Macroeconomia Crisi finanziaria e sviluppi (2 lettori)

paologorgo

Chapter 11
The fourth quarter earnings season came to an end yesterday with Wal-Mart's (WMT) report.
Below we highlight the final earnings and revenue beat rate for all US companies that reported this earnings season. For the third quarter in a row, 68% of companies beat earnings estimates.
The revenue beat rate was really strong this quarter at 70% -- the highest reading since Q4 '04. Does this put the "strong bottom line, but weak top line" bearish argument to rest? (Click to enlarge)




Final Earnings Season Stats -- Seeking Alpha
 

stockuccio

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il solito articolo che merita di essere riportato di Mazzalai ... come al solito son più pessimista di lui e di tutti quelli che hanno finora avuto ragione sul dollaro ... nel frattempo siamo arrivati a 20 banche fallite


DEFLAZIONE, INFLAZIONE, DOLLARO e IMMOBILIARE: NUOVE LEGGENDE METROPOLITANE!

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Puntuali come autentici orologi svizzeri le paure e le fobie per l'inflazione americana, si sciolgono come neve al sole, confermando ancora una volta le visioni di Icebergfinanza.
Le leggende metropolitane, sono il risultato di credenze, nate dal passaparola, storie che affascinano, che acquistano credibilità, passando di visione in visione.
Mentre le leggende metropolitane urlavano ai quattroventi, alcuni mesi fa la fine del dollaro e l'evento prossimo dell'inflazione, Icebergfinanza, continuava a navigare controcorrente, spiegando ai propri lettori, perchè dollaro e inflazione non sarebbero esplosi. La verità è sempre più figlia del tempo, figlia di analisi della corrente.
Ovviamente la dinamica del dollaro è solo temporanea, la tentazione di ricorrere a svalutazioni competitive è enorme, questa è una guerra finanziaria.
Vi ricordate gli economisti dell' ECRI US Economic Cycle Research Institute , il loro dipinto di una ripresa economica innarestabile, entusiasmante, travolgente, ebbene date un'occhiata qui sotto, grazie a BarryRithotz:

Piccole leggende metropolitane muiono!
Si può tranquillamente affermare che se l'intenzione della Fed era quella di reflazione l'economia....." Goodbye Reflation "
Se lo ricordo è perchè moltissimi nuovi compagni di viaggio ci hanno raggiunto in questi giorni. Ricordo inoltre che Icebergfinanza è uno dei pochissimi blog che evidenzia il rischio di deflazione da almeno due anni e non da oggi.
Su base destagionalizzata, il cosidetto CPI Consumer Price Index nel mese di gennaio è aumentato di un misero 0,2 %, ma per la prima volta da quasi trent'anni, ovvero dai tempi della Grande Inflazione, l'indice core, indice depurato dalle componenti volatili quali energia ed alimentarii, scende dello 0,1 %.
Lasciamo per un attimo da parte le polemiche relative all'inattendibilità dei dati pubblicati dal BLS, tante volte da noi evidenziata, ma è indubbio che di inflazione, dedotta la favola delle materie prime, non vi è alcuna traccia.
L'inflazione arriverà, eccome se arriverà, ma non è dietro l'angolo, neppure dietro l'isolato. Eccesso di produzione, alto livello strutturale di disoccupazione, depressione immobiliare e conseguente minore domanda aggregata, sono fattori rilevanti da non dimenticare.
Come evidenzia Paul Krugman, nel suo blog, con una parola "gentile" disinflazione, le porte per la deflazione sono aperte:
What I find myself looking at these days are the Cleveland Fed “trimmed” inflation measures, which exclude outlying large price movements; the ultimate trim is the median, the rise in the price of the median category. And these indicators tell a story of dramatic disinflation in the face of a week economy:
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Federal Reserve Bank of Cleveland
I find this a scary picture. For one thing, it suggests that deflation may not be too far in the future. But beyond that, there’s a growing belief among sensible economists that we need higher, not lower inflation. What we’re doing now is moving in the wrong direction, with real interest rates rising even as the nominal rate remains at zero.
Ciò conferma che la recessione dei consumi è tale che nessuna compagnia ha il coraggio di trasferire l'aumento dei prezzi alla produzione, al consumatore finale, anzi le tariffe in alcuni settori scendono.
Come molti lettori sostenitori di Icebergfinanza, ben ricorderanno, l'indice O
wners' Equivalent Rent(OER) relativo agli affitti, è sceso del 0,1 % declinando per il quinto mese consecutivo, raggiungendo la rispettabile soglia annua del 1 %. Il suddetto indice come abbiamo visto, costituisce il fulcro dell'indice dei prezzi al consumi.​

Semplice ragionamento: se il prezzo degli affitti scende, perchè il governo federale stimola allo spasimo, le compravendite immobiliari ( ricordo a tutti che solo le compravendite di nuove costruzioni, trasferiscono un impulso all'economia, favorendo nuova occupazione ) automaticamente il costo della locazione scende, riducendo contemporanemente l'interesse per l'acquisto e di conseguenza fornendo ulteriore pressione al ribasso ai prezzi delle abitazioni.​

Una pressione confermata anche dal recentissimo rilascio della media nazionale dei prezzi delle case dell'indice della First American Corelogic, sceso leggermente dell'1 % nel mese di dicembre, scontando anche l'andamento stagionale, generalmente sfavorevole. La grande incognita resta la primavera, dove i rinnovati crediti fiscali sulla casa dovranno combattere contro la seconda ondata di pignoramenti e vendite allo scoperto, favorita dalle reimpostazioni dei murui ARMs e ALt-A.​

Mentre i mercati tendono a scontare negativamente le notizie relative ad un rallentamento o ad una diminuzione del numero di cantieri ed avvio di nuove abitazioni, noi di Icebergfinanza, guardiamo a quei dati positivamente, come un naturale decorso di una terribile malattia, che consentirà, evitando nuove abitazioni da riversare sul mercato, di ridurre sensibilmente il numero di inventari di abitazioni invendute esistenti sul mercato.​

Ricordo al lettore, l'importanza "strategica" dei cosidetti inventari ombra e delle vendite allo scoperto, aumentate sensibilmente negli ultimi mesi. Gli inventari ombra sono relativi ad un alto numero di abitazioni pignorate dalle banche non ancora immesse nei mercati, per non saturarli e far scendere i prezzi.​

Per quanto riguarda invece le vendite allo scoperto, per semplificare la comprensione ai nuovi compagni di viaggio, si tratta di vendita nella quale si ha l'impegno da parte del creditore di effettuare uno sconto più o meno rilevante a causa del disagio economico del mutuatario. Il proprietario vende l'abitazione ad un prezzo minore rispetto al saldo del mutuo residuo e gira il ricavato alla banca. Nessuna delle parti contraenti fa un favore all'altra, in quanto si tratta di una soluzione "economica" per entrambi mutuante e mutuatario. La vendita allo scoperto, evita spese di pignoramento e futuri mancati pagamenti alla banca e riduce l'onere del mutuatario e i danni al suo merito di credito.​

E' ovvio che i prossimi mesi saranno contraddistinti da un aumento di questa dinamica che probabilmente controbilancerà il volume di futuri pignoramenti.​

Proseguendo per il nostro ricorrente viaggio nel mercato immobiliare, come non tener conto del frustrante tentativo dell'amministrazione americana di favorire le reimpostazioni sul pagamento delle rate dei mutui, tramite il cosidetto programma HAMP. Ebbene, secondo gli ultimi dati ufficiali comunicati, sembra che il numero di mutuatari che grazie al programma sono in grado di continuare a onorare il proprio prestito, sia decisamente irrisorio. Nonostante l'aiuto sembra che solo due terzi degli assistiti sia in grado di continuare ad onorare il proprio impegno. E' ovvio che le condizioni del mercato del lavoro e la depressione immobiliare qualificano sempre meno famiglie per questo programma governativo. La facilità con la quale molti mutuatari venivano qualificati per il programma, ha indotto il Tesoro ha rendere più stringenti i termini, per non gettare denaro del contribuente al vento.​

Il tasso di re-default, ovvero di fallimento e pignoramento, nonostante la revisione dei termini è in deciso aumento.​

I funzionari del Tesoro americano, sono molto preoccupati per una nuova ondata di pignoramenti, in particolare ARMs e prime jumbo a seguito dell'alto livello di disoccupazione. Una volta esaurito il numero di mutuatari qualificabili per un aiuto, i mercati si renderanno conto, dell'inevitabilità di una depressione che non lascia scampo.​

Vi ricordate John Burns, della J.B.Real Estate Consulting Inc, che tanto aiutò Icebergfinanza, a formulare alcune previsioni sul mercato immobiliare nell'analisi dal titolo " Realismo Immobiliare " che potrete trovare nei banners in fondo ad ogni post?​

Ebbene sul WSJ James Hagerty propone due studi, uno di Burns, appunto e uno della S&P Financial Services LLC, che evidenziano come gli sforzi di modifica delle condizioni contrattuali dei mutui falliranno e cinque milioni di "distressed sales" si riverseranno sul mercato nei prossimi anni.​

L'inventario ombra, riversato sul mercato dovrebbe durare almeno dieci mesi, sulla base del tasso di vendita medio nel corso dell'ultimo decennio. Come evidenziato qui sotto, il problema è in gran parte concentrato in Arizona, California, Florida e Nevada.​

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John Burns, chief executive della società di consulenza, ha detto che la domanda degli investitori per le case pignorate è rimasta forte. Ma se l'economia subirà una nuova recessione e i tassi ipotecari decolleranno nuovamente, ( specialmente dopo la fine del programma di sostegno della Federal Reserve ) allora assisteremo ad un ulteriore calo dei prezzi delle case.
Inoltre, nello stesso articolo,​
S & P sostiene che le tendenze attuali indicano che il 70% delle modifiche attuate dal governo alla fine risulteranno inefficaci. Inevitabile quindi la dinamica della vendite allo scoperto, dinamica che si accompagnerà a quella relativa alla nuova ondata di reimpostazioni ARM.

Non dimentichiamoci inoltre che il CRE Commercial Real Estate, sta attraversando una dinamica di crollo sensibilmemte superiore a quella dell'immobiliare residenziale e i fallimenti del venerdi sera, quelli di molte banche regionali pesantemente esposte, stanno a dimostrate che la tempesta è solo all'inizio. Singolare inoltre che le due ultime banche fallite provengono dalla California e dall'Illinois, paesi che con il New Yersey, sono autentiche polveriere mondiali, altro che PIGS!
Infine per concludere questa triste carellata, la Mortgage Banker Association, dipinge una realtà di pura depressione per un mercato quello immobiliare che lega la sua sorte alla sfida epocale dei prossimi anni, ovvero quella di smontare la probabile riduzione strutturale del mercato del lavoro occidentale e la dinamica di deleveraging globale
 

stockuccio

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PERCHE’ DOBBIAMO CAMBIARE IL CAPITALISMO
Postato il Giovedì, 18 febbraio @ 17:10:00 CST di davide
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DI JOSEPH STIGLITZ

In un estratto del suo nuovo libro, Freefall, l'ex economista capo della Banca mondiale spiega perché le banche dovrebbero essere smembrate e perché l'Occidente dovrebbe ridurre i consumi.

Nel corso della Grande recessione cominciata nel 2008 milioni di persone, negli USA e nel resto del mondo, hanno perso casa e lavoro, molti altri hanno temuto di dover subire la stessa sorte, e praticamente tutti quelli che avevano accantonato soldi per la pensione o per l'istruzione dei figli hanno visto i propri risparmi ridursi a una frazione del valore iniziale.

Una crisi scoppiata negli Usa è diventata ben presto globale, man mano che in tutto il mondo decine di milioni d'individui – venti nella sola Cina - perdevano il posto di lavoro e altrettanti si scoprivano poveri.



Non è così che si pensava sarebbero andate le cose. I moderni economisti, con la loro cieca fede nel libero mercato e nella globalizzazione, avevano promesso prosperità per tutti, e davano per scontato che la tanto decantata "Nuova economia", con le stupefacenti innovazioni (tra l'altro liberalizzazione e ingegneria finanziaria) che avevano marcato la seconda metà del XX secolo, avrebbe consentito una migliore gestione dei rischi e posto fine al susseguirsi dei cicli economici. Se la combinazione di Nuova economia e nuovi strumenti economici non poteva eliminare del tutto le fluttuazioni economiche poteva quanto meno tenerle sotto controllo. O almeno questo ci hanno raccontato.

La Grande recessione, il peggior incubo dopo la Grande depressione di 75 anni prima, ha spazzato via tutte le illusioni, e ci sta obbligando a ripensare i nostri tanto amati punti di vista.

Per 25 anni alcune dottrine sui liberi mercati hanno dominato incontrastate: i mercati liberi e senza controlli sono efficienti e se sbagliano si autocorreggono rapidamente, il miglior governo è un governo con pochi poteri, le normative non fanno altro che ostacolare l'innovazione, le banche centrali dovrebbero essere indipendenti e concentrarsi sul contenimento dell'inflazione.

Oggigiorno anche Alan Greenspan, il grande sacerdote dell'ideologia liberista a capo della FED nel periodo in cui tali opinioni prevalevano, ha dovuto ammettere che in questo modo di pensare c'erano delle falle, ma la sua confessione è arrivata troppo tardi per tutti coloro che ne hanno subito le conseguenze.

Col tempo qualsiasi crisi viene superata, ma tutte, in particolare se così drammatiche, lasciano il segno. Quella del 2008 offre nuovi punti di riflessione nella tradizionale disputa sul sistema economico capace di distribuire i massimi benefici.

Credo che i mercati siano alla base di qualsiasi economia di successo, ma che non funzionino automaticamente bene. In questo senso seguo la linea del noto economista britannico John Maynard Keynes, la cui influenza domina negli studi dei moderni economisti.

I governi hanno un ruolo da svolgere, che non si riduce a salvare l'economia quando i mercati crollano o a regolamentarli per evitare il tipo di problemi che abbiamo appena sperimentato. Le economie esigono un equilibrio tra il ruolo dei mercati e quello del governo, con apporti fondamentali delle istituzioni private e senza fine di lucro; ma negli ultimi 25 anni gli USA non hanno rispettato questo equilibrio e hanno anzi esportato la loro visione distorta in tutto il mondo.

La crisi attuale ha messo in luce i difetti fondamentali del capitalismo, o per meglio dire di quella particolare versione del capitalismo (a volte definito capitalismo in stile americano) che ha visto la luce nell'ultima parte del XX secolo negli USA. Non si tratta solo di singole persone, di errori specifici, di problemi di dettaglio da risolvere, o di norme da modificare.

È stato difficile scoprire le falle, perché noi americani volevamo assolutamente credere nel nostro sistema economico: i "nostri ragazzi" avevano ottenuto risultati così spettacolari rispetto ai tradizionali arcinemici del blocco sovietico.

I numeri rafforzano la delusione. Dopo tutto la nostra economia stava crescendo molto più velocemente di quasi tutte le altre, a eccezione della Cina; e alla luce delle difficoltà che credevamo di scorgere nel sistema bancario cinese, era solo questione di tempo prima che implodesse.

Anche adesso, molti negano l'ampiezza dei problemi cui deve far fronte la nostra economia di mercato; una volta usciti dalla situazione attuale, e tutte le recessioni finiscono prima o poi, scommettono su una nuova vigorosa crescita. Ma uno sguardo più attento all'economia statunitense lascia intravedere altri problemi ben più profondi: una società in cui persino la classe media ha visto i propri guadagni stagnare per decenni, caratterizzata da una crescente ineguaglianza, e in cui, anche se vi sono notevoli eccezioni, le probabilità per un americano povero di arrivare al vertice sono inferiori a quelle della "vecchia Europa".

Si dice che l'esperienza di premorte obbliga a rivalutare le priorità e la scala di valori, e l'economia globale l'ha appunto provata. La crisi ha portato in luce non solo i difetti del modello economico imperante, ma anche quelli della nostra società: troppa gente ha profittato dei suoi simili. Quasi ogni giorno sono venuti alla luce comportamenti scorretti di coloro che lavorano nel settore finanziario: schema di Ponzi (una sorta di catena di S.Antonio in campo economico. NdT), uso d'informazioni riservate, comportamenti predatori, programmi di concessione di carte di credito per scroccare il più possibile agli sfortunati utilizzatori.

Il mio libro, Freefall, si occupa però non di quelli che hanno violato la legge ma di tutti coloro che, pur nel suo rispetto formale, hanno creato, impacchettato, spacchettato, e venduto prodotti tossici, lasciandosi coinvolgere in una spericolata attività che ha rischiato di distruggere l'intero sistema economico e finanziario. Il sistema è stato salvato, ma a un prezzo che è ancora difficile valutare.

Dovremmo considerare quello attuale un momento di analisi e riflessione, per pensare al tipo di società in cui vogliamo vivere e per chiederci: stiamo creando un'economia in grado di aiutarci a soddisfare le nostre aspirazioni?

Siamo andati ben avanti su una strada alternativa, creando una società in cui il materialismo ha il sopravvento sull'impegno morale, in cui il rapido sviluppo che abbiamo ottenuto non è sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, in cui non operiamo tutti assieme come società civile per far fronte ai bisogni comuni, in parte perché un feroce individualismo e un mercato fondamentalista hanno eroso il senso di appartenenza a un gruppo e hanno reso possibili un violento sfruttamento degl'individui privi di protezione.

Senza volerlo, gli economisti hanno offerto una giustificazione a questa mancanza di responsabilità morale. Una lettura superficiale dei suoi scritti ha instillato l'idea che Adam Smith avesse escluso ogni scrupolo morale da parte di chi operava sui mercati. Dopo tutto, se la ricerca dell'interesse personale conduce, come una mano invisibile, al benessere della società, tutto quello che bisogna fare è assicurarsi di star perseguendo al meglio l'interesse personale. Ed è proprio quello che sembrano aver fatto gli operatori del settore finanziario. Ma ovviamente, la ricerca dell'interesse personale, l'ingordigia, non ha condotto al benessere della società.

Il modello che combina individualismo esasperato e fondamentalismo di mercato ha modificato non solo il modo in cui i singoli vedono se stessi e le loro preferenze, ma anche il modo in cui si relazionano con gli altri. In un mondo d'individualismo esasperato non c'è bisogno di una comunità di soggetti o di una forma di società civile. Il governo rappresenta un ostacolo; è il problema, non la soluzione.

Ma se i difetti del mercato sono pervasivi è necessaria un'azione collettiva; gli accordi volontari non sono sufficienti (semplicemente perché non c'è alcun "obbligo"). Peggio ancora, l'individualismo esasperato e il materialismo rampante hanno finito col minare la fiducia. Anche in un'economia di mercato, la fiducia è il lubrificante che fa funzionare la società. Talvolta la società può funzionare anche in mancanza di fiducia, ma è un'alternativa molto meno interessante.

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Nella crisi attuale i banchieri hanno perso la nostra fiducia e quella reciproca. Gli storici dell'economia hanno sottolineato il ruolo della fiducia nello sviluppo del commercio e delle attività bancarie. Se certe comunità si sono sviluppate a livello globale nei settori commerciale e finanziario è proprio perché i suoi membri avevano fiducia gli uni negli altri. La grande lezione di questa crisi è che, nonostante tutti i cambiamenti degli ultimi secoli, il nostro complesso settore finanziario continua a fondarsi sulla fiducia: quando viene meno, il sistema finanziario si blocca.

È facile evitare l'assunzione di rischi eccessivi; basta diffidare le banche dal farlo. Impedire alle istituzioni bancarie di usare meccanismi d'incentivazione che incoraggiano l'assunzione di rischi eccessivi e obbligarle ad una maggiore trasparenza richiederà molto tempo. Costringerà tra l'altro quelle che s'ingaggeranno in attività ad alto rischio ad aumentare di molto il capitale e a pagare più elevati premi assicurativi sui depositi. Ma sono necessarie anche altre riforme: sarà necessario limitare i leverage (quoziente d'indebitamento. NdT) e imporre restrizioni su alcuni prodotti particolarmente rischiosi.

Visto quello che è accaduto al settore economico, è ovvio che il governo federale dovrà approvare una versione aggiornata del Glass-Steagall Act. Non c'è scelta: bisogna severamente limitare la possibilità di assunzione dei rischi da parte delle istituzioni che sfruttano la posizione di banca commerciale – incluse le reti di protezione governative.

Ci sono troppi conflitti d'interesse e troppe difficoltà per consentire che le attività delle banche commerciali si mescolino con quelle delle banche d'investimento. I vantati benefici legati all'abolizione del Glass-Steagall Act si sono rivelati illusori, e i costi di gran lunga maggiori di quelli che anche i più feroci critici avevano temuto. I problemi sono particolarmente gravi nel caso delle banche "troppo grandi per poter fallire".

La necessità di rimettere in vigore il più rapidamente possibile il Glass-Steagall Act ci viene suggerita dal recente comportamento di alcune banche d'investimento, per le quali, ancora una volta, la trattazione di titoli si è dimostrata una proficua fonte d'investimenti.

La rapidità con cui, nell'autunno 2008, tutte le più importanti banche d'investimento si sono riconvertite in banche commerciali è preoccupante: avevano previsto il regalo del governo federale, ed erano evidentemente sicure che il loro modo di assumere rischi non avrebbe subito serie limitazioni. Adesso possono sfruttare le facilitazione offerte dalla FED e ottenere prestiti a costo zero. Sanno di essere protette da una nuova rete di sicurezza ma di potere al tempo stesso continuare indisturbate le loro operazioni ad alto rischio. È una situazione totalmente inaccettabile.

Esiste una ovvia soluzione al problema delle banche "troppo grandi per poter fallire": smembrarle. La sopravvivenza di queste istituzioni sarebbe giustificata solamente se permettessero significative economie di scala o copertura che altrimenti andrebbero perse. Non solo non ho trovato nessuna prova di un tale effetto, ma anzi tutto punta verso la conclusione che queste banche "troppo grandi per poter fallire" e troppo grandi per poter essere smembrate sono anche troppo grandi per poter essere gestite. Il loro vantaggio sul piano della concorrenza deriva dal loro potere monopolistico e dai sussidi governativi.

La crisi ha messo in luce, da Wall Street a Main Street, un profondo abisso tra la classe ricca statunitense e il resto della società: mentre i ricchi hanno ottenuto ottimi risultati negli ultimi 30 anni, le entrate della maggior parte dei cittadini sono rimaste stagnanti o si sono ridotte.

Le conseguenze sono state celate: quelli della classe inferiore, o anche della classe media, sono stati sollecitati a continuare a spendere come se i loro stipendi aumentassero senza sosta, a prendere soldi in prestito e a vivere al di sopra dei propri mezzi (e le bolle speculative hanno reso la cosa possibile). Le conseguenze del brusco ritorno alla realtà sono semplici: il livello di vita dovrà ridursi.

Qualcuno dovrà pagare il conto del salvataggio delle banche. Per la maggior parte degli americani, anche una ripartizione proporzionale sarebbe disastrosa. Con un reddito familiare mediano (reddito medio e reddito mediano non sono la stessa cosa. Il primo è la media dei vari valori della seriazione, il secondo è il suo valore centrale. NdT) che dal 2000 ha perso circa il 4%, non c'è scelta: se vogliamo preservare un barlume di giustizia, i costi devono essere a carico della classe alta, che ha tratto vantaggi sproporzionati negli ultimi 30 anni, e del settore finanziario, che ha scaricato tutti gli oneri sul resto della società.

Ma passare ai fatti non sarà facile. Il settore finanziario è riluttante ad ammettere i propri errori. Fa parte del comportamento morale e della responsabilità individuale accettare il biasimo quando è meritato: tutti gli esseri umani sono fallibili, anche i banchieri, che però, come possiamo constatare, si sono dati da fare per scaricarlo sugli altri, anche sulle vittime.

Gli USA non sono i soli a dover affrontare un duro riallineamento. Il sistema finanziario britannico è stato ancor più presuntuoso di quello statunitense. Prima del collasso, la Royal Bank of Scotland era la più grande banca europea; nel 2008 ha subito più perdite di qualsiasi altra banca al mondo. Proprio come negli USA, anche nel Regno Unito abbiamo assistito a una bolla speculativa immobiliare che è ora scoppiata. Adattarsi alla nuova realtà può significare una riduzione dei consumi del 10%.

Ne ho dedotto che le difficoltà cui devono far fronte il nostro paese e il resto del mondo impongono qualcosa di più di un piccolo riallineamento del sistema finanziario. Alcuni hanno detto che abbiamo avuto un piccolo problema nel nostro impianto idraulico: alcuni tubi si sono ostruiti. E abbiamo chiamato gli stessi idraulici che avevano installato l'impianto: avendo creato il pasticcio erano probabilmente gli unici a sapere come tirarcene fuori. Poco importa se ci hanno fatturato l'impianto e se ora ci fatturano la riparazione: dovremmo essere contenti perché il sistema funziona di nuovo, pagare il conto senza protestare, e sperare che questa volta abbiano fatto un lavoro migliore.

Ma si tratta di qualcosa di più grave di un semplice "problema idraulico": i difetti del sistema finanziario sono il segno di difetti ancora più gravi del sistema economico, e i difetti del sistema economico riflettono a loro volta quelli più profondi della nostra società. Abbiamo avviato il salvataggio senza avere le idee chiare sul tipo di sistema finanziario che volevamo, e il risultato è stato manipolato dalle stesse forze politiche che ci avevano messo nei guai. Eppure credevamo che il cambiamento fosse non solo possibile ma necessario.

Che alla fine della crisi vi saranno stati dei cambiamenti è sicuro; non possiamo tornare al mondo di prima. Ma le domande da porsi sono: quanto saranno profondi e importanti i cambiamenti? E andranno nella giusta direzione? In varie aree critiche, le cose sono andate ancora peggiorando nel corso della crisi. Abbiamo distorto non solo le nostre istituzioni, incoraggiando una maggiore concentrazione nel settore finanziario, ma le stesse regole del capitalismo. Abbiamo annunciato che le istituzioni privilegiate verranno sottoposte a una disciplina limitata, o nulla. Abbiamo creato un surrogato di capitalismo con regole poco chiare ma con prevedibili risultati: crisi future, assunzione indebita di rischi a spese della comunità (quali che siano le promesse di un nuovo regime normativo), e un'accresciuta inefficienza.

Abbiamo sostenuto l'importanza della trasparenza, ma abbiamo aumentato le possibilità delle banche di manipolare i libri contabili. Nelle crisi precedenti ci si preoccupava del rischio morale e degl'incentivi forniti dalle procedure di salvataggio; l'ampiezza di quella attuale ha mutato il significato di tali principi.

È diventato un luogo comune sottolineare che i caratteri cinesi della parola "crisi" riflettono "pericolo" e "opportunità". Ci siamo resi conto del pericolo. La domanda è: approfitteremo dell'opportunità per ridar vigore al principio di equilibrio tra mercato e stato, tra individualismo e comunità, tra uomo e natura, tra fine e mezzi?

In questo momento abbiamo l'opportunità di dar vita a un nuovo sistema finanziario che faccia ciò che gli essere umani pensano debba fare, di dar vita a un nuovo sistema economico che crei posti di lavoro utili e un lavoro dignitoso per tutti, e nel quale la differenza tra chi ha e chi non ha si riduca invece di allargarsi, e, soprattutto, di dar vita a una nuova società in cui ciascuno sia in grado di realizzare le proprie aspirazioni e potenzialità, in cui i cittadini condividano ideali e valori, in cui il nostro pianeta venga trattato col rispetto che esige. Ecco le vere opportunità. Il vero pericolo è che l'umanità non sia in grado di approfittarne.

Joseph Stiglitz
Fonte: Telegraph.co.uk: news, business, sport, the Daily Telegraph newspaper, Sunday Telegraph - Telegraph
Link: Joseph Stiglitz: Why we have to change capitalism - Telegraph
 

troppidebiti

Forumer storico
non mi è chiaro questo pezzo

Per quanto riguarda invece le vendite allo scoperto, per semplificare la comprensione ai nuovi compagni di viaggio, si tratta di vendita nella quale si ha l'impegno da parte del creditore di effettuare uno sconto più o meno rilevante a causa del disagio economico del mutuatario. Il proprietario vende l'abitazione ad un prezzo minore rispetto al saldo del mutuo residuo e gira il ricavato alla banca. Nessuna delle parti contraenti fa un favore all'altra, in quanto si tratta di una soluzione "economica" per entrambi mutuante e mutuatario. La vendita allo scoperto, evita spese di pignoramento e futuri mancati pagamenti alla banca e riduce l'onere del mutuatario e i danni al suo merito di credito.


una volta venduta la casa il mutuatario dove va a vivere?

comprerà la stessa casa ad un prezzo minore?:-?
 

stockuccio

Guest
non mi è chiaro questo pezzo

Per quanto riguarda invece le vendite allo scoperto, per semplificare la comprensione ai nuovi compagni di viaggio, si tratta di vendita nella quale si ha l'impegno da parte del creditore di effettuare uno sconto più o meno rilevante a causa del disagio economico del mutuatario. Il proprietario vende l'abitazione ad un prezzo minore rispetto al saldo del mutuo residuo e gira il ricavato alla banca. Nessuna delle parti contraenti fa un favore all'altra, in quanto si tratta di una soluzione "economica" per entrambi mutuante e mutuatario. La vendita allo scoperto, evita spese di pignoramento e futuri mancati pagamenti alla banca e riduce l'onere del mutuatario e i danni al suo merito di credito.


una volta venduta la casa il mutuatario dove va a vivere?

comprerà la stessa casa ad un prezzo minore?:-?

va in affitto, con i crolli degli affitti in corso gli conviene, o compra una casa simile a quella dove aveva il mutuo ad un prezzo inferiore ottenendo un altro mutuo con merito di credito intatto

le banche sono piene di case pignorate che non immettono sul mercato per non dover essere costrette a contabilizzare la perdita, non ne vogliono altre :)
 

Geller

Banned
hai dato un'occhiata ai tic ? ... intendo i dati, non questioni di nervosismo :)
l'80% lo scorso anno ci ha pensato la fed :-o


te li ripropongo ... se puoi dare un'occhiata ai link o se hai altri dati migliori di quelli ufficiali statunitensi del mio ultimo link riproposto ...

http://www.investireoggi.it/forum/1288272-post2289.html
http://www.investireoggi.it/forum/1366369-post2387.html

Ho letto, ho letto.
L'80% del debito pubblico emesso lo scorso anno 2009 l'ha sottoscritto la FED. Come? Stampando nuovi dollari e comprando nuovi titoli USA. :D
Probabilmente una manovra tattica per evitare che la maggior parte del nuovo debito finisse in circolazione e creasse un onere fino a scadenza ...
Chissà quali trucchi contabili escogiterà la FED per far lentamente "scomparire" una buona porzione di quell'80% di titoli sottoscritti ?! ;)

Ma la maggior parte del debito totale (già emesso prima del fatidico 2009) chi l'ha comprato ... ?! Investitori USA e soprattutto esteri. :cool:
 

troppidebiti

Forumer storico
The fourth quarter earnings season came to an end yesterday with Wal-Mart's (WMT) report.
Below we highlight the final earnings and revenue beat rate for all US companies that reported this earnings season. For the third quarter in a row, 68% of companies beat earnings estimates.
The revenue beat rate was really strong this quarter at 70% -- the highest reading since Q4 '04. Does this put the "strong bottom line, but weak top line" bearish argument to rest? (Click to enlarge)




Final Earnings Season Stats -- Seeking Alpha

mi sembra un pò fuori luogo paragonare i dividendi con quelli di 10 anni fa senza ponderare con l' inflazione....e quanti di quei dividendi sono frutto di fatturato estero(cina ecc..oltre ovviamente al taglio dei costi licenziamenti ecc...)?:)

tutto ciò per dire sono alti si altissimi boh..
 

lorixnt2

Hari Seldon's fan
non saprei cosa ti interessa ... Banca d'Italia - Bollettino mensile BCE febbraio 2010

intanto voglio vedere la prossima settimana come va agli yankees il collocamento

A $180B Fundraiser in one week (Feb 22nd-26th).

$26B 3 month bills

$28B 6 month bills

$44B 2 year notes

$42B 5 year notes

$32B 7 year notes

$8B 30 year TIPS


Ho dato uno sguardo stockuccio. Necessariamente non troppo approfondito.
Certo, l'impressione che ne trae il neofita è di trovarsi di fronte a

too many arguments

per potersene districare in qualche modo.

E' da dire per altro che può essere un atteggiamento comune ogni volta che ci si debba approcciare a novità sufficientemente articolate e complesse.
Mi chiedevo però, visto che entrambe reclamano uno statuto scientifico, in
che cosa differiscano o si assomiglino la fisica e l'economia.
 

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