dalla schwizzera

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Fondato un nuovo partito di destra

Grütli, è nato ufficialmente ieri il Partito svizzero per la democrazia diretta
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URI - Da sabato in Svizzera c'è un nuovo partito: una dozzina di persone ha infatti fondato al Grütli (Uri) il Partito svizzero per la democrazia diretta (Direktdemokratische Partei Schweiz, DPS), una formazione politica più a destra dell'UDC. Il presidente, il 27.enne sangallese Ignaz Bearth, ha annunciato la fondazione oggi via Facebook.
È stata una giornata molto lunga e bella, afferma Bearth, che ha pubblicato sulla rete sociale anche diverse fotografie. Il partito è già presente nei cantoni San Gallo, Turgovia, Argovia, Zurigo, Glarona e Appenzello Esterno, stando alla pagina Facebook. Il numero di membri non è stato reso noto.
Bearth ha illustrato il programma la scorsa settimana in alcune interviste: no all'adesione all'Unione europea, stop all'islamizzazione, sì alla libertà d'opinione, imposte basse, politica di asilo ottimizzata e cooperazione con i partiti patriotici europei.
Il presidente dell'UDC Toni Brunner ha precisato domenica nella «Basler Zeitung» che Bearth non è mai stato membro dell'UDC del canton San Gallo. Ha firmato una dichiarazione di adesione per i Giovani UDC, ma non ha mai pagato la quota e non è mai stato iscritto nella lista dei membri.




Berna, Stradivari perso e ritrovato

Era stato smarrito su un treno suburbano: è stato riconsegnato al proprietario
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BERNA - Un uomo in viaggio da Bienne a Berna su un treno suburbano si è fatto sottrarre l'altro ieri poco prima della mezzanotte un violino Stradivari, che non era di sua proprietà ma che si era fatto prestare. Con grande gioia del proprietario, lo strumento è stato riconsegnato oggi alla stazione della città federale.
L'uomo aveva riposto l'apposito astuccio nel comparto bagagli. Poi è sceso dal convoglio a Berna e si è accorto di aver dimenticato il violino a bordo solo quando il treno si era rimesso in moto verso Thun (Berna). Le telecamere di sicurezza hanno rivelato il destino dello strumento: sulle spalle di uno sconosciuto sceso a Kehrsatz- Nord (Berna).
In un comunicato di ieri sera la polizia precisava che lo smemorato aveva subito informato dell'accaduto il personale ferroviario, che a sua volta aveva contattato il macchinista del convoglio senza controllore. Questi non aveva ritrovato lo strumento, perché aveva setacciato il convoglio dopo Kehrsatz.
Secondo un comunicato della polizia cantonale bernese è stato proprio lo stesso sconosciuto ripreso dalle telecamere con lo strumento sulle spalle a consegnare il violino Stradivari all'ufficio degli oggetti smarriti. Il costoso strumento è stato restituito al proprietario oggi alla stazione di Thun.
 
Mega investimento per la fibra ottica

Pronto il messaggio - La Città Bellinzona ci mette oltre 20 milioni di franchi
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BELLINZONA - Venti milioni di franchi per anticipare il futuro. È l’importo che Città ed Aziende municipalizzate di Bellinzona (AMB) intendono investire nei prossimi cinque anni per la realizzazione della rete in fibra ottica del Bellinzonese. Una cifra ragguardevole che andrà a sommarsi a quanto farà Swisscom, pronta a sborsare 29 milioni di franchi per l’infrastruttura (47 i milioni investiti per costruire la rete) e ad altri tre milioni di riserve delle AMB.
Il messaggio e il relativo credito fanno seguito all’accordo sottoscritto ad inizio 2012 tra le parti ed è stato firmato dal Municipio la scorsa settimana. Per la Città si tratta di un progetto di assoluta rilevanza. «La vera sfida del 21.esimo secolo sono le reti di trasporto dei dati» si legge nel messaggio che sarà sottposto al Consiglio comunale tra settembre e ottobre.
Con il progetto «Fibre to the home (FTTH)», elaborato in cooperazione con Swisscom e che verrà ultimato entro il 2017, si vogliono collegare tutti gli utenti, le ditte e i commerci del Bellinzonese con un servizio di telecomunicazione ad altissima velocità. Alla fine dei cinque anni di cantiere saranno 14.400 gli allacciamenti realizzati. Di questi 10.400 toccano il comparto urbano di Bellinzona e ad occuparsene sarà Swisscom. Gli altri quattro mila sono invece disseminati in periferia.
 
Mega investimento per la fibra ottica

Pronto il messaggio - La Città Bellinzona ci mette oltre 20 milioni di franchi
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BELLINZONA - Venti milioni di franchi per anticipare il futuro. È l’importo che Città ed Aziende municipalizzate di Bellinzona (AMB) intendono investire nei prossimi cinque anni per la realizzazione della rete in fibra ottica del Bellinzonese. Una cifra ragguardevole che andrà a sommarsi a quanto farà Swisscom, pronta a sborsare 29 milioni di franchi per l’infrastruttura (47 i milioni investiti per costruire la rete) e ad altri tre milioni di riserve delle AMB.
Il messaggio e il relativo credito fanno seguito all’accordo sottoscritto ad inizio 2012 tra le parti ed è stato firmato dal Municipio la scorsa settimana. Per la Città si tratta di un progetto di assoluta rilevanza. «La vera sfida del 21.esimo secolo sono le reti di trasporto dei dati» si legge nel messaggio che sarà sottposto al Consiglio comunale tra settembre e ottobre.
Con il progetto «Fibre to the home (FTTH)», elaborato in cooperazione con Swisscom e che verrà ultimato entro il 2017, si vogliono collegare tutti gli utenti, le ditte e i commerci del Bellinzonese con un servizio di telecomunicazione ad altissima velocità. Alla fine dei cinque anni di cantiere saranno 14.400 gli allacciamenti realizzati. Di questi 10.400 toccano il comparto urbano di Bellinzona e ad occuparsene sarà Swisscom. Gli altri quattro mila sono invece disseminati in periferia.


Riepilogo:

Risorse necessarie: 47 milioni.

Il comune di Bellinzona ne mette 20.
Swisscom ne mette 29.
Le aziende municipalizzate di Bellinzona ne mettono altri 3.
Totale risorse investite: 52 milioni.

Ne avanzano 5.

Mi offro volontario per far sparire questo elvetico errore algebrico. ;)
 
Riepilogo:

Risorse necessarie: 47 milioni.

Il comune di Bellinzona ne mette 20.
Swisscom ne mette 29.
Le aziende municipalizzate di Bellinzona ne mettono altri 3.
Totale risorse investite: 52 milioni.

Ne avanzano 5.

Mi offro volontario per far sparire questo elvetico errore algebrico. ;)


:lol::lol::lol:
 
frontalieri ora sono quasi 54.600

I dati dell'ultimo trimestre dell'UST: la crescita è di 1.168 unità in tre mesi
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BELLINZONA - Continua a crescere il numero dei flieri in Ticino. Secondo le indicazioni dell'Ufficio di stistica (UST), il loro numero, nell'ultimo trimestre, si è avvicinato ulteriormente alle 55 mila unità: più precisamentre 54.585, ossia 1.168 unità in più rispetto al trimestre precedente. Si tratta di un nuovo record cantonale. La crescita annuale è stata di 3.200 unità. È il settore terziario quello più toccato dalla manodopera proveniente dall'Italia.
 
Un nano d'oro dai piedi d'argilla"

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La Svizzera per ora resta un'isola prospera in un'Europa in difficoltà (RDB)



Di Olivier Pauchard, swissinfo.ch
La Svizzera vanta un'economia che va sfacciatamente bene, in un Occidente in pieno marasma. Per l'economista Stéphane Garelli, questo successo è dovuto principalmente alla diversificazione dei suoi mercati. Tuttavia, sopra l'isola di prosperità pendono spade di Damocle.


La Svizzera moltiplica i buoni risultati: disoccupazione inferiore al 3%, record di vendite di auto nuove, conti della Confederazione che chiudono con un avanzo... Rispetto alla maggior parte degli altri Stati occidentali, confrontati con gravi problemi economici e di bilancio, il contrasto è sorprendente.

Come spiegare questa peculiarità elvetica? Il parere dell'economista Stéphane Garelli, professore presso l'IMD (Institute for Management Development) e all'università di Losanna.

swissinfo.ch: La situazione in Svizzera è davvero così speciale? Anche la Germania e i paesi nordici vanno bene.

Stéphane Garelli: Tutti gli indicatori che si possono prendere in considerazione – disoccupazione, conti pubblici, tasso di crescita, inflazione, ecc. – sono estremamente positivi. Ci sono pochi paesi che riescono ad allineare tutti i principali indicatori economici con tali prestazioni. Quindi sì: la Svizzera è proprio in una situazione piuttosto eccezionale.

swissinfo.ch: Ma come si spiega?

S. G.: Il primo motivo è che l'economia svizzera è molto rivolta verso il resto del mondo. Si tratta di una conseguenza inaspettata del rifiuto di aderire allo Spazio economico europeo (SEE) nel 1992. Molti imprenditori hanno iniziato a diversificare i loro mercati di esportazione, invece di restare fissati sull'Europa. L'economia d'esportazione si è rivolta tempestivamente ad economie emergenti, registrando tassi di crescita elevati.

Il secondo motivo è che la Svizzera ha piccole e medie aziende molto efficienti. Nella maggior parte dei paesi, anche in Mongolia, si trova una grande azienda multinazionale molto competitiva. Ma è a livello delle aziende di medie dimensioni che l'economia fa davvero la differenza; aziende che hanno dai 100 ai 1000 dipendenti, con la propria tecnologia e orientate verso il resto del mondo.

Il terzo elemento è la diversificazione straordinaria dell'economia svizzera. Produciamo di tutto, forse tranne le automobili. Infine, citerei il fatto che la Svizzera ha introdotto da più di dieci anni il famoso freno all'indebitamento di cui tutti parlano oggi in Europa. Questo ci ha permesso di tenere le finanze pubbliche sotto controllo.

swissinfo.ch: Spesso, come chiave del successo, sono citati un sistema di formazione di qualità e una stretta collaborazione tra il mondo accademico e il mondo economico.

S. G.: Assolutamente, tanto più che ciò ha un impatto sulle PMI. A differenza delle grandi multinazionali, hanno particolarmente bisogno di questa collaborazione con il mondo accademico, di un accesso a laboratori, centri di ricerca o di competenza. Questo è estremamente importante, perché aiuta a rafforzare le piccole e medie imprese che esportano tecnologia endogena.

swissinfo.ch: Nonostante la diversificazione dei mercati, l'Europa rimane il partner principale della Svizzera. Questo non avrà conseguenze negative se la situazione nel Vecchio Continente continuasse a deteriorarsi?

S. G.: Credo effettivamente che il lato negativo del modello svizzero sia la sua vulnerabilità. È vulnerabile perché suscita invidia. Lo si vede con i nostri "amici" tedeschi o francesi. Ci guardano un po' di sbieco e cercano di imporci condizioni piuttosto difficili, soprattutto sul piano finanziario.

Questa vulnerabilità è dovuta al fatto che la Svizzera è relativamente importante economicamente, ma un nano politicamente. Non è un gigante dai piedi d'argilla, ma un nano d'oro dai piedi d'argilla.

Noi dipendiamo dall'Europa, perché quasi i due terzi delle nostre transazioni economiche si fanno con essa. E dipendiamo dagli Stati Uniti, perché siamo tradizionalmente vicini a questo paese con le nostre attività. Abbiamo certamente cercato di diversificare i mercati, ma è vero che la maggior parte delle nostre attività continuano ad essere fatte con l'Europa e gli Stati Uniti. E in questo momento, dobbiamo riconoscere che le relazioni sono tese.

swissinfo.ch: Il franco forte è un altro problema.

S. G.: Il grande interrogativo è per quanto tempo la Banca nazionale (BNS) sarà in grado di mantenere la soglia di 1,20 franchi per un euro. Confesso che ho qualche dubbio in proposito. Considerata la velocità con la quale si stanno accumulando riserve in valuta estera alla Banca nazionale, ci si dice che non si potrà continuare in eterno a questo ritmo.

D'altra parte, gli europei hanno oggettivamente interesse a mantenere basso l'euro. L'unica via d'uscita dalle politiche di austerità che hanno intrapreso è quello di esportare in paesi con una forte crescita. Oppure, se lo vogliono, è meglio mantenere un euro debole.

swissinfo.ch: Le cerchie economiche svizzere si sono spesso schierate per l'adesione all'Unione europea. Ma nelle circostanze attuali, non sarebbe preferibile non farne parte?

S. G.: Per il momento, non farne parte è un vantaggio. La Svizzera non deve patire a causa del peso e della lentezza delle decisioni europee. Quello che mi colpisce è il tempo che ci vuole per prendere decisioni più o meno evidenti economicamente. È già da due anni che si sa cosa si dovrebbe fare per salvare la Grecia.

Ma prima o poi, si dovrà trovare un modus vivendi con l'Europa, perché la Svizzera è in una situazione di estrema vulnerabilità. Lo si vede con la Germania. I tedeschi possono fare qualsiasi cosa, come ad esempio acquistare CD con dati bancari rubati, senza che la Svizzera possa farci nulla. Ed è la stessa storia con gli americani.



swissinfo.ch: Si percepiscono già alcuni segni precursori di deterioramento della situazione economica in Svizzera?

S. G.: Sì, alcune società, ad esempio nel campo delle macchine utensili, hanno già indicato, che la situazione diventa più difficile. Le imprese esportatrici cominciano a soffrire nei confronti di concorrenti avvantaggiati da un euro o un dollaro debole.

Poi c'è il fatto che l'Europa sarà in recessione quest'anno. Quando colpisce il vostro principale partner commerciale, non è una buona notizia. Quanto alla ripresa degli Stati Uniti, è talmente fiacca che si può a malapena parlare di ripresa.

Olivier Pauchard, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
 
La centrale di Fessenheim chiuderà

Francois Hollande ha annunciato la disattivazione dell'impianto entro il 2016
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PARIGI - Il presidente francese, Francois Hollande, ha annunciato la chiusura della centrale nucleare di Fessenheim nel 2016. L'impianto si trova al confine con la Germania, a meno di 50 chilometri da Basilea. La centrale possiede i due più vecchi reattori funzionanti in Francia ed è da tempo oggetto di critiche.
«La centrale di Fessenheim, la più vecchia del nostro parco, sarà chiusa alla fine del 2016 in condizioni che garantiranno la sicurezza dei rifornimenti di questa regione, la riconversione del sito e la conservazione di tutti i posti di lavoro», ha detto il presidente Hollande durante una conferenza sull'ambiente. La centrale è entrata in funzione nel 1978.
 
14 set 2012 10:28 Il Giappone uscirà dal nucleare

Il governo intende disattivare le centrali atomiche nei prossimi 30 anni
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TOKYO - Il Giappone si appresta a chiudere i suoi reattori nucleari nell'arco di circa 30 anni, optando per un forte cambiamento strategico dopo il disastro di Fukushima del 2011. Lo prevedono le nuove linee energetiche nazionali approvate oggi dal governo presieduto dal premier Yoshohiko Noda.
Il Giappone, terzo Paese al mondo con il maggior numero di reattori, si aggiunge alla lista di Stati che hanno optato per scelte drastiche, come la Germania, che ha deciso di spegnere le sue 17 unità entro il 2022, e la Svizzera, che si propone di eliminare i 5 reattori entro il 2034.
«Il governo attuerà tutte le misure possibili per portare la produzione nucleare a zero negli anni 2030», secondo il documento sugli sviluppi del piano energetico nazionale messo a punto dopo la peggiore crisi nucleare da Cernobyl del 1986.
A tal proposito, ci sono tre principi da seguire: nessun nuovo reattore da costruire, decommissionamento di quelli con più di 40 anni di vita, riavvio delle unità che hanno superato i giudizi sulla sicurezza da parte dell'Authority di settore.
Prima della crisi di Fukushima, il Giappone generava il 30% del proprio fabbisogno elettrico dal nucleare, con l'obiettivo di superare il 50% entro il 2030. La percezione popolare diffusa, dopo la crisi, è decisamente cambiata verso il nucleare, tanto che il movimento anti-atomo è in netta crescita a livello nazionale.
 
In Vallese la Polizia scorta i nomadi

Grande afflusso di carovane di zingari. Gli agenti le portano in aree apposite
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LOSANNA/SION - La polizia vodese è intervenuta stamani per scortare una carovana di nomadi, insediatasi abusivamente il giorno prima a Chavannes-près-Renens. Mercoledì, gli agenti avevano accompagnato un'altra carovana da Penthaz fino all'area ufficiale di stazionamento di Rennaz. La questione è inoltre stata sollevata oggi dal Gran Consiglio in Vallese, poichö da settimane gli agenti sono alle prese con zingari provenienti dalla Francia che si insediano senz'autorizzazione in svariate località del cantone, a causa del sovraffollamento delle aree messe a disposizione dalle autorità a Rennaz e Payerne.
E così, questa mattina una trentina di agenti e diverse pattuglie delle polizie comunali hanno fatto sgomberare una ventina di roulotte da Chavannes-près-Renens e le hanno accompagnate fino a Semsales, nel canton Friburgo. Una ventina di veicoli era già partita per la medesima destinazione la sera prima. Durante il trasferimento, tutte le uscite autostradali fino al luogo di destinazione sono state bloccate. Questi interventi - precisa il portavoce della polizia vodese Pierre-Olivier Gaudard - sono stati eseguiti in applicazione della politica "di fermezza" decisa dal Consiglio di Stato nei confronti dei nomadi.
 
Gripen: «ci sono indizi di corruzione»

Lo afferma Jean-Pierre Méan, presidente di Transparency International Svizzera
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BERNA - Negli acquisti d'armamenti, più grossa è la somma in gioco più aumentano i rischi di corruzione. La Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (CPS-N) ne è cosciente ed esamina i rischi legati all'acquisto dei Gripen prodotti dalla svedese Saab.
Parecchie domande rimangono aperte, anche dopo la firma di un accordo-quadro tra Svizzera e Svezia. Il rapporto della sottocommissione ad hoc della CPS-N presentato lo scorso 21 agosto aveva già enumerato una serie di incongruenze. Nella procedura di selezione certi criteri sono stati modificati o ponderati in modo diverso - in particolare il prezzo - senza che nulla fosse comunicato.
Secondo la sottocommissione, la valutazione tecnica (fino al 2009) si è svolta correttamente. In seguito però i problemi si sono moltiplicati e i parlamentari si chiedono se tutto si sia svolto «in modo pulito». In questo dossier «ci sono sì indizi di corruzione, ma nessuna prova», afferma Jean-Pierre Méan, presidente di Transparency International Svizzera. Come punto a favore della Saab l'esperto sottolinea che l'impresa svedese è già stata in un passato recente citata per vicende di corruzione in Sudafrica, Ungheria e Repubblica Ceca: «Dopo fatti simili - spiega Méan - le imprese sono costrette a riformarsi e tendono a rinunciare alla corruzione per un lasso di tempo fra i tre e i cinque anni».
 

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