Titoli di Stato paesi-emergenti Dubai, le entità "government-related" ed il supporto che potrebbe non arrivare...

ciao Mark ma ti sei messo a fare le telecronache dei bond :D
Mi sembra il duello Coppi-Bartali :lol:

:D :D

Un po' di volatilità ogni tanto fa bene ...

Intanto trema un po' tutto il Golfo Persico, ed anche emittenti come Taqa, l'utility di Abu Dhabi (che, al contrario di Dubai, non è priva di risorse energetiche) mostra debolezza sui prezzi...

il 4,375% 2013 XS0272947150 in euro sta a Francoforte 92 - 97,6 ... senza volumi... era ben sopra la pari un paio di sedute fa...
 
:ot:
Ci siamo giocati il rally natalizio?



Dubai World, le banche europee
tremano: esposte per 40 miliardi


a cura di Alberto Annicchiarico e Vittorio Carlini


«Su Dubai il sole non tramonta mai», recita lo slogan di Dubai World, la holding statale che controlla colossi del real state, della logistica, della finanza e dell'energia nel piccolo emirato arabo. Ma più che con il sole, ora Sua altezza lo sceicco Moahmmed bin Rashid Al Maktoum deve fare i conti con lo scoppio della bolla immobiliare. Anzi, meglio dire con l'evaporare del business del real estate su cui il Dubai ha puntato gran parte del suo futuro. E che ora rischia di far tramontare il sole sulle immense ricchezze degli emiri, inguaiando anche gli investitori occidentali.

Dubai World, il cuore finanziario dell'emirato, zavorrata da 59 miliardi di dollari di passività (il 70% dell'intero debito statale) ha chiesto ai creditori una moratoria di sei mesi sul debito e sta cercando di rinegoziare le sue posizioni, compreso un bond islamico da 3,52 miliardi della controllata Nakheel Properties, in scadenza il 14 dicembre.

Una mossa che non poteva restare senza conseguenze. Standard & Poor's è intervenuta sottolineando che una simile ristrutturazione equivale, nei fatti, a un default. Risultato? I Credit default swap sul debito sovrano a cinque anni sono letteralmente entrati in orbita a quota 571: il sintomo che cresce il rischio di insolvenza. In salita anche i Cds a cinque anni del vicino Bahrein.

Sui mercati finanziari è scattato l'allarme, a causa
dei timori per il coinvolgimento di grandi banche proprio sulla base di una esposizione al debito dell'emirato. Rispetto a questo tema, è intervenuta di nuovo Standard & Poor's che ha messo sotto Credit Watch negativo (cioè sta valutando la situazione per definire se modificare il merito di credito) alcuni importanti istituti finanziari della zona. La Emirates Bank International, la National Bank of Dubai, la Mashreqbank e la Dubai Islamic bank. «La rating "action" - si legge nella nota di S&P's - è la conseguenza della grande esposizione che queste banche hanno nei confronti di Dubai World e della controllata Nakheel, in particolare con riferimento ai rischi che la proroga del debito» crea agli istituti in questione.

Fin qui le istituzioni finanziarie in Medio Oriente. Ma quale la sitazione nel vecchio Continente? Le prime stime sulle potenziali perdite delle banche più esposte parlano di circa 40 miliardi di dollari. Secondo il Financial Times, Hsbc è tra le banche straniere con maggiori investimenti in Dubai (esposizione per 17 miliardi di dollari). Seguono: Standard Chartered (7,8 miliardi), Barclays (3,6 miliardi), Royal Banck of Scotland (2,2 miliardi), Citi (1,9 miliardi), Bnp Paribas (1,7 miliardi), Lloyds (1,6 miliardi). Quanto ai portafogli crediti immobiliari/residenziali gli analisti di Ncb Stockbrockers hanno calcolato che Standard Chartered è la più esposta con il 7% del suo totale negli Emirati arabi uniti, poi Hsbc con il 2%, il trio Barclays, Rbs e lloyds con meno dell'1 per cento. Ovvio che in questa situazione i Cds sono saliti: quello legato a Hsbc è cresciuto a 57 punti (+3), quelli di Standard Chartered a 74 punti (+9), Barclays a 87 punti (+5).

Molte di queste banche hanno sostenuto, nei primi commenti rilasciati, che le esposizioni reali sono limitate. Certo, se si guarda alla lista di quelle che hanno giocato un ruolo in operazioni di ristrutturazione del debito per conto di Dubai World (la più recente è di giugno 2008, 5,5 miliardi di dollari), ci sono tutti i player più noti, in particolare della City londinese, ma non solo: Hsbc, Rbs, Lloyds, Ing Groep, Calyon (Crédit Agricole), Mitsubishi Ufj, Sumitomo Mitsui, Emirates Bank e Mashreq Bank. C'è anche Deutsche Bank, riporta Dealogic, fra i big continentali coinvolti in bond e finanziamenti a debito nell'area. Secondo gli analisti di Crédit Suisse le banche del vecchio continente potrebbero vedere lievitare del 5% gli accantonamenti per crediti inesigibili nel 2010, pari a 5 miliardi di auro dopo le tasse, se perdessero la metà dell'esposizione stimata.

La notizia shock che fa tremare gli investitori è arrivata mercoledì sera attraverso una nota ufficiale del gruppo, senza che vi fossero commenti, né del presidente Ahmed bin Sulayem né dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, presidente della compagnia aerea Emirates, celebre oltre che per la sua ricchezza anche per i suoi 17 figli e per avere manifestato di recente interesse per l'acquisto di grandi club di calcio (nell'ordine: Liverpool, Roma e, secondo indiscrezioni di stampa, Milan) oltre al già sponsorizzato Arsenal.

Dubai World attraverso Nakheel è il gruppo che sta costruendo la famosa isola artificiale delle tre palme e che con il fondo Limitless, lo scorso anno, è stata vicina ad acquistare da Risanamento l'ex area Falck di Sesto San Giovanni. Il governo dell'emirato sta pagando un prezzo altissimo alla crisi e in particolare a quella del settore immobiliare: aveva già annunciato in passato di avere un debito di 80 miliardi di dollari, di cui 70 miliardi originato dalle aziende pubbliche, in buona parte attive nel settore immobiliare.

Negli ultimi anni, infatti, Dubai essendo un'area quasi priva di petrolio aveva cercato di differenziare i suoi ricavi con il real estate, ma adesso rischia di esserne travolto dopo che i prezzi delle case sono scesi del 47% rispetto allo scorso anno. «Il Dubai financial support fund inizierà a valutare il perimetro della ristrutturazione è necessaria - spiega in una nota il dipartimento finanziario del Dubai - Come primo passo Dubai World intende chiedere a tutti i creditori di Dubai World e Nakheel una moratoria sul debito almeno fino al 30 maggio».

Per tamponare la falla, il governo del Dubai ha annunciato a inizio anno un vasto programma di emissioni obbligazionarie da 20 miliardi, di cui 10 miliardi già effettuate a febbraio. All'interno di questo piano, oggi, l'esecutivo ha annunciato un'emissione da 5 miliardi di dollari che servirà a rimborsare anche i 3,52 miliardi di debiti di Dubai World in scadenza a metà dicembre. L'obbligazione sarà sottoscritta da due banche pubbliche, la National Bank of Abu Dhabi e l'Al Hilal Bank. Inoltre, il dipartimento delle finanze ha nominato Deloitte come advisor per ristrutturare il debito. 26 novembre 2009
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Sono ammirato dalla competenza di i98 mark............veramente ce ne fossero come lui..........vorrei sinceramente complimentarmi per tutto quello che fa per aiutare gli investitori.........complimenti e non abbandonarci mai.........:up::up::up:
 
Magari ne riparleremo un'altra volta, data la minore urgenza, ma dovremo fare una riflessione sulla tanto decantata eticità della finanza islamica.
Non che quella di Wall Street sia migliore.... rating di Dubai World?
 
Sono ammirato dalla competenza di i98 mark............veramente ce ne fossero come lui..........vorrei sinceramente complimentarmi per tutto quello che fa per aiutare gli investitori.........complimenti e non abbandonarci mai.........:up::up::up:


Vado un po OT: stai tranquillo che iMark è come un papà premuroso che non abbandonerà MAI il suo pargoletto ;)
 
Magari ne riparleremo un'altra volta, data la minore urgenza, ma dovremo fare una riflessione sulla tanto decantata eticità della finanza islamica.
Non che quella di Wall Street sia migliore.... rating di Dubai World?


Eticità?????.....ho i miei dubbi circa le dichiarazioni che si trovano in giro a riguardo ;)
 
Magari ne riparleremo un'altra volta, data la minore urgenza, ma dovremo fare una riflessione sulla tanto decantata eticità della finanza islamica.
Non che quella di Wall Street sia migliore....
BANK ALLAH - LA FINANZA ISLAMICA CRESCE DEL 10 % L'ANNO (POTENZIALE DI 4,5 MLD IN ITALIA) - NO AI PRESTITI CON INTERESSE, SPECULAZIONE E INVESTIMENTI IN ATTIVITÀ RIGUARDANTI ALCOOL, CARNE DI MAIALE E PORNO – SEMBRA MOLTO DIVERSA MA I VALORI DI MAOMETTO SI STANNO INTEGRANDO BENISSIMO CON GLI AFFARI OCCIDENTALI…

Federica Bianchi per "L'espresso"

Se siete abituati a pensare all'etica islamica soltanto in termini di estremismo religioso e di donne velate, è tempo di osservare meglio. C'è un settore in cui i valori di Maometto si stanno integrando benissimo con quelli occidentali. Parliamo di finanza.

Naturalmente la tradizione affaristica islamica non ha abbandonato i suoi principi fondanti, gli stessi che inizialmente accomunavano anche le economie delle altre grandi religioni monoteiste, ovvero il divieto del prestito con interesse, il rifiuto della speculazione e l'obbligo morale della decima (il tributo un tempo dovuto alla Chiesa). Dunque la finanza islamica non ammette transazioni basate sul tasso d'interesse e neppure l'utilizzo di prodotti derivati.

"Il credo islamico valorizza l'iniziativa imprenditoriale, promuovendo strutture mutualistiche e la partecipazione ai profitti e alle perdite nelle attività economiche", spiega Marco Mauri, responsabile degli investimenti islamici dell'Unicorn Investment Bank: "Preferisce l'economia reale a quella finanziaria". Naturalmente, trattandosi di Islam, sono vietati anche gli investimenti in attività che hanno a che fare con le bevande alcoliche, la carne di maiale, il tabacco, la pornografia e quelli in società sovraesposte (ovvero con debiti superiori al 33 per cento del valore di Borsa).

Nate con la deregulation degli anni Settanta, dopo una fase di pesanti nazionalizzazioni delle economie dei paesi islamici contestuale al trionfo del comunismo nella metà orientale del mondo, le moderne banche di Maometto hanno ritrovato identità politica e forza economica dopo l'11 settembre: non solo la contrapposizione ideologica tra musulmani e cristiani ha raggiunto un livello di antagonismo sconosciuto da secoli, ma il crescente prezzo del petrolio ha anche offerto quei livelli di liquidità necessari per fare ripartire un settore a lungo asfittico sia nei paesi del Golfo che nelle economie islamiche d'Asia.

Il governo malese, a prevalente cultura islamica, ma con un'economia sproporzionatamente in mano cinese, è stato il primo a emettere nel 2002 un'obbligazione islamica. E se in Iran e in Arabia Saudita l'Islam domina la finanza, quest'anno perfino la Cina ha incoraggiato la Banca di Ningxia ad aprire sportelli islamici in una sua provincia nord-occidentale.

Negli ultimi cinque anni sono diventati popolari prodotti come il sukuk, la cosiddetta obbligazione islamica, e la murabaha, una forma di finanziamento per i consumatori. A differenza di quanto accade con gli strumenti più sofisticati (e rischiosi) della finanza convenzionale, in quella islamica dietro ogni operazione sono rintracciabili i beni. E così nel 2008, quando la finanza tradizionale ha mandato gambe all'aria alcune delle maggiori banche occidentali, quelle islamiche hanno rivendicato la loro solidità e la loro capacità di conciliare istanze etiche ed esigenze reddituali.

Il mercato finanziario islamico rappresenta solo l'1 per cento delle attività finanziarie mondiali, con un valore che, secondo il rapporto di questo mese della rivista 'The Banker', raggiungerà nel 2010 i mille miliardi di dollari, ma sta crescendo a un tasso del 10-15 per cento annuo. Ad intercettarne per tempo le potenzialità è stata la piazza finanziaria di Londra, che oggi ospita 19 delle 26 banche islamiche presenti in Europa con filiali o sportelli dedicati. Tra il 1993 e il 2003 la Gran Bretagna ha modificato i suoi regolamenti fiscali per facilitare la creazione di prodotti islamici. Si è trattato di un'accortezza fondamentale.

La necessità di garantire che alla base di ogni operazione finanziaria ci sia una transazione economica reale implica lo svolgimento di molteplici attività di compravendita, con relativi esorbitanti costi fiscali. Prendiamo un semplice esempio come il finanziamento dell'acquisto di un'automobile. Per evitare la generazione di interessi, la banca acquista l'automobile dal rivenditore al posto del cliente, al quale poi la rivende con un sovrapprezzo. Perché questo tipo di finanziamento sia competitivo con quello convenzionale occorre eliminare la tassazione della duplice operazione di compravendita. Se Londra lo ha fatto, Parigi ci ha provato.

Ma la Corte Costituzionale ha invalidato la legge sulla base di irregolarità nel processo di approvazione parlamentare. Almeno formalmente. Perché sono in molti a puntare il dito verso l'ostilità della maggioranza politica nei confronti di una tipologia di finanza confessionale che lede la completa laicità dello Stato. Un problema condiviso dall'Italia, dove ad oggi non esiste una vera offerta di prodotti islamici, ma il cui mercato potenziale è stimato da un recente rapporto della Banca Monte dei Paschi intorno ai 4,5 miliardi di euro.

Le reticenze culturali dell'Occidente non sono l'unico freno all'espansione della moderna finanza islamica. Se il 2008 è stato un anno molto positivo, grazie all'assenza di asset tossici nei bilanci delle istituzioni finanziarie islamiche, quello in corso ha messo in luce le faglie del sistema. Lo scoppio della bolla immobiliare ha indebolito le banche islamiche del Golfo, eccessivamente esposte in un settore che fino all'anno scorso era il traino della sua economia: Dubai è dovuta intervenire con un prestito di 10 miliardi di dollari per fare fronte all'improvvisa crisi di liquidità e adesso sta coordinando la fusione tra Amlak e Tamweel, due delle banche fallite.

"Il governo degli Emirati Arabi ha esplicitamente chiesto alle banche di investire di meno nel settore immobiliare", spiega Rodney Wilson, esperto di finanza islamica presso l'Università di Durham, in Gran Bretagna. Quest'anno ci sono stati anche i primi default dei sukuk. La Investment Dar, la società d'investimento del Kuwait che aveva acquistato il 50 per cento della Aston Martin, è stata la prima società mediorientale a fare default su un'obbligazione islamica. Mentre andando in bancarotta, la texana East Cameron Gas, non ha potuto ripagare il sukuk del 2006, la prima obbligazione islamica sottoscritta da una società americana in quella che allora venne applaudita come l'operazione finanziaria più innovativa dell'anno.

Non solo. L'esistenza di molteplici interpretazioni di ciò che costituisce un'operazione islamica lecita (a seconda del paese di origine della banca e dei membri del comitato di saggi islamici che presiede alle operazioni) crea incertezza sul mercato. Un sukuk malese, ad esempio, potrebbe non essere lecito per una società del Kuwait.

E certamente l'anno scorso ha creato grande sconquasso sui mercati l'Aaoifi, uno dei principali organi islamici di controllo, nello stabilire che l'85 per cento delle obbligazioni islamiche (ovvero quelle emesse tramite strutture murahaba e musharaka) non erano lecite perché prevedevano un prezzo di rimborso predeterminato e non basato sul valore di mercato. "Siccome il principio della condivisione delle perdite e dei guadagni non funzionava, i sukuk hanno finito per essere sempre più simili a dei veri bond, al punto che alcuni saggi hanno stabilito che l'innovazione finanziaria si fosse spinta troppo in là", spiega Haider Ala Hamoudi, professore all'Università di Pittsburgh e consigliere finanziario dell'ambasciata Usa in Iraq: "Nella maggioranza dei casi la differenza tra finanza tradizionale e islamica è più retorica che realtà, perché il tasso di interesse è mascherato ma non cancellato". Con delle eccezioni, destinate ad avere sempre più successo. Tra queste il leasing finanziario (ljara) e, più in generale, le forme di finanziamento al credito. Per la gioia dei consumatori musulmani più devoti.

[13-11-2009]



Siamo un mondo di peccatori.
In Europa facemmo ricorso a Shylok, ma potevamo accontentarci di una doppia compravendita :D.


rating di Dubai World?
Dubai, rischio default per colossi statali, balzano cds | Business | Reuters
 
Ho sentito questa mattina la TG5 la notizia secodo la quale il governo di Dubai avrebbe dichiarato che è pronto a far fronte all'indebitamento della società immobiliare avete conferme a questa notizia? Vedendo l'apertura dei mercati mi sembra una bufala.
 

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