Interessante analisi geopolitica sul 2011 della Stratford Ovviamente rispecchia il punto di vista americano ma ha degli spunti non convenzionali.

Sulla Cina che vede correre a rotta di collo verso una crisi

Sull'Europa dove vede fra i paesi a rischio portogallo spagna belgio e udite udite l'Austria..

sulla supremazia tedesca in europa

Il report e' molto lungo e lo ho salvato in un file pdf che allego
 

Allegati

Intervista su Forbes a Nouriel Roubini

Lunga intervista a Nourile Roubini "dr Doom" tanto per capirci che tratta diversi temi.
La crisi del real estate negli Usa, le stime della crescita, il debito dei singoli stati americani e le ripercussioni sui muni bonds, la Cina e i rischi di guerra commerciale.

Interessante soprattutto la sua visione sull'Europa: da' per scontata a breve una ristrutturazione del debito pubblico di certi paesi E del debito delle banche. Cita che il mercato quota gia' prezzi ad esempio sui titoli di stato greci che scontano questa eventualita'.

Prevede che queste ristrutturazioni saranno fatte con le modalita' dei bradey bonds (che contribui' a mettere in piedi) che poi e' stata adottata da Argentina, Ucraina e altri: allungare di molto le scadenze abbassando nel contempo i tassi ma mantenendo il valore facciale cosi' da dare alle istituzioni finanziarie che li detengono la scusa per non svalutare...

L'intervista e' molto lunga e per non appesantire la allego in formato PDF
 

Allegati

Una voce contrarian sui mercati emergenti

Marc Faber, fondatore del Gloom, Boom and Doom ha una posizione negativa sulle prospettive dei mercati emergenti nel 2011. Secondo lui Europa e USA faranno meglio.
L'altro "favorito" di Fabe è il petrolio.
L'intervento è, a mio avviso interessante perchè Faber motiva le sue affermazioni: a ognuno decidere quanto siano convincenti.
L'intervista è già stata citata su di un altro forum, ma ho pensato possa essere interessante anche qui, visto che gli emergenti sono tra i preferiti per quasi tutti, sia che si punti all'obbligazionario che all'azionario.
Ecco il link:
FABER: EMERGING MARKET OUTPERFORMANCE IS OVER | PRAGMATIC CAPITALISM
 
Ultima modifica:
Finalmente un discorso sensato sull'Europa DALL'Europa, speriamo che ora non ricominci la solita babele di dichiarazioni... :rolleyes:

Ue deve decidere con urgenza nuove misure per euro - Rehn


lunedì, 24 gennaio 2011 - 8:40


I governi europei devono decidere con urgenza nuove misure comuni per proteggere la stabilità della zona euro. Lo ha detto il commissario europeo agli Affari monetari Olli Rehn, in un'intervista apparsa stamane sul quotidiano tedesco Die Welt.
"Dobbiamo accordarci su misure comuni il più presto possibile, prima lo facciamo meglio è" si legge nell'intervista. "La calma sui mercati vista nelle ultime settimane ci ha dato un po' di respiro, ma non bisogna adagiarsi adesso, dobbiamo agire con la dovuta determinazione".
La Germania ha più volte sottolineato di non voler affrettare i tempi di una decisione su misure contro la crisi debitoria della zona euro, ma di puntare invece a un pacchetto strutturato di provvedimenti, che venga presentato per essere discusso nel coso del summit dei leader europei di marzo.
Nonostante ciò Rehn ha affermato come sia importante evitare che i problemi legati al debito finiscano per compromettere la ripresa dell'economia e i miglioramenti sul mercato del lavoro.
"È necessario che i governi europei facciano in modo che non siano i mercati finanziari a decidere o a mettere in pericolo la ripresa eocnomica" ha affermato Rehn.
L'eurocommissario ha spiegato che la capacità effettiva di credito dell'Efsf, il fondo europeo di salvataggio, deve essere incrementata e le sue funzioni diversificate, in modo da fugare ogni dubbio sulla determinazione dell'Europa di combattere la speculazione.
Die Welt aggiunge inoltre - cintando fonti vicine alla trattativa - che i governi Ue starebbero discutendo della possibilità di permettere al fondo europeo di concedere linee di credito precauzionali ai paesi a rischio.
Sul sito Reuters.com altre notizie Reuters in italiano
 
Un altro sguardo al futuro

Bob Janjuah è uno degli analisti di punta di Nomura, dopo esserlo stato in RBS. Espone in questo video (segnalo il link a Bloomberg dove lo si può vedere oggi: non so se lo sarà anche in futuro) il suo punto di vista sul mercato nei prossimi mesi:

http://noir.bloomberg.com/index_eu.html?b=0

Azionario USA, previsioni sugli emergenti, nuove politiche del governo irlandese (dopo le elezioni ormai prossime), andamento dell'Euro e attese di crescita dei titoli finanziari sono alcuni dei punti toccati.
 
» 26/01/2011 09:46
ASIA
Rivolte per il caro prezzi: il frutto della politica della Fed
di Maurizio d’Orlando
L’Asia, l’Africa, l’America latina e l’Europa registrano aumenti enormi nei prezzi delle derrate alimentari e dei carburanti. I prezzi del grano e altri prodotti agricoli salgono anche se vi è carenza. Tutto dipende dall’inflazione provocata dalla Fed. Si allarga l’abisso fra le elite economiche e la popolazione.

Milano (AsiaNews) - Negli ultimi tempi AsiaNews ha fornito non pochi resoconti sull’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, riferiti soprattutto alla Cina[1] ed all’India[2], le due maggiori economie dell’Asia, mettendo in guardia da possibili rivolte.
Rivolte contro il caro prezzi dei generi di prima necessità sono avvenute anche in molti altri Paesi come ad esempio in Laos, Oman e Giordania. Per altri il malcontento popolare è dovuto agl’incrementi dei combustibili. Notizie simili provengono non solo dall’Asia, ma da un po’ tutti i continenti. Vi sono stati ad esempio blocchi stradali in Cile, un Paese in cui a causa della sua conformazione geografica, una lingua di terra molto stretta ma molto estesa da Nord a Sud, è determinante il costo del trasporto e quindi dei carburanti. Proteste e blocchi stradali vi sono stati anche in Bolivia, dove il 26 dicembre la benzina è aumentata dell’80 %.

In Nord Africa, per l’aumento del prezzo della semola di grano duro, la base del principale piatto della zona, il cous-cous, ci sono stati moti di piazza in Algeria e forte malcontento in Marocco. In Tunisia il presidente è scappato (portandosi via 1,5 tonnellate d’oro), il governo si è dimesso e sembra che l’insurrezione inizi a prendere le forme di una rivoluzione popolare. Un simile sviluppo si teme anche in Egitto, tanto che le autorità doganali hanno intercettato e bloccato negli aeroporti 59 spedizioni d’oro [3] effettuate da chi, avendo perso fiducia nel Paese, era evidentemente disposto a rischiare la confisca e l’accusa di contrabbando.

Da moti ed incidenti di piazza è toccata anche l’Europa. A parte le vicende di guerriglia urbana nei mesi scorsi legate ai problemi del debito greco, portoghese, spagnolo ed irlandese, a parte le manifestazioni degli studenti inglesi, in questi ultimi giorni ci sono stati tre morti nei moti di piazza in Albania. In generale, in tutto l’Est europeo vi è una situazione molto pesante, come ad esempio in Estonia o in Moldavia, dove la benzina ed i generi di prima necessità hanno avuto forti aumenti di prezzo.

La situazione non sembra migliore nei Paesi occidentali, anche se i dati sono apparentemente contraddittori. Infatti, secondo quanto dichiarato dal Ministero dell’Agricoltura, negli Usa l’inflazione ed in particolare quella dei prodotti agricoli e dei beni di largo consumo o di prima necessità è ai minimi dal 1992[4]; i dati ufficiali nei Paesi europei sono simili. In realtà chi va regolarmente a far la spesa del livello generale dei prezzi ha un’altra impressione[5]: per costoro l’inflazione dei prodotti alimentari ed agricoli non sembra più solo una vaga ipotesi teorica. Nei Paesi occidentali, infatti l’inflazione ha solo assunto forme “astute”: ad esempio, le catene della grande distribuzione ed in generale i produttori, laddove possibile non hanno aumentato di molto i prezzi, ma hanno diminuito invece o la qualità o la quantità delle confezioni (aumentando le verdure o il condimento contenuti nelle scatolette di tonno o di altri generi, per esempio). La Corea del Nord, infine, ha reagito al deficit alimentare a suo modo: sparando cannonate, come suo solito, data la carestia endemica provocata dal regime. Questa volta, però, per sottolineare, l’urgenza e la gravità della propria situazione di carenza alimentare, non si è più tuttavia limitata a sparare a salve o a lanciare missili in mare, ma ha colpito dei centri abitati provocando morti tra la popolazione civile.

Singolarmente prese, tutti questi eventi sembrano vicende ed insorgenze causate da contingenze locali. Non è però così. Certo, è vero che in base ai dati della Fao, l’organizzazione mondiale dell’agricoltura, l’incremento dei prezzi delle derrate agricole, ed in particolare dei cereali, lo scorso anno è stato di circa il 40-60 %. Il rialzo dei generi di prima necessità che ha colpito questo e quel Paese è quindi davvero un fenomeno mondiale. La causa però non è dovuta ad un deficit della produzione o ad eventi climatici: la siccità che ha colpito le colture di grano in Russia ed in Kazakistan o le inondazioni in Canada e nell’Europa del Nord, in Australia (quella umanamente devastante del Pakistan ha avuto un impatto minore in termini di incidenza sulla produzione agricola mondiale). Lo stesso se ne deve dire delle gelate in Argentina che hanno colpito il mais, la soia, il grano o la perdita del raccolto delle patate sempre in Russia e di altri casi. Le sommosse popolari non si possono imputare alla carestia e di certo non nelle forme in cui l’umanità l’ha conosciuta per migliaia di anni. La produzione di cereali[6] è diminuita lo scorso anno circa del 2 % e questa diminuzione proprio non spiega gli incrementi di prezzo registratisi. In primo luogo è evidente la sproporzione tra gli incrementi di prezzo ed il decremento della produzione mondiale. In secondo luogo è facile verificare come si è potuto facilmente ovviare al calo produttivo contingente facendo ricorso alle scorte, cioè utilizzando le eccedenze rispetto ai consumi accumulatesi negli stoccaggi grazie ai raccolti record ottenuti nei precedenti anni. Dei dati Fao è anche interessante notare la forte progressione dei prezzi negli ultimi sei-sette anni: in certi casi rispetto al 2002-2004 l’incremento dei prezzi è stato quasi del 400 %, nonostante gli incrementi della produzione.

L’inflazione dei prezzi all’origine non ha dunque cause tecniche o climatiche, ma finanziarie. Nasce cioè dall’enorme liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali, ed in particolare dalla Federal Reserve americana, come da anni ormai AsiaNews è andata documentando. Da molto, infatti, i prezzi delle materie prime non riflettono più - o lo fanno solo in maniera molto marginale - il rapporto tra domanda ed offerta dei beni fisici contrattati. Il fattore di gran lunga determinante per i prezzi di quasi tutte le materie prime sono gli acquisti e le vendite degli operatori finanziari in grado di spostare in tempi brevissimi ingenti somme dal mercato dei titoli di Stato, alle obbligazioni, alle azioni o alle cosiddette merci. Per chi è inserito nei circuiti giusti i profitti sono enormi ed i rischi relativamente bassi: potendo disporre di enormi risorse, ai fini pratici quasi illimitate, è facile conseguire i risultati voluti. Si tratta di una sistematica distorsione dei valori di mercato, attribuibile non esclusivamente, ma certo in maniera non del tutto trascurabile al “ Plunge Protection Team” (traducendo letteralmente Squadra Protezione Tonfi, ovviamente finanziari). È un termine giornalistico statunitense molto colorito che si riferisce ad un organismo di cui si parla poco ma che per la sua stessa composizione è in grado di esercitare un notevole influsso sui mercati. Il nome ufficiale di tale organismo è “Gruppo presidenziale di lavoro per i mercati finanziari” (in inglese President's Working Group on Financial Markets). Fu costituito nel 1988 ed è formato dal Ministro del Tesoro, il governatore della Fed, il presidente della Sec (l’equivalente americano della Consob) e dal presidente della Commissione sulle Borse dei contratti a termine – i “future” – e delle Merci. Ad esso va ad aggiungersi l’operato che un tempo era straordinario ma ora è di fatto diventato quotidiano del Fomc, il comitato della Federal Reserve Bank di New York per le operazioni di mercato aperto. Al seguito di questi gruppi istituzionali si muove un ristretto numero di operatori, grandi banche d’affari - come Goldman Sachs e JP Morgan ad esempio - e grandi fondi d’investimento speculativi, i cosiddetti hedge fund. Gli interscambi, anche di ruoli, tra i gruppi istituzionali e questi grandi gruppi privati sono ovviamente all’ordine del giorno e non c’è da meravigliarsi se ad esempio un pugno di gestori di tali fondi speculativi riesce a percepire compensi annuali che in alcuni hanno superato il miliardo di dollari, solo come emolumenti.

Il lato piacevole non è dato tanto dalla potenza di “fuoco” in mano ad un gruppo molto ristretto di persone (si pensi che il valore dei “derivati” finanziari è pari a circa 15 volte il valore del Pil mondiale, del valore cioè di tutte le merci ed i servizi prodotti annualmente nel mondo). Il dato più confortante per chi è inserito nel meccanismo è la certezza che il rischio di pagare fino in fondo per i propri errori è davvero minimo. Valga un semplice esempio.

In un precedente articolo[7] avevamo notato come nel bilancio (diciamo così per brevità) della Federal Reserve (che di fatto è la Banca Centrale degli Usa, ma non la può chiamare così perché la Costituzione Americana vieta l’istituzione di una banca centrale), i “Titoli con attivo sottostante” (MBS secondo l’acronimo inglese) costituivano al 3 novembre 2010 il 44,91% dell’attivo di bilancio della suddetta Fed. Avevamo anche osservato che, da un punto di vista giuridico, tali MBS sono di fatto privi di valore. La conseguenza sarebbe ovvia: il rischio che la Fed (un organismo di diritto privato istituito in base alla legge del 23/12/1913 promulgata da Woodrow Wilson) possa divenire insolvente e fare bancarotta a causa del buco derivato da tali titoli sarebbe in teoria elevato. Da pochi giorni non è però più così. Ci informa infatti l’agenzia Reuters[8] che, la Fed, quatta quatta, senza avvertire nessuno ha autonomamente cambiato le proprie regole contabili. La ragione è che da circa il 6 gennaio di quest’anno le obbligazioni detenute dalla Fed, tra cui i suddetti MBS, non sono più un rischio a carico della Fed, ma gravano come responsabilità del Ministero del Tesoro americano. Insomma, in base a tali nuove regole, la Fed non corre più il rischio, anche solo teorico, di fare fallimento. Quando sarà chiaro a tutti che le obbligazioni comprate dalle banche commerciali per evitarne il tracollo sono prive di valore, la responsabilità sarà del Tesoro americano. In questa maniera, alla faccia della democrazia ed all’insaputa praticamente di tutti, i rischi d’insolvenza sono stati trasferiti a carico dei cittadini statunitensi, attuali e delle future generazioni, vecchi e lattanti compresi. Ovviamente, le ricche commissioni a suo tempo percepite dalle banche e dalle grandi finanziarie e finite negli emolumenti percepiti dai dirigenti, non corrono più nemmeno il rischio remotissimo della revocatoria. Pedro Nicolaci da Costa, l’articolista della Reuters, commenta: potessero autonomamente cambiare le regole contabili anche le famiglie americane come fa la Fed! Potessero fare così le famiglie di Cina ed India per le quali circa il 40 % dei propri magri bilanci vanno per la spesa alimentare, commentiamo noi ad AsiaNews!

Il risultato di tutto ciò è che i divari economici tra le élite ed il resto del mondo si accrescono sempre più ed aumentano i rischi di insurrezioni dappertutto nel mondo, ma questo non sembra preoccupare granché le élite che ad un conflitto di grandi dimensioni da tempo vanno preparandosi.

Infine s’impone un’ultima notazione: quei dirigenti politici che sembra non vogliano adeguarsi ai gusti ed ai modi delle potenti élite finanziarie vanno eliminati.

[1]Vedi tra i numerosi articoli ad esemp.

a) AsiaNews, Wei Jingsheng, 30/12/2010, L’inflazione in Cina causerà il collasso del regime

b) AsiaNews, 20/01/2011, Teme l’inflazione l’economia cinese in crescita

[2] Vedi tra i numerosi articoli ad esem
 
Sull'immobiliare USA

Tramite il QE si stanno creando le premesse per il ritorno alla deflazione ...
FT Alphaville US housing double-dip, continued

Tassi sui mutui a rialzo nuova fase di crisi nel mercato immobiliare.


Interessanti, pur nella loro desolazione, i vostri 2 posts. Si può sperare che il mercato abbia toccato il fondo, viste le ultime notizie, tra cui quella odierna:

Sales of New Homes in U.S. Rose More Than Forecast (Update2) - Bloomberg.com

Se non fosse un segnale isolato, e parrebbe proprio di no, sarebbe una gran bella cosa per l'economia americana.

Per Storm: non credi che il QE della Fed abbia come obiettivo quello di tener bassi i tassi di lungo (sul quale si pagano i mutui) e di aumentare quelli a breve, per dare fiducia a chi acquista un bene che cessa di svalutarsi? In tal caso l'effetto deflazionistico non ci sarebbe, anzi.
 

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