FINCHE' CI SARA' L'AUTUNNO, NON AVRO' ABBASTANZA MANI, TELE E COLORI PER DIPINGERE LA BELLEZZA CHE VEDO

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In primo piano la Parete del Medale del San Martino, ben nota agli Scalatori - Dietro il Coltignone
 
Ultima modifica:
Pietro Dubolino, presidente emerito di sezione della Corte di Cassazione,
spiega le ragioni di illegittimità costituzionale della disposizione inserita per decreto-legge nel codice della strada
a proposito della pubblicità lesiva dell’identità di genere.
Il suo contributo è largamente ripreso, con altro titolo e sistemazione redazionale,
da analogo, a sua firma, pubblicato dal quotidiano la Verità del 17 novembre.
Sul punto su questo sito.



Con i rottami del maestoso veliero che recava lo stendardo del Ddl Zan,
naufragato sulle scogliere di Palazzo Madama, i sopravvissuti al disastro
sono riusciti a costruire una zattera e, con essa, a toccare terra, piantandovi quindi,
a dimostrazione dell’avvenuta presa di possesso, un cartello nel quale si legge quanto segue:

“È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità
il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi
o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici,
del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale,
all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”.


È questo il testo del comma 4 bis dell’articolo 23 del Codice della strada
introdotto in sede di conversione del decreto-legge numero 121/2021,
recante disposizioni urgenti in materia, tra l’altro, di circolazione stradale.



Si tratta di una norma che potrebbe avere grosse difficoltà a passare indenne il vaglio della Corte costituzionale,
una volta che vi fosse sottoposta a seguito dell’impugnazione,
che da parte del soggetto cui si addebitasse la violazione del suddetto divieto
venisse proposta contro l’ordinanza-ingiunzione emessa per il pagamento della prescritta sanzione pecuniaria.


Va ricordato che la Corte costituzionale ha ormai da molti anni stabilito il principio
(teoricamente assai discutibile ma ormai, di fatto, indiscusso)
per cui rientra nei suoi poteri sindacare le norme introdotte con decreto-legge,
pur debitamente convertito in legge, sotto un duplice profilo:

il primo è quello della effettiva sussistenza “ab origine” del requisito della “necessità” e dell’“urgenza”,
solo in presenza del quale, ai sensi dell’articolo 77 secondo comma della Costituzione, è consentito al Governo,
“in casi straordinari”, di adottare, “sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge”,
presentandoli il giorno stesso alle Camere per la loro conversione in legge
(vedi in proposito, Corte costituzionale numero 29/1995 e numerose altre successive, fino a Corte costituzionale numeri 226/2019 e 247/2019).

Il secondo è quello concernente il requisito della cosiddetta “omogeneità”,
che le eventuali modifiche introdotte in sede di conversione debbono presentare rispetto al testo originario del decreto-legge:
per cui deve escludersi la legittimità costituzionale di tali modifiche
quando esse siano caratterizzate da una “palese estraneità rispetto all’oggetto e alle finalità” del medesimo decreto legge
ovvero da “evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione” con le disposizioni in esso originariamente contenute.

In tal senso, ad esempio, la Corte costituzionale numeri 22/2012 e 154/2015, richiamate entrambe da Corte costituzionale numero 181/2019.


Entrambi i profili assumono rilievo per la norma in questione.


In primo luogo, appare assai difficile sostenere che l’introduzione del divieto di pubblicità sopra riportato
risponda oggettivamente a una situazione di tale “straordinaria necessità ed urgenza”
da non potersi attendere che lo stesso risultato venisse conseguito mediante la procedura ordinaria di formazione delle leggi.


La “straordinaria necessità ed urgenza” esisteva quindi, nel caso in discorso,
solo nella soggettiva e del tutto ingiustificata valutazione delle forze politiche che hanno sostenuto la conversione del decreto-legge
e, apportandovi la modifica di cui si è detto, hanno per ciò stesso implicitamente affermato che essa era da considerare presente,
contrariamente ad ogni evidenza, fin dall’origine.


In secondo luogo, appare ugualmente assai difficile sostenere
che vi sia omogeneità fra l’originario contenuto del decreto-legge,
nella parte relativa alla circolazione stradale, cui si riferisce l’articolo 1,
e la modifica apportata in sede di conversione.


L’articolo 1, infatti, intitolato
Disposizioni urgenti per la sicurezza della circolazione dei veicoli e di specifiche categorie di utenti”,
conteneva inizialmente soltanto modifiche ad alcuni articoli del Codice della strada effettivamente riconducibili alle suddette finalità
e tra di essi non vi era l’articolo 23, che detta la disciplina in materia di “pubblicità sulle strade e sui veicoli”;
disciplina che risponde, d’altra parte, solo ed esclusivamente ad esigenze di sicurezza,
per cui è vietata, ad esempio, la pubblicità che possa “ingenerare confusione con la segnaletica stradale”,
ovvero “arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.


Del tutto extravagante, quindi, rispetto al contenuto e alla finalità di tale disciplina,
appare l’inserimento, nello stesso articolo 23, della norma che, come si è visto,
vieta un certo tipo di pubblicità non a causa della sua ritenuta pericolosità per la circolazione
(alla quale non si fa, del resto, il benché minimo cenno),
ma solo ed esclusivamente per il suo contenuto che si assume contrario a vere o presunte
esigenze di tutela di determinati valori etici o politici;
valori che, d’altra parte, se effettivamente meritevoli di tutela, dovrebbero essere tutelati in ogni sede
e non soltanto, quindi, quando l’offesa possa provenire da messaggi pubblicitari sulle strade o sui veicoli.


Il che potrebbe anche rendere configurabile un ulteriore profilo di incostituzionalità,
per violazione del principio di ragionevolezza, desumibile,
sempre secondo un ormai consolidato orientamento della Corte costituzionale, dall’articolo 3 della Costituzione.



Naturalmente, atteso il notevole ed ineliminabile margine di imprevedibilità di tutte le decisioni giudiziarie,
ivi comprese quelle della Corte costituzionale, non può in alcun modo darsi per certo che quest’ultima,
se investita della questione di costituzionalità della norma in questione, deciderebbe nel senso che,
avuto riguardo ai precedenti dianzi richiamati, sarebbe tuttavia lecito aspettarsi.

Ma la via per cancellare la detta norma (salva l’improbabile ipotesi che ciò avvenga a seguito di un mutamento del quadro politico)
è soltanto quella che porta al palazzo della Consulta, per cui rimane solo da sperare che qualcuno trovi il coraggio di percorrerla,
cominciando con il porre consapevolmente in atto una condotta che lo esponga alla possibile applicazione della sanzione prevista per i contravventori e dia luogo,
quindi, all’instaurazione di un procedimento di opposizione nell’ambito del quale la questione di costituzionalità possa essere sollevata.
 
Unico scopo ? Seminare il terrore.


Due anni di paura di tensione; di morti, lockdown e di disastri, e ancora non abbiamo imparato niente:

prima di allarmare il mondo su un'altra grave minaccia mortale,

prima di far suonare di nuovo la sirena dei bombardamenti,

bisogna sapere, almeno, di che cosa si parla e soprattutto di che cosa si tratta.


Omicron è la nuova variante individuata in Africa

e con cui ogni TG,
ogni giornale,
ogni newsletter,
apre in questi giorni con titoli inquietanti e spaventosi a caratteri cubitali:


"allarme mondiale, nuova pericolosa minaccia, la variante a 32 mutazioni", si salvi chi può insomma.


Poi si cerca di capire di cosa si sta parlando e come al solito si scopre l'esatto contrario,

almeno per il momento e sulla scorta degli elementi certi e reali che si hanno in questo momento:

di Omicron non solo non ne sappiamo niente,

non solo sembra essere tutt'altro che pericolosa,

ma non si capisce perchè, nonostante questo,

venga immediatamente, e comunque, classificata subito dall'OMS come: "pericolosa e preoccupante".


In Italia l'unico caso per ora riscontato di Omicron

è quello del Dirigente di una multinazionale che dopo aver fatto rientro dall'Africa
ha scoperto di essere positivo alla nuova variante.


Non ha sintomi,

sta bene,

è in quarantena a casa sua con la famiglia in "vigile attesa",

e addirittura dicono che a giorni potrebbe risultare negativo.

Il dirigente era vaccinato con due dosi, e


tutti quelli ha incontrato, prima di sapere della sua positività,

pare che non siano nemmeno rimasti contagiati.


Il punto è proprio questo:

perché allora bisogna dire che è altamente contagiosa,

altamente pericolosa,

se l'unico caso riscontrato in Italia risulterebbe esssere esattamente il contrario?

Che senso hanno quei titoli di giornale e si TG spaventosi?



Da quel pochissimo che ne sappiamo sembra proprio che Omicron potrebbe
(e qui i condizionali diventano obbligatori), addirittura essere innocua
e per niente peggiore delle altre varianti note.



Ma non si tratterebbe solo di una sensazione, o di una affrettata dichiarazione,

perchè la notizia vera,

quella che dovrebbe invece avere più peso e risalto di tutte le altre,

e quindi fare sfumare tutti i titoli strillati e privi di qualsiasi fondamento,

è quella diffusa dalla dottoressa Angelique Coetzee, Presidente dell'Ordine dei Medici del Sudafrica,

che è la scopritrice in persona della variante Omicron, e che in una intervista ha dichiarato:


"non capisco il panico,

l'allarme su Omicron è eccessivo,

ed è una reazione mondiale spropositata.

I sintomi di tutti i contagiati sono lievi,

e fino ad ora i pazienti, tutti, nessuno escluso,

sono guariti senza farmaci o complicazioni,

e nessuno di loro è stato ricoverato e

non c'è stato bisogno dell'ossigeno.

Questa assurda reazione del Mondo intero non ha alcun senso".



Viene da chiedersi allora perchè, e a cosa serva,
alimentare un panico mondiale su qualcosa che ancora non si conosce,
e che per quel poco che si sa, tutto sarebbe meno che allarmante.


La pagina che ha pubblicato l'OMS sul sito ufficiale, sembra il "cha-cha-cha" della contraddizione:

"non è ancora chiaro se l'Omicron sia più trasmissibile.

Non è ancora chiaro se l'infezione da Omicron causi una malattia più grave rispetto alle infezioni con altre varianti".

Ma l'unica cosa chiara è la chiosa tenebrosa del comunicato dell'OMS:

"Omicron è stato designato come Variante di preoccupazione".


Ma perchè?


Non è ancora chiaro niente,

e perchè l'unica chiarezza deve essere quella che il Mondo debba preoccuparsi lo stesso?


Non sono stati forse abbastanza 700 giorni di destabilizzazione planetaria,

di crisi psicologiche,

di ansie,

di tormenti,

di dolore?


Se non è ancora chiaro niente, bisogna aspettare prima di dire al Pianeta di preoccuparsi,
perchè per preoccuparci siamo ormai, purtroppo, tutti quanti più che pronti e più che tristemente abituati e rassegnati.


Stanno cercando di motivare la corsa ai vaccini con ogni mezzo: ma non così.


Perchè così si perde credibilità,

e si alimentano reazioni avverse,

specialmente per chi pensa

e si fa domande corrette.


Ma ormai da due giorni il "Festival delle contraddizioni" è iniziato,

e quello parallelo dei paradossi anche, e come miglior tradizione obbliga: "che vinca il migliore", come sempre.


Ma a questo giro probabilmente non vincerà proprio nessuno, uno a uno stiamo perdendo tutti.


Chi la salute,

chi il lavoro,

chi la faccia

e chi la credibilità.
 
C'è poco da dire. Sar cov 2 è simile all'influenza, solo che il vaccino
dell'influenza ti copre dalle mutazioni....questo no.

INFLUENZA stagionale :

Previeni per tempo l’infezione e i sintomi causati dal virus con la vaccinazione antinfluenzale,
disponibile presso i Poliambulatori di Como e Lecco.


Per la vaccinazione antinfluenzale viene somministrato il vaccino quadrivalente.


A differenza del tradizionale vaccino trivalente, che previene solo tre ceppi virali,

il vaccino quadrivalente protegge anche da un quarto virus

(due sottotipi A e due sottotipi B), assicurando così una copertura maggiore.
 
La commissione Finanze del Senato ha approvato l'emendamento del governo al dl fiscale

che proroga al 9 dicembre (termine che arriva al 14 con i cinque giorni di tolleranza)

per il pagamento della rottamazione-ter e del saldo e stralcio, previsto per oggi.



Lo confermano fonti parlamentari in una pausa dei lavori della commissione.


Più tempo per il pagamento delle cartelle sospese durante l'emergenza Covid

che l'Agenzia delle entrate ha iniziato a inviare a settembre ai contribuenti.


È stato approvato un emendamento al dl fiscale per estendere da 150 a 180 giorni, vale a dire sei mesi, i versamenti.


Lo confermano fonti parlamentari in una pausa dei lavori della commissione Finanze che sta esaminando il provvedimento.


La norma sul Patent Box nel dl fiscale rimarrà invariata,
con l'impegno del governo a riformulare la norma in legge di Bilancio.

È la soluzione, a quanto si apprende da fonti parlamentari,
prospettata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà alle forze di maggioranza
in una riunione durante una pausa della commissione Finanze del Senato, che esamina il dl fiscale.

Nelle forze di maggioranza, spiegano le stesse fonti, c'è accordo per risolvere così questo nodo,
uno dei vari punti critici su cui è stata delineata un'intesa nella riunione.


È stato approvato in commissione Finanze del Senato l'emendamento al dl fiscale del Pd
che esenta dal pagamento della tassa sui rifiuti le basiliche di San Giovanni in Laterano,
di Santa Maria Maggiore, di San Paolo e altri edifici della Chiesa.

Lo si apprende da fonti parlamentari, mentre i lavori della commissione proseguono.

"La disposizione - prevede il testo dell'emendamento - si applica per i periodi d'imposta per i quali
non è decorso il termine di accertamento del tributo nonché ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato".
 
Risale a qualche giorno fa
l’infelice uscita pubblica del ex premier nonché senatore a vita Mario Monti.

Ospite in una trasmissione su La7,
spiegando il suo parere su come gestire linformazione in tempi di pandemia, ha affermato:


“È una guerra, ma non abbiamo minimamente usato una politica di comunicazione adatta alla guerra.

Io credo che bisognerà, andando avanti questa pandemia e per futuri disastri globali della salute,

trovare un sistema che concili la libertà di espressione ma che dosi dall’alto l’informazione”.



Invitato ad argomentare ulteriormente il proprio pensiero, Monti ha aggiunto:

“Comunicazione di guerra significa che c'è un dosaggio dell'informazione.

Nel caso di guerre tradizionali è odioso perché vuole influenzare la coscienza e la consapevolezza della gente,

ma nel caso di una pandemia quando la guerra non è contro un altro Stato ma è contro un virus,

bisogna trovare delle modalità... posso dire... meno democratiche?”
.


Nessuno scandalo in studio, anzi, il professore viene invitato a continuare:

“In una situazione di guerra,

quando l'interesse di ciascuno coincide con quello di tutti,

si accettano delle limitazioni alla libertà.

Noi ci siamo abitati a considerare la possibilità incondizionata di dire qualsiasi opinione come un diritto inalienabile ma...”.



Insomma, secondo l’esimio prof. Monti, in tempo di pandemia
l’informazione deve essere gestita dall’alto, dal “governo, ispirato e nutrito dalle autorità sanitarie”.


È evidente che sarebbe del tutto inutile provare a ricordare al professore, e a quanti ne tessono le lodi,

che la Corte costituzionale ha posto un forte accento sul
rapporto tra libertà di manifestazione del pensiero e regime democratico,
affermando che la prima è “pietra angolare dell’ordine democratico” (sentenza n. 84 del 1969),
e “cardine di democrazia nell’ordinamento generale” (sentenza n. 126 del 1985).


E sarebbe anche imbarazzante dover ricordare ad un senatore della Repubblica

quanto stabilisce l’art. 21 della nostra Costituzione, ovvero che

“tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,

lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.



Però le notizie di cronaca di martedì 30 novembre, ci danno uno spunto per porre una domanda seria al professore:

quale comunicazione dovrebbe adottare il governo quando personaggi appartenenti alle alte sfere del mondo accademico scientifico espongono tesi differenti?

Ci riferiamo da un lato alle dichiarazioni rilasciate dall’ad Moderna Stephane Bancel
e dalla vicepresidente senior di BioNTech (ovvero Pfizer) Katalin Karikó,
la scienziata che ha creato l’Rna messaggero per i vaccini contro il coronavirus;
e dall’altro dalla direttrice esecutiva dell'Agenzia europea per i medicinali, Emer Cooke.


Infatti Bancel (Moderna), intervistato dal Financial Times,
ha sostenuto che gli attuali vaccini esistenti siano molto meno efficaci contro la variante Omicron
e, sempre a suo giudizio, ci vorranno mesi prima che le aziende farmaceutiche possano produrre nuovi vaccini specifici per la nuova variante.


Karikò (Pfizer), dal canto suo, si dice “non pessimista” anche se rimane cauta perché servono “tempo e dati”.
“Il vaccino probabilmente non protegge dall’infezione perché abbiamo avuto dei casi, ma forse protegge dalla terapia intensiva.
Ci sono più livelli di protezione: la positività, i sintomi, il ricovero in ospedale, la rianimazione.
Ma la situazione è in continua evoluzione, molto difficile da prevedere.
Vedo molti colleghi fare esternazioni più o meno rassicuranti ma sono solo speculazioni.
Nessuno sa con esattezza cosa accadrà”.


Di tutt’altro tono Cooke (Ema) che sostiene che “i vaccini autorizzati sono efficaci e continuano a salvare le persone da forme gravi e dalla morte.
Anche se la nuova variante si diffonderà di più, i vaccini che abbiamo continueranno a garantire protezione
”.


Caro prof. Monti, è proprio sicuro che la forma di “comunicazione di guerra” da lei auspicata
per la gestione della pandemia non sia volta ad “influenzare la coscienza e la consapevolezza della gente”?


E se invece fosse proprio questo confronto fra diverse posizioni
a rendere maggiormente fiduciose le persone nella scienza e nel metodo scientifico?

E se fossero proprio le dichiarazioni “scomode” di alcuni scienziati come quella di Karicò - lo ripetiamo - quando afferma
vedo molti colleghi fare esternazioni più o meno rassicuranti ma sono solo speculazioni. Nessuno sa con esattezza cosa accadrà
a ridimensionare il dilagare di un certo tipo di complottismo/negazionismo?


È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo,
eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.
(Winston Churchill, da un discorso alla Camera dei Comuni, novembre 1947).


Pur rischiando di scatenare le reazioni dei politicamente corretti

e di essere accusati di razzismo (sì, la cancel culture si è spinta a tanto) noi ci crediamo fermamente!
 
BUON NATALE


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Benedetto Croce, non proprio un baciapile qualsiasi, disse che noi non possiamo non dirci cristiani.


Ora, l’Unione europea vorrebbe cancellare la parola Natale in nome di un ossequioso rispetto alle altre religioni.


Visto che ci sono, gli ineffabili esponenti di questa accozzaglia di Stati a trazione integralista,
dettano altre regole di bon ton linguistico e concettuale,
introducendo divieti, raccomandazioni, consigli per un dire adeguato ad una società plurale.

Ecco perché l’Unione è un fallimento
:

invece di scrivere una Costituzione che affermi i diritti dei cittadini,

spreca il suo tempo in ridicole iniziative, che, tra l’altro, sono anche discriminatorie e negano la Storia.


No comment.


Viva l’Inghilterra.


.
 
Vi assicuro che dopo aver letto il lancio d’agenzia di ieri,
non avrei voluto commentare la notizia,
anche perché l’unico commento realmente adatto sarebbe una sequela ripetitiva d’insulti e non è la mia cifra.

Preferisco lasciare ad altri il monopolio dell’offesa reiterata in maniera compulsiva
ed adottare il filo più tagliente dell’ironia e del sarcasmo.


Perché soltanto così, forse, si può combattere la lucida follia della Commissione europea
che in un suo documento interno ha dato direttiva di non utilizzare riferimenti religiosi o nomi religiosi cristiani,
nelle comunicazioni ufficiali, quindi sostenendo come sia preferibile non usare la parola “Natale”.

Meglio invece al suo posto “periodo di vacanze” e per i nomi meglio ancora quelli “generici”, qualsiasi cosa voglia dire quest’ultima affermazione.


Ora lo sappiamo,

soltanto gli ottusi ipocriti in malafede,

i caudatari del politicamente corretto

si ostinano a negare che tutto ciò faccia parte d’un piano sempre più ferocemente attivo

volto a cancellare qualsiasi tipo di identità culturale dalla faccia,

prima dell’Europa e poi per quello che resta, se resta, del mondo.



Per cui, more solito, chi scrive dopo essere quotidianamente deliziato dal marchio di “iracondo, litigioso e attaccabrighe”
verrà fatto passare per un terrapiattista complottista,
quando invece segue il mito di Agarthi e della Terra Cava da lungo tempo.

Così siete contenti e potrete dire anche questa, tra le altre invenzioni che mi riguardano.



Ma torniamo alle linee guida che vorrebbero cancellare il Natale,
neanche fossero Il Grinch o Jack Skeletron, peraltro entrambi a me – vecchio darkettone – molto simpatici,
perché ammettendo anche per qualche istante che (e ci sarà senz’altro qualche passacarte che lo farà)
esista più d’un povero mentecatto
che compirà salti mortali tripli carpiati
per evitare la parola impronunciabile… “Natale”…
e quelli che si chiamano così?

Come caspita li chiameranno d’ora in poi quelli che di nome fanno Natale?


Nomediperiododivacanzainvernale”?

Rischiamo la secessione del Centro, Sud e Isole comprese, dal resto dell’Italia.


Ve ne rendete conto?


Ed i mercatini di queste settimane?

Come li chiameranno?

“Mercatini di quel periodo di festività vacanziere comprese da la fine di dicembre ed i primi di gennaio”?


E l’Albero di “Natale” come lo battezzeranno?

Albero silvestre che viene addobbato con tante palle colorate e lucette”?


E il recente coming out di Babbo Natale
(un tempo San Nicola ma meglio non dirlo, ché Nicola è un nome cristiano
e quindi con un solo personaggio violiamo due indicazioni della Commissione) ci porterà a chiamarlo come?

Non oso pensarlo.


Già c’è la Befana in odore di “fascismo”, “stregoneria” e quindi prossima all’inclusione Lgbt.


Cosa ci resta?

Santa Lucia la ricordano in pochi e poi è un’altra “cristiana”.

“Gesù Bambino” poi… che scherziamo?


E se poi si offendono milioni di islamici
(ai quali non importa assolutamente nulla di tutto questo, tanto che lo venerano come uno dei loro più grandi profeti)?


Non basta, mi voglio spostare sul mio terreno, quello dell’arte, soprattutto quella pittorica,
per provare a ricordare – pacatamente, sommessamente, per non disturbare le meningi atrofizzate di troppi
che dovranno cambiare i nomi e i titoli a moltissime opere d’arte, innumerevoli,
sparse tra tutti i musei del mondo, le chiese e le collezioni private, che raffigurano appunto il “Natale”.

Tanto, mi direte voi e forse un po’ di ragione l’avrete anche,
nei musei non ci va nessuno a vedere i quadri, nelle chiese pochi,
e questo già prima del Covid e del Green pass, figuratevi ora.


Come ho purtroppo già detto e scritto più volte,
il problema è duplice e sta alla base di tutte queste operazioni di azzeramento culturale,


In primis la pervicace ignoranza che però si sposa bene con l’ignoranza diffusa della popolazione,

in secundis la totale assenza di sense of humour.


Perché, se almeno di quest’ultimo,
i relatori della Commissione europea ne possedessero anche soltanto un’oncia vicino al cuore (difficile, lo so)
si renderebbero conto dell’inusitata e immane cazzata che stanno producendo.

E si sputerebbero in faccia da soli ogni volta che passano davanti a una qualsiasi superficie riflettente.


Concludendo, non ci resta che infischiarcene bellamente e altamente di quanto indicato dall’augusta Commissione

e continuare a chiamare le cose con il loro nome,

e allora Natale per dire Natale,

Cristo per dire Cristo e

Diavolo per dire che il Diavolo se li porti via tutti, in una nube di zolfo

e liberi questo mondo dagli idioti, che compiono molti più danni dei malvagi!
 
Secondo qualcuno nella Commissione Ue di Bruxelles
dovremmo smettere di augurarci “buon Natale”.

Meglio dire “buona vacanza invernale”.

Anzi meglio abolire completamente la parola Natale.


E perché?

Perché “bisogna evitare i riferimenti religiosi.


E perché?

Perché “bisogna essere sensibili al fatto che le persone abbiano differenti tradizioni religiose ed evitare di pensare che chiunque sia cristiano”.


Per la stessa ragione “meglio evitare nomi cristiani come Maria e Giovanni. Meglio Malika e Giulio”.


Non basta, “meglio evitare le espressioni signore e signora

e ogni parola con un genere definito come operaio
.


E perché?

Perché potrebbero far sentire esclusi le persone che non si sentono né maschio né femmina.


E ancora:

anche la parola “cittadino” è problematica perché potrebbe offendere e far sentire escluse “le persone apolidi e gli immigrati”.


Chi lo dice?

Lo scrive il Commissario all’Uguaglianza,

la laburista maltese Helena Dalli in un documento dal titolo

Linee guida per una comunicazione inclusiva

da lei escogitato come una specie di vademecum della neo-lingua politicamente corretta

destinata per ora ai funzionari della Commissione Ue.


Dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva,

garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti

indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale


scrive con enfasi edificante la Commissaria.



Ma il documento è solo la punta di un iceberg.


Attraverso l’unità “Uguaglianza, inclusione e diversità” facente capo alla Direzione generale per il personale della stessa Commissione,

l’Unione europea sta organizzando una sorta di “neo-lingua” a tutto il personale Ue per

comunicare correttamente su questioni riguardanti la disabilità, le persone Lgbti+, la razza, l’etnia e la religione”.


Secondo la neo-lingua europea non si potrà più dire e scrivere “matrimonio gay”,

ma andrà sostituito con “matrimonio egualitario”


e non saranno ammessi i “diritti dei gay e degli omosessuali”

ma si dovrà dire “trattamento equo, paritario”.


Da scordarsi ovviamente anche il “sesso biologico”

(molto meglio “sesso assegnato alla nascita”)

e il cambio di sesso, da preferire invece il termine più corretto “transizione di genere”.



Si comincia con i funzionari europei.


Ma poi si prevede di diffondere il codice linguistico a tutti i cittadini europei.


La neo-lingua politicamente corretta, nata negli Usa negli anni ’70 del Novecento,
procede nel suo cammino e ha già conquistato i vertici dell’Ue.


La scoperta del documento da parte del quotidiano Il Giornale
ha già scatenato una bufera di reazioni avverse,
soprattutto tra i leader politici di centrodestra.

“Ora basta: la nostra storia e la nostra identità non si cancellano”.

“Una follia”.


In effetti la neo-lingua “inclusiva”, in nome dell’inclusione delle minoranze,
sembra piuttosto intesa a escludere e offendere la maggioranza degli europei:


coloro che si sentono almeno culturalmente cristiani

e le ampissime maggioranze di persone che si identificano in maschi o femmine.



In nome del rispetto per le tradizioni e le identità dell’altro e del diverso
secondo i chierici del politicamente corretto
gli europei dovrebbero rinunciare alle proprie tradizioni e alle loro identità;
e rinnegarle, rinnegando se stessi.


Non è un po’ troppo?

Ma l’Ue non dovrebbe difendere i suoi cittadini, le loro tradizioni, la loro cultura?

Non dovrebbe anche dare sostanza alla cittadinanza europea accanto a quella nazionale?

Ma come può farlo se vuole bandire come discriminatoria persino la parola cittadino?


L’Ue vuole non offendere nessuno e includere tutti, tranne i suoi stessi cittadini e le loro libertà:

a cominciare da quella di espressione.


E poi qualcuno si sorprende del fatto che in Europa ci siano tanti euroscettici e “sovranisti”!
 

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