Timori sulle aste dei titoli di stato
Bene l'Irlanda, male la Spagna. Le due aste "periferiche" di titoli di stato spagnoli, per 6,4 miliardi a 12 e 18 mesi, e irlandesi per 1,5 miliardi a tre e dieci anni hanno fotografato ieri senza veli il mercato del debito pubblico dell'Eurozona, che resta fragile e volatile nonostante il sostegno degli acquisti da parte delle banche centrali dell'Eurosistema.
È indubbio che i prezzi dei bond governativi dell'Eurozona periferica siano saliti e i rendimenti conseguentemente calati da quando la Bce è scesa in campo: con grande beneficio per i portafogli con mark-to-market, soprattutto quelli bancari. L'anomalia delle curve dei rendimenti invertite (la parte corta con tassi più alti della parte lunga) è stata parzialmente corretta. Tuttavia la preoccupazione dei trader sulle aste resta: l'entità del flusso degli investimenti in uscita dai bond in euro e in entrata nei Treasuries americani, complice la debolezza della moneta unica europea; la carenza di acquisti genuini e sostanziosi sul mercato secondario dei bond periferici; l'eccesso di liquidità in Eurolandia che affolla i depositi aperti presso le banche centrali dell'Eurosistema. Il nuovo deposito a una settimana che serve a sterilizzare 16,5 miliardi di acquisti di bond è stato preso d'assalto dalle banche con richieste oltre i 160 miliardi.
L'asta irlandese ieri è andata bene, tenuto conto che l'austerity sui conti pubblici a Dublino ha anticipato di circa un anno la stretta ora discussa a Bruxelles: contro 1,5 miliardi in emissione ne sono stati richiesti 4,63 con un rapporto tra domanda e offerta di 3,1 volte, dunque molto elevato. L'agenzia del debito irlandese, Ntma, ha assicurato: «L'importo è standard, le nostre aste sono sempre tra 1 e 1,5 miliardi», come a voler sottintendere di non aver limato l'offerta per gonfiare la domanda. Tuttavia l'emissione del bond scadenza 2020 risalente allo scorso gennaio, effettuata tramite sindacazione di banche, era stata di 5 miliardi: l'86% venduta a non-irlandesi, il 96% collocata in Europa con una quota consistente (39%) nel Regno Unito. Gli investitori globali che risiedono a Londra, negli ultimi tempi avrebbero disinvestito per importi consistenti dai bond in euro per riversarsi sui Treasuries americani: come confermano gli ultimi dati resi noti dalle autorità Usa (si veda tabella). La società di analisi Creditsights ha sottolineato che lo scorso marzo gli acquisti netti di titoli di stato Usa da parte di investitori non americani ha superato la soglia dei 100 miliardi di dollari, un evento che ha due soli precedenti.
L'asta dei "BoT" spagnoli ha evidenziato ieri tensioni persistenti sulla parte cortissima della curva dei rendimenti. Al di là del fatto che Madrid ha raccolto 6,436 miliardi, appena sotto la parte bassa della forchetta 6,5-7,5 miliardi, il tasso di assegnazione del titolo a 12 mesi è stato dell'1,699%, contro lo 0,90% dell'asta di aprile ma soprattutto di 25 centesimi al di sopra del rendimento (1,442%) dei BoT italiani a un anno collocati nei giorni scorsi. Ieri lo spread dei Bonos spagnoli decennali contro i Bund tedeschi si è allargato a 121 centesimi mentre per i BTp con stessa scadenza il gap era attorno a quota 110.