Tassare al 40% i rendimenti dei Btp detenuti dalle banche? Così il governo italiano scherza col fuoco
di Angelo De Mattia
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Dal Patto di Stabilità alla tassa sui presunti extraprofitti delle banche, all'introduzione del salario minimo, i tre grandi ostacoli davanti al governo di Giorgia Meloni
Tre grandi ostacoli molto impegnativi si presentano al governo in queste settimane collegati, direttamente o indirettamente, con il macigno della manovra da varare con la Legge di Bilancio. Si tratta della riforma del Patto di Stabilità, della tassa sui presunti extraprofitti delle banche e dell'introduzione del salario minimo.
La tassa
Quanto alla tassa, una conseguenza clamorosa non ancora di estesa conoscenza, di cui si possono trovare le orme in una recente dichiarazione del vicepremier
Antonio Tajani, è l'automatico assoggettamento all'imposizione anche dei rendimenti dei titoli pubblici, considerato che nella voce «30» del bilancio delle banche, insieme con il margine di interesse tra tassi attivi e tassi passivi, è compreso il rendimento dei titoli di Stato, che così sarebbe assoggettato a un prelievo del 40%. Come fare un autogol calciando un rigore nella porta avversaria.
Si è pensato a che cosa ciò significhi, per di più tenendo presente che sarebbero coinvolti pure
titoli pubblici acquistati diversi anni fa in un regime di tassi zero? E si è ragionato sulle reazioni dei mercati toccandosi materia di alta sensibilità? Non sarebbe il caso di fornire, a stralcio, pronte rassicurazioni, ferma restando l'esigenza di rivedere in profondità la tassazione? O si vuol continuare, in attesa del parere della Bce, in un dannoso braccio di ferro? L'einaudiano «conoscere per deliberare» alberga a Palazzo Chigi?
Il Patto di stabilità
Per quel che concerne invece la prima delle prove, è chiaro che essa condiziona la formazione della Legge di Bilancio e, prima ancora, la Nadef, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza che si prevede sarà esaminato dal Consiglio dei ministri intorno al 20 settembre. La revisione del Patto di Stabilità non può non partire dalla proposta della Commissione Ue che introduce in esso flessibilità e prevede la negoziazione con i singoli Paesi di percorsi di rientro con le misure da adottare per deficit e debito da parte dei partner non in regola con i vigenti parametri, i quali sono confermati. Non è confermato invece il vincolo, fissato dal Fiscal Compact, della riduzione di un ventesimo ogni anno dell'ammontare che supera il 60% del rapporto debito/pil.
Il
grado di flessibilità introdotto ceteris paribus è ritenuto inadeguato dal governo italiano. Invece, per indicare i poli delle posizioni dei partner comunitari, il governo tedesco è contrario tout court a una disciplina flessibile. È tra questi estremi che andrà trovato un punto di equilibrio in una trattativa non facile e che, almeno per il momento, è improbabile possa concludersi con la proroga della
sospensione del Patto pure per il 2024. Da un lato, l'anno prossimo i risultati delle elezioni europee potrebbero agevolare una soluzione, una volta tradottisi nella composizione della governance delle principali istituzioni continentali; dall'altro, presentarsi alla competizione per il voto senza essere stati capaci di rivedere il Patto sarebbe chiaramente una generale manifestazione di impotenza. D'altro canto, non riuscire a concordare una modifica riproporrebbe lo status quo ante, prima della sospesione; una condizione che potrebbe non piacere a diversi Paesi, forse anche alla stessa Germania.
Per l'Italia sarebbe comunque un'accentuazione delle difficoltà nella progettazione della
Legge di Bilancio. Accanto alla flessibilità da migliorare e a garanzie per il confronto con la Commissione per definire il tracciato del percorso da seguire per l'osservanza dei parametri, sarebbe opportuno prevedere una golden rule per specifiche categorie di investimenti pubblici o, in generale, per tali investimenti, fornendo tutte le garanzie di controllabilità e di rendicontazione che attestino l'effettività della decisione di investimento e non una falsa rappresentazione in quest'ultima categoria di spese correnti.
In un contesto che segnala i rischi di recessione nell'area, situazione in cui si trovano Paesi frugali leader quali l'Olanda e la Germania, è inconcepibile, considerato anche l'orientamento della politica monetaria non certo espansivo, bloccare gli investimenti nei settori della transizione. Il governo italiano, in occasione delle ultime dichiarazioni sulla ratifica del Mes-Meccanismo Europeo di Stabilità, ha ripreso la tesi del «pacchetto», che dovrebbe mettere insieme appunto il Mes, i pilastri dell'Unione Bancaria, cioè le procedure di risoluzione delle banche in difficoltà e soprattutto l'assicurazione europea dei depositi nonché la riforma del Patto in questione.
Lo scambio italo-tedesco?
Da ultimo, viene anche prospettata l'ipotesi di una
sorta di scambio tra Italia e Germania, in cui la prima potrebbe ottenere le modifiche del Patto volute e la Germania potrebbe conseguire una legislazione più permissiva sugli aiuti di Stato che finora ha erogato in percentuali nettamente superiori a quelle degli altri partner. È difficile dire se un tale bilanciamento potrà essere conseguito. Un ruolo dovrà avere anche la Spagna con la presidenza dell'Unione. Ma, a poco a poco, il carattere eminentemente politico di questa materia sale ulterioirmente di grado e pone il problema della tempestiva ricerca di convergenze il cui conseguimento muoverà molto probabilmente da quanto l'Italia sarà disposta ad aprire sul
Mes.
Comunque, occorrono chiarezza e trasparenza in merito al piano con cui l'esecutivo si appresta ad affrontare gli scogli di cui si è detto. È il momento di scelte che difficilmente possono essere procrastinate; alla fin fine, anche sul
salario minimo va ricercato un dosato equilibrio tra la soglia da fissare per legge e il ruolo della contrattazione e delle organizzazioni sindacali. Con tutto quel che bolle in pentola questa seconda parte dell'anno diventa quella della verità e della effettiva caratura del governo, innanzitutto nella politica economica e di finanza pubblica, nonché nella politica sociale. Un segnale importante sarebbe sin d'ora la suddetta assicurazione sui titolo pubblici. (riproduzione riservata)
Milano Finanza - Numero 167 pag. 14 del 26/08/2023