per noi invece è una mazzata tra debito mostre e aziende che già prima tra tasse e poco ritorno stavano in piedi per miracolo e oltretutto non abbiamo una banca centrale che possa operare in modo indipendente ( qui sono sempre scettico che gli altri paesi ci concederanno per esempio 200/300 miliardi per fronteggiare i problemi perchè quelli sono i soldi che ci servono )
Benchè si sia indotti a ragionare, più o meno volontariamente o forzatamente, che i mercati finanziari rispecchino l’andamento dell’economia (che per sua natura, è una scienza triste), per chi osserva le borse giornalmente è di tutta evidenza che il modello originario aziende > economia > borsa, sia in corto circuito. Quello che era il meccanismo primordiale, e che continuerà ad esserlo a dispetto delle più moderne tentazioni accademiche, ossia che gli utili fanno i prezzi di borsa, sembra impolverato per effetto della potentissima enfasi con cui la finanza virtuale è riuscita ad invertire la vettorialità del ciclo economico, ora idealmente in questi termini: finanza > utili > economia > aziende.
Da finanza per l’impresa a finanza d’impresa, praticamente. Una parte esigua della nuova massa monetaria creata dalle BC, per volontà sottaciuta dalle stesse, non affluisce alle aziende ne al consumo. Se vi affluirebbe, i governatori sarebbero ben consapevoli che il tasso di interesse non sarebbe più in grado di tamponare l’esplosione dell’inflazione, e quindi sussiste un silenzioso accordo affinchè il nuovo credito che le istituzioni finanziarie ottengono dalle BC sia parcheggiato e solo in minima parte, grossomodo in proporzione non superiore al tasso di rischio di credito (15%-20 ? nemmeno a farlo apposta pari proprio al tasso di realizzo degli NPL), trasmesso alla trieste economia.
Che fine fa quella massa monetaria in eccesso ? Deve trovare impiego per essere remunerata. Il problema è che la remunerazione è fittizia, proprio perché non filtrata dall’economia reale. Diventa una remunerazione esclusivamente finanziaria e non economica. Ovvero, la moneta rimane ferma, fondamentalmente circola nelle stesse stanze, ma non cambia mai piano, non scende nel tessuto economico effettivo dal quale dovrebbe risalire con i frutti dello scambio commerciale. Se fosse una remunerazione economica, a fronte della circolazione della moneta vi sarebbe produzione di beni per effetto dello scambio monetario: una banconota da 500 dollari se passa di mano 10 volte crea 5.000 dollari di beni. Ma se ciò non succede, quei 500 dollari hanno un solo modo per trovare remunerazione: scambi di borsa. Il soggetto A compra a 10 dal soggetto B l’azione C. Il soggetto A rivende a 11 al soggetto C l’azione stessa, e la catena prosegue infinitamente. Quindi, il denaro circola sempre e solo nelle stesse stanze. Non cambia mai di piano. Di fatto è una migrazione orizzontale quando invece divrebbe essere verticale. Nel frattempo il rubinetto delle erogazioni continua ad essere aperto. Il denaro a tutti gli effetti è un liquido, che in finanza si comporta come i gas nella fisica: occupa tutto il volume che lo circonda. Se in una vasca si versa più liquido di quanto non ne defluisca dal sifone, presto o tardi tracima, o, peggio ancora, se si pompano gas in un ambiente chiuso, prima o poi deflagra tutto.
Quindi, è vero, come ha postato qualcuno oggi, che i mercati non sono certamente quelli del 1929, e nemmeno quelli dell’ottobre 1987, ma è un osservare il sistema solo da una prospettiva e non in senso integrale. Il sistema è sì evoluto, ma nell’evoluzione ha generato gli anticorpi per il passato ma non ancora per quelli per il futuro. E lo si constata proprio in questi giorni, sia nel mondo reale che in quello virtuale delle borse. I meccanismi sono tutti informatici, elaborano miliardi di algoritmi e scambi avendo a disposizione una massa monetaria potenzialmente anche superiore alla stessa capacità di assorbimento che avrebbero le borse. Basta osservare gli ultimi 15 minuti di stasera e rendersi conto che perdono il 3% in 3 candele da 5 minuti. L’unico sistema per interrompere una folgorazione finanziaria simile è staccare la spina. Ma con l’intreccio fra posizioni in derivati che lavorano anche sul tempo, algoritmi e pressioni lobbistiche, questa spina non può essere staccata, pena il rischio presumibile (di cui nessuno si vuole assumere la responsabilità) che il timore generi un onda d’urto che induca uno smobilizzo disastroso proprio di quella massa di liquidità che non trovando più una via d’uscita, tracimerebbe direttamente sui prezzi avvitandosi in un collasso superiore alla somma delle singole sedute negative di borsa.