FrancescoC
Nuovo forumer
In questi ultimi tempi, a seguito del comportamento sempre più anomalo del clima, con caldo torrido prolungato nel tempo e siccità, si ipotizza sempre più spesso che ciò sia una conseguenza dell’effetto serra.
Ma che cosa è esattamente questo effetto, quali sono le sue origini e perché desta tanta preoccupazione in moltissimi scienziati, meteorologi e ambientalisti?
Per definire cosa sia l’effetto serra dobbiamo pensare a come la Terra e gli altri pianeti ricevono energia dal Sole.
L’energia è irradiata sotto forma di onde elettromagnetiche (raggi infrarossi, luce visibile, ultravioletti, ecc.), che si propagano nel vuoto fino a raggiungere i pianeti cedendo loro energia, cioè riscaldandoli.
Se un pianeta (o un satellite) non ha atmosfera, come Mercurio o la Luna, l’energia ricevuta viene di nuovo irradiata nello spazio sempre in forma di onde elettromagnetiche. Si determinano così condizioni per cui la superficie del pianeta è caldissima nella parte esposta al sole (di giorno), che riceve energia, e molto fredda in quella non esposta (di notte), che la emette di nuovo nello spazio. Sulla Luna si passa da + 150 C° di giorno a – 100 di notte.
Se invece il pianeta possiede un’atmosfera le cose vanno differentemente. L’atmosfera infatti filtra e trattiene una parte delle radiazioni che la colpiscono.
Nel caso della Terra ad esempio sono filtrate e non raggiungono la superficie le pericolosissime radiazioni ultraviolette.
La presenza di un’atmosfera riscaldata garantisce quindi una distribuzione dell’energia uniforme sul pianeta in modo che la temperatura non salga eccessivamente di giorno e non scenda troppo di notte.
L’energia che viene trattenuta nell’atmosfera ha comunque raggiunto la Terra dal Sole e contribuisce al suo riscaldamento.
Perché la temperatura di un pianeta non aumenti a dismisura è però necessario che parte di questa energia venga emessa nuovamente nello spazio dal pianeta stesso.
Questa quantità di energia emessa dalla superficie del pianeta può disperdersi nello spazio in funzione della capacità filtrante e riflettente dell’atmosfera. Da questo dipende la temperatura media della superficie.
Prendiamo ad esempio il caso di Venere. Questo pianeta ha un’atmosfera molto densa, contenente anidride carbonica, metano, ammoniaca, vapore acqueo e altri gas. La superficie è inoltre perennemente coperta da una coltre di nuvole. Ciò fa si che il pianeta assorba energia dal Sole che riscalda la sua superficie e l’atmosfera, ma sia in grado di emetterne verso lo spazio solo una piccola parte perché i gas di cui è composta la sua atmosfera hanno un alto potere riflettente verso i raggi infrarossi e quindi la sua superficie non riesce a raffreddarsi.
Il risultato è che su Venere la temperatura superficiale è superiore ai 400 C° e ciò non è giustificato dalla sua maggior vicinanza al Sole rispetto alla Terra.
La sua atmosfera funziona quindi come i vetri di una serra che fanno penetrare il calore, ma non lo fanno uscire. Questo effetto è determinato soprattutto dalla presenza nell’atmosfera di anidride carbonica e metano.
La Terra, fortunatamente per noi, si trova in una situazione diversa.
La sua atmosfera è meno densa, essendo composta per oltre il 70 % da azoto, un po’ più del 20 % da ossigeno, il 2 % circa di anidride carbonica ed il resto da gas inerti.
L’atmosfera è quindi più trasparente di quella di Venere e non abbiamo una coltre permanente di nuvole. Questo determina le temperature che conosciamo e che sono fondamentali per la sopravvivenza della vita.
Una variazione anche minima nella composizione dell’atmosfera terrestre potrebbe determinare quindi variazioni della temperatura alla sua superficie e delle sue condizioni climatiche che potrebbero creare seri problemi su tutto il pianeta.
L’atmosfera terrestre non è stata sempre così.
Si è formata nel tempo prima con le emissioni di gas dai vulcani poi, dopo la comparsa della vita, anche con le emissioni derivate dagli esseri viventi piante e animali.
Le piante hanno assorbito buona parte dell’anidride carbonica emessa dai vulcani ed hanno prodotto ossigeno. Alla fine si è raggiunto l’attuale equilibrio, ottimale per l’evolversi della vita.
Anche il clima terrestre ha subito variazioni e segue dei cicli di riscaldamento e raffreddamento derivanti da variazioni e oscillazioni dell’orbita terrestre o da eventi traumatici come la caduta di meteoriti o l’impatto con piccoli asteroidi e comete.
L’ultima glaciazione ad esempio si è esaurita circa 11.000 anni fa e da allora la Terra si è andata lentamente riscaldando.
Si tratta di fenomeni naturali che procedono con lentezza e con inversioni di ciclo anche di breve durata (relativamente ai cicli climatici, si tratta sempre di secoli!).
All’inizio del medioevo ad esempio, nel IX-X secolo, la Groenlandia era una terra più calda di quello che è oggi, ricoperta non da ghiacci, ma da verdi prati (Grun nelle lingue nordiche vuol dire verde).
Infatti i Vichinghi vi si insediarono, fondandovi una città che fu anche sede di diocesi. In seguito, verso il XIV-XV secolo, il clima cambiò, la Groenlandia fu mano a mano coperta dai ghiacci e i Vichinghi dovettero abbandonarla.
Nell’ultimo secolo ha iniziato averificarsi un nuovo riscaldamento della terra, che ha subito un’accelerazione negli ultimi anni, insieme a cambiamenti climatici più consistenti di quelli determinatisi nei periodi precedenti.
Penso che tutti si siano accorti che gli inverni sono sempre più brevi e miti e le estati più calde. Questi fenomeni, studiati da scienziati e meteorologi, fin dal tempo del Club di Roma (1970), hanno portato alla conclusione che la temperatura della superficie terrestre sta aumentando, oltre che per cause naturali, anche a causa dell’aumento del potere riflettente dei raggi infrarossi da parte dell’atmosfera.
Questo aumento è determinato dal crescere nell’atmosfera della concentrazione dei cosiddetti “gas serra” e cioè principalmente anidride carbonica (CO2) e metano (CH4).
L’anidride carbonica è prodotta dalla respirazione degli esseri viventi. Questa è normalmente assorbita dai vegetali.
Deriva inoltre da qualunque processo di combustione. Se si tratta di combustione di un materiale di origine vegetale l’anidride carbonica emessa corrisponde a quella assorbita durante la sua crescita e quindi il bilancio complessivo è zero.
Se invece bruciamo un combustibile di origine fossile questo contiene anidride carbonica sottratta dall’atmosfera centinaia di milioni di anni fa in un periodo di anni lunghissimo di molti milioni di anni.
Immetterla nell’atmosfera in un periodo molto più breve, di poche decine di anni, determina un aumento dalla concentrazione dell’anidride carbonica contenuta nell’atmosfera.
Analogamente il metano si è originato in un periodo lunghissimo durato milioni di anni. Esso non viene normalmente immesso nell’atmosfera ma bruciato (producendo anidride carbonica, immessa nell’atmosfera). Durante la sua estrazione, trasporto ed utilizzo inoltre una certa percentuale di metano (15-20%) viene dispersa nell’atmosfera (ad es. per perdite nei metanodotti).
Ciò ha determinato, ad esempio in Siberia, dove passa il metanodotto russo che porta il gas in Europa, l’innalzamento della temperatura media di oltre 5 gradi negli ultimi 50 anni.
Le conseguenze dell’innalzamento della temperatura sulla superficie terrestre sono molteplici e gravissime.
La prima è lo scioglimento di parte della calotta polare Sud e dei ghiacci che ricoprono le terre del Nord, con l’innalzamento del livello del mare che potrebbe sommergere diverse regioni e città costiere.
Poi ci sono i cambiamenti climatici che potrebbero portare a manifestazioni violente (uragani, tempeste di neve, siccità).
Infine intere regioni, come l’Italia, potrebbero trasformarsi da temperate in regioni a clima tropicale, predesertico, inaridendosi e finendo col diventare poco ospitali per la popolazione.
Il problema maggiore, sempre a detta degli scienziati è che arrivati oltre un certo limite l’aumento di temperatura sarebbe irreversibile (almeno in tempi brevi, rispetto alla lunghezza della vita umana) e che non sappiamo esattamente quale sia questo limite. Potremmo esserci vicini.
E’ fondamentale quindi, per il nostro futuro e quello nei nostri discendenti, limitare l’immissione di “gas serra” nell’atmosfera.
Un impegno a questo riguardo fu formalizzato nel 1997, durante la conferenza di Kyoto sui cambiamenti climatici.
In questa sede molti paesi avevano riconosciuto la necessità di ridurre l’emissione di anidride carbonica di un 8-10 %, rispetto ai valori del 1991, entro il 2010, impegnandosi ad attuare i provvedimenti necessari.
Il documento finale di questa conferenza è noto come “protocollo di Kyoto”.
Purtroppo sono passati 6 anni ed ancora le sue indicazioni non sono state accettate o messe in pratica. In Europa la maggior parte dei governi hanno ratificato il protocollo di Kyoto, anche se poi non hanno fatto praticamente nulla per attuarlo, tranne i paesi nordici, che avrebbero comunque attuato certi provvedimenti per il loro innato rispetto dell’ambiente, ma che hanno scarso peso dal punto di vista di produzione dei gas serra a causa della loro ridotta popolazione.
Anche in Italia sono stati varati dei provvedimenti per incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili (solare, eolico, ecc.) che non producano anidride carbonica, ma questi hanno inciso in modo quasi nullo sul nostro modo di produrre energia e lo possiamo constatare con la crisi energetica di questo periodo.
Anche se si fa riferimento agli ultimi dati disponibili in rete si vede che la situazione in Italia non è molto rosea.
Infatti, come si può vedere dal grafico, la situazione a fine del 1999 era già peggiore delle previsioni.
Per conseguire i risultati previsti dal protocollo di Tokyo si sarebbero dovuti attuare dei provvedimenti molto più drastici di quelli previsti inizialmente. In realtà in questi 3 anni non è stato fatto quasi nulla, quindi si può ipotizzare che ormai gli obiettivi di Kyoto siano irraggiungibili, almeno per l’Italia.
Quasi tutti gli altri paesi al di fuori dell’Europa non hanno ratificato il protocollo di Kyoto con la scusa che avrebbe danneggiato la ripresa dell’economia (USA) o ne avrebbe penalizzato il primo sviluppo (paesi emergenti) o altre varie motivazioni.
Resta da valutare se sia più corretta e onesta la posizione di questi paesi o quella di coloro, come l’Italia, che ratificano l’accordo e poi non fanno nulla per attuarlo.
La strada per limitare l’emissione dei gas serra è comunque tracciata e passa per l’utilizzo sempre maggiore di energie alternative, rinnovabili e non di origine fossile: biomasse di origine agricola, solare e eolico, mare e in futuro fusione nucleare.
Questo tipo di energie consente inoltre di diminuire l’inquinamento atmosferico. Ne parleremo nei prossimi articoli.
Si potrebbe pure considerare la fissione nucleare (Uranio, Plutonio) che è attualmente disponibile e utilizzata in molti paesi, ma questa, pur essendo totalmente esente dall’emissione di gas serra, ha altre controindicazioni, come la potenziale grande pericolosità in caso di incidente (estremamente improbabile ma non escludibile) e lo smaltimento delle scorie radioattive, ancora un punto critico non completamente risolto.
A mia opinione personale inoltre, a 60 anni dalla sua invenzione, mi sembra una tecnologia ormai vecchia e mi aspetterei dagli scienziati qualcosa di meglio, come la fusione dell’idrogeno e suoi derivati, molto meno pericolosa e che disporrebbe di combustibile in quantità praticamente illimitate.
Concludo facendo presente che se l’inquinamento da gas serra può sembrare meno dannoso di quello derivante dagli inquinanti tradizionalmente considerati (ossido di carbonio, idrocarburi, composti dello zolfo, polveri, ecc.) perché non ha impatti diretti sulla nostra salute, in realtà è molto più pericoloso.
Infatti mentre la concentrazione di inquinanti cala immediatamente quando si interrompe la loro immissione nell’atmosfera, il riscaldamento della Terra può produrre danni di tipo irreversibile.
Non voglio però sembrare catastrofista: penso che si sia ancora in tempo per evitare il peggio, però dobbiamo pensarci e non continuare a comportarci come se il pianeta non ci appartenesse e quando non sarà più utilizzabile ne potremo trovare un altro nuovo.
Francesco
P.S.: nei prossimi giorni sarò in ferie (finalmente!) e quindi potrò collegarmi e rispondere solo saltuariamente. Ritornerò ai primi di agosto.
Ma che cosa è esattamente questo effetto, quali sono le sue origini e perché desta tanta preoccupazione in moltissimi scienziati, meteorologi e ambientalisti?
Per definire cosa sia l’effetto serra dobbiamo pensare a come la Terra e gli altri pianeti ricevono energia dal Sole.
L’energia è irradiata sotto forma di onde elettromagnetiche (raggi infrarossi, luce visibile, ultravioletti, ecc.), che si propagano nel vuoto fino a raggiungere i pianeti cedendo loro energia, cioè riscaldandoli.
Se un pianeta (o un satellite) non ha atmosfera, come Mercurio o la Luna, l’energia ricevuta viene di nuovo irradiata nello spazio sempre in forma di onde elettromagnetiche. Si determinano così condizioni per cui la superficie del pianeta è caldissima nella parte esposta al sole (di giorno), che riceve energia, e molto fredda in quella non esposta (di notte), che la emette di nuovo nello spazio. Sulla Luna si passa da + 150 C° di giorno a – 100 di notte.
Se invece il pianeta possiede un’atmosfera le cose vanno differentemente. L’atmosfera infatti filtra e trattiene una parte delle radiazioni che la colpiscono.
Nel caso della Terra ad esempio sono filtrate e non raggiungono la superficie le pericolosissime radiazioni ultraviolette.
La presenza di un’atmosfera riscaldata garantisce quindi una distribuzione dell’energia uniforme sul pianeta in modo che la temperatura non salga eccessivamente di giorno e non scenda troppo di notte.
L’energia che viene trattenuta nell’atmosfera ha comunque raggiunto la Terra dal Sole e contribuisce al suo riscaldamento.
Perché la temperatura di un pianeta non aumenti a dismisura è però necessario che parte di questa energia venga emessa nuovamente nello spazio dal pianeta stesso.
Questa quantità di energia emessa dalla superficie del pianeta può disperdersi nello spazio in funzione della capacità filtrante e riflettente dell’atmosfera. Da questo dipende la temperatura media della superficie.
Prendiamo ad esempio il caso di Venere. Questo pianeta ha un’atmosfera molto densa, contenente anidride carbonica, metano, ammoniaca, vapore acqueo e altri gas. La superficie è inoltre perennemente coperta da una coltre di nuvole. Ciò fa si che il pianeta assorba energia dal Sole che riscalda la sua superficie e l’atmosfera, ma sia in grado di emetterne verso lo spazio solo una piccola parte perché i gas di cui è composta la sua atmosfera hanno un alto potere riflettente verso i raggi infrarossi e quindi la sua superficie non riesce a raffreddarsi.
Il risultato è che su Venere la temperatura superficiale è superiore ai 400 C° e ciò non è giustificato dalla sua maggior vicinanza al Sole rispetto alla Terra.
La sua atmosfera funziona quindi come i vetri di una serra che fanno penetrare il calore, ma non lo fanno uscire. Questo effetto è determinato soprattutto dalla presenza nell’atmosfera di anidride carbonica e metano.
La Terra, fortunatamente per noi, si trova in una situazione diversa.
La sua atmosfera è meno densa, essendo composta per oltre il 70 % da azoto, un po’ più del 20 % da ossigeno, il 2 % circa di anidride carbonica ed il resto da gas inerti.
L’atmosfera è quindi più trasparente di quella di Venere e non abbiamo una coltre permanente di nuvole. Questo determina le temperature che conosciamo e che sono fondamentali per la sopravvivenza della vita.
Una variazione anche minima nella composizione dell’atmosfera terrestre potrebbe determinare quindi variazioni della temperatura alla sua superficie e delle sue condizioni climatiche che potrebbero creare seri problemi su tutto il pianeta.
L’atmosfera terrestre non è stata sempre così.
Si è formata nel tempo prima con le emissioni di gas dai vulcani poi, dopo la comparsa della vita, anche con le emissioni derivate dagli esseri viventi piante e animali.
Le piante hanno assorbito buona parte dell’anidride carbonica emessa dai vulcani ed hanno prodotto ossigeno. Alla fine si è raggiunto l’attuale equilibrio, ottimale per l’evolversi della vita.
Anche il clima terrestre ha subito variazioni e segue dei cicli di riscaldamento e raffreddamento derivanti da variazioni e oscillazioni dell’orbita terrestre o da eventi traumatici come la caduta di meteoriti o l’impatto con piccoli asteroidi e comete.
L’ultima glaciazione ad esempio si è esaurita circa 11.000 anni fa e da allora la Terra si è andata lentamente riscaldando.
Si tratta di fenomeni naturali che procedono con lentezza e con inversioni di ciclo anche di breve durata (relativamente ai cicli climatici, si tratta sempre di secoli!).
All’inizio del medioevo ad esempio, nel IX-X secolo, la Groenlandia era una terra più calda di quello che è oggi, ricoperta non da ghiacci, ma da verdi prati (Grun nelle lingue nordiche vuol dire verde).
Infatti i Vichinghi vi si insediarono, fondandovi una città che fu anche sede di diocesi. In seguito, verso il XIV-XV secolo, il clima cambiò, la Groenlandia fu mano a mano coperta dai ghiacci e i Vichinghi dovettero abbandonarla.
Nell’ultimo secolo ha iniziato averificarsi un nuovo riscaldamento della terra, che ha subito un’accelerazione negli ultimi anni, insieme a cambiamenti climatici più consistenti di quelli determinatisi nei periodi precedenti.
Penso che tutti si siano accorti che gli inverni sono sempre più brevi e miti e le estati più calde. Questi fenomeni, studiati da scienziati e meteorologi, fin dal tempo del Club di Roma (1970), hanno portato alla conclusione che la temperatura della superficie terrestre sta aumentando, oltre che per cause naturali, anche a causa dell’aumento del potere riflettente dei raggi infrarossi da parte dell’atmosfera.
Questo aumento è determinato dal crescere nell’atmosfera della concentrazione dei cosiddetti “gas serra” e cioè principalmente anidride carbonica (CO2) e metano (CH4).
L’anidride carbonica è prodotta dalla respirazione degli esseri viventi. Questa è normalmente assorbita dai vegetali.
Deriva inoltre da qualunque processo di combustione. Se si tratta di combustione di un materiale di origine vegetale l’anidride carbonica emessa corrisponde a quella assorbita durante la sua crescita e quindi il bilancio complessivo è zero.
Se invece bruciamo un combustibile di origine fossile questo contiene anidride carbonica sottratta dall’atmosfera centinaia di milioni di anni fa in un periodo di anni lunghissimo di molti milioni di anni.
Immetterla nell’atmosfera in un periodo molto più breve, di poche decine di anni, determina un aumento dalla concentrazione dell’anidride carbonica contenuta nell’atmosfera.
Analogamente il metano si è originato in un periodo lunghissimo durato milioni di anni. Esso non viene normalmente immesso nell’atmosfera ma bruciato (producendo anidride carbonica, immessa nell’atmosfera). Durante la sua estrazione, trasporto ed utilizzo inoltre una certa percentuale di metano (15-20%) viene dispersa nell’atmosfera (ad es. per perdite nei metanodotti).
Ciò ha determinato, ad esempio in Siberia, dove passa il metanodotto russo che porta il gas in Europa, l’innalzamento della temperatura media di oltre 5 gradi negli ultimi 50 anni.
Le conseguenze dell’innalzamento della temperatura sulla superficie terrestre sono molteplici e gravissime.
La prima è lo scioglimento di parte della calotta polare Sud e dei ghiacci che ricoprono le terre del Nord, con l’innalzamento del livello del mare che potrebbe sommergere diverse regioni e città costiere.
Poi ci sono i cambiamenti climatici che potrebbero portare a manifestazioni violente (uragani, tempeste di neve, siccità).
Infine intere regioni, come l’Italia, potrebbero trasformarsi da temperate in regioni a clima tropicale, predesertico, inaridendosi e finendo col diventare poco ospitali per la popolazione.
Il problema maggiore, sempre a detta degli scienziati è che arrivati oltre un certo limite l’aumento di temperatura sarebbe irreversibile (almeno in tempi brevi, rispetto alla lunghezza della vita umana) e che non sappiamo esattamente quale sia questo limite. Potremmo esserci vicini.
E’ fondamentale quindi, per il nostro futuro e quello nei nostri discendenti, limitare l’immissione di “gas serra” nell’atmosfera.
Un impegno a questo riguardo fu formalizzato nel 1997, durante la conferenza di Kyoto sui cambiamenti climatici.
In questa sede molti paesi avevano riconosciuto la necessità di ridurre l’emissione di anidride carbonica di un 8-10 %, rispetto ai valori del 1991, entro il 2010, impegnandosi ad attuare i provvedimenti necessari.
Il documento finale di questa conferenza è noto come “protocollo di Kyoto”.
Purtroppo sono passati 6 anni ed ancora le sue indicazioni non sono state accettate o messe in pratica. In Europa la maggior parte dei governi hanno ratificato il protocollo di Kyoto, anche se poi non hanno fatto praticamente nulla per attuarlo, tranne i paesi nordici, che avrebbero comunque attuato certi provvedimenti per il loro innato rispetto dell’ambiente, ma che hanno scarso peso dal punto di vista di produzione dei gas serra a causa della loro ridotta popolazione.
Anche in Italia sono stati varati dei provvedimenti per incentivare l’utilizzo di energie rinnovabili (solare, eolico, ecc.) che non producano anidride carbonica, ma questi hanno inciso in modo quasi nullo sul nostro modo di produrre energia e lo possiamo constatare con la crisi energetica di questo periodo.
Anche se si fa riferimento agli ultimi dati disponibili in rete si vede che la situazione in Italia non è molto rosea.
Infatti, come si può vedere dal grafico, la situazione a fine del 1999 era già peggiore delle previsioni.
Per conseguire i risultati previsti dal protocollo di Tokyo si sarebbero dovuti attuare dei provvedimenti molto più drastici di quelli previsti inizialmente. In realtà in questi 3 anni non è stato fatto quasi nulla, quindi si può ipotizzare che ormai gli obiettivi di Kyoto siano irraggiungibili, almeno per l’Italia.
Quasi tutti gli altri paesi al di fuori dell’Europa non hanno ratificato il protocollo di Kyoto con la scusa che avrebbe danneggiato la ripresa dell’economia (USA) o ne avrebbe penalizzato il primo sviluppo (paesi emergenti) o altre varie motivazioni.
Resta da valutare se sia più corretta e onesta la posizione di questi paesi o quella di coloro, come l’Italia, che ratificano l’accordo e poi non fanno nulla per attuarlo.
La strada per limitare l’emissione dei gas serra è comunque tracciata e passa per l’utilizzo sempre maggiore di energie alternative, rinnovabili e non di origine fossile: biomasse di origine agricola, solare e eolico, mare e in futuro fusione nucleare.
Questo tipo di energie consente inoltre di diminuire l’inquinamento atmosferico. Ne parleremo nei prossimi articoli.
Si potrebbe pure considerare la fissione nucleare (Uranio, Plutonio) che è attualmente disponibile e utilizzata in molti paesi, ma questa, pur essendo totalmente esente dall’emissione di gas serra, ha altre controindicazioni, come la potenziale grande pericolosità in caso di incidente (estremamente improbabile ma non escludibile) e lo smaltimento delle scorie radioattive, ancora un punto critico non completamente risolto.
A mia opinione personale inoltre, a 60 anni dalla sua invenzione, mi sembra una tecnologia ormai vecchia e mi aspetterei dagli scienziati qualcosa di meglio, come la fusione dell’idrogeno e suoi derivati, molto meno pericolosa e che disporrebbe di combustibile in quantità praticamente illimitate.
Concludo facendo presente che se l’inquinamento da gas serra può sembrare meno dannoso di quello derivante dagli inquinanti tradizionalmente considerati (ossido di carbonio, idrocarburi, composti dello zolfo, polveri, ecc.) perché non ha impatti diretti sulla nostra salute, in realtà è molto più pericoloso.
Infatti mentre la concentrazione di inquinanti cala immediatamente quando si interrompe la loro immissione nell’atmosfera, il riscaldamento della Terra può produrre danni di tipo irreversibile.
Non voglio però sembrare catastrofista: penso che si sia ancora in tempo per evitare il peggio, però dobbiamo pensarci e non continuare a comportarci come se il pianeta non ci appartenesse e quando non sarà più utilizzabile ne potremo trovare un altro nuovo.
Francesco
P.S.: nei prossimi giorni sarò in ferie (finalmente!) e quindi potrò collegarmi e rispondere solo saltuariamente. Ritornerò ai primi di agosto.