GOLDMAN SACHS: UNA BRUTTA STORIA

grazie Merkel grazie

grazie a Lei abbiamo rinviato la nostra totale schiavitù

mentre le società di rating e il FMI si danno un gran da fare
prima in islanda poi in Ukraine ed Ungheria

ed ora il FMI cerca di "aiutare" la Romania a diventare schiava degli USA e getta la libertà dopo il downgrade delle società di rating

La crisi adesso fa tremare anche Romania e Bulgaria

29/10/2008
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"E' come il Titanic". A usare questa similitudine alquanto inquietante è stato il primo ministro romeno, Calin PopescuTariceanu, che ha così definito la crisi finanziaria e gli effetti sulle economie mondiali. I segni di un possibile impatto della crisi dei mercati si vedono già: sia la Romania che la Bulgaria, ultimi Paesi entrati nell'Unione europea, hanno rivisto al ribasso le proprie stime di crescita per il 2009.

E se le due nazioni non vogliono sentire parlare di aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale, Bruxelles sta valutando un pacchetto di 20 milioni di euro per le economie nuoveuropee. Un fondo che, secondo il primo ministro britannico, Gordon Brown, potrebbe essere utile per evitare che "il contagio" si allarghi ai Paesi del centro-est Europa.

Quello che in realtà ci si domanda è se dopo Ungheria e Ucraina, potrebbe essere il turno di Romania e Bulgaria? A detta delle autorità dei due Paesi, non è in corso nessun negoziato con il Fmi, ma solo colloqui per tenere sotto controllo la situazione. Nello stesso tempo, però, gli avvertimenti sul tenere alta la guardia arrivano da più parti. Lo stesso Fondo ha lanciato un monito ieri a Bucarest.

La crisi finanziaria sommata alla manovra sugli aumenti del 50% dei salari degli insegnanti potrebbe essere una miscela esplosiva. Il Fmi ha sottolineato che la misura sociale potrebbe far impennare l'inflazione e danneggiare la crescita del Pil. Una prospettiva che il governo di Bucarest ha per ora cercato di allontanare con un'ordinanza d'urgenza che rinvia al primo aprile l'entrata in vigore del testo.

Una decisione che è stata definita "disonesta" dal capo di stato romeno Traian Basescu e che potrebbe comunque essere bocciata dal Parlamento che dovrà votare l'ordinanza. Il premier romeno aveva annunciato ieri che la decisione di rinviare gli aumenti è legata soprattutto alla necessità di reperire le risorse necessarie e non è detto che il futuro governo che uscirà dalle urne il 30 novembre sarà in grado di affrontare la manovra in primavera.

Mentre in Romania la tensione resta alta sia per le implicazioni politiche che per l'impatto sulla crescita del Pil, attualmente tra i più alti della regione, in Bulgaria il governo si sta muovendo per rispondere prontamente alla crisi finanziaria.

L'esecutivo ha deciso di spendere nel 2009 più di 2,5 miliardi di euro per limitare i danni delle turbolenze dei mercati. La bozza di bilancio, stando a anticipazioni di stampa locale, rivela che la spesa per investimenti pubblici crescerà di 450 milioni di euro e altri 500 milioni di euro potrebbero essere inseriti nel piano di "atterraggio" dal surplus di bilancio.

La Finanziaria bulgara 2009 conterrà piani di sviluppo di parchi industriali, incentivi al credito per le piccole e medie imprese e fondi per le amministrazioni locali. Il pacchetto di misure riguarderà anche l'occupazione e la politica fiscale. Si tratta però di un primo passo.

La Banca Mondiale ha infatti invitato Sofia a munirsi di un piano di emergenza nonostante la sua situazione sia stabile. La Banca Mondiale ha sottolineato che nonostante il settore finanziario bulgaro non abbia mostrato al momento segni di cedimento, bisogna prepararsi al peggio e considerare la possibilità di chiedere aiuto al Fmi.

Nel frattempo le agenzie di rating stanno già mandando segnali preoccupanti. Per Sofia l'agenzia di rating Standard & Poor's ha inserito il rating di credito nel CreditWatch negativo a causa dell'aumento del deficit delle partite correnti ancora in espansione.

Bucarest, invece, ha subito da S&P la revisione al ribasso del rating del credito sovrano locale ed estero da "BBB-/A-3" a "BB+/B" a causa dei rischi legati agli incerti canali di finanziamento del settore privato. Secondo gli analisti la revisione in negativo costringe la Romania a imporre una politica fiscale più dura e una strategia sostenibile di aumenti salariali per evitare la fuga degli investitori. Ovviamente tutte le banche occidentali coinvolte nella regione dell’Est Europa tengono i fari ben accesi e fanno i debiti scongiuri. Anche quelle italiane, con Unicredit (+10,29% a 1,693 euro) in testa.

 
Ultima modifica:
Goldman, lo scandalo delle scommesse contro i bond californiani - 12/11/2008

«Volete fare un buon investimento? Scommettete contro i bond californiani». Firmato Goldman Sachs. E negli Stati Uniti impazza la polemica

«Volete fare un buon investimento? Scommettete contro i bond californiani». Firmato Goldman Sachs. E negli Stati Uniti impazza la polemica.
Secondo un articolo del Los Angeles Times - riportato dall'agenzia Apcom - il colosso bancario americano avrebbe convinto così alcuni suoi clienti a puntare contro i titoli emessi dallo Stato della California. Quei bond che lo stesso istituto di credito aveva aiutato poco prima a piazzare sul mercato (guadagnando milioni di dollari in commissioni). Il quotidiano americano cita un rapporto di 58 pagine ottenuto da ProPublica, organizzazione no profit con sede a New York specializzata.
Secondo il documento, Goldman avrebbe di fatto indotto i suoi clienti a fare profitti sfruttando la crisi economica dello Stato americano, macchiandosi anche di conflitto di interesse. Una volta piazzati i bond, Goldman avrebbe lanciato una serie di prodotti finanziari derivati, i credit default swap (CDS), per assicurare il rischio sull'investimento. E quanto più si scommette contro il rischio di default, tanto più gli investitori si allontanano dai bond emessi, temendo che l'emittente non sarà in grado di rimborsarli. Così l'amministrazione della California, a fronte del calo nel valore dei bond ha dovuto promettere tassi di interesse più alti. In altre parole, un modo per lucrare a danno dei contribuenti.
http://www.valori.it/italian/mondo.php?idnews=582
 
ARMAGEDDON NEWS: GOLDMAN SACHS PREVEDE CROLLO PIL USA A -5.0%
di WSI-REUTERS
La banca ha abbassato le previsioni sul Pil reale americano e stima che calerà al tasso annuo del 5% nel quarto trimestre e del 3% e dell'1% nei due successivi trimestri.

Goldman Sachs ha abbassato le previsioni sul Pil reale americano e stima che calerà al tasso annuo del 5% nel quarto trimestre e del 3% e dell'1% nei due successivi trimestri. In precedenza Goldman aveva stimato un ribasso del Pil al tasso annuo del 3,5% nell'attuale trimestre. Secondo la banca d'affari la disoccupazione Usa raggiungerà il 9% entro il quarto trimestre di quest'anno ed è destinata a peggiorare poiché difficilmente l'economia Usa tornerà ad un trend di crescita nel 2010.

Nel 2009 gli utili societari scenderanno del 25% complessivamente (contro una precedente attesa pari a meno 20%), dopo una flessione stimata del 10% nel 2008. Goldman prevede che la Fed taglierà il tasso chiave di 50 punti base alla prossima riunione il 16 dicembre, se non prima.
 
Crisi e moneta di plastica
Raffaele Ragni
http://etleboro.blogspot.com/2008_12_01_archive.html


Le crisi di borsa si somigliano tutte. L'evento speculativo segue sempre la stessa dinamica, dall'euforia al crollo, fino ad una ripresa illusoria che prepara un nuovo crollo. Gli economisti si rivelano sempre incapaci, sia di prevedere la crisi che di risolverla, offrendo falsi rimedi ed evitando accuratamente di spiegare il fenomeno in maniera comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Infine, in ogni catastrofe finanziaria, c'è sempre qualcuno che si arricchisce mentre tanti vanno in rovina. Generalmente i beneficiari della crisi sono gli stessi che l'hanno causata.


Prendiamo ad esempio la crisi del 1929. Senza minimizzare le ragioni congiunturali, possiamo affermare che essa fu causata, o quanto meno amplificata, dalla diffusione del modello societario inventato da Marcus Goldman e Samuel Sachs.
Il sistema era semplicissimo.
Nel 1928 i due compari fondarono la Goldman Sachs Trading Corporation (GSTC). La prima emissione di azioni fu impiegata nell'acquisto di altre azioni. Dopo pochi mesi sorse la Shenandoah Corporation (SC), controllata dalla GSTD, anch'essa con lo scopo di acquistare e detenere azioni ordinarie. Gli incrementi di valore delle azioni detenute dalla SC andavano in maggioranza alla GSTD. Successivamente nacque la Blue Ridge Corporation (BRC) sulle cui azioni lucravano direttamente la SC e indirettamente la GSTD. Con questo sistema le azioni della GSTC, emesse nel 1928 a 104 dollari salirono in pochi mesi a 222,50 dollari. Nella primavera del 1932 erano scese a 1,75 dollari, ma nel frattempo Goldman e Sach avevano accumulato un'immensa ricchezza.

Riferendosi a coloro che sono responsabili e beneficiari della crisi, che segue sempre un periodo di forzato ottimismo, l'economista John Kenneth Galbraith ebbe ad affermare: "L'euforia è protetta e sostenuta da coloro che vi sono coinvolti per giustificare le circostanze che li stanno arricchendo". Pertanto, se vogliamo capire le ragioni profonde di una crisi, una volta individuate le cause strutturali che l'hanno resa inevitabile e gli eventi che l'hanno fatta esplodere, bisognerebbe cercare indizi, non solo tra le righe delle spiegazioni fornite da autorevoli osservatori, ma anche da eventi apparentemente marginali e casuali.

Sintomatico è il caso Barclays.
Da qualche mese, simultaneamente allo scoppio della crisi attuale, la suddetta holding finanziaria globale ha lanciato una grande campagna per pubblicizzare le sue carte di credito. La Barclays era emersa in un primo tempo come possibile acquirente della Lehman Brothers, il cui crollo ha determinato il recente crac in borsa ed un'ondata di pessimismo in tutti i settori dell'economia. Anzi fu proprio il ritiro della proposta d'acquisto avanzata da Barclays a causare il fallimento della Lehman Brothers ed il panico successivo. Il crac tuttavia era stata annunciato, circa un anno prima, dalla crisi dei mutui subprime, prestiti con garanzia immobiliare divenuti inesigibili per la crescente impossibilità dei beneficiari di estinguere i debiti contratti.
Ritroviamo in quest'ambito ancora Barclays, nel cui gruppo figura Woolwich, specialista appunto dei mutui immobiliari. Un'analisi approfondita delle ragioni strutturali delle crisi, rivela che mancano i soldi perché tutti, chi più chi meno, siamo indebitati attraverso il perverso meccanismo della moneta di plastica: carte di credito e tessere affini. Riappare quindi Barclays che pubblicizza, in piena crisi, proprio moneta di plastica.

Procedendo a ritroso, ci accorgiamo che in realtà Lehman Brothers, dopo aver prodotto la notizia che ha scatenato il crac, non è scomparsa dallo scenario finanziario, ma è stata acquisita proprio da Barclays. La cronologia degli eventi è particolarmente significativa. Il giorno prima del lunedì nero (15 settembre 2008) - che è domenica, giorno festivo per i cristiani, ma lavorativo per altri - accade che Barclays, ritirando la sua proposta d'acquisto, determina il fallimento di Lehman Brothers e indirettamente il crac in borsa. Il martedì, mentre crollano i mercati, Barclays riapre le trattative. Il mercoledì, mentre gli economisti cercano di spiegare le ragioni macrosistemiche della crisi, l'accordo si chiude. Una settimana dopo il lunedì nero, mentre i mass media trasmettono ancora immagini di yuppies che traslocano coi loro scatoloni dal quartiere generale di Lehman Brothers, questa ha già riaperto col marchio Barclays. I suoi 10.000 manager sono di nuovo al lavoro, mentre l'onda lunga del crac e della recessione bruciano posti di lavoro in tutto il mondo.

A questo punto, poco importa spiegare le vicende relative all'aumento di capitale in Barclays che hanno consentito questa ed altre lucrose operazioni. Significativo è l'ingresso di capitali arabi, un fondo del Qatar ed uno di Abu Dhabi, che alla fine hanno prevalso sulla cordata degli investitori istituzionali guidata da due grandi fondi pensioni della city, cioè Legal&General ed Aviva.

Tuttavia, la cosa più preoccupante di questa vicenda è che una guerra tra bande interna all'oligarchia ha accentuato pericolosamente la recessione in atto, trasformando un fenomeno speculativo in una crisi da carenza di domanda, dalle conseguenze sociali devastanti.
Lo scenario che stiamo vivendo è noto al pensiero economico. Gli economisti classici lo avevano intuito quando il capitalismo era ancora agli albori.
Il fenomeno dell'invenduto, tipico sintomo di carenza di domanda, è descritto in Karl Marx. Il pericolo della stagnazione finale, come destino del capitalismo, è paventato da John Stuart Mill. I neoclassici si sforzarono di spiegare che il sistema, dopo qualunque evento critico, ritrova sempre il suo equilibrio, ma non riuscirono a prevedere, né a spiegare, il crollo del 1929, quando i milioni di disoccupati americani sembravano contraddire apertamente la teoria neoclassica della disoccupazione volontaria, secondo cui i senza-lavoro sono tali per colpa loro, perché non vogliono accettare il salario d'equilibrio che offre il sistema. È una teoria tanto cara al padronato, ancora oggi.

La recessione e la carenza di domanda sono gli scenari tipici della crisi in atto. Il fallimento della Lehman Brothers, per volontà ed a vantaggio di Barclays, è stato il fenomeno speculativo che ha scatenato il crollo aggravando la situazione, insieme alla vicenda dei mutui subprime americani. Ma il fenomeno cerniera, tra crisi sistemica e speculazione, è rappresentato dall'indebitamento generalizzato prodotto dalla moneta di plastica, fenomeno in cui ritroviamo Barclays e le sue carte di credito con opzione revolving, rilanciate paradossalmente proprio in questo difficile momento, quasi a rappresentare, se non la causa, ma almeno l'emblema della morte a credito offerta dall'oligarchia. Vediamo perché, spiegando il perverso meccanismo della moneta di plastica.

Comunemente vengono definite carte di credito, sia quelle che lo sono, sia altre tessere che sono in realtà carte di debito, cioè i bancomat, le prepagate e le tessere revolving credit distribuite dalle istituzioni usuraie che erogano il credito al consumo, meccanismo perverso che lentamente riduce sul lastrico milioni di persone.

Cominciamo dalle carte di credito tradizionali. In Italia ne sono in dotazione ben 31 milioni, cioè due per abitante, bambini compresi.
Le carte di credito sono documenti che, entro il limite di fido fissato dalla banca emittente, danno al titolare il diritto di ottenere beni e servizi da fornitori convenzionati, mediante la semplice sottoscrizione dello scontrino. Il titolare della carta, generalmente dopo un mese, paga alla banca il prezzo, mediante addebito sul proprio conto corrente. La banca lucra: le commissioni di sconto applicate agli importi dovuti ai fornitori, le quote associative pagate dai titolari della carta, gli interessi addebitati sul loro conto per il periodo intercorrente tra la data di valuta riferita ad ogni acquisto e la data di regolamento del saldo.

Diversa è la tessera bancomat, che è una carta di debito e consente al correntista di prelevare moneta agli sportelli della propria banca o di altre banche. Nel secondo caso paga una commissione. Con la tessera bancomat è inoltre possibile effettuare acquisti presso negozi convenzionati con addebito sul conto nel giro di tre giorni dall'acquisto. Fin qui nulla di particolarmente perverso, se non il lucro dalla banca per i servizi offerti.

Diverso è il caso del credito al consumo, erogato con l'emissione di tessere che somigliano a carte di credito.
Si definisce credito al consumo la concessione di credito in forma di dilazione di pagamento, finanziamento o altra facilitazione finanziaria, a favore di una persona fisica che agisca come consumatore, cioè per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Non possono quindi beneficiarne le aziende allo scopo di finanziarsi, ma soltanto individui che intendono comprare qualcosa senza sborsare subito l'intero prezzo. E' il cosiddetto acquisto con pagamento a rate, che può riguardare automobili, cellulari, elettrodomestici, computer, mobili, viaggi, ed altri beni o servizi venduti in negozi convenzionati con apposite banche e società finanziarie. Molto diffuso tra i lavoratori dipendenti è il prestito personale con cessione del quinto, erogato in un'unica soluzione a tasso fisso e durata prestabilita. Il piano di ammortamento è a quote mensili costanti, non superiori ad un quinto dello stipendio del mutuatario, trattenute direttamente dal datore di lavoro e quindi versate alla banca.
Il meccanismo perverso del credito al consumo si chiama revolving credit e funziona così: la banca mette a disposizione del cliente una certa somma di denaro, che diminuisce ad ogni acquisto e viene ricostituita ad ogni rimborso effettuato in base al programma di ammortamento, generalmente mensile. Il tasso di interesse è variabile. A differenza del conto corrente bancario, il cliente non può mai avere un saldo positivo perché non può effettuare operazioni di deposito, ma solo disporre di una somma massima da utilizzare per i suoi acquisti nei negozi convenzionati. Nei contratti di credito al consumo bisogna indicare il tasso di interesse applicato all'operazione, che è definito tasso annuo effettivo globale (Taeg). È un'operazione molto costosa per i clienti e, per converso, molto redditizia per le banche e le finanziarie. Basti pensare che il Taeg in media oscilla dal 17% al 26%. Questa è usura.

A proposito di potere usuraio, ed a conclusione della nostra analisi, ritroviamo ancora la Barclays. Nel 1966 essa ha lanciato la prima carta di credito in Europa. Nel 1977 compare tra i soci fondatori del circuito VISA. Ha inventato il revolving credit. In piena crisi da carenza di domanda, aggravata dal crac di borsa causato dalla sua politica di acquisizione, essa lancia una carta di credito con l'opzione revolving, che non è una carta di debito impropriamente definita carta di credito, ma la sintesi di entrambe, ultima frontiera della moneta di plastica, nuova opportunità d'indebitamento per tutti. Non c'è da meravigliarsi. L'oligarchia continuerà a lucrare sulle nostre miserie e il sistema ritroverà il suo equilibrio, a meno che la crisi non s'aggravi al punto tale da produrre un partito rivoluzionario capace di guidare il popolo verso un nuovo socialismo.
 
Obama e il Congresso si scagliano contro i banchieri a stelle e strisce per i 18,4 miliardi di bonus che si sono attribuiti nel tremendo 2008!


Abbiamo appreso ieri che il principale responsabile di quello che ho più volte definito il male oscuro di Citigroup, l'ex Chairman e Chief Executive Officer del colosso creditizio dai piedi di argilla, Sandy Weill, ha deciso, non so quanto spontaneamente, di rinunciare da aprile ai costosissimi benefit dei quali era destinatario, un onere per la banca da milioni di dollari annui che includeva l'utilizzo dell'aereo privato, auto con autista, lussuoso ufficio, un appannaggio spettante a fronte di 45 giorni di lavoro, pensione aggiuntiva da 1,1 milioni di dollari, polizza sanitaria da 63 mila dollari e via elencando.

Per i più distratti tra i miei lettori, vorrei ricordare il ruolo assolutamente da protagonista svolto da Sandy nell'edificazione di Citigroup quale banca talmente universale da meritarsi l'epiteto di supermarket del credito, un vero e proprio mostro che venne edificato inglobando una banca d'investimenti, creando centinai di veicoli fuori bilancio, assorbendo la Travellers, creando una divisione di Corporate & Investment Banking dalle dimensioni gigantesche, gestendo i patrimoni dei ricchi in un numero di paesi di poco inferiore a quelli rappresentati nell'assemblea delle Nazioni Unite, sviluppando in modo estremamente aggressivo il credito al consumo, le carte di credito revolving e un numero di attività collaterali non so quanto conosciute nel dettaglio dagli stessi membri del Board of Directors.

Nonostante si sia ufficialmente ritirato da oltre una decade, Sandy è stato determinante nell'assunzione di quel ministro del Tesoro ed ex Goldman Sachs che, attraverso gli opportuni interventi di deregulation, aveva reso possibile l'edificazione del 'modello Citigroup', quel Robert Rubin che godrà, fino ad aprile anche lui, di una retribuzione da 60 milioni di dollari in qualità di presidente di un comitato più o meno strategico, ha letteralmente creato il suo successore, Chuck Prince III, e lo ha successivamente licenziato in tronco dopo un burrascoso colloquio nella tenda ipertecnologica di un principe saudita non proprio soddisfatto delle performance della banca di cui era allora il primo azionista, ha contribuito, insieme a Rubin, alla scelta del nuovo presidente e del nuovo Chief Executive Officer, un baronetto inglese il primo e l'ex capo della CIB, l'indiano Vikram Pandit, il secondo, tutte mosse che dimostrano efficacemente che restava lui il vero deus ex machina di Citi!

Fa piacere che il nuovo presidente Parsone e lo stesso Pandit abbiano deciso di mettere mano non solo alla ristrutturazione radicale del modello creato da Weill, ma anche di tagliare tutti i ponti con i protagonisti di quel passato, Bob e Sandy in primo luogo, di non attribuirsi alcun bonus e di rinunciare all'acquisto di un costoso aereo aziendale ordinato da Chuck nel 2005, ben due anni prima che scoppiasse la tempesta perfetta che dura oramai da oltre diciotto mesi, anche se credo che non sbaglino molto quanti descrivono lo stesso Pandit come un dead man walking, non fosse altro che per quanto deve avere combinato quando era a capo delle attività di corporate & investment banking e della ampia fabbrica prodotto che ne faceva parte.

E' difficile non concordare con il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America, quando, poco dopo aver firmato la legge che vieta le discriminazioni salariali basate sul genere, ha affermato ieri che la distribuzione di bonus per 18,4 miliardi di dollari agli strapagati inquilini dei grattacieli che ospitano i quartier generali delle banche di ogni ordine e grado statunitensi non è proprio una bella cosa quando le stesse sono destinatarie, in vario modo, di migliaia di miliardi di dollari dei contribuenti già molto preoccupati per il meldown immobiliare e finanziario in corso.

Non è certo un bello spettacolo proprio nel giorno in cui il dipartimento del lavoro decide di dire finalmente la verità e, cioè, che ai quasi cinque milioni di donne ed uomini americani destinatari degli assegni jobless claims, 588 mila solo nell'ultima settimana, vanno aggiunti quel milione e settecentomila che sono destinatari di sussidi stabilita da una recente legge approvata dal parlamento, il che porta il numero di persone che vivono solo grazie all'assistenza pubblica allo stratosferico numero di sei milioni e mezzo, a fronte degli undici milioni di disoccupati ufficiali e di quei milioni di cittadini che non risultano nelle statistiche in quanto appartenenti ai 2,2 milioni di detenuti, ai milioni di persone in semilibertà e allo stuolo di quanti hanno mai rinunciato a partecipare al mercato di lavoro di riserva.

Ho l'impressione che le dure parole del giovane presidente USA non resteranno inascoltate da un Congresso che, sia prima che dopo l'Election Day, non ha usato troppi riguardi nei confronti di quelli che, a torto o a ragione, riteneva i principali responsabili della tempesta perfetta, soprattutto quando i malcapitati erano chiamati a partecipare ad audizioni che sembravano spesso dei processi sommari nel corso dei quali gli 'imputati' erano al più in grado di balbettare qualche risposta e non apparivano certo quegli Dei dell'Olimpo bancario e assicurativo abituati a trattare i deputati e i senatori con sufficienza.

Non aiuta molto il fatto che, a onta delle centinaia di miliardi ricevuti tramite la dissennata gestione che il loro ex (?) collega Hank Paulson ha fatto della prima tranche del TARP o i circa 2 mila miliardi di dollari di titoli più o meno tossici della finanza strutturata che il sistema della FED si è accollati, attraverso l'ampia discarica gestita dal presidente della Fed di New York e attuale ministro del Tesoro a stelle e strisce, Timothy Geithner, le impietose statistiche sull'erogazione del credito stanno lì a testimoniare che il flusso di finanziamenti all'economia in senso lato si sono ridotti di ben 47 miliardi di dollari, un calo che sarà anche ingeneroso, ma viene naturale mettere a confronto con i 18,4 miliardi di bonus ricevuti dai top manager bancari!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell'associazione Free Lance International Press all'indirizzo http://www.flipnews.org/ .

Pubblicato da marco sarli a 7.22


http://diariodellacrisi.blogspot.com/2009/01/obama-e-il-congresso-si-scagliano.html
 
I governi ridotti al baratto.

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Pubblicato da Debora Billi alle 10:25 in Distribuzione


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Beh, se non ci fosse lo Stato, viene da dire in certi momenti. Tutti in collo a mamma, quando il gioco si fa duro: e quel che fa più ridere, se non fossero tempi grami, è che a riportare certe notizie sono i profeti del liberismo, della globalizzazione, delle privatizzazioni, dello "Stato leggero" che deve pensare solo a mettere la Polizia in strada e per il resto farsi gli affari suoi. Lasciamo tutto al mercato, ehhh, così crepiamo meglio di fame.
Il Financial Times racconta, senza commentare e apparentemente senza sensi di colpa, che molti Paesi del mondo stanno firmando, con poco clamore, accordi per scambiare cibo. Il problema? Sempre lo stesso: le banche che non concedono credito e rendono impossibili di fatto le esportazioni.
E così, vediamo la Malesia che offre olio di palma a Russia, Cuba e Corea del Nord in cambio di fertilizzanti. (Toh, spuntano anche gli Stati canaglia). La Thailandia sta discutendo un accordo per esportare riso in Iran, chissà mai in cambio di cosa... Mentre le Filippine si sono assicurate il rifornimento di riso per un anno accordandosi direttamente col governo vietnamita.
E' incredibile che i rifornimenti di cibo di intere popolazioni siano ora affidate all'intervento dei loro governi. In fin dei conti, importare o esportare alimenti e materie prime è sempre stato un buon business. Ma le navi non partono, i beni non circolano, i clienti non pagano, i fornitori chiudono: quando si fermano le banche si ferma tutto. E si rischia perfino di non avere più nulla da mangiare.


http://crisis.blogosfere.it/2009/01/i-governi-ridotti-al-baratto.html
 
da
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5789 PERCHE’ GOLDMAN SACHS HA COSI’ PAURA DI MIKE MORGAN ?


Data: Mercoledi 15 Aprile 2009 (19:00)
Argomento: Economia

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DI MIKE WHITNEY
counterpunch.org

Mike Morgan (nella foto) è un consulente di investimento e una persona agguerrita che ama parlare senza mezzi termini. Ultimamente Morgan sta ricevendo pesanti critiche dal gigante di investimenti Goldman Sachs per il suo graffiante sito web "Facts about Goldman Sachs". Secondo quanto scrive il britannico Telegraph:
"Goldman Sachs sta cercando di chiudere il sito di un blogger dissidente che è estremamente critico verso la banca di investimenti, il suo consiglio di amministrazione e le sue attività. La banca ha incaricato lo studio legale di Wall Street Chadbourne & Park di incalzare il blogger Mike Morgan, avvisandolo con una lettera di ingiunzione che potrebbe incorrere in un'azione legale se non dovesse chiudere il suo sito web.
Secondo la lettera di Chadbourne & Parke, datata 8 Aprile, la banca è infastidita perché il sito "viola diversi diritti di proprietà intellettuale di Goldman Sachs" e inoltre "sottintende una relazione" con la banca stessa.
Anche se non è una sorpresa per un uomo che ha legato il nome della banca al numero della Bestia – anche se lui, scherzosamente, fa notare che il 666 è anche il risultato minimo raggiunto dall'indice S&P500 – Morgan difficilmente si arrenderà senza combattere. Egli sostiene di aver ottemperato a tutti i requisiti legali per avere e gestire il sito web – la cui intestazione specifica chiaramente che i suoi contenuti non sono stati approvati dalla banca.

In una sezione speciale del suo blog intitolata "Goldman Sachs vs Mike Morgan", l'autore prevede che la disputa probabilmente finirà in tribunale. "E' un ulteriore esempio di come una società arrogante come Goldman Sachs cerchi di abusare del proprio potere", scrive Morgan (Telegraph). Mike Morgan ha acconsentito di rispondere ad alcune mie domande su Goldman Sachs, il programma TARP e la crisi finanziaria in corso.

Mike Whitney: Goldman Sachs sta tentando di chiudere il suo sito web?

Mike Morgan: Sì.

MW: Perché?

Morgan: La risposta legale sarebbe… dovete chiedere a loro. Io penserei che lo stiano facendo perché stiamo portando alla luce la verità… e la verità fa male.

MW: Li avete diffamati o avete pubblicato informazioni riservate?

Morgan: No.

MW: Ci può raccontare un po' di lei in modo che i lettori possano fidarsi delle critiche che porta verso Goldman Sachs?

Morgan: Ho 53 anni e credo che tutte le risposte sul modo in cui dovremmo vivere siano contenute nella Bibbia… Dio ha permesso a Davide di scegliere di pagare le conseguenze del suo peccato per mano dei suoi nemici o per mano di Dio. Davide ha scelto le conseguenze di Dio. Hank Paulson e le migliaia di persone immorali come lui si meritano l'ira delle milioni di vite che hanno distrutto. Dobbiamo dare la caccia agli imbroglioni e far pagare loro le conseguenze della loro avidità e del totale disprezzo per chiunque. Dobbiamo iniziare con Hank Paulson che, come amministratore delegato di Goldman Sachs, ha avuto tantissime responsabilità per la travolgente depressione in cui ci apprestiamo ad entrare.

MW: Perché a Goldman Sachs sono stati dati 10 miliardi di dollari al di fuori dei finanziamenti del TARP prima che i regolatori federali controllassero i loro registri contabili per vedere se erano solvibili?

Morgan: Perché Re Henry, cioè Henry Paulson, ha detto di fare così. Come ex amministratore delegato di Goldman Sachs, l'ultima cosa a cui voleva assistere era un crollo di Goldman Sachs. Essendo il Segretario al Tesoro con una grande bacchetta magica in mano, poteva fare quello che desiderava... e l'ha fatto.

MW: Si è pensato che la maggior parte delle cinque banche di investimento avessero una leva di 30 a 1. Se le cose stanno così, allora Goldman Sachs forse non sarebbe sopravvissuta alla flessione del mercato senza un aiuto del governo. E' d'accordo con questa analisi?

Morgan: Sono d'accordo.

MW: Dopo il fallimento di Bear Stearns e di Lehman Brothers, Merrill Lynch è stata rapidamente svenduta a Bank of America.

Morgan: Merrill era gestita da John Thain, l'ex dirigente di Goldman Sachs che aiutò Paulson a spingere alle dimissioni John Corzine, che all'epoca era co-amministratore delegato con Paulson.

MW: Questo ha lasciato Goldman Sachs e Morgan Stanley come i prossimi probabili candidati che verranno abbattuti dai venditori allo scoperto.

Morgan: Le vendite allo scoperto non sono il problema. Se i venditori allo scoperto abbassano il prezzo di un'azione al di sotto del valore di mercato, allora diventa un'opportunità per chiunque pensi che l'azione sia un acquisto per seppellire le vendite allo scoperto.

MW: Questo è avvenuto quando il capo della SEC Christopher Cox – che non era mai intervenuto nel mercato in precedenza – ha attuato delle regole di emergenza per bloccare le vendite allo scoperto degli istituti finanziari. Di che cosa trattava il provvedimento di Cox?

Morgan: La SEC è inefficace e ancora non capisco perché Cox non sia in galera. Non solo ha girato la testa da un'altra parte in merito alla questione Madoff, ma da quando se n'è andato la SEC ha dovuto occuparsi di più di una dozzina di truffe. Volete dirmi che per Chrissy Cox tre mesi fa tutto andava bene? No, ma vi posso assicurare che c'è dell'altro... Quanto alla SEC e ai venditori allo scoperto, quello era Re Henry. Punto e basta.

MW: Quello è stato soprattutto un tentativo delle élite di Washington di tirare fuori dai guai la patata bollente Goldman Sachs?

Morgan: Goldman Sachs e altre società affiliate con Goldman Sachs. Un po' come il vecchio programma "Friends and Family" di MCI. [1]

MW: Ultimamente è stato rivelato che Goldman Sachs è stata ripagata di oltre 12 miliardi di dollari per dei Credit Default Swaps (CDS) che deteneva con il gigante delle assicurazioni AIG. Gli istituti finanziari che acquistano questi CDS sanno che stanno accettando degli ulteriori rischi perché non sono regolamentati e sono al di fuori della vigilanza del governo. Detto questo, il pagamento del Tesoro a Goldman Sachs per questi CDS è stato equivalente al pagamento delle perdite di uno scommettitore alle corse di cavalli. Perché Goldman Sachs è stata risarcita per i suoi CDS? Perché tutto questo è stato tenuto segreto? E chi lo ha autorizzato?

Morgan: Re Henry e il suo fedele vice Neil Kashkari. La maggior parte delle persone non lo sa ma Neil Kashkari era il vice di Re Henry in Goldman Sachs. Neil ha 35 anni e ha poca esperienza, se non quella di essere stato un assistente molto particolare di Re Henry quando era amministratore delegato di Goldman. Chiediamoci... perché Kashkari è ancora in attività? La risposta è semplice... perché il nostro Presidente e Chris Dodd [2] sono stati entrambi comprati con i soldi di Goldman Sachs. Questi due uomini hanno ricevuto soldi da Wall Street più di chiunque altro politico nella storia degli Stati Uniti. A proposito, Obama è sulla scena da due anni appena mentre Dodd da più di un decennio. Obama ha ricevuto più soldi da Wall Street in due anni di quanto abbia ricevuto Dodd in dieci.

MW: Qual è la natura del rapporto tra Goldman Sachs e l'establishment politico a Washington?

Morgan: Se le rispondessi avrei bisogno di un giubbotto in kevlar più robusto.

MW: Perché il Tesoro è una porta girevole per i banchieri di investimento che sono legati a Wall Street? Morgan: Perché l'opinione pubblica americana lo consente. Benjamin Franklin diceva... "Ben fatto è meglio che ben detto"... Troppi americani mugugnano e si lamentano ma quando c'è bisogno di fare qualcosa si siedono sul divano con un sacchetto di patatine e guardano la TV. Pensiamo che sia bello usare la TV per far divertire i nostri bambini, ma lei pensa che sia diverso per il 75 per cento dell'opinione pubblica americana?

MW: Ci sono degli speciali gruppi di interesse che dettano la politica di Obama alla Casa Bianca?

Morgan: Non riesco ad arrivare così in alto, ma se guarda Wall Street e da dove arrivano i soldi, si renderà conto che Barack Hussein Obama non è nient'altro che un burattino di Wall Street.

MW: In un articolo pubblicato sull'Atlantic Monthly, un ex economista del FMI, Simon Johnson, ha scritto: "Il crollo ha messo a nudo delle spiacevoli verità sugli Stati Uniti... la ripresa fallirà se non spezziamo l'oligarchia finanziaria che sta bloccando le riforme essenziali. E se vogliamo impedire una vera depressione, stiamo andando fuori tempo massimo." E' d'accordo con Johnson che le banche tengono in una morsa il processo politico e che "stiamo andando fuori tempo massimo"? Se così fosse, perché non destituiamo quelle persone dal loro incarico e le sostituiamo con gente che agisca nell'interesse pubblico?

Morgan: Innanzitutto, penso che debbano essere persone come Simon Johnson a gestire la situazione. Simon insieme a William Black, Elizabeth Warren e Ron Paul [3]. Ce ne sono altri, ma se avessimo quei tre al comando, ci muoveremmo verso un mondo di luce invece che verso un mondo di profonda e intensa oscurità.
In merito alla sua domanda su come destituire quelle persone dai loro incarichi, credo che questo dovrebbe avvenire in modo molto violento… e se lo meriterebbero davvero. Ci troviamo a due generazioni bibliche di distanza dalla Grande Depressione del 1929. Nel 1969 abbiamo avuti gli scontri razziali. Quando abbiamo perso Martin Luther King abbiamo perso un vero leader, e il paese ne ha pagato le conseguenze. Eccoci qui, 40 anni dopo... una generazione biblica, mentre entriamo in quello che credo sarà, a partire da quest'estate, un periodo di violenze. Quando non si riescono a sfamare i propri figli e la gente di Goldman Sachs se ne sta seduta in piscina a bere cocktail e sgranocchiare patatine... è quello il momento in cui i poveri vanno a caccia dei benestanti.
Molto semplicemente, oggi il problema è che… società come Goldman Sachs hanno creato un sistema finanziario a doppio strato. In uno, hanno sottratto miliardi di dollari dai nostri fondi pensione e da altro denaro fiduciario sotto la loro gestione. Nel secondo, come dei trafficanti di droga hanno fornito finanziamenti molto creativi a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo... finanziamenti che quelle persone che non sono più in grado di ripagare. Ma tutti quei ragazzi e Goldman Sachs sono già fuggiti con il malloppo, lasciando la gente che ha acquistato il debito con poco più di un pezzo di carta in mano... e coloro che hanno contratto il debito con l'assoluta impossibilità di ripagarlo.

MW: Si scontrerà con Goldman in tribunale?

Morgan: Sì, sono pronto a scontrarmi con parecchi avvocati e docenti di diritto che sono ansiosi di intraprendere la sfida. Spero che insistano su questo problema in tribunale, ma ne dubito.

Mike Whitney ([email protected])
Fonte: http://counterpunch.org
Link originale: http://counterpunch.org/whitney04142009.html
14.04.2009

Scelto e tradotto da JJULES per www.comedonchisciotte.org

Note del Traduttore

[1] Piano telefonico introdotto negli Stati Uniti dal gestore MCI Communications intorno al 1990 che consentiva ai propri clienti di avere sconti e tariffe ridotte per chiamate verso altri clienti MCI. Nel 2000 MCI è diventata WorldCom ma, dopo gli scandali finanziari e il susseguente fallimento, nel 2003 ha cambiato di nuovo nome in MCI. Nel 2006 la società è stata rilevata dal gruppo Verizon [NdT]
[2] Parlamentare di lungo corso nelle fila del Partito Democratico, attualmente Christopher Dodd ricopre la carica di Presidente della Commissione Bancaria al Senato [NdT]
[3] William Black è docente di economia e diritto all'Università del Missouri e famoso per il libro pubblicato nel 2005 "The Best Way to Rob a Bank is to Own One". Elizabeth Warren è docente di diritto ad Harvard e nelle scorse settimane è stata nominata presidente della Commissione di Vigilanza del Congresso sul salvataggio bancario. Ron Paul è un parlamentare Repubblicano che ha partecipato alla corsa alla presidenza nel 2008, nella quale ha ottenuto un vasto consenso [NdT]
 
articolo di Mario Platero apparso sul SOLE 24 ORE,il 5 maggio







" Nuovo scandalo attorno a Goldman Sachs. Questa volta le polemiche riguardano un suo ex amministratore delegato, Stephen Friedman, 71 anni, che siede sia nel consiglio di Goldman che in quello della Federal Reserve di New York, di cui è Presidente del consiglio di amministrazione. Si parla di "inopportunità" e della necessità di "risolvere al più presto la situazione", ma lo stesso Friedman respinge al mittente, cioè al Wall Street Journal, le accuse di aver violato le direttive della stessa Federal Reserve, facilitando oltre a tutto Goldman e se stesso. Durante la presidenza di Friedman, Goldman Sachs ha ottenuto un passaggio molto rapido dal suo status di banca d'affari a normale banca commerciale sotto la giurisdizione – e la protezione – della Fed. Grazie a questo passaggio, concesso peraltro anche all'unico altro suo concorrente rimasto sul campo, Morgan Stanley, Goldman ha ricevuto subito dopo un contributo pubblico di dieci miliardi di dollari in aumento di captiale che le ha permesso di superare agevolmente la pericolosa crisi di liquidità dello scorso autunno. In quel periodo Friedman decideva di acquistare nuovi titoli Goldman, 37.300 titoli per l'esattezza, pagandoli a un prezzo medio di 80,78 dollari per azione, per un totale di 3 milioni di dollari. In dicembre Friedman decide di comprare altre 15.300 azioni al costo medio di circa 66 dollari. Il guadagno complessivo su quell'operazione era, fino a una settimana fa pari a circa 2,7 milioni di dollari. Friedman insiste che i suoi acquisti non avevano nulla a che fare con insider trading o con il fatto che sapeva che i fondi sarebbero giunti presto o che il passaggio di status sarebbe stato garantito.
In effetti quei particolari passaggi sono più difficili da provare e rischiano di tradursi in un processo alle intenzioni anche se esperti sottolineano l'imbarazzo della situazione. Ma su un punto Friedman si trova in difficoltà: con il passaggio di status di Goldman da banca d'affari a banca commerciale, cambiavano le cose anche per lui: secondo lo statuto della Fed, non poteva più lavorare alla sede newyorchese della banca Centrale ora che Goldman ricadeva direttamente sotto la supervizione della Fed. Avrebbe dovuto semmai vendere i titoli e rinunciare allo stesso tempo al posto in consiglio di Goldman. Friedman tuttavia chiese e ottenne un esonero da questa particolare direttiva. L'esonero, emesso direttamente dalla Fed a Washington gli consente di continuare a svolgere entrambi i ruoli fino alla fine dell'anno. L'avvocato generale della Fed, Scott Alvarez ha sottolineato che la Fed aveva bisogno dell'aiuto di Friedman dopo l'uscita di Tim Geithner, passato al Tesoro e osservava che, fino al cambiamento di status di Goldman, Friedman era in perfetta legalità, «dopo, la sua presunta violazione delle regole, è avvenuta per eventi al di fuori del suo controllo…». Ma le polemiche contro Goldman sono di più ampio respiro. Lo scorso settembre ad esempio, Hank Paulson, il segretario al Tesoro, anche lui ex amministratore delegato di Goldman, decise con la Fed di New York di organizzre un salvataggio per la compagnia di assicurazione Aig. Si erogarono 85 miliardi di dollari inziali a favore di Aig che potè così ripagare i sottoscrittori dei suoi accordi di Credit Default Swaps. Tra questi Goldman che doveva ricevere da Aig 8,1 miliardi di dollari.


WSJ Fed Directors' Ties to Banks Spur Calls for Changes
 

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