DEVO SMETTERLA DI MANDARE LA GENTE A QUEL PAESE... STO CREANDO ASSEMBRAMENTI

Spegnete i telefonini, chiudete i social, non postate nulla e disattivate la geolocalizzazione (al contrario di Casalino).

Oppure fate l’esatto contrario: postate tutti foto di gruppo, ma milioni di foto, anche a costo di recuperare quelle degli anni passati.

Il prefetto Lamorgese, malamente selezionato come ministro degli interni, ha detto a Radio Capital che “Controlleremo i social”.

Inizio a pensare che a Roma si stiano montando la testa
che pensino di essere dei Beria di uno stato di polizia stalinista.


Controllare i Social? Allora meglio chiuderli ed evitarli.


Naturalmente poi ha ricordato l’esercito di 70 mila poliziotti schierati contro il popolo italiano, per tenerlo in gabbia.

Possibile che nessuno, a livello istituzionale, si ribelli all’enormità di queste parole?

Nessuno chieda a quello che ormai è “Il ministro della Polizia e dell’Immigrazione clandestina” ragione delle sue parole?


Ormai siamo come le pecore condotte al macello.


Che fa quella che una volta era la sinistra i cui figli sono a fare casino nei centri sociali?


Tace, e magari manda i propri pargoli nei party vietati dei suddetti centri.


Tanto loro delle regole se ne fregano.



Vi presentiamo un Intervento di Paragone sulla materia, l’unico che abbiamo sentito intervenire.

 
Riporto ancora perchè sia ben chiaro a tutti quante baggianate ci stanno raccontando.


Mentre i media continuano a cavalcare l’onda di una campagna di vaccinazione senza precedenti,
sottolineata in maniera entusiasta in questi giorni anche dal governo Conte,
il mondo della scienza cerca timidamente di alzare il dito per far notare come,
in mezzo a tanto entusiasmo, vi siano ancora rischi da non sottovalutare
.

Negli scorsi giorni, molti esperti hanno sottolineato come la sperimentazione sia di fatto ancora in corso e quanto i tempi saranno lunghi:
impossibile lasciarsi l’epidemia alle spalle prima di un anno almeno, forse più.


Ora, ecco un nuovo allarme arrivare direttamente dall’Oms.


Soumya Swaminathan, capo ricercatore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità,
ha infatti spiegato durante un metting come i farmaci anti-Covid in arrivo in queste ore non saranno la panacea che tanti dipingono:

“Non credo che abbiamo le prove per nessuno dei vaccini che ci permettano di ritenere che siano in grado attualmente d’infettarsi e quindi di trasmetterla”.

I vaccini, quindi, sono in grado di abbattere gli effetti dell’infezione sul singolo,
abbassando la pericolosità dei sintomi e la mortalità, ma non sono in grado di evitare che le persone si infettino.


Il rischio è quindi quello di trasformare i vaccinati in “portatori sani”: senza sintomi, ma capaci di trasmettere la malattia.



Va detto che, comunque, l’indebolimento dei sintomi diminuisce anche la possibilità di infettare gli altri.

Ma i tempi rapidi con cui i farmaci sono stati immessi sul mercato non hanno dato la possibilità di approfondire in maniera accurata questo tipo di dinamiche.

I primi veri test arriveranno soltanto a gennaio, con 2.500 pazienti inglesi, precedentemente vaccinati, che saranno infettati volutamente con il virus del Covid-19.


Quello che è chiaro, però, è che i discorsi fatti da tanti politici sulla necessità di un “passaporto sanitario”
o addirittura del licenziamento di chi non si sottopone a vaccinazione sono totalmente inutili, buoni soltanto per della propaganda:

se non è possibile escludere che i vaccinati trasmettano il virus, le “patenti sanitarie” e iniziative analoghe non servirebbero a nulla.


A dirlo, anche se in molti fingono di non sentire, è la scienza.
 
Non te lo rendono ufficialmente obbligatorio ma ti impediscono una vita normale se non lo fai.

Ecco la sottigliezza (ricattatoria) che sta vagliando il governo sul fronte vaccino anti-Covid.

Conte continua a ripetere che “non ci sarà vincolo di obbligatorietà”
ma il governo ha già pronta la soluzione: solo chi sceglie di fare il vaccino potrà avere “una maggiore mobilità”.

Come?

Attraverso il rilascio di un patentino vaccinale.

Il governo lo vede come un compromesso tra chi all’interno della maggioranza e del Cts preme per l’obbligatorietà e chi no.


Ma a farne le spese saranno comunque gli italiani.


Alla fitta schiera di chi punta all’obbligatorietà si sono iscritti, in maniera più o meno ufficiosa,
sia la viceministra alla Salute Zampa, che la ministra dei Trasporti Paola De Micheli,
oltre alle compagini guidate da Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.

Conte lascia la porta aperta: “Ci sono proposte per una valutazione per una maggiore mobilità per chi fa il vaccino, non abbiamo deciso nulla”.

E subito torna alla mente quel post di Di Maio in cui diceva che il governo “permette” ai cittadini…


Siamo sull’orlo di una crisi della democrazia, ma tutti fanno finta di niente.



Come spiega Il Messaggero,

“l”idea è quella di una sorta di patentino digitale dell’immunizzazione.
Un certificato da avere sempre con sé che permetterebbe di accedere ad hotel, palestre, piscine, cinema, teatri, voli aerei.
Vale a dire a tutte quelle attività ritenute non essenziali che sono state oggetto di chiusura o fortissime limitazioni”.


"La proposta potrebbe arrivare già sul tavolo della prima conferenza Stato-Regioni del 2021 che si terrà a metà di gennaio”.


Nonostante della proposta si stia parlando molto - solo ora - quella di un patentino o di un certificato speciale, è un’ipotesi su cui si sta lavorando già da mesi.

“Stiamo progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione
per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto”
aveva spiegato “candidamente” il commissario per l’Emergenza Domenico Arcuri il 18 novembre scorso.


Torniamo alle liste di proscrizione, dunque.


Torniamo al nazismo.
 
"Vaccinarsi è un dovere, io lo farò appena possibile".

Venghino Signori, venghino .......
 
Ormai siamo in una condizione kafkiana in cui la principale emergenza non è dettata dal Covid,
ma da chi ha ricevuto il mandato di attutirne l'impatto devastante fallendo nell'incarico.


Tant'è che la struttura commissariale rincorre l'emergenza sanitaria,
anziché anticiparsi il lavoro con una programmazione di interventi che sono prevedibili in un quadro pandemico.

Essere impreparati al piano vaccinale, sia con la carenza del personale sanitario preposto alla somministrazione delle dosi
sia con l'inadempiente dotazione di una logistica operativa, conferma l'inadeguatezza dell'ineffabile Domenico Arcuri.

Siamo in presenza di una struttura che, piuttosto di onorare la sua missione orientata a placare l'urgenza scatenata dal virus,
sta fomentando l'emergenza e, così, risultando parte del problema anziché della soluzione.

Non abbiamo ancora gli operatori sanitari idonei a soddisfare il fabbisogno del personale addetto alla massiccia campagna di vaccinazioni.

Mancano i centri dove eseguire materialmente l'inoculazione dell'antidoto, i cosiddetti hub di vaccinazione,
ma possiamo consolarci soltanto con l'idea architettonica, a sagoma floreale, partorita da Stefano Boeri.


Ci siamo vincolati al piano europeo per la distribuzione, proporzionale alla popolazione di ciascun paese,
del vaccino senza esplorare canali di approvvigionamento alternativi, limitandoci nella disponibilità del siero anti-Covid.

Ci siamo lasciati sedurre dalla strategia comune sui vaccini presentata dalla Commissione europea lo scorso 17 giugno.

L'unità e la solidarietà erano il mantra della burocrazia europea e negli accordi sottoscritti si sanciva «l'obbligo di non fare trattative separate».
 
Una balla clamorosa, tutto inventato da chi ha interesse a montare campagne di stampa.


Non ci sarebbe stato nessun insulto, né minacce di morte arrivate all'indirizzo di Claudia Alivernini, la prima infermiera a ricevere il vaccino in Italia.


La 29enne ha fatto sapere tramite i suoi legali che non ha rilasciato nessuna intervista in cui parlava delle intimidazioni ricevute,

né ha cancellato i profili social per paura di ritorsioni.



Nei giorni scorsi aveva fatto molto scalpore la notizia secondo cui Alivernini era stata insultata e minacciata di morte sui profili istituzionali che hanno diffuso la notizia della sua vaccinazione.
 
Anche le cose più piccole e banali non gli riescono.


Il commissario all'emergenza sanitaria Domenico Arcuri non ne azzecca proprio una,
ed un'occhiata almeno potrebbe darla al lavoro che i suoi collaboratori buttano via ogni giorno.

Non c'è un solo bando di gara che possa dirsi senza macchie.

E dove almeno il cuore dell'appalto funziona, eccoti lì il commissario scivolare sulla buccia di banana del testo.


Ultimi due esempi di freschissima attualità, legati alla vaccinazione.


Il primo bando è quello contestatissimo delle super-siringhe comprate ad Hong Kong pagando il quadruplo del costo di tutte le altre.

Ognuna con sette aghi diversi, e speriamo che con la stessa non si vaccinino sette persone diverse, altrimenti sai che condizioni di sterilità si avranno.


Nel bando però le siringhe non sono chiamate con il loro nome.

In tutte le tabelle perdono una preziosa “n” e diventano “sirighe”.

Speriamo che non accada lo stesso con le dosi nella fialetta della Pfizer, perché la perdita sarebbe assai più dolorosa.


Per farle funzionare però Arcuri è andato a caccia di soluzioni a base di cloruro di sodio dove sciogliere il vaccino che è congelato a meno ottanta gradi.


Altro bando, altro errore. Anche più che formale.

Perché il bando è del mese di dicembre 2020.

Ma c'è scritto che l'offerta dei pretendenti “si intenderà vincolante fino al 30 giugno 2020”, data passata ormai da sei mesi.

Quindi vincolante non lo è per nulla, perché Arcuri ha sbagliato l'anno (doveva essere 2021) e non avendolo corretto le imprese possono fare quello che vogliono...
 
Se oggi “Le leggi le fanno gli uffici legali delle multinazionali” come Galli disse in un’intervista del 2016,


se l’Europa è governata dalle lobby e dai disegni di egemonia,


se in Usa si accetta il verdetto di elezioni falsate e dunque la morte della rappresentanza,


se siamo in un a tirannide perfetta poiché nasconde se stessa,


allora si può in un certo senso dire che l’Italia è stata sempre all’avanguardia in questo processo dissoluzione.
 
Professore è appena uscito il suo ultimo libro “Contro la paura. La violenza diminuisce. I veri pericoli che minacciano la pace mondiale”. Quali sono questi veri pericoli?


I pericoli per la pace e per la crescita sono oggi prevalentemente non militari. In primo luogo c’è l’ attuale sistema finanziario ultraglobalizzato che aumenta la disuguaglianza e l’insicurezza, quella vera, che riguarda le condizioni di vita e di sopravvivenza fisica. Oggi si muore sempre meno a causa delle guerre e delle violenze di massa, e sempre più, in percentuale, per le malattie, l’indigenza, l’ assenza di protezione sociale. Nel paese più ricco del mondo, gli Stati Uniti, muoiono ogni anno 45mila persone per la semplice mancanza di copertura sanitaria. La prima causa di morte dei bambini del pianeta - nonostante i grandi progressi nella riduzione della povertà e delle malattie – è rimasta la fame. E tutto questo quando le risorse attuali sono sufficienti, secondo l’ Unicef, a sfamare 10 miliardi di persone sui 7,7 miliardi che abitano il pianeta.





Lei ha definito questo libro la sua Opera Summa. Nel testo si trovano tutti i riferimenti per costruire un mondo che sappia rompere quel vortice di barbarie iniziato con l’illusione della fine della storia nel 1991. Quale secondo Lei il primo passo necessario da compiere?


Rendersi conto che si può cambiare. Non rifugiarsi nell’ autodifesa. Viviamo un epoca di transizione. Il capitalismo occidentale a guida americana, dominato dalla finanza, sta tramontando di fronte ad un antagonista molto valido, che in un altro libro ho chiamato “l’ economia sociale di mercato” che si è affermata in Asia, e non solo in Cina. Riconoscere che stiamo dalla parte vincente della storia - se decidiamo di impegnarsi per un mondo più decente – è fondamentale. Soprattutto per chi sta a sinistra.





Quali sono le caratteristiche di questo post-capitalismo?


Sono tre. Primo. L’ assenza di comando dei capitalisti sullo Stato. Cioè l’ autorità pubblica che governa le forze produttive e i mercati attraverso piani più o meno dichiarati. Secondo. La subordinazione completa della finanza alle esigenze della produzione e dello sviluppo. Terzo. Una forza militare di ridotte dimensioni slegata alle esigenze di accumulazione del capitale. I paesi che si trovano più vicini a realizzare queste condizioni-fattori sono oggi quelli più avanzati. E non è un caso che sia proprio il capitalismo anglo-americano a venire additato oggi come un sistema socio-economico e politico arretrato e pericoloso. Dove non vige alcuna delle tre condizioni di cui sopra. Il COVID ne ha messo a nudo tutto l’ anacronismo.





E l’Europa?


Abbiamo già visto nascere, proprio in Europa Occidentale, dopo Bretton Woods e fino alla controrivoluzione liberista iniziata negli anni ’70, una forma ben delineata di questo sistema post-capitalistico. Il sistema che oggi domina Giappone, Cina, Vietnam, Corea del Sud ed altri paesi. Il paradosso è che questa forma di capitalismo che nega se stesso, in vigore in Europa tra il 1945 e il 1970, è stata chiamata “l’ età d’oro del capitalismo occidentale”. L’ Europa dovrebbe riprendere ed approfondire ciò che aveva iniziato a costruire nel dopoguerra. Non basta addomesticare il capitalismo. Limitarne i danni. E’ l’autorità pubblica che deve guidare e plasmare i mercati, generare innovazione e sviluppo a vantaggio della società. In Europa ci sono sia le basi che la mentalità necessarie per il salto di qualità verso una società non di mercato, dove si produce per il benessere di tutti. E in pace. Senza vedere nemici e mostri ad ogni angolo.





Professore nel suo libro Lei riesce a compiere qualcosa di incredibile e paradossale: dimostrare che non siamo mai stati più sicuri come oggi. E lo fa citando decine e decine di dati. Qual è quello che l’ha colpito di più nelle sue decennali ricerche?


Gli argomenti che mi hanno più colpito sono quelli sollevati dagli studi dei medici militari sul comportamento dei soldati nel campo di battaglia, rivolto soprattutto a non uccidere, quelli sollevati dai primatologi che hanno scoperto le scimmie della solidarietà e dell’amore, i Bonobo, e gli studi sulla diminuzione della violenza omicida lungo i secoli e negli ultimi trent’anni. La forza e la coerenza di questi ultimi è davvero sbalorditiva. Raramente accade, inoltre, che studi fatti in campi così diversi convergano verso lo stesso risultato. E sono orgoglioso di aver tentato il primo esperimento di messa insieme in un quadro unitario di tutti questi pezzi di conoscenza separata.





Che interessi hanno corporazioni mediatiche e delle armi a creare quello stato di paura e caos che invece domina il dibattito ogni giorno?


Gli interessi sono economici e politici. L’ industria mediatica tradizionale - che domina ancora quasi tutta la comunicazione che conta – sta puntando tutto sulla sensazionalità sinistra, negativa, perché perde sempre più terreno rispetto ai social media, che lavorano in modo diverso, più freddo, espressivo e insinuante, rispetto ai grandi problemi. I social non sono così strettamente collegati ai poteri costituiti. E spesso sono intenti a smontare, a contrastare le informazioni ufficiali. Anche loro creano nemici ed inventano minacce inesistenti, ma la loro logica è diversa, più multidimensionale e più suscettibile di regolazione. Le loro distorsioni sono più facili da correggere.





Professore analizzando nel dettaglio una delle due industrie di quello che ha definito “capitalismo della paura”, le corporazioni mediatiche, si assiste ad un fenomeno nuovo negli ultimi anni: il potere sempre maggiore delle multinazionali di internet, su tutti Facebook e Google, nel controllo quasi totale delle informazioni che arrivano all’opinione pubblica. Che responsabilità hanno in quello stato di paura che descrive ampiamente nel suo libro?


Come ho detto, anche i social creano nemici e inventano catastrofi. Ma non sono costretti a farlo. Facebook e Google sono delle piattaforme aperte, attraversate da correnti disparate, e che non rispondono ad interessi ristretti di dominio. Una volta obbligate a pagare le tasse, non uccidere i competitori e rispettare le stesse regole della carta stampata nella diffusione dei messaggi, perderanno il potere di monopolio che hanno adesso.





Da ex vicesegretario dell’Onu, che ruolo pensa potranno avere in futuro le Nazioni Unite nella costruzione di quel nuovo mondo multipolare che auspica?


Il mondo multipolare è già in atto da trent’anni. Non lo abbiamo visto bene perché è stato oscurato lungo gli anni ’90 dalla “Bell’ Epoque” clintoniana. Cioè dall’ illusione che era finito solo il comunismo sovietico, e che l’ America avrebbe continuato a governare il mondo. Ma in un pianeta nel quale non esiste un centro, e dove non può esserci un governo mondiale, ci deve essere se non un baricentro, una specie di software che indichi all’ umanità perlomeno la direzione da seguire. Una ONU come sede di discussione e di elaborazione di strategie globali che poi ciascuno mette in pratica sotto la propria responsabilità è ancora più essenziale di prima. Si può immaginare una strategia per l’ ambiente senza un luogo nel quale incontrarsi e prendere decisioni vincolanti?
 
Non credo proprio che sia stata casuale la scelta del presidente della Repubblica di salutare l’anno nuovo,
senza rimpianti per quello orribile in uscita, rinunciando all’ambiente un pò intimo o familiare del salotto,
ed anche alla scrivania del suo ufficio, per pronunciare il proprio messaggio in piedi,
con la solennità di un intervento istituzionale, come per sottolinearne l’importanza.

E non credo sia stata casuale neppure la scelta di ignorare, senza dedicarle neppure un inciso, la crisi incombente di governo.
Che potrebbe impegnarlo fra pochi giorni o poche settimane, e chissà per quanto.


Sergio Mattarella ha dato l’impressione, almeno ad un vecchio cronista politico come me,
che ha perso ormai il conto dei messaggi presidenziali di fine anno da raccontare o commentare,
di essere tanto infastidito, a dir poco, dai confusi sviluppi dei rapporti fra la maggioranza e le opposizioni,
e al loro interno, da voltare lo sguardo altrove.


Più che alla sorte del governo uscente, d’altronde neppure nominato una volta,
e al colore o alla formula di quello che potrebbe succedergli,
si vedrà se per cercare di portare a termine in via ordinaria la legislatura o se per gestirne l’interruzione sulla strada delle elezioni anticipate,
cui il Quirinale non ha mai smentito di essere pronto a ricorrere in caso di crisi,
il capo dello Stato è sembrato interessato al fatto che il 2021 diventi l’anno della “ripartenza”.

Mattarella si è pietosamente fermato a parlare di “parte”, non nominando neppure i partiti, oltre che il governo.


Tutti hanno fatto finta di non capire, visti gli apprezzamenti generali espressi sul messaggio di Mattarella,
ciascuno impegnato ad allontanare da sé ogni sospetto di essere tra i demolitori e non fra i “costruttori” reclamati dal capo dello Stato.


Ma il gioco delle ipocrisie avrà il fiato corto.


Nessuno potrà nascondersi più di tanto una volta aperta la crisi, come sembra ormai scontato, o difficile da evitare,
essendovisi troppo avvicinati sia Renzi minacciandola, sia Giuseppe Conte – si, anche lui – usando come un bastone
l’apparentemente corretta parlamentarizzazione della cosiddetta verifica.

Che d’altronde è stata malvolentieri accettata dallo stesso Conte dopo avere cercato di sottrarvisi,
e addirittura di negarne il nome pur consolidato da decenni di pratica politica.


Ripeto: pratica politica, non criminale, come da anni cercano di far credere, parlando del passato,
i presunti innovatori, rivoluzionari e simili, approdati alle Camere – ricordate? – per aprirle come scatole di tonno e svuotarle divorandone il contenuto,
magari solo per il gusto poi di vomitarlo, secondo un’espressione usata una volta da Grillo – e da chi sennò –
contro gli odiati giornalisti che lo infastidivano facendo il loro mestiere.


Che è quello di raccontare e fare domande, non di nascondere, tacere e ridere a comando, anche quando ci sarebbe da piangere.
 

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