DELLE DIECI PAROLE CHE DICO ALLA MATTINA APPENA SVEGLIA, NESSUNA SI TROVA NEL DIZIONARIO...

Il decreto, in vigore dal prossimo 9 maggio, modifica la disciplina del regime di procedibilità per taluni reati contro la persona
e contro il patrimonio che si caratterizzano essenzialmente "per il valore privato dell'offesa o per il suo modesto valore offensivo".

L'obiettivo della riforma che amplia l'istituto della procedibilità a querela di parte, spiega il Consiglio dei Ministri, è quello di

"migliorare l'efficienza del sistema penale, favorendo meccanismi di conciliazione per i reati di minore gravità,
anche attraverso la collegata operatività dell'istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie,
che riguarda i reati procedibili a querela ma con querela rimettibile, e di conseguenza una maggiore efficacia dell'azione di punizione dei reati più gravi"

In particolare, la procedibilità a querela viene introdotta per i reati contro la persona puniti con la sola pena pecuniaria
o con la pena detentiva non superiore a quattro anni, con l'eccezione del delitto di violenza privata, nonché per i reati contro il patrimonio previsti dal Codice penale.

In tal modo, "le nuove norme fanno emergere e valorizzano anche l'interesse privato alla punizione del colpevole
in un ambito connotato dall'offesa a beni strettamente individuali, collegandolo alla necessità di condizionare la repressione penale di un fatto,
astrattamente offensivo, alla valutazione in concreto della sua gravità da parte della persona offesa".
 
Nell'immaginario collettivo, l'universo delle chat per dispositivo mobile è associato immediatamente al nome di WhatsAp
la celeberrima applicazione recentemente acquisita da Mark Zuckerberg.

Dal 2013, però, i fratelli Durov provano a insidiare il monopolio del papà di Facebook con Telegram:
un sistema di messaggistica altrettanto performante (se non di più...).

Quale applicazione scegliere fra WhatsApp e Telegram?

Se a livello di popolarità non c'è gara, essendo il primo sistema il più conosciuto e utilizzato al mondo,
Telegram riserva però delle interessanti "sorprese" che potrebbero far pendere la bilancia dalla sua parte.
 
Siamo proprio messi bene. Ognuno dice la sua. Ognuno la pensa diversamente.
Ma i problemi ci sono. Questo la pensa così.

Il presidente della Repubblica tiene alle alleanze internazionali, alla Nato, ai rapporti con Washington.

E quanto non abbia potuto gradire certe esternazioni di Salvini sull'intervento Usa in Siria, troppo inclini ad assecondare le tesi di Vladimir Putin.

Un atteggiamento che ha alimentato fino ad ora la diffidenza del capo dello Stato
sull'ipotesi di un incarico a Salvini per la formazione del governo, come leader della coalizione vincente alle ultime elezioni.

Se c'è un filo conduttore nella sceneggiatura del Quirinale di questi sessanta giorni di trattativa,
infatti, è stato proprio quello di evitare, che si concretizzasse questa possibilità.

Ma allora perché il leader della Lega ha fatto questa mossa?
La nuova strategia Salvini l'ha maturata girando in macchina per il Friuli, prima del voto di domenica scorsa.
Chi ha viaggiato con lui racconta che non ne potesse più della volubilità grillina, delle prese di posizione del Cav,
delle alchimie del Quirinale per mettere in piedi o un governo Pd-5stelle, o un governo del presidente:

«Basta con il tatticismo, con le cose dette e non dette! Ora gioco a modo mio».

Tempo due giorni, sotto gli auspici della vittoria della Lega in Friuli, l'operazione è partita.
Proprio alla vigilia di una direzione del Pd che, i renziani ne sono sicuri, approverà un documento
per dire no sia ad un governo Salvini, sia ad un governo Di Maio, ma che, in termini concreti,
porrà fine alla trattativa tra Pd-5stelle, quella che nei calcoli del Colle, se fosse andata in porto,
avrebbe risolto alla radice la questione del leader leghista.

Invece, è probabile, che venerdi il «problema» del pre-incarico a Salvini sarà sulla scrivania dello studio alla vetrata al Quirinale,
anche se il capo dello Stato lo scanserà, visto che non ha nessuna voglia di tornarci su.
 
Se si analizza, però, con più attenzione una sua logica questa mossa ce l'ha.

Intanto mettendo il suo nome sul tavolo, il leader della Lega potrà dire di aver fatto di tutto per dare un governo al Paese
e per evitare le elezioni, a differenza del suo alleato-antagonista Di Maio.

Poi, crea un imbarazzo al Colle, che al di là delle ragioni addotte
(la principale è che un governo del genere, con la chiusura di Salvini al Pd, non avrebbe i numeri in Parlamento),
si assume la responsabilità di non aver dato una chance alla coalizione di centrodestra, vincente alle elezioni.

Uno schema che ha lasciato perplessi anche gli avversari di Salvini:
«Non capisco perché il presidente - si è chiesto più di una volta in queste settimane Matteo Renzi,
che avrebbe avuto tanta voglia di bruciare il leader della Lega non abbia fatto questo passaggio?».

In terzo luogo, con questa «operazione» Salvini tenta di sbarrare la strada al governo di scopo
o istituzionale per fare le riforme, che è il punto di approdo delle speranze del Quirinale:


una maggioranza trasversale che abbia un «vestito istituzionale», che metta insieme Pd, 5stelle, e, magari, sia aperta anche a Forza Italia.

Già, girano i nomi dei possibili premier: dal presidente della Consulta, al professore Sabino Cassese,
che ha avuto tra i suoi collaboratori non solo il professor Della Cananea, testa d'uovo dei grillini,
ma anche Giulio Napolitano e Bernardo Mattarella, figli di due presidenti.
 
Proprio per evitare un epilogo così, per lui indigesto, il leader della Lega, spendendo il suo nome,
potrebbe riportare il pallino di una possibile premiership sul versante del centrodestra:

il Quirinale - nella sua testa - potrebbe dire di no a lui, ma avrebbe problemi a dire no anche a qualcun altro.

«Guardate - è il ragionamento di Giammarco Centinaio, capogruppo dei senatori leghisti - che a noi le elezioni subito non convincono.
E, diciamoci la verità, in queste condizioni, non credo che a Salvini interessi tanto fare il premier. Io terrei bene a mente il nome di Giorgetti».

Proprio Giorgetti, il numero due della Lega, che non ha rifiutato l'idea del «governo di scopo»:
«Io - diceva ieri il piddino David Ermini - non avrei problemi a votarlo o ad astenermi».

Del resto i veti dei dem riguardano solo Salvini e Di Maio.

E, ancora, se magari il Colle dicesse pure un secondo no al centrodestra,
difficilmente non potrebbe prendere in considerazione per un governo istituzionale il nome del presidente del Senato, Casellati,
che lascerebbe lo scranno più alto di Palazzo Madama a un leghista: la seconda carica dello Stato, in un modo o nell'altro,
ha voce in capitolo nello scioglimento delle Camere.

Una garanzia per il leader della Lega.

Appunto, la partita a scacchi con il Quirinale continua.
 
.......un mio stretto congiunto amava dire che i comunisti erano quella forza politica che,
proclamando di voler trasferire i soldi dalle tasche dei fetidi borghesi a quelle del proletariato,
durante il transito li facevano casualmente arenare nelle proprie......
 
Una data da segnare per tutti gli automobilisti: il 20 maggio.
E così di fatto proprio da quel giorno cambieranno le regole per la revisione delle auto.

Debutta infatti anche in Italia il certificato di revisione dell'Unione europea che sarà valido per tutti i veicoli a motore.

Si tratta di una sorta di attestato che verrà rilasciato dalle officine e dai centri che sono autorizzati alle revisioni dei veicoli.
Su questo nuovo certificato verranno indicati in primo luogo i chilometri percorsi ma anche una pagella per il mezzo.
Entrerà dunque pienamente in vigore la Direttiva Ue 2014/45 che è stata recepita con un decreto dal nostro Paese.

Sul documento saranno indicati i risultati di tutti i test e di tutte le prove superate dal veicolo con un voto relativo per ogni procedura specifica.
Inoltre il meccanico dovrà rilasciare una valutazione generale su tutti i punti critici del mezzo.
Infine, sempre sul certificato verrà indicata la data per il prossimo controllo.

Un punto fondamentale riguarda il contachilometri.
In questo caso il certificato sarà molto dettagliato e dovrebbe mettere al riparo da eventuali frodi in caso di vendita del veicolo.

Resta invariato il termine periodico entro cui effettuare il test per la revisione: quattro anni dopo la prima immatricolazione e poi ogni due anni.
 
Piano piano, lento lento, si avvicina il punto di non ritorno.

La Royal air force (Raf) ha ricevuto il semaforo verde dalla Nato: gli aerei britannici schierati in Romania pattuglieranno il Mar Nero.

Lo scopo? La difesa di un alleato della Nato in un settore particolarmente caldo dell’Alleanza atlantica.
Il nemico? Ovviamente la Russia, ormai considerato l’avversario principale della politica britannica e della Nato tutta.

L’annuncio era nell’aria. In queste ore è arrivata soltanto la conferma ufficiale con il via ai pattugliamenti.
La Royal air force ha comunicato la notizia attraverso il suo sito internet.
Come si legge nel comunicato, durante una cerimonia tenutasi presso la base aerea Mihail Kogalniceanu, nel sud della Romania,
“i principali funzionari della Nato hanno dato ufficialmente l’accreditamento ai Typhoon della Raf
per l’avvio delle missioni di potenziamento dell’aeronautica della Nato sul Mar Nero”.


A guidare le operazioni di pattugliamento, definita una missione di “polizia aerea”,
sarà il tenente generale Ruben C. Garcia Servert, dell’aviazione spagnola, già comandante
del Combined air operations center (Caoc) presso la base aerea di Torrejon in Spagna.

L’ambasciatore britannico in Romania, Paul Brummel, ha commentato la missione con queste parole:
“Tali missioni di polizia aerea assicurano che saremo in grado di affrontare in modo rapido ed efficiente
qualsiasi potenziale aggressione o minaccia nei confronti dell’Alleanza o dei suoi membri”.

Aggressione che, evidentemente, viene collegata alla Russia.

Il Regno Unito e la difesa della Nato
I Typhoon della base di Coningsby nel Lincolnshire trascorreranno quattro mesi
presso la base aerea Mihail Kogalniceanu, operando insieme all’aeronautica rumena.
L’annuncio era già stato dato dal ministro della Difesa britannico, sir Michael Fallon, a fine marzo.

Come riporta il quotidiano britannico Independent, il capo della Difesa di Sua Maestà
annunciò questa nuova missione ricordando l’impegno sempre maggiore di Londra nella Nato.
Proprio sul fronte orientale, quello con Mosca.

“Il Regno Unito sta intensificando il sostegno alla difesa collettiva della Nato dal nord al sud dell’alleanza
– ha dichiarato Fallon – e con questo schieramento gli aerei della Raf saranno pronti a proteggere lo spazio aereo della Nato
e a fornire rassicurazione ai nostri alleati nella regione del Mar Nero”.

Sempre a marzo, Londra aveva inviato le prime unità militari in Estonia come parte del piano della Nato per rinforzare il confine baltico
 
Da nord a sud dell’Alleanza, diceva il ministro britannico.
E in effetti, dal Baltico al Mar Nero, il fronte orientale della Nato è in continua ebollizione.
Le truppe occidentali affluiscono continuamente al confine con la Russia.

E per Mosca, il Mar Nero e il mar Baltico sono punti assolutamente fondamentali della propria strategia.
Uno per accedere all’Atlantico, l’altro per accedere al Mediterraneo.

Il Mar Nero, soprattutto in questi ultimi mesi, si è trasformato in un terreno di scontro molto duro
fra le forze armate russe e quelle occidentali, in particolare americane.

Le tensioni, in quell’area, sono in aumento.
E, in questo senso, la situazione in Ucraina è estremamente rilevante.

La Crimea è sempre stato il terminale strategico russo in quel mare
e lo sbocco per Mosca per far accedere la sua flotta nel Mediterraneo.

E non è un caso che il fronte ucraino interessi particolarmente sia alla Nato che a Mosca.

Non è solo l’allargamento di un’alleanza, ma il togliere (o viceversa mantenere) uno sbocco sul mare.
 
Sempre più occupati a termine, tanto che nel secondo trimestre si è toccato il massimo storico di 2,7 milioni.

E oltre 500mila lavoratori “somministrati“, che lavorano nel 95% dei casi con contratti brevi. O brevissimi.
Il dato medio è di 12 giorni, ma il 58% viene chiamato in servizio per meno di sei giorni
e il 33,4% (era il 30,5% nel 2012) addirittura per una sola giornata.

E’ il quadro di un mercato del lavoro sempre più precario, a dispetto del Jobs Act,
quello che emerge dal primo rapporto annuale sull’occupazione in Italia:
a prepararlo sono stati, insieme, il ministero guidato da Giuliano Poletti, l’Istat, l’Inps, l’Inail e l’Anpal.

Con l’obiettivo di “rispondere alla crescente domanda di una lettura integrata” dei dati sull’occupazione,
visto che le diffusioni mensili e trimestrali da parte di fonti diverse tendono ad aumentare la confusione invece che far chiarezza.

Sono progressivamente aumentati i rapporti di lavoro in somministrazione, gli ex interinali.
Assunti dalle Agenzie per il lavoro, che li inviano “in missione” nelle aziende che richiedono i loro servizi.
I loro contratti, mettono nero su bianco ministero, Inps e Istat, sono sempre più brevi.
“L’incidenza dei contratti di breve durata sul complesso risulta in crescita”, si legge, “dal 56% del 2012 al 58% del 2016.
La loro durata media prevista è progressivamente diminuita passando da 13,8 giorni nel 2012 a 11,7 giorni nel 2016.
Più dettagliatamente, se nel 2012 le attivazioni con durata prevista inferiore ai 6 giorni
erano pari al 55,2% del totale delle attivazioni brevi, nel 2016 passano al 58,5%“.

Una crescita “quasi totalmente imputabile alle attivazioni che prevedono una sola giornata,
la cui incidenza cresce di quasi 3 punti percentuali dal 30,5% al 33,4%”.

Al contempo, “si comprime sensibilmente la quota di attivazioni di breve durata che superano le 31 giornate previste: dal 16,2% al 12,7%”.
Si noti che non si tratta (più) solo di giovani alle prime armi: se gli under 25 e i 35-44enni sono i più numerosi,
“nel corso del quinquennio è cresciuta l’incidenza relativa degli individui con più di 45 anni”
ed è “più che raddoppiato il numero di lavoratori over 55 interessati da contratti di somministrazione di breve durata”.

Tra 2012 e 2016, nota infine il Rapporto, i lavoratori con rapporti di breve durata sono saliti da 3 a 4 milioni.
In forte crescita soprattutto i voucher, poi aboliti lo scorso anno, i rapporti di lavoro a termine,
i rapporti di somministrazione e i professionisti autonomi o parasubordinati.

Il valore economico dei lavori brevi, misurato sulla base delle retribuzioni e dei redditi imponibili, è salito dai 9,7 miliardi nel 2012 ai 12 miliardi nel 2016.
 

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