Il ruolo delle
banche è da sempre quello di ricevere denaro e di farlo fruttare prestandolo. Oggi, come sa chiunque ci abbia provato a chiederglielo, le
banche il denaro non lo prestano più. Senza credito non ci può essere sviluppo. Senza credito le imprese soccombono e licenziano. Senza credito è impossibile per chiunque non sia “ricco di suo” creare un’attività. E siccome chi oggi è ricco di suo tra il rischio di un investimento e il comodo porto dei Bot preferisce certamente la seconda attività, comprendiamo perché la disoccupazione sia raddoppiata in soli 4 anni. Le
banche non sono l’unico problema, però sono uno snodo centrale e sono una metafora della
crisi Italiana dovuta alla capacità della classe
politica di occupare lo spazio che dovrebbe essere di quella civile. Non importa se non funziona, l’importante è mantenere la poltrona.
Il Fmi (non sarà il Vangelo, però i numeri li sanno leggere) ci dice che la causa di ciò è la sottocapitalizzazione delle nostre
banche. In parole povere, vuol dire che se non hanno soldi non li possono prestare. Una banca che si trova in questa situazione ha una sola soluzione se vuole continuare a operare: chiedere ai suoi azionisti nuovi soldi. In Italia questo non è possibile. Non lo è perché, per quanto formalmente “privati”, tutti i maggiori istituti italiani sono propaggini del
sistema politico. Quando 20 anni orsono il Tesoro decise di vendere la maggioranza delle azioni, per mantenere il controllo i politici italiani inventarono il trucco delle fondazioni bancarie, che mantennero la quota di controllo (sufficiente a nominare i manager). Fu una finta privatizzazione, perché a decidere chi comandava restava sempre la
politica. E’ questo il motivo per cui le
banche sono rimaste senza soldi; perché li hanno prestati non a chi li meritava, ma a chi il politico di riferimento ordinava.