mototopo
Forumer storico
PADOAN E LA SPESA PUBBLICA: I TECNICONI-ESPERTOLOGI IN FUORIGIOCO (ma la
5. Insomma, il fiscal compact, secondo la Commissione UE, è un canovaccio da applicare solo all'Italia.
O alla Grecia.
Spedendo inevitabili lettere, memorandum e moniti, accigliati e sussiegosi, da parte di personaggi assolutamente improbabili che, però, si aspettano di essere presi sul serio dai nostri media; e ci riescono.
E va considerato che, mi piace rammentarlo, nel nostro universo mediatico, i fatti sono un optional e, come diceva Caffè, il "ricatto dell'appello allo straniero" è il metodo di governo italiano instauratori non appena è stata emanata la Costituzione del '48; per vanificarla e colpevolizzarci.
Da notare che questa classifica della spesa pubblica pro-capite si riferisce al 2013, avendo nel frattempo, ad es; la Spagna, avuto tutto il tempo per aumentare la propria spesa pro-capite in forza di altri due anni di deficit, come vedrete subito sotto, e per una media di 2 punti di PIL all'anno di variazione incrementale rispetto all'Italia.
Ovviamente ciò non vuol dire che tale spesa sia stata "sociale", in Spagna, trattandosi di sgravi sul costo del lavoro e misure di aiuti alle imprese, cioè politiche supply side che servono per attirare "investitori esteri" (in sostanza perseguendosi il "modello Irlanda" di crescita fondata sull'aumento del debito privato...fino a nuova crisi da bolla finanziaria in qualche parte del mondo globalizzato):
6. Poichè i dati che vi ho fornito, e ve ne risparmio altri, sono di fonte AMECO (cioè banca dati della Commissione UE) o FMI, questi dovrebbero essere ben noti alla stessa Commissione, quando si accinge a esternare i suoi solenni rimproveri contro l'Italia.
Allora sorge spontanea la domanda: come le scrivono le "lettere"? Sentendo prima un astrologo o basandosi sui luoghi comuni standardizzati sull'Italia, "per sentito dire" di corruzione-cricche-sprechi, che vengono inventati in Italia o ivi ridiffusi con entusiasmo dalle "classifiche" delle ONG finanziate da Soros?
Ma forse questa non è la domanda più importante.
Il punto sono i nostri governanti che, durante questi anni, hanno compattamente alimentato l'eco mediatica del taglio della spesa pubblica per poter tagliare le tasse. E che ancora non ci rinunciano del tutto.
Il cambio di paradigma, peraltro, cioè la resistenza "improvvisa" alla spending review "selvaggia" - che, come evidenzia persino la Corte dei conti, ha portato a un tale abbassamento del livello di funzioni e servizi publici da non poter essere ulteriormente sostenibile-, pare una necessità disperata.
Il fatto è che, seguendo i desiderata dell'UEM, in primis dell'impostazione continuamente richiamata da Draghi, le riforme strutturali, cioè la svalutazione interna salariale (quella che non basta a Salvati perché ne vuole molta di più), le abbiamo intraprese.
Con un piccolo particolare che possiamo vedere descritto qui, come immediato effetto del Jobs Act (e siamo solo agli inizi del "processo" di aggiustamento innescato):
7. Cosa vuol dire?
Significa che la base contributiva della maggior componente del gettito fiscale dello Stato, cioè le ritenute alla fonte sul lavoro dipendente, tenderà INESORABILMENTE a ridursi; e con ciò le entrate dovrebbero diminuire.
Se a questo effetto di medio-lungo periodo, determinato dalle riforme strutturali considerate più importanti, si aggiungesse anche un ulteriore taglio della spesa pubblica, ciò vorrebbe dire qualcosa di socialmente pauroso.
Oltre che sancire un'enorme difficoltà a far quadrare i conti e specialmente, a realizzare un avanzo primario di bilancio nella misura voluta dall'€uropa per rispettare il fiscal compact.
Di fatto, questa tendenza delle retribuzioni - non solo, si noti, cadono i compensi orari, ma anche il numero di ore lavorate, essendo in costante diffusione il part-time involontario e i famosi vouchers- porta al simultaneo scenario di una netta mancata ripresa dei consumi; o, in alternativa, alla crescita esponenziale di credito al consumo, ma di quello che diviene diffusamente sub-prime, cioè non restituibile, innnescandosi sulla "crisi bancaria" indotta dall'omonimo "Unione" in odore continuo di bail-in.
8. Infatti, in questa situazione, il trend dei "conti in ordine" dovrebbe essere quello amato da Boeri, cioè ulteriore taglio delle prestazioni pensionistiche, e accelerazione della disattivazione del servizio sanitario pubblico universale, tagliato nei trasferimenti alle Regioni in maniera costante e tanto più rilevante, in termini reali, quanto più la popolazione anziana accresce il suo peso demografico percentuale.
Per compensare le minori entrate e "avere i conti a posto" (per l'€uropa), secondo il trend del mercato del lavoro che si sta consolidando, dunque, occorrebbe intensificare la tassazione, cioè inasprire e non attenuare le aliquote sul lavoro; oppure, tagliare drasticamente la spesa pubblica in sanità, pensioni, servizi sociali e infrastrutturali sul territorio e via dicendo.
Torme di pensionati/e sotto il livello minimo di sussistenza, (e private della pensione di reversibilità, com'è ormai inevitabile), sarebbero senza prestazioni curative decenti e gratuite, mentre i disoccupati - cioè, i potenziali licenziabili senza remore, inclusi i contratti a tempo indeterminato una volta finito l'effetto degli sgravi contributivi-, e i precari e i part-time involontari, non sarebbero certo in grado di pagare i premi delle assicurazioni private sanitarie e previdenziali (a tacer d'altro).
Vi pare una situazione senza via d'uscita? Padoan, probabilmente, se ne rende conto benissimo.
La Commissione UE, di certo dispone dei dati per comprenderlo.
Ma nessuno pare demordere da questa tendenza: dire che bisogna rallentare e rimodulare la spending review, orientandola su sprechi e "riforme strutturali" della p.a., non cambia di molto questo futuro orwelliano in cui siamo proiettati: al massimo lo ritarda o lo attenua leggermente.
Eppure una via d'uscita molto semplice, almeno sul piano della comprensione economica, esiste...
5. Insomma, il fiscal compact, secondo la Commissione UE, è un canovaccio da applicare solo all'Italia.
O alla Grecia.
Spedendo inevitabili lettere, memorandum e moniti, accigliati e sussiegosi, da parte di personaggi assolutamente improbabili che, però, si aspettano di essere presi sul serio dai nostri media; e ci riescono.
E va considerato che, mi piace rammentarlo, nel nostro universo mediatico, i fatti sono un optional e, come diceva Caffè, il "ricatto dell'appello allo straniero" è il metodo di governo italiano instauratori non appena è stata emanata la Costituzione del '48; per vanificarla e colpevolizzarci.
Da notare che questa classifica della spesa pubblica pro-capite si riferisce al 2013, avendo nel frattempo, ad es; la Spagna, avuto tutto il tempo per aumentare la propria spesa pro-capite in forza di altri due anni di deficit, come vedrete subito sotto, e per una media di 2 punti di PIL all'anno di variazione incrementale rispetto all'Italia.
Ovviamente ciò non vuol dire che tale spesa sia stata "sociale", in Spagna, trattandosi di sgravi sul costo del lavoro e misure di aiuti alle imprese, cioè politiche supply side che servono per attirare "investitori esteri" (in sostanza perseguendosi il "modello Irlanda" di crescita fondata sull'aumento del debito privato...fino a nuova crisi da bolla finanziaria in qualche parte del mondo globalizzato):



6. Poichè i dati che vi ho fornito, e ve ne risparmio altri, sono di fonte AMECO (cioè banca dati della Commissione UE) o FMI, questi dovrebbero essere ben noti alla stessa Commissione, quando si accinge a esternare i suoi solenni rimproveri contro l'Italia.
Allora sorge spontanea la domanda: come le scrivono le "lettere"? Sentendo prima un astrologo o basandosi sui luoghi comuni standardizzati sull'Italia, "per sentito dire" di corruzione-cricche-sprechi, che vengono inventati in Italia o ivi ridiffusi con entusiasmo dalle "classifiche" delle ONG finanziate da Soros?
Ma forse questa non è la domanda più importante.
Il punto sono i nostri governanti che, durante questi anni, hanno compattamente alimentato l'eco mediatica del taglio della spesa pubblica per poter tagliare le tasse. E che ancora non ci rinunciano del tutto.
Il cambio di paradigma, peraltro, cioè la resistenza "improvvisa" alla spending review "selvaggia" - che, come evidenzia persino la Corte dei conti, ha portato a un tale abbassamento del livello di funzioni e servizi publici da non poter essere ulteriormente sostenibile-, pare una necessità disperata.
Il fatto è che, seguendo i desiderata dell'UEM, in primis dell'impostazione continuamente richiamata da Draghi, le riforme strutturali, cioè la svalutazione interna salariale (quella che non basta a Salvati perché ne vuole molta di più), le abbiamo intraprese.
Con un piccolo particolare che possiamo vedere descritto qui, come immediato effetto del Jobs Act (e siamo solo agli inizi del "processo" di aggiustamento innescato):

7. Cosa vuol dire?
Significa che la base contributiva della maggior componente del gettito fiscale dello Stato, cioè le ritenute alla fonte sul lavoro dipendente, tenderà INESORABILMENTE a ridursi; e con ciò le entrate dovrebbero diminuire.
Se a questo effetto di medio-lungo periodo, determinato dalle riforme strutturali considerate più importanti, si aggiungesse anche un ulteriore taglio della spesa pubblica, ciò vorrebbe dire qualcosa di socialmente pauroso.
Oltre che sancire un'enorme difficoltà a far quadrare i conti e specialmente, a realizzare un avanzo primario di bilancio nella misura voluta dall'€uropa per rispettare il fiscal compact.
Di fatto, questa tendenza delle retribuzioni - non solo, si noti, cadono i compensi orari, ma anche il numero di ore lavorate, essendo in costante diffusione il part-time involontario e i famosi vouchers- porta al simultaneo scenario di una netta mancata ripresa dei consumi; o, in alternativa, alla crescita esponenziale di credito al consumo, ma di quello che diviene diffusamente sub-prime, cioè non restituibile, innnescandosi sulla "crisi bancaria" indotta dall'omonimo "Unione" in odore continuo di bail-in.
8. Infatti, in questa situazione, il trend dei "conti in ordine" dovrebbe essere quello amato da Boeri, cioè ulteriore taglio delle prestazioni pensionistiche, e accelerazione della disattivazione del servizio sanitario pubblico universale, tagliato nei trasferimenti alle Regioni in maniera costante e tanto più rilevante, in termini reali, quanto più la popolazione anziana accresce il suo peso demografico percentuale.
Per compensare le minori entrate e "avere i conti a posto" (per l'€uropa), secondo il trend del mercato del lavoro che si sta consolidando, dunque, occorrebbe intensificare la tassazione, cioè inasprire e non attenuare le aliquote sul lavoro; oppure, tagliare drasticamente la spesa pubblica in sanità, pensioni, servizi sociali e infrastrutturali sul territorio e via dicendo.
Torme di pensionati/e sotto il livello minimo di sussistenza, (e private della pensione di reversibilità, com'è ormai inevitabile), sarebbero senza prestazioni curative decenti e gratuite, mentre i disoccupati - cioè, i potenziali licenziabili senza remore, inclusi i contratti a tempo indeterminato una volta finito l'effetto degli sgravi contributivi-, e i precari e i part-time involontari, non sarebbero certo in grado di pagare i premi delle assicurazioni private sanitarie e previdenziali (a tacer d'altro).
Vi pare una situazione senza via d'uscita? Padoan, probabilmente, se ne rende conto benissimo.
La Commissione UE, di certo dispone dei dati per comprenderlo.
Ma nessuno pare demordere da questa tendenza: dire che bisogna rallentare e rimodulare la spending review, orientandola su sprechi e "riforme strutturali" della p.a., non cambia di molto questo futuro orwelliano in cui siamo proiettati: al massimo lo ritarda o lo attenua leggermente.
Eppure una via d'uscita molto semplice, almeno sul piano della comprensione economica, esiste...