FINCHE' CI SARA' L'AUTUNNO, NON AVRO' ABBASTANZA MANI, TELE E COLORI PER DIPINGERE LA BELLEZZA CHE VEDO

Da un po' di tempo, in tv non sento più citare il nome Inghilterra.
Ora va di moda l'Austria.

.....ops........non tira più.




Nel Regno Unito il lockdown non esiste:

niente mascherine,

niente limitazioni a ristoranti e luoghi pubblici,

telelavoro possibile, ma con accordo fra lavoratore e datore di lavoro.

Il covid sembra passato.

Eppure non è che non ci siano dei casi.


Vediamo come sta andando la situazione in UK

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Casi significativi, ma i decessi sono assolutamente sotto controllo:

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Quali sono i segreti del Regno Unito?

  • Prima di tutto la fortuna, si fa per dire, della variante delta anticipata.
  • Questa si è diffusa notevolmente prima che negli altri paesi
  • e si calcola che il 14% dei britannici sia immunizzato naturalmente, cioè si sia ammalato e guarito;

  • in secondo luogo gli inglesi hanno iniziato la vaccinazione prima e con un mix diverso rispetto agli altri paesi.
  • Molti hanno fatto anche la terza dose, sempre su base volontaria, e questo potrebbe aver avuto il suo effetto.


  • Sarebbe interessante conoscere se il diverso mix vaccinale,
  • con un uso più ampio di Astra Zeneca (100 milioni di dosi) abbia avuto anche un effetto.
Comunque due fatti sono sicuri:

mentre l’Europa continentale sta ancora barcamenandosi
fra vaccinazioni obbligatorie, green pass e lockdown,
il Regno Unito si è messo tutto alle spalle.

Continua la campagna vaccinale, ma su base assolutamente volontaria, senza nessun obbligo diretto o indiretto.


Il Regno Unito quindi affronta la quarta ondata, o meglio il covid-19 endemico,
in modo completamente diverso rispetto all’Europa continentale.

Se non altro perché il Regno Unito vuole recuperare i danni economici causati dal covid-19 e dal primo lockdown.


Comunque la strada britannica è completamente diversa dalla nostra e, in questo momento, si rivela vincente.
 
Mah........da loro è inizio inverno.

Il Giappone sembra aver risolto il problema del Covid-19, anche da quello che si può leggere dal seguente grafico sul numero dei casi:

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Caratterialmente, il cittadino giapponese non ha bisogno di forti incentivi per tenere il distanziamento sociale.

Questo già aiuterebbe a spiegare l’andamento della malattia, ma c’è molto di più.

Come sottolinea Japan Times alcuni ricercato ritengono ci sia stata una mutazione nel virus che lo ha fortemente indebolito.


Il motivo principale potrebbe essere legato ai cambiamenti genetici

che il coronavirus ha subito durante la sua riproduzione, fenomeno che porterebbe a circa due mutazioni al mese
.


Secondo una teoria potenzialmente rivoluzionaria proposta da Ituro Inoue, professore presso l’Istituto Nazionale di Genetica,

la variante delta in Giappone ha accumulato troppe mutazioni nella proteina non strutturale che corregge gli errori del virus chiamata nsp14.

Di conseguenza, il virus ha faticato a riparare gli errori in tempo
, portando infine all'”autodistruzione” del virus.


Gli studi hanno dimostrato che più persone in Asia hanno un enzima di difesa chiamato APOBEC3A
che attacca i virus a RNA, incluso il virus SARS-CoV-2 che causa il COVID-19, rispetto alle persone in Europa e in Africa.


Così i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Niigata
hanno cercato di scoprire come la proteina APOBEC3A influenzi la proteina nsp14 e se possa inibire l’attività del coronavirus.

Il team ha condotto un’analisi dei dati sulla diversità genetica per le varianti alfa e delta da campioni clinici infetti in Giappone da giugno a ottobre.

Hanno quindi visualizzato le relazioni tra le sequenze di DNA del virus SARS-CoV-2
per mostrare la diversità genetica in un diagramma chiamato rete di aplotipi.

In generale, più grande è la rete, più casi positivi rappresenta.


La rete della variante alfa, che è stata il principale motore della quarta ondata giapponese da marzo a giugno,
aveva cinque gruppi principali con molte mutazioni che si ramificavano, confermando un alto livello di diversità genetica.

I ricercatori hanno pensato alla variante delta, che negli Stati Uniti - i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie -
affermano che sia più del doppio più contagiosa delle varianti precedenti
e potrebbe causare malattie più gravi nelle persone non vaccinate, con una diversità genetica molto più vivace.


Sorprendentemente, hanno scoperto che era vero il contrario.


La rete degli aplotipi aveva solo due gruppi principali
e le mutazioni sembravano fermarsi improvvisamente nel mezzo del suo processo di sviluppo evolutivo.

Quando i ricercatori hanno continuato a esaminare l’enzima correttore di errori nsp14 del virus,
hanno scoperto che la stragrande maggioranza dei campioni di nsp14 in Giappone
sembrava aver subito molti cambiamenti genetici nei siti di mutazione chiamati A394V.


Siamo rimasti letteralmente scioccati nel vedere i risultati“, ha detto Inoue al Japan Times.

“La variante delta in Giappone era altamente trasmissibile e aveva escluso le altre varianti.
Ma man mano che le mutazioni si accumulavano, crediamo che alla fine sia diventato un virus difettoso
e non sia stato in grado di creare copie di se stesso.
Considerando che i casi non sono aumentati,
pensiamo che ad un certo punto durante tali mutazioni si sia diretto dritto verso la sua estinzione naturale
. ”


La teoria di Inoue, sebbene innovativa, sosterrebbe la misteriosa scomparsa della diffusione della variante delta in Giappone.

Mentre gran parte del resto del mondo con tassi di vaccinazione altrettanto elevati,
tra cui la Corea del Sud e alcuni paesi occidentali, soffre di ondate record di nuove infezioni.

Il Giappone sembra essere un caso particolare in quanto i casi di COVID-19 sono rimasti contenuti
nonostante i treni e ristoranti si siano riempiti dopo la fine dell’ultimo stato di emergenza.


Forse i giapponesi sono veramente geneticamente superiori o, semplicemente, il virus è destinato a scomparire.
 
Bellissimo....in neretto dove ci vogliono portare. Riflettete gente, riflettete.


Molti parlano di blockchain, che è la tecnologia di database che è alla base delle valute virtuali,
ma pochi sanno effettivamente cosa sia, come funzioni, e come, soprattutto, investire in questa promettente tecnologia.

Prima di tutto ecco l’infografica introduttiva di Visual

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L’uso della tecnologia Blockchain presenta alcuni vantaggi: uno di questi è la decentralizzazione,
il che significa che nessun singolo utente o gestore ha il controllo su tutti i dati.

Per capire perché questo è importante, considerate un database tradizionale
in cui gli utenti archiviano i propri dati su un server centrale.

Il server è infine controllato da un’unica entità con l’autorità di modificare o eliminare i dati.

Nel caso in cui questa autorità venga compromessa, gli utenti del database possono essere a rischio.

Una blockchain, d’altra parte, è distribuita tra molti partecipanti in una rete peer-to-peer.

Ciò significa che tutti gli utenti svolgono un ruolo nella verifica dell’integrità del database, nonché nella verifica delle nuove aggiunte.


Inoltre, le blockchain sono progettate con una struttura di sola aggiunta.

Ciò significa che gli utenti possono solo
A) cercare e recuperare dati dalla blockchain; e
B) aggiungere più dati sulla blockchain.

Nessuno può cancellarli senza violare la struttura della Blockchain

Una blockchain è composta da “blocchi” che contengono tre elementi.


Innanzitutto, ci sono i dati stessi.

Nel caso di Bitcoin, questo include tutte le informazioni rilevanti per una determinata transazione come data e quantità.

Il secondo è l’hash del blocco, un valore univoco che identifica il blocco e il suo contenuto.
Per Bitcoin, un hash assume la forma di un numero esadecimale di 64 cifre,
anche se questo può essere diverso per altre blockchain.

Il terzo e ultimo elemento è l’hash del blocco precedente, ed è ciò che contribuisce alla parte “catena” della blockchain.
Questa funzione rende quasi impossibile per qualcuno manomettere i dati della blockchain,
perché la loro copia della catena andrebbe in conflitto con tutti gli altri utenti.


Vediamo ora come si può investire nella Blockchain:

  1. Digital asset mining: il mining di risorse digitali è costituito da società che elaborano transazioni su registri blockchain, incluso Bitcoin.
  2. L’elaborazione delle transazioni è nota come “mining” perché i partecipanti possono ricevere criptovaluta come compenso.
  3. Dal punto di vista delle operazioni, i cryptominer sono relativamente semplici rispetto ad altre attività.
  4. Si tratta essenzialmente di una attività di elaborazione molto costosa dal punto di vista energetico.

  5. Hardware blockchain: l’hardware per il mining è costruito da aziende ad hoc che assemblano le apparecchiature legate alla blockchain.
  6. Ciò include le unità di elaborazione grafica (GPU), che vengono utilizzate nelle applicazioni informatiche come il rendering e l’animazione.
  7. Le GPU non erano originariamente destinate all’uso blockchain (e sono in circolazione da molto più tempo),
  8. ma le loro elevate velocità di elaborazione le rendono adatte al mining.
  9. Oggi, i cryptominer stanno passando a chip ASIC (Application-Specific Integrated Circuit) progettati esclusivamente per il cryptomining.
  10. L’utilizzo di questi chip è fondamentale per massimizzare il tasso di hash e la redditività, cioè in generale l’efficienza.

  11. Transazioni Blockchain: la categoria delle transazioni blockchain include aziende che gestiscono piattaforme di trading di asset digitali.
  12. Il segmento si sta evolvendo rapidamente man mano che le aziende nuove ed esistenti entrano nello spazio.

  13. Società che sviluppano applicazioni blockchain: questo segmento è il più ampio dei quattro e include qualsiasi software o servizio che utilizza blockchain.
  14. In molti casi, la blockchain può essere utilizzata per migliorare le nostre industrie esistenti.
  15. Ad esempioIBM Food Trust, una blockchain progettata per creare una catena di approvvigionamento alimentare più efficiente e sostenibile.


  16. La Blockchain può essere utilizzato anche per progetti più ambiziosi, come la creazione di un metaverso.

  17. Sebbene sia ancora in gran parte concettuale, un metaverso è un mondo digitale a cui si accede tramite la realtà virtuale.

  18. In esso, le persone sarebbero in grado di lavorare, giocare, socializzare e consumare i media.
Attualmente si può anche investire in queste interessanti tecnologie attraverso strumenti finanziari più sofisticati, come gli ETF.
 
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La tecnologia va avanti, ma, mentre alcuni linguaggi di programmazione sembrano eterni, alcuni sono destinati a sparire.

Grazie a Lidia Rodriguez vi presentiamo i cinque programmi (o piattaforme di programmazione)
destinati a sparire in un futuro molto prossimo.

Al contrario altri linguaggi, come il C resteranno essenziali anche in futuro.


Eccovi la lista dei morituri:

  • VISUAL BASIC e VISUAL BASIC .NET:
  • Microsoft si liberò di Visual Basic 6 Microsoft e ha lanciato il programma VisualBasic .NET, ma la transizione è stata problematica.

  • Visual Basic nasce nel 1991 da un’integrazione di Basic con la parte grafica sviluppata da Alan Cooper,
  • e quindi ottenendo un linguaggio per oggetti più complesso.

  • Ma hanno poi sviluppato C#, che ne è diventato il nuovo standard.

  • Allora i programmatori di Microsoft hanno sviluppato Visual Basic in VisualBasic .NET con un codice che imitava C#.

  • Alla fine però C# ha vinto e VisualBasic va verso l’estinzione.

  • DELPHI:
  • Delphi, non è che Pascal a cui è stata aggiunta la programmazione per oggetti, si avvia verso il tramonto.

  • Embarcadero sta tentando di supportarlo e nuove versioni sono ancora in fase di rilascio,
  • ma errori strategici della Borland lo avviano all’estinzione.

  • Per cominciare, hanno cambiato il loro nome in Imprise, senza motivo, e il cambiamento non ha funzionato .

  • Poi hanno separato gli strumenti di database da quelli di programmazione.

  • Questi ultimi sono stati ribattezzato CodeGear, ma per qualche ragione,
  • la gente ha iniziato a sospettare che qualcosa non andasse: c
  • ambi di nome e di strategia senza senso hanno scoraggiato i programmatori che si sono stufati.

  • PEARL:
  • c’era un tempo in cui tutti programmavano in Perl, ma poi è successo qualcosa.

  • I creatori hanno iniziato ad accumulare funzionalità sempre più potenti senza capire il perché.

  • Anche i suoi autori sembrano aver capito (implicitamente) che qualcosa non andava in Perl
  • e hanno deciso di fermare lo sviluppo di Perl6, iniziato nel 2000.

  • Ora nessuno lo vuole più.

  • ADOBE FLASH:
  • Non stiamo parlando di un linguaggio, ma di una piattaforma.
  • La fine di Adobe Flash è stata probabilmente iniziata quando Steve Jobs
  • ha deciso di non utilizzare questo linguaggio nei dispositivi mobili di Apple (ad Apple).

  • Se una delle nuove piattaforme, come il tablet Apple, non supporta le app Flash,
  • gli sviluppatori saranno obbligati a crearle in Javascript, HTML5
  • o qualsiasi altra piattaforma approvata da Apple.

  • Di conseguenza, Flash, nonostante i suoi continui progressi, è stato progressivamente abbandonato.

  • RUBY:
  • Ruby era di gran moda circa 10 anni fa.
  • Ha guadagnato un seguito immediato dopo il suo debutto nel 1995.
  • Purtroppo si è rivelato inefficiente.

  • Anche Twitter lo ha utilizzato per un po’, salvo liberarsene quando si è rivelato troppo problematico.
 
Ha detto una cosa di una banalità elementare. Incontrovertibile.

Faccio il tampone. Certifica che non sono positivo. Tutto ok.

Faccio il siero. Non mi controlla nessuno. Sono positivo. Infetto.




Marco Cosentino bannato per 30 giorni da Facebook

per aver detto che chi si fa il tampone garantisce di più la non trasmissione del virus

rispetto a chi gira vaccinato con green pass semestrale.

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E del resto Marco non ha competenze specifiche rispetto agli addetti alla censura di Facebook.

È solo medico, ricercatore e prof di Farmacologia Medica.


Siete sicuri che siamo in democrazia?
 
Ps: non sono io.


Anno 1977.
Prima Liceo scientifico di una graziosa cittadina ligure, cattocomunista,
(sia la cittadina, sia l’istituto scolastico).

Insegnante di Lettere, tronfia della propria ideologia marxista,
decide di “indottrinare” gli “ignoranti” studenti della propria classe,
offrendo gentilmente loro la propria biblioteca personale,
dalla quale attingere le fonti della letteratura italiana.

Tutti accettano tranne uno.

Sì, il solito bastian contrario, il solito anarcoide, il solito ad andare controcorrente,
il solito Dalmazio, subito quindi marchiato come “fascista”.

“Fascista” semplicemente perché già allora il sottoscritto leggeva
– e dai su, Internet non c’era e avevamo soltanto la carta stampata,
la tv, la radio e il cinema se volevamo sapere qualcosa che esulasse dalla “formazione scolastica” –
una mole di libri e di altro, nettamente superiore non solo a quella letta dai suoi compagni di classe,
ma di sicuro anche di quella vantata dall’insegnante stessa.

Semplicemente il sottoscritto aveva deciso di pensare da individuo libero
e scegliere le proprie letture – giuste o meno che fossero – senza farsele imporre da nessuno.

Né di destra né di sinistra, ne confessionale né ateo.

Questo e altre ribellioni mi valsero la bocciatura della quale vado fieramente orgoglioso ancora oggi.


Oggi, anno 2021, è notizia ormai diffusa del voler abrogare, abolire, cancellare,
obliterare, la prova scritta d’italiano all’esame di maturità.


Non potevamo che giungere a questo punto di non ritorno, cosa vi aspettavate?


Quale miglior metodo di Governo distopico,

di dittatura morbida come la carta igienica a quadruplo strato di pura cellulosa,

di quello che crea soltanto una fonte di “cultura” e d’informazione basata sui media digitali,

televisivi e cartacei, abilmente pilotati?


Togliere la lettura, obliare i libri e la carta stampata libera,

è il primo passo verso l’imposizione del pensiero unico


e a qualcuno questo forse potrebbe ricordare

non soltanto il rogo dei libri “immorali” compiuto durante il Terzo Reich,

ma anche il caso di una certa Ipazia uccisa per aver voluto essere libera nel proprio pensiero.


Sì, perché esiste una grande differenza tra essere “liberi pensatori”

e “pensatori liberi” e questi ultimi, l’attuale liquida e inclusiva società,

li rifiuta e li condanna a una vera e propria morte civile.



Togliamo dunque il “tema” anche dalla maturità – io che alla mia feci anche quello di altri due miei compagni –
togliendo così qualsiasi forma di educazione al pensare, oltreché allo scrivere in un italiano che sia degno di tale nome
e non un coacervo di errori sintattici da prima elementare, così come troppo spesso si vede anche in persone che vantano master e dottorati.

Pertanto,
non leggendo,
non scrivendo,
se non i messaggi su Facebook o su Whatsapp,
si rimbecilliranno ancora maggiormente
e sempre di più le menti ancora in formazione,
retrocedendole di fatto a quelli che chi ha la mia età ricorda come i “pensierini” della Prima classe elementare.


L’Italia che è stata per secoli la patria del bello scrivere, dell’arte della scrittura,
esempio fulgido persino per i popoli di lingua non neolatina,

ancora una volta compie così un passo verso il suicidio culturale,
gettandosi nel baratro tanto agognato dell’ignoranza accogliente.

Non c’è bisogno di bruciare i libri come in Fahrenheit 451,
lo stanno già facendo rendendo la vita difficile alle case editrici,
soprattutto a quelle libere dai grandi colossi corporativi,
con una media di lettura pro capite oggi bassissima rispetto a quella,
non dico dei nostri genitori o nonni,
ma anche soltanto a quella degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.


Toglieranno dunque, forse, anche il tema,

sostituito magari da un modulario da riempire con le crocette o con le spunte,

sia mai che qualche burlone “fascista” alla crocetta unisca un cerchio

per irridere questa istituzione scolastica che negli ultimi decenni, fatti salvi rari casi,

ha prodotto la più vasta pletora d’ignoranti di ogni altro secolo.


E il primo che sento dire male del Medio Evo, giuro, lo prendo a calci nel deretano!
 
In linea generale è sempre legittimo e rientra nella prassi della diplomazia
mantenere il riserbo sui testi in fase di stesura degli accordi internazionali.

Ma nel caso del Trattato del Quirinale si potrebbe fare un’eccezione,
e valutare una qualche dichiarazione ufficiale sui suoi contenuti.

Se ne parla da quattro anni, e ora è stato reso noto che il presidente Emmanuel Macron
il 25 e il 26 novembre sarà a Roma per la firma del Trattato.

Ma l’annuncio è stato salutato da alcuni analisti ancora con qualche preoccupazione.

Su alcuni giornali economici si è data voce alla tesi che questo accordo potrebbe risultare sbilanciato per l’Italia,
che finirebbe con il regalare vantaggi competitivi alla Francia, posto che Parigi non sempre ha avuto riguardi per l’assetto finanziario italiano.

Lo si è visto – dicono gli scettici sull’accordo – nella battaglia di Vivendi per il controllo di Tim
e nel caso Fincantieri-Stx, in cui il gruppo triestino non ha potuto completare l’acquisizione degli Chantiers de l’Atlantique.


E ora che si annuncia “l’autonomia strategica” dell’Ue con lo Strategic Compass ed un nuovo esercito europeo,
c’è il rischio di una nuova rincorsa dell’industria francese ad accaparrarsi i progetti di sviluppo negli armamenti.

Per ultimo, si parla del rischio per l’italianità della Oto Melara che sarebbe in vendita alla franco-tedesca Knds.
 
Ma guarda te. Si scopre un'altra volta l'acqua calda.
Perchè certi stati del nord hanno lasciato "carta libera" al virus ?



Meglio il vaccino o la guarigione?


E soprattutto:

chi ha passato l’infezione da coronavirus, superando la malattia o senza neppure sviluppare un sintomo,

deve lo stesso sottoporsi al siero anti Covid?



Le domande se le sono poste in tanti, ricercatori e non.

Diversi studi clinici, citati da The Lancet ma non solo,

certificano infatti che i guariti sono protetti dall’infezione,

e difficilmente muoiono se si ribeccano Sars-CoV-2

e soprattutto potrebbero avere un “aumento del rischio di aventi avversi” in caso di dose anti Covid.



Secondo Paolo Gasparini, membro esperto del Consiglio Superiore di Sanità,
Direttore di Genetica Medica dell’università di Trieste,

“i guariti sono immuni contro tutte le porzioni del virus

a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike (una parte del virus)”.


Un vantaggio non da poco, e non sarebbe l’unico.


“Diverse pubblicazione scientifiche dimostrano chiaramente che l’immunità naturale

è maggiore e di più lunga durata di quella determinata dai vaccini”.




Bene. Se queste sono le premesse, le domande che sorgono sono almeno due:


1. Perché vaccinare anche chi si è infettato, se ha sviluppato anticorpi “migliori” e “più duraturi”?


Dice Gasparini:

“Normalmente nei soggetti guariti da un’infezione virale

e con anticorpi circolanti non si procede ad una vaccinazione.

Non si capisce quale è il razionale per fare un’eccezione a quanto praticato nella medicina sinora

e cambiare strategia nel caso del Covid19″.


2.
Perché non valutare gli anticorpi prima di procedere con l’eventuale iniezione di Pfizer, Moderna o Astrazeneca?


In fondo, certifica Gasparini, per tutte le altre malattie virali ci si è sempre comportati in un altro modo:

“In presenza di anticorpi circolanti non si vaccina,

ma al massimo, trattandosi di una forma nuova di virosi,

si monitora nel tempo la quantità di anticorpi”
.


E solo dopo si decide come procedere.


Il discorso vale per gli adulti, cosa che in realtà non è stata fatta (i guariti sono stati indotti a vaccinarsi).


E varrà soprattutto per i bambini, che ora il governo si appresta ad introdurre al siero.


Secondo Gasparini, visto che molti pargoli potrebbero già aver contratto l’infezione senza saperlo

(“non manifesta alcun sintomo o sintomi molto blandi tipo un raffreddore”),

prima di procedere con la campagna vaccinale bisognerebbe “eseguire un test sierologico”.


L’obiettivo?

Acquisire dati epidemiologici, ma soprattutto “definire strategie vaccinali razionali“.


“ai bambini guariti si possono applicare le stesse regole che dovrebbero essere applicate ai guariti adulti

ovvero non vaccinarli ma eventualmente monitorare l’evoluzione del tasso anticorpale nel tempo”.



Anche perché i numeri sono confortanti.


“A fronte di 6.5 milioni di bambini affetti negli Stati Uniti

il tasso di ospedalizzazione varia nei vari Stati americani da 0% a 2%

mentre quello dei decessi da 0% a 0.03%.

La maggior parte dei casi ospedalizzati e la quasi totalità di quelli deceduti presentano comorbidità”.


Tradotto:

“Percentuali simili a quella dell’influenza stagionale”.



Dunque, come prescrive anche Francesco Vaia, sul vaccino ai bimbi ci vuole calma e sangue freddo.
 
Da qualche tempo, gli obbedienti giornali e canali tivù di maggiore rilevanza nazionale
stanno diffondendo articoli contro chi è contrario alla validità del passaporto verde.

La diffusione di pensieri più equidistanti dalla narrativa dominante,
renderebbe veramente democratico ed equilibrato il flusso informativo nazionale
e più dignitoso il lavoro giornalistico la cui eclisse è segnata continuando di questo passo.


Costruire dei nemici è più facile che fare informazione equanime.

Ma in questo caso è lavaggio del cervello, distonia cognitiva ben orchestrata.


Si chiama propaganda!
 

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