le loro opinioni, ritenevano che l’inflazione fosse diventata veramente troppo alta e che l’inflazione fosse un male piuttosto perverso e pernicioso dell’economia; ed è abbastanza vero.
 
PARTE V

L’inflazione, nell’esempio che abbiamo citato prima, può determinare dei guadagni che prescindono dai meriti degli operatori: io ho guadagnato 10.000 lire, nell’esempio di prima, non perché ho aggiunto un valore al microfono, ma solo perché le condizioni di mercato si sono trasformate, mentre sarebbe corretto che io venissi premiato in ragione del valore che so e che posso aggiungere (valore della mia fantasia, perché ho eseguito un decoro, di un servizio che ho aggiunto, perché l’ho consegnato al domicilio del consumatore, oppure perché l’ho migliorato, ecc…); in realtà, lì, io non ho aggiunto alcunché. L’inflazione è una media. Quando si dice che v’è un’inflazione del 2%, questo valore è una media di diversi settori. Questo significa che vi sono alcuni settori in cui l’inflazione è cresciuta solo dell’1,5%, altri in cui è cresciuta del 2,5%, ecc… Se noi abbiamo alcuni settori in cui l’inflazione è cresciuta dell’1,5% e altri in cui è cresciuta del 2,5%, vuol dire che a fine anno vi sarà qualcuno (quelli del 2,5%) che hanno avuto un’opportunità di aumentare i loro ricavi dell’1% in più rispetto a quelli del settore dell’1,5%, perché i primi prezzi potevano aumentare del 2,5%, mentre i secondi solo dell’1,5%. Se abbiamo che uno di noi guadagna l’1% in più dell’altro, non in ragione della sua capacità, bensì in ragione dell’inflazione che sta sopra le teste, chi se ne importa: è solo l’1%. Se invece l’inflazione è del 20%, e noi in quegli anni l’abbiamo avuta anche superiore, questo vuol dire che vi sono settori al 15% e altri al 25% e la differenza tra un settore e l’altro può essere anche del 10%, che comincia a essere abbastanza consistente.



Allora, avendo anche alcune attenzioni di giustizia sociale, di equità, effettivamente un’inflazione molto elevata, a due cifre, soprattutto superiore al 20%, è piuttosto imbarazzante all’interno della propria comunità, perché può determinare degli scompensi di notevole rilevanza tra i singoli operatori. Giustamente occorre combatterla. Reagan e la Thatcher ritenevano che le ricette monetariste fossero le più efficaci. Cosa dicono queste ricette? Si ispirano a quella corrente del pensiero economico che è il monetarismo, il cui esponente più noto è tale Milton Friedman[2], e affermano sostanzialmente che in un’economia l’inflazione dipende strettamente dalla quantità di moneta circolante. Detto così magari non si capisce tanto. Io, di solito, uso fare questo esempio, perché mi sembra che possa essere abbastanza chiaro: a me la mattina piace acquistare diversi quotidiani (quando passo davanti all’edicola ne compro dai 3 ai 5), però sono anche piuttosto sbadato e spesso dimentico i soldi, che porto nei pantaloni e non nel portamonete, nei pantaloni del giorno prima, per cui se non cambio i pantaloni compro i giornali, se li cambio sono senza soldi. Comunque, mi capita di uscire con alcuni soldi in tasca, con sole 10.000 lire, ovvero senza soldi e a seconda di quanti soldi ho in tasca, compro 3 o 4 quotidiani, ne compro 1 solo, o non ne compro alcuno e la mia decisione d’acquisto non dipende dal mio stipendio, dal mio reddito, da quanto io guadagno, bensì solo da quanti soldi ho in tasca in quel momento. Secondo i monetaristi, questo meccanismo vale per l’intera economia aggregata, cioè a dire: tanto più denaro è presente in un’economia, che vuole dire in una nazione, tanto più saranno finanziati acquisti, tanto più gli operatori eserciteranno una domanda d’acquisto, di qualsiasi bene, dai giornali ai microfoni, ecc… I monetaristi dicono, allora, che tanto più forte è la domanda, tanto più la domanda si scaricherà sui prezzi, alzandoli. Voglio dire che se io produttore vedo che v’è tanta gente che vuole comperare, come nell’esempio delle arance, tendo ad alzare i prezzi; analogamente se vedo che la gente non compra più tendo ad abbassare i prezzi per favorire gli acquisti. I monetaristi dicono che se noi consentiamo che in un’economia vi sia in circolazione molta moneta, noi consentiamo che la domanda di acquisti sia elevata e questo può determinare un aumento dei prezzi. Viceversa se noi abbiamo già un’inflazione alta, ovverosia i prezzi alti a causa del petrolio, e abbiamo come obiettivo quello di abbassare l’inflazione e, se riusciamo, anche di abbassare in termini assoluti i prezzi, dovremo fare il contrario: restringere la quantità di moneta (per tornare all’esempio di partenza, togliere i soldi dalle tasche del sottoscritto in modo tale che compri meno quotidiani). Ovverosia: togliere denaro dal mercato in modo che la domanda di beni si abbassi. In ragione di questa riduzione della domanda i produttori probabilmente tenderanno ad abbassare i prezzi, per favorire un recupero della domanda e poter vendere, collocare la loro offerta, la loro produzione e avremo, di conseguenza, una riduzione di prezzi che compenserà l’aumento dei prezzi del petrolio e avremo un’inflazione gestibile e che diminuisce. Questo modello dei monetaristi dovrebbe ottenere la riduzione della domanda. In effetti loro proprio questo desideravano; si parlava, a quel tempo, con estrema chiarezza, anche nelle parole, di “raffreddamento della domanda”: noi dobbiamo invogliare la gente ad acquistare di meno, perché raffreddando la domanda indurremo i produttori ad abbassare i prezzi, che però poi significa anche a produrre di meno, perché se vi sono meno acquisti abbasso sì i prezzi, ma a un certo punto produco anche di meno, il che significa che mando a casa anche qualche operaio, perché non posso tenermelo lì a pagarlo per fare niente.
 
PARTE VI

Questo obiettivo venne perseguito con chiarezza e puntuale precisione dai due governi di USA e UK e successivamente, di fatto, fu anche imitato da tutti gli altri governi europei (penso che sia esperienza di tutti noi la recessione degli anni ’80, che è durata per tutti gli anni ’90. Con questa “intelligente” politica, composta con l’innovazione tecnologica che v’è stata, che richiede meno persone per fare le stesse cose che si facevano gli anni prima, grazie ai computer e quant’altro, noi abbiamo avuto tutti i problemi di ristrutturazione, di ricollocazione delle persone, di prepensionamenti, in Italia e in tutta l’Europa, ma anche negli Stati Uniti e un po’ in tutto il mondo. Per cui la politica monetarista ha avuto come “costo sociale” la disoccupazione, che noi tutt’ora scontiamo… Questo tipo di politica doveva ridurre l’inflazione. Due tesi si scontravano a questo proposito e si scontrano tutt’ora nel dibattito politico, anche se i nostri (tele)giornali ci parlano dei “respiri” dell’una e dell’altra: vi sono coloro i quali dicono che dobbiamo prestare attenzione a evitare surriscaldamenti inflazionistici e dobbiamo avere politiche di strettezze creditizie, controlli stretti della moneta e di controllo della domanda, mentre altri, invece, dicono di no e che il prezzo di questa politica sarà sì il controllo dell’inflazione, ma, di fatto, il prezzo del controllo dell’inflazione è la disoccupazione, la recessione, ecc… ed è meglio adottare altra politica. Le due correnti di pensiero sono, se pur semplificando in modo abbastanza violento, quella dei monetaristi da una parte (che possiamo anche chiamare neo-liberisti, neo-conservatori, ecc…) e quella dei neo o post-keynesiani[3].



I monetaristi dicevano, allora, che la politica keynesiana che si è adottata dagli anni ’50 fino agli anni ’70 è andata bene per un po’, ma in quel periodo si scontrava con l’inflazione del petrolio e, se si fosse aumentata la domanda, si sarebbe prodotta solo nuova inflazione, e dicevano che si doveva cambiare registro. Il registro fu cambiato, per diverse ragioni, anche politiche; Reagan da una parte e la Thatcher dall’altra dissero: noi dobbiamo avviare uno stretto controllo della moneta, per evitare ripercussioni sull’inflazione, anzi per “addolcire” l’inflazione. Come si fa a controllare la moneta? Vi sono tanti strumenti, ma alla fine si sintetizzano in un risultato, che è sia strumento sia risultato di queste operazioni, che è l’aumento dei tassi d’interesse. Se io per varie vie alzo i tassi d’interesse - perché la Banca centrale alza il tasso di sconto, ovvero perché io, governo, offro sul mercato i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) e i Certificati di Credito del Tesoro (CCT) - prometto un tasso d’interesse molto alto: se il BOT o il CCT ha il 10% del tasso d’interesse e io, governo, decido che questa settimana li vendo al 20% del tasso d’interesse, cosa succederà? Tutti gli altri che offrono titoli a un tasso d’interesse, alzeranno anche loro il tasso d’interesse promesso, perché altrimenti tutti comprano BOT e CCT e nessuno compera gli altri. Per cui gli altri, pur di collocare la loro offerta, visto che anche loro hanno bisogno e lavorano di questo, evidentemente promettono interessi più alti -; quindi, una decisione del governo determina un innalzamento di tutta la struttura dei tassi d’interesse di mercato. I governi inglese e americano decisero di alzare i tassi d’interesse e questi balzarono da un giorno all’altro, veramente, verso l’alto. Perché questo serve a raffreddare la domanda e a ridurre la quantità di moneta? Se i tassi d’interesse diventano improvvisamente più alti, io che ho denaro, prima probabilmente lo usavo per comperare, per esercitare “domanda”; se adesso sono così alti, almeno una parte di quel denaro lì, io la investo finanziariamente visto che si guadagna così bene. Io che, invece, non ho denaro e desidero farmelo prestare per spenderlo in progetti di investimento, in consumi, ecc… me ne farò prestare di meno visto che è diventato così costoso. Per una via e per l’altra, con una tale decisione, il governo riduce la quantità di denaro disponibile per finanziare acquisti, per finanziare la domanda, che si riduce. La leva è alzare violentemente il tasso d’interesse, per ridurre la quantità di moneta, per combattere l’inflazione. Questo venne fatto e voi capite che se questo è fatto in Inghilterra e negli Stati Uniti, poi Italia, Francia, Germania e Spagna lo fanno a loro volta; perché? Pensate all’Italia di quel periodo, che aveva dei deficit di bilancio abbastanza elevati; per finanziarli poteva alzare le tasse (ma questo strumento è sempre piuttosto fastidioso), ovvero poteva chiedere soldi a prestito ai cittadini italiani, con i BOT e i CCT. Se, però, il titolo del tesoro americano promette il 15% e quello italiano promette il 10%, la gente va ad acquistare quello americano e non quello italiano, visto che là si guadagna di più; allora il governo italiano deve alzare il tasso d’interesse del suo BOT allo stesso livello di quello americano e, probabilmente, ancora di più, perché se io, che vivo nel periodo ’79-’80, guadagno la stessa cifra negli Stati Uniti d’America e in Italia, probabilmente compero il titolo statunitense, perché in America v’è una bella stabilità di governo, l’economia più ricca del mondo e non v’è un presidente del partito di maggioranza, il quale viene rapito e poi ammazzato dai terroristi, un governo che dura sei mesi e poi è sostituito… L’instabilità politica in Italia, il fenomeno Badermeinnhoff in Germania, ecc… in quel periodo determinavano un’incertezza per cui i governi che non erano gli Stati Uniti e che non erano l’Inghilterra, hanno dovuto imitare o addirittura superare i tassi di interesse di questi Paesi, per poter collocare i loro titoli, che servivano per finanziare la spesa pubblica, in ragione di queste decisioni anglo-americane.
 
PARTE VII

Per cui la decisione di due Paesi è stata trasmessa immediatamente a tutti gli altri. Tutti i tassi d’interesse volarono verso l’alto. Perché ci interessa tutto questo? I Paesi del Sud dei quali noi ci occupiamo si erano indebitati moltissimo dal ’73 in avanti, pagando tassi d’interesse intorno al 5%. Con l’affermarsi delle politiche monetariste, i tassi d’interesse volano oltre al 20%. Per i Paesi del Sud il tasso medio era intorno al 25%, ma molto spesso ha toccato anche il 30%. Voi immaginate che cosa vuol dire aver fatto dei programmi per finanziare un pagamento a degli interessi al 5% su un debito che io ho assunto e che cosa significhi dovermi trovare a pagare il 30%; v’è una certa differenza.Di più: v’è un fenomeno importantissimo di quel periodo del ’79 ed è la scelta degli Stati Uniti di far apprezzare il dollaro. L’apprezzamento di una moneta è il contrario di una svalutazione, ovverosia è l’aumento di quella moneta rispetto alle altre valute. Gli Stati Uniti erano e sono tutt’ora un Paese fortemente importatore: importano molto più di quanto esportano. Il ragionamento dei governanti americani, allora, era questo: noi abbiamo già l’inflazione che ci dà parecchio fastidio, importiamo moltissimo, il costo delle importazioni è cresciuto in ragione dell’aumento del prezzo del petrolio perché questo fa parte delle nostre importazioni; tutto questo ci dà fastidio, per cui combattiamo l’inflazione coi tassi d’interesse, ma vediamo se riusciamo a far crescere il valore del dollaro, perché se il nostro dollaro cresce noi paghiamo meno le importazioni. Mi spiego: un’auto italiana costa, per ipotesi, 200 milioni, oggi il dollaro vale più o meno 2.000 lire, per comperare questa automobile occorrono 100.000 dollari.



Se io, Stati Uniti, riesco a far aumentare il valore del dollaro, forse riesco a comprare l’auto con meno dollari. Se i miei dollari li faccio passare a valere non più 2.000 lire, ma 4.000 lire, io cambio i dollari in lire, perché l’auto italiana la pago sempre in lire, i 100.000 dollari che prima mi procuravano 200 milioni di lire ora mi fanno procurare 400 milioni di lire, per cui con gli stessi 100.000 dollari mi compro 2 automobili, ovvero ne compro 1 con 50.000 dollari. Voi capite che per gli Stati Uniti, avendo un forte fabbisogno di importazioni, avere un dollaro forte era importante, perché si potevano comperare, a parità di dollari, più beni, ovvero si compravano le stesse quantità, pagando meno dollari. Mai, purtroppo, venne raggiunto un obiettivo di politica economica con così tanta efficacia; perché? In realtà è sfuggita ai governanti americani questa situazione, nel senso che loro volevano sì l’apprezzamento, ma non così virulento. Il dollaro passa, con le lire italiane, da circa 600 lire fino a toccare le 2.200 lire, ovverosia quadruplica il suo valore nel giro di un anno; nello stesso periodo, cioè all’interno del periodo che va da fine ’78 a inizi ’80, raddoppia il suo valore rispetto alla sterlina, al marco, al franco svizzero e alle valute più forti e lo decuplica e più ancora rispetto alle valute del Sud. Con l’Italia, che non aveva una valuta fortissima, il rapporto è stato di 1:4, con valute più deboli di quella italiana è stato peggio ancora. Ora, voi immaginate che cosa questo può essere costato ai Paesi del Sud. Perché? Perché la valuta internazionale era il dollaro. I beni che venivano venduti sul mercato internazionale facevano riferimento ai prezzi che avevano sul proprio mercato nazionale, ma il mercato dei soldi, ovverosia il mercato finanziario (prestiti, debiti, crediti…) non è che avesse un mercato nazionale di riferimento, era un mercato misurato sostanzialmente in dollari. Questo significa che questi Paesi s’erano indebitati in dollari, promettendo di pagare un certo tasso d’interesse, ma si sono trovati dal 5% a dover pagare il 30%, inoltre si sono trovati ad avere lo stesso debito misurato in dollari (non era cambiato il loro debito): un debito che, misurato in valuta locale, era diventato enorme. Qui spiego sempre con l’esempio della coppia che mette su casa. Se una delle nostre coppie prodigiose ha questa intenzione, immaginiamo che voglia spendere 300 milioni. La zia di uno dei due regala loro 100 milioni, per dar loro una mano e questi si recano in banca a chiedere un prestito di 200 milioni. Guadagnano 2 milioni al mese a testa, che vuol dire 48 milioni in due all’anno, il che può dare una certa tranquillità. Dicono: prendiamo 200 milioni in prestito dalla banca, paghiamo il 5% di tasso d’interesse, che vuol dire 10 milioni ogni anno, il mio reddito serve a vivere, ecc…, mentre il tuo serve a pagare gli interessi e per cominciare a restituire il capitale; facciamo l’operazione della nostra vita, ringraziamo la zia, e ci siamo fatti la casa. Le cose magari vanno bene il primo anno e poi immaginate che capiti quello che è capitato nel ’79, ovverosia che i tassi d’interesse improvvisamente schizzino al 30%, la qual cosa non è tanta piacevole, perché il 30% di 200 milioni è 60 milioni. Questo vuol dire che lo stipendio di chi dei due doveva pagare gli interessi e restituire il debito non è più sufficiente, ma non bastano neanche i due stipendi messi insieme (48 milioni); è un gran pasticcio! È anche piuttosto perverso se uno pensa che in realtà, in poco più di tre anni, con interessi di questo tipo, loro pagano alla banca la stessa cifra che avevano contratto all’inizio come capitale di debito, perché in un arco di tempo di tre anni, a colpi di 60 milioni all’anno, restituisco 180 milioni.



Noi, per “servire il debito”, come si dice, abbiamo pagato i 180 milioni, ma abbiamo sempre questo debito di 200 milioni da pagare ancora. Il servizio del debito sarebbero gli interessi più la rata di restituzione periodica del capitale. Si dice “servire il debito” perché io per poter mantenere in mano mia il capitale che ho ricevuto, devo fare il servizio di pagare gli interessi e restituire una piccola quota ogni anno. Voi immaginate se questa coppia avesse avuto la luminosa idea di prendere dollari anziché lire (tante nostre famiglie hanno contratto un prestito in valuta diversa dalla lira quando, prima del ’92, le nostre banche proponevano di fare i prestiti misurati in ECU, l’attuale euro, che creò qualche imbarazzo. Perché? Immaginate che capiti oggi quello che capitò 20 anni or sono, quando in un anno il dollaro quadruplicò il suo valore rispetto alla lira…). Immaginate, quindi, che la coppia sia andata in banca e abbia contratto un prestito di 200 milioni di lire, ma con valuta in dollari, per cui sono stati dati loro 100.000 dollari. Firmano e prendono i 100.000 dollari, li cambiano in lire, prendono 200 milioni, con i quali aggiunti a quelli della zia acquistano la casa e va tutto bene. Arriva, poi, il 30% sui 100.000 dollari, la qual cosa è già sgradevole, per cui la banca che prima chiedeva interessi per 5.000 dollari annui, ora chiede il 30%, ovverosia 30.000 dollari e poiché ogni dollaro equivale a 2.000 lire, le dovevano essere corrisposti 60 milioni di lire, ovverosia 30 mila dollari. L’anno dopo immaginate che capiti questa cosa “prodigiosa” per cui il dollaro acquista 4 volte il valore che aveva prima e passa da 2.000 a 8.000 lire. Questo è piuttosto imbarazzante, perché non vi sono più soldi per pagare alcunché.



Proviamo a effettuare i conti: il debito che noi abbiamo è sempre di 100 mila dollari, però ognuno dei dollari che compongono questo capitale va moltiplicato, ora, per 8.000 lire, quindi il prestito, ora, corrisponde, misurato in lire, a 800 milioni. Quindi, questi hanno comprato una casa da 300 milioni e si ritrovano con un debito di quasi 1 miliardo. Di più, la cosa più “simpatica” di tutte è che gli interessi, che corrispondono, al 30%, sono sempre 30.000 dollari, perché sono il 30% di 100.000 dollari e la banca non vuole un dollaro di più. Il problema è che le lire necessarie per pagare quei 30.000 dollari adesso sono 8.000 per ognuno di quei 30.000, ovverosia 240 milioni. Solo per pagare gli interessi, questa coppia deve pagare una cifra più alta di tutto il capitale; deve vendere la casa per pagare gli interessi di un anno, ma l’anno dopo hanno ancora 240 milioni da pagare. Questo sembra un racconto di fantascienza, di fanta-politica, o di fanta-economia, ma è esattamente quello che è successo tra il 1978 e il 1980 e dall’80 in avanti ha continuato a succedere, perché i prezzi erano esposti in dollari. Non solo: quando succedono questi avvenimenti nascono fenomeni di sfiducia delle valute nazionali che si svalutano, per cui la svalutazione continua e diventa ancora più veloce e più vigorosa; nascono fenomeni di iperinflazione all’interno del Paese che subisce queste svalutazioni e queste creano ulteriori ingiustizie sociali, fenomeni di mancanza di equità sul piano economico con conseguenti grandi disastri. Per quanto ci interessa in relazione al debito, noi abbiamo che questi governi si indebitarono con le banche internazionali, ossia con soggetti privati, quando era conveniente indebitarsi, in teoria per effettuare progetti interessanti per il proprio Paese: infrastrutture e altro. Dopodiché si sono trovati con interessi aumentati violentemente, faticano, quindi, a trovare le risorse per pagare gli interessi e, in aggiunta, si trovano con l’esplosione del valore del debito in valuta locale, perché in termini di dollari (valuta forte) il loro debito non è mutato, ma loro ricavano le risorse per pagare il debito da quelle nazionali e queste non bastano più, perché, espresso in valuta nazionale, il debito è letteralmente esploso. Per un po’ i Paesi ce la fanno a pagare, svenandosi letteralmente, ma nell’estate del 1982 il Messico dichiara l’insolvenza. Il 1982 è la terza data importante nella storia del debito, perché segna lo scoppio della crisi del debito internazionale. I Paesi del Sud smettono di pagare, perché non ce la fanno più; non è umanamente possibile pagare. Io dico sempre, un po’ scherzando, che quella famiglia che si è indebitata e deve pagare 240 milioni di interesse non scappa nemmeno, perché uno scappa quando prende i soldi e poi ha da guadagnare. Non scappi perché è chiaro che nessuno di noi può pagare 240 milioni solo d’interessi solo per essersi comprato un alloggio. Allora questi Paesi si comportano nello stesso modo e dicono: noi non siamo più nelle condizioni di pagare. Cosa succede a questo punto? V’è una grande preoccupazione nella comunità internazionale, perché la grande comunità del Nord dice: se le grandi banche internazionali si trovano in questa situazione, per noi diventa sgradevole perché se a loro mancano gli afflussi di denaro che arrivano dai pagamenti periodici che i debitori devono versare, vuol dire che non avranno il denaro per pagare i pagamenti che noi chiediamo loro di fare da noi. Le grandi banche internazionali erano quelle in cui qualunque azienda del Nord, ma anche noi e le nostre famiglie, avevamo i nostri conti. Se noi diciamo alla nostra banca di pagare una bolletta e la nostra banca non esegue l’ordine, a noi dà fastidio, perché il servizio per cui paghiamo la bolletta dopo un po’ ci viene tolto e noi ci chiediamo il motivo, visto che al pagamento avrebbe dovuto pensarci la banca.
 
PARTE VIII

Se continuasse a succedere su cifre più grandi e noi fossimo correntisti di una banca piccolina, cominceremmo a pensare che quella banca non ha i soldi, allora ritireremmo tutti quello che abbiamo da quella banca per andare a metterlo da un’altra parte, perché non avremmo più fiducia nella capacità di questa banca di sostenere i pagamenti che deve effettuare. Il timore era che si creasse un fenomeno analogo nel Nord del mondo. Ovverosia: le banche internazionali non avevano le rimesse che avrebbero dovuto arrivare dal Sud (gli incassi) e così si trovavano a non aver denaro per finanziare i pagamenti che noi al Nord chiedevamo di effettuare; un’impresa chiedeva alla banca di pagare le commesse a un’altra impresa, ecc…, ma se la banca non pagava, l’impresa intermedia non forniva più la prima, che non poteva più produrre fisicamente quello che produceva, non poteva venderlo, non aveva i soldi per pagare gli operai e succede un gran pasticcio. La crisi del ’29 fu di questo tipo, vale a dire una crisi di fiducia nel sistema bancario: la gente cominciò a temere che le banche non fossero più in grado di onorare i pagamenti e si formarono proprio delle file fuori dagli sportelli, lungo le strade, di persone e di famiglie che andavano a ritirare tutti i propri risparmi per paura di perderli, per paura che le banche non avessero più capacità di pagamento, di solvenza. Se v’era rischio che si determinasse la crisi, essa, con questo sistema, si determinò con certezza, perché le banche, a quel punto, effettivamente non ebbero più una lira, perché tutti ritirarono i capitali e scoppiò la grandissima e gravissima crisi del ’29, che determinò conseguenze in tutto il mondo, anche di natura politica piuttosto grave, come è capitato in Germania con l’ascesa al potere di Hitler.



Il timore fu quello che capitasse qualcosa di simile anche con questa situazione di crisi per il debito internazionale. I governi del Nord, allora – così vediamo che entra in scena un attore importantissimo e fondamentale -, dissero: noi non possiamo permetterci una situazione rischiosa di questo tipo, interveniamo; tutti insieme andiamo dai debitori, convocandoli uno a uno, e si dice a ciascuno: tu sei un bambino un po’ discolo perché non hai pagato, questa situazione del dollaro che si è ipervalutato non centra niente, conta che tu non hai pagato e […] vogliamo darti una nuova opportunità. Questa è che noi ti diamo delle nuove scadenze, così ti diamo più tempo e ti diamo anche dei denari, perché tu non ce la fai. Ti diamo, così, dei nuovi prestiti, tu, però, devi dimostrare di avere buona volontà e devi mettere in pratica le politiche che noi ti suggeriamo, che si chiamano politiche di aggiustamento strutturale (che sono state la calamità del Sud del mondo negli ultimi 20 anni e a proposito delle quali vi sono persone che hanno gravissime responsabilità personali, etiche, morali), cosicché se tu le metti in pratica, allora noi ti diamo dei soldi, diciamo al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e alla Banca Mondiale (BM)[4], che vi diano dei soldi. Con questi voi potete sanare la vostra situazione, potete risolvere la vostra situazione di liquidità. Cosa capitò? Capitò che questo afflusso di denaro da creditori pubblici (perché erano i governi e FMI e BM, che pubblici creditori sono) misero i Paesi del Sud nelle condizioni di sanare il loro conto con le banche. Il debito originariamente s’era creato verso creditori privati: i governi dei Paesi del Sud erano debitori verso soggetti privati (le grandi banche internazionali); con questo processo per affrontare e risolvere la crisi dell’82 - che non fu risolta – i denari dovuti alle banche private vennero pagati, perché arrivarono nuovi finanziamenti generati dai soggetti pubblici, per cui il debito dei governi del Sud, da debito verso soggetti privati è diventato debito verso soggetti pubblici, verso i governi del Nord, verso di noi (noi siamo azionisti del nostro governo, siamo cittadini di questo Paese). Oggi i Paesi a medio reddito, quelli che non hanno un debito così terribile, magari forte ma non impagabile, hanno debiti verso governi e verso FMI e BM e verso banche private; i Paesi che hanno un debito letteralmente impagabile, che hanno condizioni economiche e sociali più gravose al loro interno, hanno debiti esclusivamente verso i governi e le banche pubbliche. Esemplifichiamo con due Paesi con i quali acquisiremo un po’ di dimestichezza e che sono la Guinea e lo Zambia. Questi hanno rispettivamente il 97% e il 98% del loro debito estero verso soggetti pubblici, più o meno 50% verso FMI e BM e 50% verso governi del Nord. Per cui per i Paesi dove la situazione è più grave, oggi il debito è verso governi, o verso BM e FMI. Una piccola parentesi prima di concludere e dare spazio alle domande bisogna dedicarla alle politiche di aggiustamento strutturale, altrimenti non si capisce il motivo per cui ho usato un giudizio così severo. Prima, però, un’ulteriore parentesi: le colpe di questa esposizione. Dal racconto che ho fatto emerge in modo abbastanza trasparente che, almeno secondo la mia opinione, la responsabilità grave della situazione in cui oggi ci troviamo sta in decisioni che sono state prese al Nord e per via politica. Io non sono convinto che Reagan e la Thatcher desiderassero con ferma e fredda volontà la morte dei Paesi del Sud; io penso, più serenamente e semplicemente, che non vi pensassero nemmeno: non v’era la minima considerazione del fatto che questa decisione avrebbe potuto determinare conseguenze così gravi al Sud del mondo, però quando uno compie un’azione così importante e così grave, anche nel senso latino del termine, così pesante senza rendersi conto delle conseguenze che ha, non è che solo per questo può non essere considerato responsabile delle conseguenze che sono nate, in termini oggettivi
 
Questo l'aggiungo io:
Certe volte si fanno molti più danni con le leve della finanza, rispetto alle armi. Se vogliamo parlare di stragi parliamo di tutte le stragi, non solo di quelle che fanno comodo. Questi meccanismi finanziari stanno facendo stragi anche in questo momento, basti pensare cHE muoino cinque milioni di persone all'anno, solo perche non hanno accesso all'acqua potabile.

SIGNIFICA CHE SOLO NEGLI ULTIMI 25 ANNI SONO MORTI 125 MILIONI DI PERSONE SOLO PERCHè NON AVEVANO ACCESSO ALL'ACQUA. pOI METTIAMOCI QUELLI MORTI DA FAME, O QUELLI MORTI PER LA MANCANZA DI UN ANTIBIOTICO, O DI UN'ASPIRINA, POI FATE VOI I CONTI.

E NON METTIAMO NEL CONTO I MORTI DELLE DEPORTAZIONI DEI NEGRI DAL CONTINENTE AFRICANO ALL'AMERICA, LO STERMIONIO DEGLI INDIOS LO STERMINIO DEGLI INDIANI D'AMERICA, LO STERMINIO DEGLI ABORIGENI AUSTRALIANI. NON METTIAMO NEL CONTO LE VITE UMANE CHE SONO SERVITE ALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE, A TUTTE LE VITE INFRANTE NEI CAMPI DI BATTAGLIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE, LOGICA CONSEGUENZA DI GUERRE COMMERCIALI ESASPERATE DEL CAPITALISMO DI RAPINA POI CHIEDIAMOCI SE L'INGORDIGIA DI POCHI BANCHIERI NON AVESSE PROVOCATO LA BOLLA SPECULATIVA DEL 29, CON LE CONSEGUENZE DELLA GRANDE DEPRESSIONE CI SAREBBE STATA LA SECONDA GUERRA MONDIALE?
MI FERMO QUI.
 
Bravo Nonsoniente.
Vallo a dire a chi sta facendo i conti in tasca al comunismo :smile:
Senza contare che il ricatto che è stato fatto nei confronti dei paesi poveri è ancora più pesante.
Tu dici che l'occidente era inconsapevole del delitto che stava commettendo.
Io penso che consapevolmente abbia impoverito queste regioni per ricattarli:se vuoi altri soldi devi fare come dico io, coltivare quello che dico io, al governo ci va chi dico io e le armi te le do io.
Ogni giorno, milioni di donne, di uomini e di bambini vivono nel terrore della violenza armata; ogni minuto, uno di loro resta ucciso. Ogni anno in Africa, Asia, Medio Oriente e America latina si spendono in media 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armi, somma che avrebbe permesso a questi paesi di ridurre la mortalità infantile e materna (cifra stimata: 12 miliardi di dollari l'anno) ed eliminare l'analfabetismo (cifra stimata: 10 miliardi di dollari l'anno). Il totale delle spese militari mondiali in un anno è di 956 miliardi di dollari, mentre la spesa complessiva (in 11 anni!!) per raggiungere gli obiettivi del millennio per lo sviluppo sarebbe di 760 miliardi.... si raggiungerebbero spendendo solo il 10% in meno in spese militari all'anno

In tutta la regione asiatica oltre il 50% delle armi viene venduto dai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU mentre solo 8 miliardi di dollari sono inviati in queste zone come aiuti ufficiali allo sviluppo. L'Asia è al secondo posto, dopo il Medio Oriente, come maggiore acquirente di armi convenzionali, secondo fonti del Dipartimento di Stato americano nel biennio 1990-2000 la regione ha comprato armi per un valore di 130 miliardi di dollari.

Il 52% della popolazione non ha accesso alla sanità;
Il 23% dei ragazzi e il 39% delle ragazze è analfabeta;
E' del 50% la percentuale di bambini con meno di 5 anni sottopeso;
Sono 284 i milioni di persone che vivono con meno di 1$.


in Africa ci sono 30 milioni di armi leggere circolanti, almeno 1 ogni 20 abitanti. L'80% di queste armi è in mano a civili; è del 47% l'aumento delle spese militari dell'Africa Sub-Sahariana dal 1995 al 2001.

Il totale degli aiuti allo sviluppo erogati nel 2002 dai paesi del comitato assistenza sviluppo OCSE è di 58 miliardi dollari, contro i 192 miliardi di dollari di vendite totali di armi delle 100 maggiori compagnie mondiali.
La spesa pro capite per aiuti allo sviluppo in Europa (2002) è di 61 dollari per ogni cittadino contro 358 dollari a testa in spese militari.
La spesa complessiva per il Progetto di Sviluppo del Millennio è di 760 miliardi di dollari contro 1200 miliardi di dollari del progettato Sistema Difensivo di Missili Balistici USA.

Ci siamo capiti o vogliamo continuare a credere che i cattivi siano altrove?
 

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