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Stampa di giovedì 7 luglio 2011, pagina 27
Intervista a Pier Carlo Padoan - "Le agenzie di rating non informano e aggravano le crisi"
di Mastrobuoni Tonia
"Le agenzie di rating non informano e aggravano le crisi" Padoan (Ocse): ma l'euro non è a rischio Chi è VICEDIRETTORE GENERALE E CAPO ECONOMISTA DELL'OCSE E' STATO DIRETTORE ESECLTIVO AL FMI, CONSULENTE ALLA BANCA MONDIALE E HA INSEGNATO ECONOMIA ALLA SAPIENZA DI ROMA Intervista TONIA MASTROBUONI TORINO pier Carlo Padoan è netto: le agenzie di rating fanno profezie che si autoavverano e non sono più in grado di dare informazioni: seguono la scia e aggravano le crisi. Acuendo anche il conflitto tra le politiche di risanamento, che hanno tempi necessariamente lunghi, e le reazioni dei mercati, improntate a un orizzonte troppo breve. Il vicedirettore generale dell'Ocse è tuttavia fiducioso: «l'euro non è in pericolo». E, se faranno le scelte giuste, le istituzioni europee saranno più forti in futuro.
Moody's ha declassato in un sol colpo il debito del Portogallo di 4 gradini, al livello «spazzatura». «Ultimamente le agenzie di rating hanno confermato di essere fortemente procicliche. Producono profezie che si autoavverano. Non è vero che trasmettono informazioni: esprimono valutazioni, imprimendo un'accelerazione a tendenze che sono già in atto. E come dare una spinta a chi è già sull'orlo del burrone. Aggravano le crisi».
È vero, entrando nel merito dei rilievi di Moody's, che Lisbona avrà bisogno di nuovi aiuti europei? «E presto per dirlo. L'aggiustamento richiede tempo. E qui veniamo a un altro punto fonda- L'EUROPA \('I 'S)'?. zii bivio. si s('('Is(' I'(an'O. ( )rzi si ('OI)\('I'r;'21 sui ('()I)ti» mentale di questa crisi, anzi, io lo definirei l'equivoco di fondo. I Paesi hanno bisogno di tempo perché facciano effetto i risanamenti, le economie tornino a crescere e si allentino i tassi sul debito. I mercati ragionano invece giorno per giorno, hanno orizzonti brevi e non sembrano credere in queste politiche».
Per l'Europa è una corsa contro il tempo? «Sì, il vero dialogo, in Europa, è oggi tra i mercati e la politica».
Dialogo? È un eufemismo? «Il dilemma è che i mercati stanno comunicando la loro diffidenza, sembrano segnalare che non ci sono soluzioni alla crisi attuale, mentre la politica sta facendo l'opposto, si sta impegnando a trovarle».
E appena le trova, come è accaduto alla Grecia che alla fine della scorsa settimana ha approvato il maxi piano di risanamento, arriva la bocciatura di Standard&Poor's sul piano francese per il rollover delle banche... «E vero, la Grecia ha messo in campo una serie di misure di ampia portata. Ma va anche detto che ne aveva un bisogno enorme. Ha alcune caratteristiche insostenibili per un Paese membro della Ue».
La Ue non avrebbe dovuto accorgersene prima? «Sì. Da questo punto di vista ha le sue responsabilità. Ha chiuso gli occhi per un decennio, avrebbe dovuto esercitare pressioni prima per costringere la Grecia a risanare i conti e a riformare la pubblica amministrazione».
È giusto coinvolgere anche le banche? «Il coinvolgimento del settore privato, rigorosamente su base volontaria, non è solo giusto: è u riportante. Consentirebbe alla Grecia di allungare i tempi dei rimborsi. E sarebbe il segnale politico che c'è la volontà di trovare una soluzione concordata. Avrebbe un buon effetto sui mercati».
L'Italia è a rischio? L'aggiustamento vero dei conti sembra rimandato al 2013, al prossimo governo. «Non mi esprimo sulla manovra finché non vedo il testo. L'Italia ha un debito molto alto, ma negli ultimi anni non si è mosso: in altri Paesi la crisi lo ha fatto impennare. Certo, come dice Stan-dard&Poor's, abbiamo un problema di bassa crescita. Ma anche in questo caso direi che siamo alla scoperta dell'acqua calda. E così da dieci anni» L'euro sopravviverà a questa crisi? «L'euro non è in pericolo. Sono convinto che la crisi si risolverà *** con un rafforzamento delle istituzioni europee. E alla fine di questo percorso, secondo me, ci saranno anche gli eurobond. Questa crisi somiglia per certi versi a quella del '92. Allora affrontammo il dilemma se scegliere i cambi flessibili o l'unione monetaria. Allo stesso modo la scelta oggi è se rinunciare o meno a pezzi di sovranità fiscale per muoverci in direzione di una maggiore integrazione. E io mi auguro, per il futuro dell'Europa, che prevalga questa scelta».
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