"Troia" è un insulto sessista, dei più eloquenti della lingua italiana.
Se una persona con un curriculum elevato, da letterario, poeta, cantautore, lo usa, non posso pensare che l’abbia usato a caso. In buona fede. Senza sapere cosa va dicendo.
Diciamo che con quell’infelice esclamazione, il cantante ha contribuito, come se ce ne fosse bisogno, non solo a consolidare l’abitudine del turpiloquio, in un paese dove già esso è all’ordine del giorno, ma quella dell’insulto sessista.
Mi impegno dal basso ogni giorno a cambiare anche il linguaggio, perché esso è il termometro della civiltà e riflette il rispetto o il mancato rispetto, il lavorare assieme o l’esclusione.
E non riesco a vederlo come una questione di forma.
Invece sostanzia benissimo una certa mentalità (non solo italiana) profondamente sessista e misogina.