Figurativo vs astratto. Come si crea, come si "legge" (1 Viewer)

baleng

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riporto ancora quanto scrissi
Mi torna in mente la mia esperienza in Somalia. Vi erano dei bravi artigiani che realizzavano borse in pelle. Ho un'idea, ne faccio il disegno a matita, poi lo mostro a uno di loro e gli dico di fare una borsa così.
- Così come?
- Come nel disegno.
- Ma dov'è la borsa?

Così mi resi conto che loro sapevano rifare bene una borsa reale, potevano copiare l'oggetto, ma non erano in grado di leggere un disegno, un progetto della stessa.
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In pratica, scopersi che anche il disegno è un linguaggio non universale. I nativi non lo capivano proprio. E noi diamo per scontato, invece, che lo sia. Come balorda conseguenza, il mio disegno di una borsa, per loro era un disegno ... astratto.

Anche per i sostenitori dell'universalità della musica vi è materia di riflessione. Narra l'aneddoto, che corrisponde ad una storia reale, di alcuni dignitari cinesi che assistettero alla rappresentazione di un'opera a Napoli. Dapprima l'orchestra provò gli strumenti, li accordò ecc., come si usa ancora adesso; poi si fece silenzio e l'opera incominciò, con una piccola ouverture.
Ma nella relazione che essi fecero al sovrano al loro ritorno in patria, stava invece scritto qualcosa del genere: "Entrammo in una grande sala e subito venimmo accolti da un insieme di musiche e melodie meravigliose, dolci, soavi. Poi il direttore chiese il silenzio, subito dopo si mise a gesticolare come un pazzo e cominciò un fracasso mai udito cui partecipavano praticamente tutti gli strumentisti: altri urlavano ecc ... " :noo:

Quanto al concetto di opera aperta, di cui alcuni han parlato.
Ho già scritto che anch'io ritengo non sia lecito andare in cerca di quanto l'autore non ci ha messo.
Peraltro, occorre riconoscere che non poche volte gli stessi autori credono di aver espresso complicati o profondi concetti, e pretendono che tutto il pubblico arrivi a vederli in opera. E invece l'opera vale al di là di tutti questi pseudo significati.
Che però un senso lo hanno: aiutano in privato l'artista, che può appoggiarsi ad essi per sostenere nel tempo l'ispirazione. Hanno cioè una funzione simile a quella, per esempio, delle forme musicali, quali la fuga, la sinfonia ecc.: aiutano a strutturare il lavoro.
Capire questi aspetti particolari può comunque aiutare l'ascoltatore, ma non dovrebbe essere indispensabile per apprezzare il lavoro musicale, o pittorico. Così una donna nel bagno di Bonnard ce la possiamo godere anche senza sapere che si tratta di sua moglie.

Quanto all'attività del riconoscere.
Non si è ancora ricordato quanto essa sia biologicamente importante. Ci si riconosce da piccolini essere della stessa specie della mamma ... (viceversa, esistono i casi del ragazzo-lupo, che si è riconosciuto come facente parte di un branco di lupi) ... nella foresta occorre riconoscere l'animale pericoloso e l'erba velenosa ... capire l'espressione dolce e quella aggressiva ... insomma biologicamente siamo determinati al destreggiarci tra le forme (certo, usando i vari altri sensi, odori, suoni, ma, appunto, anche la vista).
In quel linguaggio visivo in progressione che è l'arte l'uomo ha perfezionato vari dialetti, in diverse regioni, con cui "indicare" all'altro i contenuti del mondo concreto.
Ma come a un certo punto un uomo smise di camminare e si chiese come diavolo facesse a camminare, quali attività muscolari fossero implicate;
così un giorno un grande pittore spostò l'attenzione dall'oggetto rappresentato all'attività di colui che guardava, comprendendo che questa attività era molto più libera se slegata dal risultato, cioè dal riconoscere qualcosa.
Esiste un termine per descrivere un'attività di questo tipo, e il termine è "gioco". Nelle lingue anglosassoni si gioca la musica. Ora si può giocare anche la pittura.

Lo strano gioco dell'arte astratta è dunque un gioco per adulti non più in pericolo, mentre i bambini non hanno ancora gli strumenti per arrivarci, essi hanno bisogno di riconoscere, un bisogno legato alla sopravvivenza, anche se lo fanno più per esperienza di forze, di simboli, di vissuti, che per il tramite dell'osservazione obiettiva, fotografica della realtà.
Non è allora strano che una vera disponibilità verso un'arte composta di soli ritmi possa per molti essere filogeneticamente difficile. Chi riconosce nell'astratto figure che il pittore non ci ha messo, si tiene legato alla sua condizione di uomo in pericolo, obbligato a riconoscere di quali pericoli si tratti.
E' dunque necessaria una strana qualità per godere di un'opera non figurativa. Si tratta della fiducia, dovuta al fatto di non voler dare sempre un volto ai pericoli veri o presunti che ci attorniano.

Si è visto che nel XX secolo l'arte ha comunque risentito dell'aumentata velocità nella vita quotidiana, intendendo proprio i plurimi aspetti della velocità, dal viaggiare in aereo al compiere azioni più velocemente in casa, magari con l'aiuto di "supporti" tecnici..
Ho notato come l'esecuzione "sommaria" delle opere moderne, in paragone con quelle dell'antichità, abbia una relazione stretta con questo aspetto. Ugualmente, anche i tempi di osservazione del pubblico si sono velocizzati.

In effetti, in stretto rapporto con tale velocizzazione sta il fatto che, non dovendo il pittore rappresentare un quid, né l'osservatore riconoscerlo, una grossa parte (metà?) del "lavoro" viene riparmiata. Si tratta di quello che avevo definito come "rinuncia all'uso dei neuroni-specchio". E il tutto diviene più veloce di conseguenza.
Gli impacci che notiamo nello spettatore "sprovveduto" (cui sembra sempre di riconoscere qualcosa dove proprio non è questione) non si pensi che non abbiano fatto capolino anche nell'artista: qui e altrove abbiamo citato molti nomi di pittori che crearono astratto o figurativo in alternanza, ovvero inserirono nelle loro opere contemporaneamente i due aspetti.

Se però si immagina di entrare in una sala di quadri del 6/700, e poi in una identica sala, ma con appese solo opere astratte, si noterà che mediamente, se soprattutto si vuole vedere ciò che l'artista ci ha messo, il percorso della seconda verrà compiuto in minor tempo. Perché l'artista figurativo ci chiede ogni volta di resuscitare in noi, rappresentandocela come un fantasma o come uno stampo cavo, la realtà originaria che egli riprodusse. Questa è attività che chiede tempo.
Eppure, si è anche notato che già molti secoli addietro, se pur la somiglianza e la resa del reale venivano apprezzati, vi era comunque coscienza del fatto che l'aspetto della qualità artistica fosse altra cosa.
Tutto si spiega meglio pensando alla nascita della fotografia, che permise di adempiere velocemente ed economicamente ad un compito che prima la pittura si sobbarcava in toto (vabbè, l'arte: c'è anche la scultura). Sottolineo quell'economicamente: finché la stampa di fotografie non divenne un processo molto più economico, nei cataloghi (di vendite, per esempio) le opere pittoriche furono ancora illustrate facendo uso di acqueforti di riproduzione
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Bene: personalmente mi rendo conto che spesso osservo e valuto velocemente molti quadri figurativi (per es. nei mercatini), ma poi, se uno mi chiedesse quali fossero i soggetti rappresentati, balbetterei. Non lo so, o quasi. Capisco, cioè, che applico un modo di vedere che separa la rappresentazione-causa-accidentale dall'aspetto puramente artistico, ed è proprio per questo che riesco a farlo più velocemente. E' una questione di scelte: è più importante che cosa viene rappresentato oppure la qualità della rappresentazione? Per me buona la seconda: e mi concentro su quella, magari perdendo certi altri aspetti legati al soggetto, cui riservo sempre un secondo tempo eventuale (una volta presi una litografia non so di chi per certe sue qualità, solo dopo mesi accorgendomi che ritraeva un angolo assai noto di Venezia: cosa che invece fu la prima ad essere notata da chi quel pezzo ce l'ha ancora
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).

Queste osservazioni sulla velocità ci fanno, spero, vedere perché il 900 sia stata epoca di pluralità stilistica mai vista. Se poi si considera che contemporaneamente o quasi la tecnica ha messo a disposizione "perfette" riproduzioni fotografiche (e filmiche!) e disponibilità di pigmenti (in tubetto) per tutti (mentre prima la cosa era molto più laboriosa), dalle logiche deduzioni, simili a quelle fatte osservando l'influenza di aspetti sociali ecc. sull'arte, arriviamo anche ad ottenere qualche strumento che ci permetta di leggere il contemporaneo.
 

baleng

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Non è detto che vedere l'astratto comporti le stesse operazioni del figurativo meno una, il riconoscimento.
Potrebbero essercene di nuove. Che a loro volta richiedono tempo per venire espletate.
Quali sarebbero queste operazioni che l'osservatore non compie con il figurativo, ma compie invece guardando un astratto?

Per fare il punto:

Nell'opera figurativa, anche vagamente figurativa, c'è un ri-conoscimento. Si da per certo il riferimento a forme e sostanze già conosciute, appartenenti al mondo reale. Il Surrealismo presenta rispetto a ciò solo una variante, consistente nell'estensione del riconoscimento, dove solamente l'accostamento tra le parti è nuovo e spiazzante. Il Simbolismo, così come certo Surrealismo, induce, attraverso operazioni che lavorano su suggestioni e immagini di una realtà estesa oltre i normali limiti del quotidiano, a percepire presenze, sentimenti o "fantasmi" non immediatamente ri-conoscibili.
Se non sono presenti questi aspetti "oltre il visibile", la pittura figurativa sempre più appare come un invito a valutare il "come" il soggetto sia stato reso. La pennellata, i rapporti di colore, la composizione ecc. Certo, anche l'espressività dell'insieme, l'impatto, diciamo.

Nell'opera astratta, che sia informale o geometrica ecc., il percorso appare almeno in parte invertito. Prima si percepisce l'impatto di queste forme "nuove", l'espressività dell'insieme, e poi ancora la composizione, i rapporti di colore, la pennellata. Possono interessare anche i simboli - ma solo i più pregnanti, quelli che appaiono anche nei sogni, come la corona, il cappio, la croce (Paladino non è un astrattista, ma opera ad esempio molto con queste simbologie) - però sin dall'inizio si è percepito che non c'è nulla da ri-conoscere. Nemmeno si può parlare di simbolismo o surrealismo, proprio perché questi due "atteggiamenti" richiedono un riconoscimento. A questo livello di percezione si può solo parlare di "atmosfera".

Ora è chiaro perché sono rimasto deluso quando una litografia, che credevo astratta, mi si rivelò essere almeno in parte figurativa. Per leggerla dovevo dunque percorrere la strada inversa. Una confusione ...
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Riassunto provvisorio:
figurativo: 1 riconoscimento 2 (quasi contemporaneo, direi in parallelo) impatto generale 3 percezione dei singoli aspetti, come ritmo, composizione, pennellata 4 riconoscimento della "narrazione", per esempio il santo tale ha una palma in mano perché ... il ritratto in basso a destra è il donatore ... questa battaglia all'epoca fu importante perché ...

astratto: 1 impatto dell'insieme, atmosfera e contemporanea informazione che non c'è nulla da ri-conoscere 2 percezione dei singoli aspetti, come ritmo, composizione, pennellata 3 ragionamento critico su come l'autore abbia ottenuto di comunicarci queste cose.
Questo nel figurativo si può anche fare, ma è il genere stesso che rende apparentemente superflua l'operazione. Si pensi a come l'antica critica non abbia sviluppato particolari strumenti di analisi perché attenta ad aspetti più in primo piano, come la "nobiltà dello sguardo" o "il sorriso enigmatico". In pratica ci si accorgeva solo di quanto proprio non era possibile ignorare: lo sfumato leonardesco, le lontananze in azzurro, l'allungamento delle figure nel manierismo ecc., tutti aspetti legati ai soggetti, che ne modificavano + o - fortemente il riconoscimento.
A quel punto era più difficile osservare come, per esempio, la velocità di tocco di un Tintoretto stimolasse una maggiore partecipazione dello spettatore, in virtù del necessario coinvolgimento nel costruire l'immagine relativamente incompleta. E viceversa accorgersi che la perfezione di un Ingres dava al classicismo il significato di: tutto il riconoscimento è lì, tu spettatore conti poco o nulla. Mettendosi così in contrasto con il movimento della storia, che doveva assegnare sempre più compiti al soggettivo, all'io dell'uomo, e sempre meno alla realtà "oggettiva", o presunta tale.
 

baleng

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Da Silvio Ceccato – Villa Ceccato Silvio Ceccato – Villa Ceccato
Breve citazione

1960 E’ dei primi anni sessanta la partecipazione di C. all’Impresa Cibernetica del CNR, un gruppo in cui collaborarono istituti di Napoli, Pisa, Genova. Con finanziamenti del CNR e dell’Euratom C. dà l’avvio al progetto più ambizioso: un Cronista Meccanico, naturale filiazione di Adamo II, cioè una macchina che osserva e descrive gli eventi del suo ambiente costituito da un palcoscenico in cui si trovano e si muovono semplici oggetti come un bicchiere, un piatto, una mela, una tartaruga. Da un punto di vista tecnico l’apparato visivo era formato da: un sistema binoculare; un sistema fotometrico; fascetti di fibre ottiche per convogliare la luce del sistema ottico ai fotometri; tre gruppi motori-digitalizzatori per i movimenti degli obbiettivi. In questa occasione le analisi operative si estesero allo studio della percezione, in particolare per gli aspetti di rapporto fra figura e sfondo, riconoscimento del colore, e attività figurativa. In questo contesto, insieme all’l’Istituto di Cinematografia del Politecnico di Milano e all’Ing. Renzo Beltrame, C. si dedicò alla registrazione del movimento dei nostri bulbi oculari durante l’attività di percezione visiva al fine di verificare l’influenza della guida linguistica su diversi percorsi e tempi, a seconda per es. che il soggetto venisse invitato a guardare una figura in atteggiamento descrittivo o estetico. La tecnica impiegata è stata quella della cinematografia ultraveloce (1000 fotogrammi al sec.). I tracciati, non solo confermarono le ipotesi ma suggerirono anche nuovi spunti di analisi.
 

HollyFabius

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Come spesso ci hai insegnato Gino, l'artista si pone dei problemi e propone delle sue riflessioni su questi problemi.
Questa proposta ha finalità estetiche ed espressive, ed è tanto più valida quanto più autentica, almeno questo nella visione occidentale di Arte.
Come ho scritto altre volte, io penso che sia stata la nascita della fotografia a liberare gli artisti dal fardello della rappresentazione delle problematiche sulle quali lui riflette solo attraverso la figurazione. E' mutato radicalmente il senso e il significato della frase "ricerca estetica". Non più solo interrogazione nei confronti della rappresentazione della realtà quale la vediamo ma anche interrogazione sulla rappresentazione della realtà nei nostri modelli mentali.
L'uomo, nell'ultimo secolo, ha imparato che il materiale percettivo viene organizzato nella nostra mente e che questa organizzazione può essere oggetto di studio. Ha imparato che del materiale percettivo informe può produrre nella nostra mente modelli formati, organizzati. Cos'era il divisionismo se non una riflessione sulla nostra organizzazione mentale del materiale percettivo legato ai colori?
E cos'era il cubismo se non la riflessione speculare a questa ma legata alle forme?
La barra dell'arte a mio avviso non è cambiata, è sempre la "ricerca estetica" a dominare ma questa ricerca, però in un mondo che offre delle speculazioni sul visibile più complesse anche la "ricerca estetica" si fa più complessa.
In fondo se, come artista, voglio rappresentare l'equilibrio e l'armonia perché devo farlo nei vincoli stretti della figurazione?
Albers ci ha insegnato che esiste una relatività della sensazione ottica, lo stesso materiale fisico, posto in situazioni diverse, appare ai nostri occhi e alla nostra mente come diverso. Quale rappresentazione, quale linguaggio pittorico può rendere maggiormente evidente questa sua problematicità, questa sua esigenza espressiva?
La sua risposta è stata "una forma semplice sino all'estremo quale il quadrato". Ripetuta sino allo sfinimento ma con variato l'elemento sottoposta ad analisi, per ottenere il massimo dal materiale percettivo. Nel secolo precedente a lui questo non poteva venire fatto, semplicemente perché il pubblico non era maturo al punto da comprendere che non c'è valore aggiunto dalla sola rappresentazione della realtà, se voglio mostrare l'equilibrio di forme o di colori posso farlo più incisivamente tralasciando la figurazione che diventa perfino un vincolo, una limitazione da superare.
I neuroni specchio (qualunque cosa siano effettivamente) non agiscono, o forse semplicemente esistono neuroni specchi per oggetti più astratti.
Un matematico con che cosa si aiuta nelle sue analisi completamente svincolate dal fenomeno percettivo esterno? Esisteranno dei neuroni specchio slegati dall'occhio fisico ma magari legati ad un occhio interno, una struttura che riconosce similitudini e differenza non tra ciò che si percepisce ma tra ciò che si organizza mentalmente.
Si guarda diversamente un'opera astratta da una figurativa? Forse no, il processo di riconoscimento può anche essere simile se l'obiettivo è quello di arrivare a comprendere il linguaggio, il segno, di chi ha prodotto quell'opera e il senso di quella opera all'interno del viaggio di ricerca dell'artista. Forse si, se dall'opera mi aspetto solo una resa emotiva immediata ma questo certamente è fuori dal tempo, retaggio di un passato che non esiste più e che non può tornare.
 
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kiappo

Forumer storico
Come spesso ci hai insegnato Gino, l'artista si pone dei problemi e propone delle sue riflessioni su questi problemi.
Questa proposta ha finalità estetiche ed espressive, ed è tanto più valida quanto più autentica, almeno questo nella visione occidentale di Arte.
Come ho scritto altre volte, io penso che sia stata la nascita della fotografia a liberare gli artisti dal fardello della rappresentazione delle problematiche sulle quali lui riflette solo attraverso la figurazione. E' mutato radicalmente il senso e il significato della frase "ricerca estetica". Non più solo interrogazione nei confronti della rappresentazione della realtà quale la vediamo ma anche interrogazione della rappresentazione della realtà nei nostri modelli mentali.
L'uomo, nell'ultimo secolo, ha imparato che il materiale percettivo viene organizzato nella nostra mente e che questa organizzazione può essere oggetto di studio. Ha imparato che del materiale percettivo informe può produrre nella nostra mente modelli formati, organizzati. Cos'era il divisionismo se non una riflessione sulla nostra organizzazione mentale del materiale percettivo legato ai colori?
E cos'era il cubismo se non la riflessione speculare a questa ma legata alle forme?
La barra dell'arte a mio avviso non è cambiata, è sempre la "ricerca estetica" a dominare ma questa ricerca, però in un mondo che offre delle speculazioni sul visibile più complesse anche la "ricerca estetica" si fa più complessa.
In fondo se, come artista, voglio rappresentare l'equilibrio e l'armonia perché devo farlo nei vincoli stretti della figurazione?
Albers ci ha insegnato che esiste una relatività della sensazione ottica, lo stesso materiale fisico, posto in situazioni diverse, appare ai nostri occhi e alla nostra mente come diverso. Quale rappresentazione, quale linguaggio pittorico può rendere maggiormente evidente questa sua problematicità, questa sua esigenza espressiva?
La sua risposta è stata "una forma semplice sino all'estremo quale il quadrato". Ripetuta sino allo sfinimento ma con variato l'elemento sottoposta ad analisi, per ottenere il massimo dal materiale percettivo. Nel secolo precedente a lui questo non poteva venire fatto, semplicemente perché il pubblico non era maturo al punto da comprendere che non c'è valore aggiunto dalla sola rappresentazione della realtà, se voglio mostrare l'equilibrio di forme o di colori posso farlo più incisivamente tralasciando la figurazione che diventa perfino un vincolo, una limitazione da superare.
I neuroni specchio (qualunque cosa siano effettivamente) non agiscono, o forse semplicemente esistono neuroni specchi per oggetti più astratti.
Un matematico con che cosa si aiuta nelle sue analisi completamente svincolate dal fenomeno percettivo esterno? Esisteranno dei neuroni specchio slegati dall'occhio fisico ma magari legati ad un occhio interno, una struttura che riconosce similitudini e differenza non tra ciò che si percepisce ma tra ciò che si organizza mentalmente.
Si guarda diversamente un'opera astratta da una figurativa? Forse no, il processo di riconoscimento può anche essere simile se l'obiettivo è quello di arrivare a comprendere il linguaggio, il segno, di chi ha prodotto quell'opera e il senso di quella opera all'interno del viaggio di ricerca dell'artista. Forse si, se dall'opera mi aspetto solo una resa emotiva immediata ma questo certamente è fuori dal tempo, retaggio di un passato che non esiste più e che non può tornare.

Bell'intervento, sia il tuo che quello di Gino, da parte mia, cioè quella del pittore astratto / informale, ribadisco che la fotografia ha "ucciso" la pittura figurativa ( forse non la iper-figurativa ) e so già che Gino non sarà d'accordo con me... ma a me piace il gesto pittorico " libero " dai vincoli della figurazione ( anche se non la disprezzo affatto, intendiamoci ) ... è che io, ormai, non la sento più attuale. Va precisato, però, che prima di arrivare all'informale bisogna necessariamente passare dal disegno, e dalla figurazione sennò, per me, è tutto un bluff... buona serata!:)
 

baleng

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Bell'intervento, sia il tuo che quello di Gino, da parte mia, cioè quella del pittore astratto / informale, ribadisco che la fotografia ha "ucciso" la pittura figurativa ( forse non la iper-figurativa ) e so già che Gino non sarà d'accordo con me... ma a me piace il gesto pittorico " libero " dai vincoli della figurazione ( anche se non la disprezzo affatto, intendiamoci ) ... è che io, ormai, non la sento più attuale. Va precisato, però, che prima di arrivare all'informale bisogna necessariamente passare dal disegno, e dalla figurazione sennò, per me, è tutto un bluff... buona serata!:)
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Si guarda diversamente un'opera astratta da una figurativa? Forse no, il processo di riconoscimento può anche essere simile se l'obiettivo è quello di arrivare a comprendere il linguaggio, il segno, di chi ha prodotto quell'opera e il senso di quella opera all'interno del viaggio di ricerca dell'artista. Forse si, se dall'opera mi aspetto solo una resa emotiva immediata ma questo certamente è fuori dal tempo, retaggio di un passato che non esiste più e che non può tornare.

Intanto vi ringrazio di aver partecipato e per esservi sorbiti quella specie di lungo riassunto, un po' tendenzioso. E' che la discussione mi interessa, diciamo che sento di fare ricerca proprio mentre scrivo, pertanto chiedo anche scusa se potrò sembrare un po' o tanto fissato, narcisista ripetitivo ecc.
Sono convinto che ci sia ancora abbastanza da chiarire sull'argomento.
Strano comunque che l'osservazione di Fabio riportata qui io la viva in senso opposto. La interpreto così: se lo spettatore si interessa alla "grafia" dell'artista, al suo tratto elementare ed analizzabile, la pennellata o altro, compresi i vari trucchi per distinguersi dagli altri (tipo fiammiferi di Aubertin o citazioni di Donzelli), allora sta guardando l'opera come fosse un astratto, riconosce l'artista, sì, ma nessun soggetto. Viceversa, se ne ha una resa emotiva allora ha messo in atto un fenomeno di empatia (cui si collegano gli ormai qui inflazionati neuroni specchio), dunque di riconoscimento di qualcosa all'interno del manufatto artistico. :-R

Ma è ormai prassi che con Fabio si discuta con rispetto e stima, direi quasi affetto, non incontrandosi però spesso sullo specifico, probabilmente per formazione assai differente.

Kiappo, la fotografia ha certamente accoltellato la pittura, ma pare non l'abbia ancora colpita a morte in una parte vitale :barella: e quella è là che si agita producendo di tutto. Non mi piacciono di solito i nuovi cinesi, ma comunque è innegabile che i più transitino sul lungomare dell'immagine riconoscibile. Molta pittura cosiddetta astratta di oggi è di una stanchezza e ripetitività sconcertante.
All'arte concettuale non credo, ma qui si aprirebbe un discorso troppo specifico, per il momento. Poi ci sono i tentativi improvvisati di fondere il vecchio figurativo con strappi di astrattismo espressionista, ma ciò significa solo che accà cualcheduno sta alla frutta, e magari s'ammorì. :piazzista:

Comunque, forse qui non è da parlare del destino dell'arte (pittura ecc ecc) quanto piuttosto dell'operatività "mentale-rappresentativa" dell'artista prima e dello spettatore poi.
 

PPF

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Caro Gino, tutto è cominciato da una mi affermazione se ti ricordi , sostenevo che in questa opera, astrattismo e figurativo tendono a essere un unica cosa
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Cris70

... a prescindere
Ma che bella lettura.
Complimenti e un inchino a tutti :up:

Quando l'argomento verterà sul "concettuale" darò il mio contributo, tanto che Baleng voglia o meno :ihih:, ci arriverete.

E' inevitabile :noo:
 

baleng

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Provo a cambiare punto di osservazione.

In una società piuttosto elementare cioè assai povera (oggi) o assai semplice (nell'antichità) per la maggior parte del tempo l'attività visiva-oculare consiste nel riconoscere oggetti, persone, animali o vegetali. La lettura è scarsa o assente, il disegno e il progetto rari e poco elaborati, ed anche i simboli della comunicazione (cartelli stradali) sono poco presenti, quando pure esistano.
La società moderna, alfabetizzata, ci spinge invece a passar molto più tempo nel riconoscere lettere e parole, ed estrarne il significato; riempie le nostre strade di divieti di sosta e di transito :-x, limiti di velocità ( :cry: ), e simili; usa e sfrutta il disegno lineare sin dalla scuola, insegnandone l'uso nel creare immagini che "non esistono".

Ora, nella società elementare l'arte prima fa da supporto ad altre attività (religione, magia, potere) guidando la capacità di riconoscere rappresentazioni di oggetti e persone; oppure entra nel campo della vita civile e diviene decorazione. Stimola comunque quella stessa capacità di riconoscere all'applicarsi non più su di una realtà, bensì su di una rappresentazione della realtà - pur se in un primo tempo, come per i feticci, la distinzione non sia così chiara. In pratica, prende un'abilità già matura e la applica in modo nuovo. Si "chiama" già arte, ma ancora non perviene a staccare il godimento estetico dal resto delle operazioni.

Nella società ben alfabetizzata, una quantità considerevole di tempo viene spesa utilizzando il lavoro degli occhi in tutt'altro modo. Vi è un numero limitato di segni (le lettere dall'alfabeto) da riconoscere e combinare in parole e in significati. L'attività di puro riconoscimento di oggetti ecc.prende ora molto meno tempo, e dunque perde di importanza per la vita quotidiana. La scienza ci dice che nei due casi vengono usate parti differenti del cervello, destra vs sinistra, oppure esterno vs profondo o posteriore, per altri.
Pertanto, il quadro figurativo verrebbe indagato con il cervello destro, per esempio, mentre la decifrazione di un racconto sarebbe compito dell'altra metà. Naturalmente il quadro figurativo metterebbe in gioco un lavoro di "riconoscimento", Donna seduta al tavolino del bar, Corsa di cavalli, Napoleone al gabinetto :ciapet: ecc.
Si dice che la fotografia avrebbe tolto ogni valore e senso a tutto ciò. Sì? E allora, come si spiegano sia la nascita dei fumetti, posteriori alla foto, dove convivono i due tipi di riconoscimento, uniti ad una sequenza temporale che richiama il racconto, sia le innumerevoli vignette umoristiche arrivate sin sulla prima pagina dei giornali? (mentre i fotoromanzi non hanno veramente mai preso il volo). Si spiegano per il fatto che la foto non esprime il "segno" di un io, non può comunicare - se non in minima parte - un commento "teatrale" quanto un disegno.

Pertanto può ben essere che l'attività davvero assai agita dall'uomo moderno, la quale pertanto l'arte non avrebbe o non ha difficoltà a trasformare utilizzandola, sia proprio l'affermazione di un io ed il suo riconoscimento da parte dello spettatore.
Non più quindi il riconoscimento di fenomeni o esseri della natura, come nella pittura figurativa. Ma l'uso di quella capacità, che è un "senso", con la quale riconosciamo non tanto una persona, quanto il suo "modo", il suo essere io unico. Che in effetti pare sia la cosa cui artisti, collezionisti, gallerie ecc. tengono di più.

Magari su questo punto ci ritorno. Però intanto mi preme chiudere il cerchio dell'arte astratta. Che, si è notato, non richiede "riconoscimento", anzi. Ma continua ad usare la stessa parte di cervello dell'arte figurativa (a differenza, probabilmente, dell'arte concettuale e altro). L'arte astratta usualmente finisce per utilizzare o segni assai liberi, magari apparentemente confusi, o, al contrario, figure ben definite, sia geometriche che più o meno simboliche. Qualche volta tutt'e due insieme. Essa rinuncia a rappresentare delle entità "reali" (persone, piante, paesaggi ecc), e pone come entità (come sub-io, per capirci) le forme e i colori "in sé" e nei loro rapporti, un po' come in musica. Allora la capacità visiva che noi già abbiamo e che l'opera d'arte cannibalizza, cioè strumentalmente utilizza, insomma, ci fa utilizzare, quale sarà mai?
Secondo me non è neanche una sola. Infatti, nel caso di opere materiche, o "disordinate" (Jorn, Burri ...) è la nostra capacità di porre ordine e gerarchie in quanto osserviamo ad essere utilizzata, la stessa per cui scegliamo i cibi e tra i cibi, la stessa con cui scrutiamo il cielo e prevediamo il tempo, o scrutiamo il bosco e ne cerchiamo indizi per qualche nostro interesse.
Sarà poi presente un'altra abilità, che ritroviamo anche nell'arte astratta più geometrica ed ordinata, e cioè quella di saper godere di un relativo ordine, in pratica la stessa con cui creiamo l'ambiente in cui viviamo. Con tale abilità il pittore gestisce la composizione del quadro: ma lo stesso avveniva anche nel figurativo recente o antico, solo che essa veniva posta in secondo piano, mentre qui viene esaltata.
 
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baleng

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Caro Gino, tutto è cominciato da una mi affermazione se ti ricordi , sostenevo che in questa opera, astrattismo e figurativo tendono a essere un unica cosa
Ricordo benissimo, e avevo rinunciato a riportarla per più motivi: per fare sintesi, perché qui ci sei anche tu, perché non sapevo quanto fosse essenziale all'insieme del discorso, per non asfaltarmi sull'altro 3d.
Dunque grazie dell'intervento, è pure una cosa bella :clap:
 

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