baleng
Per i tuoi meriti dovrai sempre chiedere scusa
Vorrei riprendere un argomento iniziato altrove. Per ora mi limito a riproporre qui sotto il mio intervento iniziale. Sarà però mia cura estrapolare il meglio che altri abbiano espresso e continuare poi la discussione qui (se a qualcuno interessa).
Differenza tra guardare un figurativo o un astratto
Qualcuno ha scritto che Matisse sarebbe un punto di equilibrio perfetto tra gli amanti del figurativo e quelli dell'astratto.
Io sostengo invece che al massimo si tratta di ambivalenza. Mi spiego. Ritengo che nel guardare un'opera come quadro astratto l'osservatore abbia un atteggiamento ben diverso da quello che ha chi la vede come figurativa.
Si ammetterà che i famosi lavori di Rotko danno una risposta ben diversa se li si guarda come opera astratta pura o come finestre.
Ritengo che la differenza possa consistere nell'attivazione o meno dei neuroni-specchio che sono, uscendo dall'anatomia pura, le parti del cervello che sembrano preposte al "riconoscimento" e all'empatia.
A molti di noi sarà capitato quell'episodio sconcertante, che consiste nel mostrare una tela astratta a qualcuno che subito inizia a dire: qui c'è il cielo, questo sembra un animale, ecc.![]()
Dove lui cerca una risposta a qualcosa che potremmo provvisoriamente definire come un'attivazione da parte sua dei propri neuroni-specchio, noi vedevamo un puro gioco di forme ... e anche molti pittori, che pure lasciano capire nei loro lavori astratti di essere partiti da un qualcosa di figurativo, non chiedono poi che il quadro venga vissuto se non come puro gioco di forme e colori.
La famosa scoperta di Kandinskij del quadro rovescio che era bello lo stesso (se andò davvero così) NON va intesa come un giudizio riferito all'opera, BENSì nello stesso senso dell'esempio iniziale su Matisse: l'opera permette che io la goda, ne usufruisca SIA attivando il riconoscimento (per il momento indichiamolo solo così) CHE non attivandolo, limitandomi a forme+colori (il che da un lato porta la visione ad avere analogie con quella dell'architetto, dall'altra, opposta, a somigliare a quella del musicista).
Insomma, Kandinskij non scopre\inventa il quadro astratto, ma l'atteggiamento di non-riconoscimento dell'osservatore.
Storicamente molti artisti si trovarono ad oscillare tra i due poli, creando, come ho scritto sopra, immagini astratte chiaramente derivate da una o più figure. L'evoluzione di Mondrian, in questo senso, resta esemplare. Oppure, abbiamo l'astrattismo lirico di un Singier dove fin dal titolo la figura viene richiamata ("Bagnante mattutina" ...). Ma durante il XX secolo gli artisti hanno pian piano fatto chiarezza, chi tornando a rielaborare la figura anche in modi estremi (Appel, Jorn) chi invece oltrepassando le angoscianti colonne d'Ercole dell'aggancio al reale (Burri, Max Bill, ovvero Vasarely, dove però l'aggancio al reale diviene comunque aggancio alla reazione materiale, fisica, dell'occhio).
Da questo punto di vista Warhol, Koons, Liechtenstein, Hirst rappresentano una retroguardia stordita, gutai un'avanguardia nostalgica (del gesto), e forse solo autori come Dorazio o Hartung hanno gettato il cuore oltre l'ostacolo (peraltro con risultati abbastanza relativi, talora scarsi).
Naturalmente i "neuroni specchio" continuano ad essere stimolati da opere di artisti quali Picasso, Bonnard, Licini, Morandi, che però ne ampliano il campo di attività. E non è nemmeno detto che la strada "giusta" consista nell'abbandono del "riconoscimento". Ciò che in realtà è avvenuto sinora è stata un'acrobatica abilità di vari geniacci di saltare da qui a là e viceversa. Impegno folle ed angoscioso, che pure ha fatto le proprie vittime (De Stael, suicidatosi). Unita all'opera perlopiù inconsapevole di astrattisti che credevano di creare solo il quadro astratto, ma dimenticavano che stavano creando anche l'"atteggiamento astratto".