Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi

mah ... a me lascia perplesso AIG, non mi stupirei ci fossero novità poco piacevoli da quel fronte ... non è stata nazionalizzata, lo Stato ha evitato accuratamente l'80% che avrebbe fatto scattare l'obbligo anche per gli altri titoli, i cinesi non comprano fannie freddie e aig ... da quel che si dice è la filiale londinese quella che ha creato i maggiori problemi assumendo rischi eccessivi con banche europee
dai chiari di luna che si vedono con GM ecc. .... che Obama tartassi i taxpayers USA per risanare banche europee ? salvare i suoi amichetti passi, ma tutti tutti ... boh

il mio buon Mazzalai ... 'ci stiamo inesorabilmente incamminando lungo il sentiero della " lost decade " un lungo periodo di stagnazione e depressione economica, intervallata da improvvisi rimbalzi, frutto di un utilizzo costante di defibrillatori finanziari ed economici, frutto di manovre "non convenzionali" spesso orientate alla sopravvivenza di un "sistema ombra".'

PS ... nel suo ultimo post anche segnalazioni di malefatte stress test

depressione economica forse ma credo che ormai il periodo di abnorme instabilità finanziaria sia alle spalle;)

devo confessare però che mi preoccupano un pò i derivati sui tassi:(
 
ormai rassegnato per la scomparsa di Bertoncello, riporto per solidarietà un articolo dell'epurato Oscar Giannino (pare che lui sospetti debba ringraziare Unicredit) dal suo blog ... comunque uno la pensi non vorrei rimanessero solo giornalisti yes-men in Italia

C’era qualcosa nell’aria che avvertivo istintivamente ma la cui precisa nozione mi sfuggiva da tempo. Ora ho capito meglio di che cosa si tratti, letto l’intervento di Pietro Modiano sul Sole, in risposta a Guido Tabellini. Vado per le spicce, come al solito ipersemplificando questioni molto più complesse. Premessa uno, finanziaria: gli Usa e il mondo intero hanno il massimo interesse a consolidare il più possibile la ripresa di fiducia dell’intermediazione finanziaria (e dei mercati, cominciata dalla prima settimana di marzo, e massicciamente sotenuta da acquisti senza precedenti da parte della mano pubblica, nonché da un’accorta politica di comunicazione dei dati). Premessa due, politica: gli elenchi di nuovi princìpi di regolazione finanziaria, capital ratios, omologazione delle architetture regolatorie (vedi Mingardi nel suo post precedente) et simila decadono dall’agenda di comunicazione pubblica quotidiana (avevano anche annoiato, in verità, visto che dalle chiacchiere ancora non si passa ai fatti), per tornare dove sono sempre stati, cioé nell’agenda riservata di un pugno di regolatori e banchieri centrali. Anche gli stress test Usa servono più a sostenere i mercati, che a fare pulizia. Premessa tre, gnoseologica: ma siamo proprio sicuri, di aver capito che cosa è successo negli anni precedenti la crisi dei subprime e il fallimento di Lehman? O è stata un lettura affrettata, quella che ha iniziato ad accumularsi in centinaia di papers e convegni e migliaia di articoli, intorno ai famosi eccessi della “finanza per la finanza”‘?
Dopo queste tre premesse, le strade secondo me si dividono nettamente.
Ce n’è una che ci riguarda (nel senso: chi la pensa come noi). Abbiamo le idee chiare sull’instabilità ingenerata da politiche monetarie lassiste, siamo disposti ad approfondire - coerenti all’imperfettismo di cui cui nutriamo - serie analisi sulle conseguenze dei modelli Var autogenerati dagli intermediari, dei bassi capital ratios per asset assunto o intermediato, la necessità di tener distinti gli intermediari bancari da quelli non bancari, e via continuando su tutti i diversi capitoli “tecnici” alla base di un sistema in cui il 50% dei profitti delle quotate Usa era attribuito a chi pesava il 10% del valore aggiunto del Gdp, da attività di puro trading ma il più possibile “esterne” al proprio recinto patrimoniale. Siamo vieppiù disposti ad approfondire, perché temiamo molto gli interventi iper regolatori, pervasivi e omologanti di chi sogna improbabili rivincite dei giuristi sulla finanza, e della politica sull’autonomia d’impresa.
A questa via del dubbio, aderisco.
Ma ce n’è un’altra che dichiara di partire da premesse analoghe, per giungere a conclusioni molto diverse. Chiamiamola la via bancaria: non solo non possiamo essere ben sicuri della causa vera, in realtà banchieri e intermediari non hanno sbagliato nulla (e nemmeno politica e regolatori che avevano congegnato le norme del gioco, come diremmo noi). I banchieri non hanno nessuna colpa, e la crisi è semplicemente esplosa perché è stata l’impennata delle commodities e del petrolio fino a 147 dollari, a determinare panico nell’economia reale, facendo saltare le griglie che sostenevano prezzi al presente e ritorni al futuro.
Non so come la pensiate voi: ma io alla conclusione autoassolutoria non mi sento proprio di aderire. Non desidero rinfrescare a tutti gli hearings al Congresso Usa in cui fior di esperti del mercato delle commodities esposero la ben nota tesi sul motivo per il quale, in mesi che vedevano il restringersi della forte leva e degli acquisti allo scoperto, i futures su petrolio, grano e mais subirono impennate che non avevano alcun giustificabile proporzionato “sottostante”, quanto a variare della domanda mondiale o a improvvisi blocchi dell’offerta.
Sento puzza di bruciato. Non mi piace, la faccia tosta dei signori banchieri. Mi sbaglio? Che ne pensate?
 
La strada è ancora lunga ed impervia per l'immobiliare USA:

11.05.09 18:37 - Hsbc: scettica su miglioramento settore mutui

LONDRA (MF-DJ)--Hsbc non crede in una rapida ripresa del mercato dei mutui.

Nel giorno in cui ha pubblicato i suoi dati di bilancio,
la banca britannica ha anche spiegato che ritiene:( puramente transitorio il miglioramento registrato negli ultimi tempi dal mercato dei mutui.

Hsbc ha precisato che la sua divisione consumer-finance statunitense ha registrato un leggero rallentamento del deterioramento delle sue attivita' legate al mercato dei mutui immobiliari nel corso del primo trimestre dell'anno, ma che tale dato e' imputabile soprattutto agli sgravi fiscali ed alle modifiche adottate dalla stessa banca sui prestiti concessi al fine di aiutare i clienti.
 
Non proprio rassicurante :

12.05.09 09:21 - Basf: probabile ulteriore rallentamento in Asia (stampa)

FRANCOFORTE (MF-DJ)--Basf potrebbe registrare un nuovo rallentamento delle sue attivita' asiatiche nei prossimi mesi.

E' quanto si legge sul quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung.

In un'intervista al quotidiano, il numero uno delle attivita' asiatiche del colosso chimico tedesco, Martin Brudermueller, ha dichiarato che "non c'e' ancora segno di una ripresa".

"Credo che sia piu' probabile che assistiamo ad un rallentamento nei prossimi mesi.

Soprattutto se la disoccupazione dovesse aumentare ed i consumi scendere" ha spiegato il dirigente
 
ormai rassegnato per la scomparsa di Bertoncello, riporto per solidarietà un articolo dell'epurato Oscar Giannino (pare che lui sospetti debba ringraziare Unicredit) dal suo blog ... comunque uno la pensi non vorrei rimanessero solo giornalisti yes-men in Italia

C’era qualcosa nell’aria che avvertivo istintivamente ma la cui precisa nozione mi sfuggiva da tempo. Ora ho capito meglio di che cosa si tratti, letto l’intervento di Pietro Modiano sul Sole, in risposta a Guido Tabellini. Vado per le spicce, come al solito ipersemplificando questioni molto più complesse. Premessa uno, finanziaria: gli Usa e il mondo intero hanno il massimo interesse a consolidare il più possibile la ripresa di fiducia dell’intermediazione finanziaria (e dei mercati, cominciata dalla prima settimana di marzo, e massicciamente sotenuta da acquisti senza precedenti da parte della mano pubblica, nonché da un’accorta politica di comunicazione dei dati). Premessa due, politica: gli elenchi di nuovi princìpi di regolazione finanziaria, capital ratios, omologazione delle architetture regolatorie (vedi Mingardi nel suo post precedente) et simila decadono dall’agenda di comunicazione pubblica quotidiana (avevano anche annoiato, in verità, visto che dalle chiacchiere ancora non si passa ai fatti), per tornare dove sono sempre stati, cioé nell’agenda riservata di un pugno di regolatori e banchieri centrali. Anche gli stress test Usa servono più a sostenere i mercati, che a fare pulizia. Premessa tre, gnoseologica: ma siamo proprio sicuri, di aver capito che cosa è successo negli anni precedenti la crisi dei subprime e il fallimento di Lehman? O è stata un lettura affrettata, quella che ha iniziato ad accumularsi in centinaia di papers e convegni e migliaia di articoli, intorno ai famosi eccessi della “finanza per la finanza”‘?
Dopo queste tre premesse, le strade secondo me si dividono nettamente.
Ce n’è una che ci riguarda (nel senso: chi la pensa come noi). Abbiamo le idee chiare sull’instabilità ingenerata da politiche monetarie lassiste, siamo disposti ad approfondire - coerenti all’imperfettismo di cui cui nutriamo - serie analisi sulle conseguenze dei modelli Var autogenerati dagli intermediari, dei bassi capital ratios per asset assunto o intermediato, la necessità di tener distinti gli intermediari bancari da quelli non bancari, e via continuando su tutti i diversi capitoli “tecnici” alla base di un sistema in cui il 50% dei profitti delle quotate Usa era attribuito a chi pesava il 10% del valore aggiunto del Gdp, da attività di puro trading ma il più possibile “esterne” al proprio recinto patrimoniale. Siamo vieppiù disposti ad approfondire, perché temiamo molto gli interventi iper regolatori, pervasivi e omologanti di chi sogna improbabili rivincite dei giuristi sulla finanza, e della politica sull’autonomia d’impresa.
A questa via del dubbio, aderisco.
Ma ce n’è un’altra che dichiara di partire da premesse analoghe, per giungere a conclusioni molto diverse. Chiamiamola la via bancaria: non solo non possiamo essere ben sicuri della causa vera, in realtà banchieri e intermediari non hanno sbagliato nulla (e nemmeno politica e regolatori che avevano congegnato le norme del gioco, come diremmo noi). I banchieri non hanno nessuna colpa, e la crisi è semplicemente esplosa perché è stata l’impennata delle commodities e del petrolio fino a 147 dollari, a determinare panico nell’economia reale, facendo saltare le griglie che sostenevano prezzi al presente e ritorni al futuro.
Non so come la pensiate voi: ma io alla conclusione autoassolutoria non mi sento proprio di aderire. Non desidero rinfrescare a tutti gli hearings al Congresso Usa in cui fior di esperti del mercato delle commodities esposero la ben nota tesi sul motivo per il quale, in mesi che vedevano il restringersi della forte leva e degli acquisti allo scoperto, i futures su petrolio, grano e mais subirono impennate che non avevano alcun giustificabile proporzionato “sottostante”, quanto a variare della domanda mondiale o a improvvisi blocchi dell’offerta.
Sento puzza di bruciato. Non mi piace, la faccia tosta dei signori banchieri. Mi sbaglio? Che ne pensate?

Da ignorante qual sono ti dico che anche a me molte cose non convincono, la prima tra tutte questo coro di voci che proclamano che il peggio è passato.
Stimolano l'avidità del parco buoi, cercando di convincerci a prendere il treno della risalita prima che sia troppo tardi.
Il mio modesto pensiero è che saranno in molti, appena sarà passata la campagna dividendi dell'esercizio 2008, a restare con il cerino acceso tra le dita.
 
Ombre e luci :

Federico Rampini ( La Repubblica.it )

Doccia fredda su Pechino


Una :(doccia fredda, sulle aspettative di un veloce rimbalzo della crescita cinese, arriva dagli ultimi dati sulle esportazioni.

Secondo l'amministrazione centrale delle dogane di Pechino,
l'export dalla Cina verso il resto del mondo è calato pesantemente anche nel mese di aprile:
con un valore di 92 miliardi di dollari,
le vendite globali del made in China sono risultate inferiori del 22,6% rispetto allo stesso mese del 2008.


Quello di aprile è il sesto mese consecutivo in calo per le esportazioni cinesi.

E' un dato che smorza l'ottimismo diffuso nelle settimane scorse circa una risalita rapida dell'attività economica nella superpotenza asiatica.

La stessa amministrazione delle dogane inoltre ha rivelato che per tutto il primo trimestre c'è stato un arretramento generale dell'export cinese verso i suoi tre principali mercati di sbocco:
Unione europea,
Stati Uniti e Giappone.


La sensazione che la ripresa cinese possa essere più lontana del previsto ha provocato delle conseguenze anche sui mercati delle materie prime, dove hanno perso quota i futures del rame e dell'oro.


Il prezzo del rame in particolare è un indicatore sensibile della congiuntura cinese, per l'utilizzo intensivo di questo metallo da parte della grande industria di base.


L'effetto positivo della manovra di spesa pubblica varata da Pechino si fa sentire invece sugli investimenti interni.


Gli investimenti in capitale fisso nelle zone urbane sono aumentati ad aprile ancora più del previsto,
compensando almeno in parte la delusione sul fronte del commercio estero.


Gli investimenti in macchinari industriali e in proprietà edili sono cresciuti del 30,5% nei primi quattro mesi del 2009 rispetto al periodo gennaio-aprile del 2008.

Un segnale di stabilizzazione sembra venire anche dal mercato immobiliare.

Nelle 70 città cinesi di dimensioni medio-grandi i prezzi delle case ad aprile sono calati dell'1,1% in media,
rispetto allo stesso mese del 2008.


Da questo dato sembra che il tasso di deflazione sia in rallentamento: a marzo infatti gli stessi prezzi immobiliari erano scesi dell'1,3%.

Questo lascia sperare che la de-crescita del mercato immobiliare stia per raggiungere un "pavimento".

(12 maggio 2009)
 
Ombre e luci :

Federico Rampini ( La Repubblica.it )

Doccia fredda su Pechino


Una :(doccia fredda, sulle aspettative di un veloce rimbalzo della crescita cinese, arriva dagli ultimi dati sulle esportazioni.

Secondo l'amministrazione centrale delle dogane di Pechino,
l'export dalla Cina verso il resto del mondo è calato pesantemente anche nel mese di aprile:
con un valore di 92 miliardi di dollari,
le vendite globali del made in China sono risultate inferiori del 22,6% rispetto allo stesso mese del 2008.


Quello di aprile è il sesto mese consecutivo in calo per le esportazioni cinesi.

E' un dato che smorza l'ottimismo diffuso nelle settimane scorse circa una risalita rapida dell'attività economica nella superpotenza asiatica.

La stessa amministrazione delle dogane inoltre ha rivelato che per tutto il primo trimestre c'è stato un arretramento generale dell'export cinese verso i suoi tre principali mercati di sbocco:
Unione europea,
Stati Uniti e Giappone.


La sensazione che la ripresa cinese possa essere più lontana del previsto ha provocato delle conseguenze anche sui mercati delle materie prime, dove hanno perso quota i futures del rame e dell'oro.


Il prezzo del rame in particolare è un indicatore sensibile della congiuntura cinese, per l'utilizzo intensivo di questo metallo da parte della grande industria di base.


L'effetto positivo della manovra di spesa pubblica varata da Pechino si fa sentire invece sugli investimenti interni.


Gli investimenti in capitale fisso nelle zone urbane sono aumentati ad aprile ancora più del previsto,
compensando almeno in parte la delusione sul fronte del commercio estero.


Gli investimenti in macchinari industriali e in proprietà edili sono cresciuti del 30,5% nei primi quattro mesi del 2009 rispetto al periodo gennaio-aprile del 2008.

Un segnale di stabilizzazione sembra venire anche dal mercato immobiliare.

Nelle 70 città cinesi di dimensioni medio-grandi i prezzi delle case ad aprile sono calati dell'1,1% in media,
rispetto allo stesso mese del 2008.


Da questo dato sembra che il tasso di deflazione sia in rallentamento: a marzo infatti gli stessi prezzi immobiliari erano scesi dell'1,3%.

Questo lascia sperare che la de-crescita del mercato immobiliare stia per raggiungere un "pavimento".

(12 maggio 2009)

Non a caso, ripeto non a caso durante una delle ultime interviste rilasciate dal Premier cinese, ha messo in guardia l' Occidente a NON alzare barriere protezionistiche...ergo continuate a comprare cinese ....:(
 
Prepararsi al tormentone made in UE :

Ue, stress test su sistema bancario entro settembre
martedì 12 maggio 2009 11:55

BRUXELLES (Reuters) - Entro settembre verranno realizzati degli 'stress test' sul sistema bancario dell'Unione europea per testare la resistenza alla crisi economica in corso, l'adeguatezza del capitale.
Lo riferiscono fonti Ue, specificando che con gli 'stress test' non verranno condotte verifiche su singoli istituti ma sul sistema bancario nel suo complesso.
Le verifiche verranno realizzate dagli organi di vigilianza nazionali basandosi però su linee guida e metodologia comuni stabiliti dal Comitato dei supervisori bancari europei (CEBS), hanno aggiunto le fonti.
"La decisione è stata presa dai ministri delle Finanze Ue. Hanno deciso di chiedere al Comitato dei supervisori bancari europei di organizzare uno stress test", ha riferito una fonte vicina alla decisione dei ministri.
"Ma non si tratta di uno stress test su singole istitutizioni come fatto in America. E' più uno stress test molto aggregato, da cui dovrebbe emergere il livello di resistenza del settore bancario Ue nel suo insieme", ha aggiunto la fonte.
"Dovrebbe mostrare se sono necessari requisiti patrimoniali aggiuntivi oppure se le banche sono adeguatamente patrimonializzate per la situazione attuale".
Una seconda fonte, sempre vicina alle decisioni dei ministri, ha spiegato che gli stress test saranno pronti per settembre


Da RGEmonitors :
  • Overview: May 12 Reuters: EU supervisors plan to conduct a stress test of the EU banking system by September in order to quantify the toxic asset overhang and establish if and how much more capital is needed. It is more a highly aggregated stress test rather than by institution as in the U.S. The stress tests will be conducted by national supervisors according to common guidelines and methodology issued by the Committee of European Banking Supervisors (CEBS)
  • Munchau: IMF reports that of the total $4,100bn in expected global writedowns until 2010, the global banking system accounts for $2,800bn. Of that, a little over half – $1,426bn – is sitting in European banks, while US banks account for only $1,050bn.
  • IMF: In order to achieve a pre-crisis 4% Tangible Common Equity (TCE)/Tangible Common Assets (TCA), capital injections would need to be some$275 billion for U.S. banks,about $375 billion for Euro area banks, about $125 billion for U.K. banks, and about $100 billion for banks in the rest of mature Europe. To achieve this more demanding level of 6% TCE/TCA would require about $500 billion for U.S. banks, about $725 billion for Euro area banks, about $250 billion for U.K. banks, and about $225 billion for the banks in the rest of mature Europe.
  • Fed Board: Flow of funds data show that 40% of U.S. originated securitizations are held abroad--> about $4.4T out of $10.8T securitizations held abroad, assume $4 T in Europe. Average writedown rate on securitization is 17% as calculated by RGE, so about $680bn writedowns apply for Europe. Assume about half to 75% fall on eurozone banks, or $400 - 500bn.
  • Goldman Sachs: EMU Domestic loan and securities losses in the eurozone are estimated at 6% of GDP in baseline scenario (in ugly scenario this could double)--> 6% of eurozone GDP in dollars is $730bn (eurozone 2008 GDP=EUR9.3T=$12.2T) .This is exactly in line with the IMF's April 20009 estimate for Eurozone+UK originated losses.
  • Danske; Fitch: European banks have $1.3T in claims on Central and Eastern European countries. Assuming that 20% of these loans turn bad, EU banks incur about $270bn in CEE-related losses, of which $30bn occur in Sweden (non-eurozone) which leaves writedowns of $240bn.
  • RGE: Adding all up, expected losses among European banks amount to about $450bn exposure to U.S. securities +$730+ domestic&foreign loan losses+240 CEE=$1.4T. This estimate is in line with the IMF's European bank loss estimate as mentioned in the overview above.
  • Note: If the domestic loans and securities loss share is assumed to approach the U.S. loss share of around 10-12% as estimated by RGE, then eurozone expected losses add up to about the same dollar value as in U.S., or $1.8T
  • Sueddeutsche Zeitung (via Harrison/Eurointelligence): German bank supervisor memo leaked to the press shows that the amount of toxic assets on German banks books amount to EUR816bn. Of these, Commerzbank bears EUR101bn including EUR49bn from Dresdner takeover; Landesbank HSH Nordbank bears EUR105bn; WestLB assumes EUR84bn and Landesbank Baden-Wuerttemberg EUR92bn. The situation is better for Deutsche Bank (EUR21bn) as well as Postbank and HVB with EUR5bn each. The worst affected is commercial real estate lender Hypo Real Estate (HRE) that is being seized by the government and which holds EUR268bn of toxic assets on its books.
  • April 28 FT: A confidential AIG document estimates that banks such as Royal Bank of Scotland, Banco Santander and BNP Paribas might have to raise some $10bn if Banque AIG financial unit collapsed.
  • March 15, NYT: Big foreign banks were also among the main receivers of AIG rescue funds, including Société Générale of France and Deutsche Bank of Germany, which each received nearly $12 billion; Barclays of Britain ($8.5 billion); and UBS of Switzerland ($5 billion).
  • see further:
    - The German Banking System: Bank Shareholder Expropriation Bill Clears Parliament
    - France's Bank Recapitalization Package: Carrots and Sticks
    - Italian Banks Under Pressure: BPM Is Latest Italian Bank To Seek State Aid
    - Spanish Banks Alert: Government Takes Over Caja Castilla, First Since 1993
    - Greek Banks' Exposure To South East Europe: Will They Weather The Storm?
    - Ireland Is the First Eurozone Country to Set Up A Swedish-Inspired 'Bad Bank': Will Others Follow Suit?
    - Moody's Cuts Rating On Austria's Two Biggest Banks: Eastern Woes
    - Swiss Banks: UBS Not Out Of The Woods Yet
    - Are Europe's Banks In Worse Shape Than U.S. Banks?
May 12, 2009
 
....
  • April 28 FT: A confidential AIG document estimates that banks such as Royal Bank of Scotland, Banco Santander and BNP Paribas might have to raise some $10bn if Banque AIG financial unit collapsed.
  • March 15, NYT: Big foreign banks were also among the main receivers of AIG rescue funds, including Société Générale of France and Deutsche Bank of Germany, which each received nearly $12 billion; Barclays of Britain ($8.5 billion); and UBS of Switzerland ($5 billion).
.....

avevo appena espresso una certa preoccupazione per quel che farà AIG con le banche europee ... l'onda monta ... http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601109&sid=avjlPu.bRVmk&refer=home
 

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