«non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale. (...) Nel lungo termine, la prostituzione andrebbe piuttosto eliminata. A questo risultato non si dovrebbe giungere, però, punendo la persona dedita alla prostituzione, perché in tal modo si finirebbe per colpire due volte quelle che sono in realtà vittime del sistema sociale; e neppure punendo il cliente, perché così si scaricherebbe sul semplice fruitore della prestazione una responsabilità della quale dovrebbe farsi carico lo Stato. L'obiettivo dovrebbe essere conseguito invece, da un lato, rimovendo le cause sociali della prostituzione; dall'altro, reprimendo severamente le attività ad essa collegate - quali l'induzione, il lenocinio, lo sfruttamento o anche il semplice favoreggiamento (le "condotte parallele") - così da non consentire alla prostituzione di svilupparsi e di proliferare.»