Titoli di Stato area Euro GRECIA Operativo titoli di stato - Cap. 1

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Oggi, intanto, secondo giorno di sciopero generale.
La polizia ha circondato il Parlamento e chiuso le principali vie d'accesso al centro cittadino.
Gli scontri tra polizia e manifestanti sono proseguiti poi in serata e nelle prime ore della mattina.
La manifestazione delle organizzazioni sindacali è prevista intorno alle 10.
 
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Sole 24 Ore di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 12
Atene al voto decisivo. La Ue: non c'è un piano B
di V.D.R.

La crisi greca. Oggi e domani pacchetto di austerity all'esame del Parlamento Atene al voto decisivo La Ue: non c'è un piano B Paese paralizzato per 48 ore da un nuovo sciopero generale ATENE a. Eypo, questo è il nome dell'euro in greco, come appare scritto su tutte le banconote di Eurolandia. Ma per questo legame, che finora sembrava indissolubile, sono ore decisive: il destino della Grecia e della stabilità dell'Eurozona sono sotto esame. Due destini incrociati che sono nelle mani del Parlamento di Atene, la patria della democrazia occidentale. Saranno infatti i 30o deputati ellenici a decidere se mandare il Paese alla bancarotta, o salvarlo. Ma se dovessero fallire trascinerebbero nel gorgo del default buona parte dell'economia mondiale con il famoso effetto contagio visto che Atene, con 79 miliardi di dollari inCredit default swaps e 34o miliardi di debito, ormai è come una Lehman Brothers sull'Egeo. Per questo l'Unione europea, con l'avvicinarsi del momento della verità. usa toni sempre più drammatici sottolineando ancora una volta che «non esiste nessun piano B. Il solo modo di evitare un default immediato - ha detto il commissario Ue per gli Affari economici e monetari 011i Rehn - è quello di approvare in Parlamento il nuovo piano di austerità da 28,6 miliardi di euro». Sugli stessi toni anche il presidente permanente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy che ribadisce che in gioco c'è «la stabilità dell'eurozona». Naturalmente non è proprio così visto che dietro le quinte, trapela da Bruxelles che la Commissione si sta preparando ad affrontare anche lo scenario peggiore, con un'inezione di liquidità, ma parlarne ora è vietato. Solo informalmente e dietro la garanzia dell'anonimato fonti europee raccontano che «è da tempo che si sta riflettendo e lavorando per fare fronteanchea questa sciagurata ipotesi». Intanto però la Grecia è paralizzata da uno sciopero generale di due giorni ela tensione sociale è sfociata in scontri duri con i 5mila agenti schierati nelle strade del centro di Atene. I gruppuscoli anarchici di Exarchia sono stati i più violenti, come al solito, costringendo gli "indignados" a trovare rifugio nella stazione della metropolitana di piazza Syntagma, rimasta aperta per consentire ai dimostranti di arrivare in centro. Mentre i partiti dell'opposizione gu id at i da Antonis Samaras sono arroccati in uno sterile boicottaggio dell'appello a quella unità nazionale ritenuta necessaria per fare fronte e superare la crisi, Dora Bakoyannis, leader di Alleanza democratica, formazione di cinque deputati transfughi da Nuova Democrazia, annuncia la libertà di voto, che significa via libera al sostegno al Pasok di Papandreou che con 155 deputati, di cui quattro a rischio, ha un solo voto di maggioranza. Inattesa del doppio voto parlamentare - prima sulla strategia complessiva di risanamento poi sulle misure attraverso cui applicarla - proseguono i contatti con i privati (banche, fondi d'investimento e assicurazioni) per definire tempi e modi della loro partecipazione volontaria al secondo piano di salvataggio della Grecia da cir1 SUL FILO DI LANA Voto in due tappe • Oggi e domani il Parlamento greco si riunisce pervotare il piano quinquennale di risanamento dei conti. Il primo voto atteso per oggi riguardale linee generali del pacchetto, il secondo (in programma domani) le singole misure, tra cui le privatizzazioni per 50 miliardi, la riduzione della soglia di esenzione fiscale da 12mila a 8mila euro, l'aumento delle imposte sulla benzina e dell'Iva su bevande e ristorazione Gli schieramenti • Il votoèinbilico.Isocialisti infatti hanno solo 155 seggi su 300 e la loro maggioranza teorica di 5 seggi potrebbe subire ulteriori defezioni. Scontato il nodi Nuova democrazia (centro-destra), nazionalisti, comunisti esinistra radicale. Decisivi potrebbero essere i 5 voti di Alleanza democratica, gruppo di fuoriusciti da Nuova democrazia I SEGGI Socialisti 11111.1r 1MM Nuova democrazia 155 86 Comunisti 21 Nazionalisti 0 Sinistra radicale Alleanza democratica 5 Indipendenti 5 15 ca uo miliardi di euro. I singoli Paesi stanno sondando irispettivi istituti di credito e il piano proposto dalla Francia sembra guadagnare consensi. Anche se non mancano le puntualizzazioni. La Germania è per un coinvolgimento pari ad almeno un terzo del totale dell'intervento. E l'Olanda chiede maggiore chiarezza sul ruolo dei privati e sull'equa ripartizione della loro partecipazione. Ma tutto il meccanismo alla Brady bond ellenici resta subordinato all'esito del passaggio parlamentare del piano Papandreou. Se Atene supererà il test, entro il 3 luglio prossimo Ue e Fini potranno dare il via libera alla quinta tranche da 12 miliardi di euro degli aiuti, per no miliardi, concessi un anno fa a maggio zoio. Consentendo così alla Grecia di far fronte alle esigenze finanziarie di metà mese: rinnovi e pagamenti pensioni e stipendi. Inoltre, l'u luglio potrebbe essere anche definito il nuovo piano di salvataggio da altri no miliardi in base a modalità tali da convincere le agenzie di rating - con cui i contatti proseguono - a non dichiarare il default di Atene. «Le riforme strutturali dell'economia sono sicuramente una sfida importante - ha detto Rehn rivolgendosi ai greci - ma resta di gran lunga un'alternativa migliore al fallimento». I mercati comunque sembrano credere a un esito positivo. Le borse europee -Atene compresa - hanno chiuso in rialzo e l'euro ha guadagnato terreno sul dollaro per il secondo giorno consecutivo. Il destino dell'euro si decide ad Atene.
V.D.R.
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Sole 24 Ore di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 12
Wen: "Pronti a rilanciare sul debito dell'Eurozona"
di Romano Beda

Il premier cinese in Germania ribadisce la fiducia nell'area Wen: «Pronti a rilanciare sul debito dell'Eurozona» Beda Romano FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La Cina ha annunciato ieri di essere pronta ad acquistare nuovo debito pubblico della zona euro pur di aiutare a stabilizzare una regione che sta attirando un numero crescente di investimenti cinesi. Proprio ieri in Germania è stato firmato tra le altre cose un contratto da 7,5 miliardi di euro con Airbus. «La Cina - ha ricordato ieri a Berlino il primo ministro Wen Jiabao - ha espresso il proprio sostegno alla zona euro in varie occasioni. In altre parole quando l'Europa è in difficoltà daremo una mano. A seconda delle necessità acquisteremo certamente quote di debito pubblico». Wen ha definito la crisi debitoria greca «di natura temporanea». Negli ultimi tre anni, il Governo cinese ha aumentato la propria presenza in Europa, assumendo la gestione di infrastrutture (come porti e aeroporti), acquistando aziende (ancora di recente la tedesca Medion), investendo denaro in obbligazioni sovrane (specialmente in Spagna).Ormai la Cina è diventata un azionista di minoranza della zona euro. Un breve giro d'orizzonte delle ultime operazioni cinesi in terra europea è interessante: oltre a comprare aziende industrialie obbligazioni pubbliche in molti Paesi della zona euro, investitori cinesi stanno costruendo autostrade in Polonia, coltivando viti in Bulgaria, modernizzando GEOPOLITICA E AFFARI A Berlino il primo consiglio dei ministri congiunto Siglati accordi economici per 15 miliardi di dollari, metà in commesse Airbus l'aeroporto di Zagabria, pianificando un nuovo porto in Islanda. La presenza cinese ha una doppia valenza. Da un lato, è percepita dai Paesi dell'Unione monetaria come un'ancora di salvezza, in un momento in cui la zona euro attraversa acque finanziarie molto agitate. Dall'altro, fa della Cina un protagonista della vita politica europea che nel caso potrà imRaffica di contratti per le imprese tedesche Airbuse Volkswagen in prima fila La fiducia e l'ottimismo di Wen Jiabao sul futurodell'euro sono stati accompagnati da una raffica di contratti tra i principali gruppi tedeschi e cinesi per un valore di 15 miliardi di dollari n Tra i principali, la Airbus ha firmato un accordo da 7,5 miliardi di dollari per la consegna di 88 aerei A320 e il gruppo Volkswagen ha ricevuto il via libera definitivo per la costruzione di due impianti automobilistici in Cina a Inoltre, hanno ufficializzato contratti - tra gli altri gruppi - la Daimler, la Siemens e la Basf porre la sua volontà sugli stati membri dell'euro. È difficile pensare che la Cina abbia motivi solo altruistici nell'investire in Europa. La sua presenza nella zona euro - o meglio, come ha detto ieri il cancelliere Angela Merkel, il suo «interesse enorme» nella stabilità della moneta unica - è una garanzia per il futuro dell'Unione. Ma fino a che punto si spingerà la sua influenza, si chiedono molti osservatori? Secondo gli ultimi dati disponibili, gli investimenti cinesi in Germania ammontavano nel 2009 a Goo milioni di dollari. Secondo Jens-Peter Otto, analista di Pricewaterhousecooper, le aziende tedesche con partecipazioni cinesi sono circa 2mila, ed entro il 2020 gli investimenti totali provenienti dal Paese asiatico ammonteranno a 4-5 miliardi di dollari. Si calcola che circa un quarto delle riserve valutarie cinesi -pari a 3mila miliardi di dollari - siano in euro. Secondo Capital Economics, la Cina avrebbe acquistato oltre 4o miliardi di attività finanziarie in euro dall'inizio dell'anno. Perla Germania, tutta votata alle esportazioni, la Cina è un ormai tra i suoi mercati di riferimento. Ieri aziende dei due Paesi hanno firmato accordi per 15 miliardi di dollari. Oltre a intese con Volkswagen, Daimler e Siemens, è da segnalare che Airbus ha venduto a China Aviation Supplies 88 aerei A32o. La signora Merkel crede che l'interscambio bilaterale possa salire a zoo miliardi di euro entro il 2015, daino miliardi del 2010 (in rialzo del 34% rispetto al 2009). A conferma dei crescenti legami con la Cina, ieri la Germania ha organizzato a Berlino il primo consiglio dei ministri congiunto (13 i ministri presenti per parte). Ne seguiranno probabilmente altri. Notava nei giorni scorsi Die Welt che il Governo tedesco raramente tiene riunioni di questo livello con Paesi extraeuropei; il quotidiano citava solo gli esempi di Israele e della Russia. Ieri nei suoi colloqui il cancelliere ha anche sollevato la questione del rispetto dei diritti umani nel Paese asiatico. A molti la presa di posizione è parsa più che altro un atto dovuto. Forte della sua influenza, Wen ne ha approfittato per ricordare che il suo Paese «rispetta il sistema politico europeo». E ha aggiunto: «Ci aspettiamo rispetto per il sistema cinese e per l'integrità territoriale della Cina».
[email protected] O RIPRODUZIONE RISERVATA Spinta all'interscambio La Merkel ha previsto che gli scambi bilaterali tra Germania e Cina raggiungeranno 200 miliardi di euro nei prossimi cinque anni rispetto ai 130 del 2010 Il Governo cinese punta a facilitare l'ingresso delle medie imprese tedesche nel Paese (attualmente 4.500 imprese operano in Cina) e per questo ha annunciato un programma di credito da due miliardi di dollari e Con la visita in Germania, si è concluso il viaggio in Europa di Wen, che ha fatto tappa anche in Ungheria e Gran Bretagna PARTNER CRUCIALE Quote sul commercio estero dell'Unione europea. In percentuale Svizzera 6,6 Norvegia 4,2 Giappone 3,8 Turchia 3,6 Russia 8,6 Cina 139 Usa 14,4 Altri 44,9 Fonte: Uc ***
 
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Sole 24 Ore di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 12
Intervista ad Angel Gurria - "Sì al coinvolgimento delle banche"
di Da Rold Vittorio

INTERVISTA Angel Gurria Segretario generale dell'Ocse «Sì al coinvolgimento delle banche» MERCATI VOLATILI «C'è una turbolenza che impatta su tutti, ma la situazione italiana è migliore di altre» Vittorio Da Rold m «Coinvolgere i creditori privati nel rollover del debito greco, siano essi banche, hedge funds, o fondi, è un buon principio generale», dice Angel Gurria, segretario generale dell'Ocse, l'Organizzazione perla cooperazione e lo sviluppo economico, che quest'anno compie 5o anni di vita. Gurria celebrerà l'anniversario in Italia partecipando lunedì 4 luglio a Roma alla sesta edizione di East Forum, un convegno intitolato «Una crescita competitiva per una migliore occupazione. Politiche, soluzioni e strategie per promuovere lo sviluppo e l'occupazione», organizzato da UniCredit con la rivista East. Quali sono gli elementi di positività del coinvolgimento dei privati nel salvataggio greco? L'estensione delle scadenze del debito dà più tempo al Paese perché così il problema della liquidità non si trasforma in insolvenza e, secondo motivo, perché le riforme strutturali varate dal governo Papandreou hanno bisogno di tempo per esplicare i loro benefici effetti. Inoltre la partecipazione dei creditori privati nel rinnovo del debito greco toglie pressione sul fatto che oggi sono soprattutto i contribuenti europei a pagare gli sforzi del salvataggio. Infine è importante specificare che la partecipazione dei creditori privati al rollover non è una soluzione francese, tedesca o del Fondo monetario internazionale, ma è una buona idea in sé, un principio corretto. Cosa pensa della situazione in Italia. I mercati sono molto volatili in questi giorni? I mercati sono volatili in tutto il mondo. C'è una turbolenza generale che impatta su tutti. L'Italia ha fatto bene i suoi compiti, ha preso le decisioni corrette e fatto le riforme opportune. La situazione italiana ingenerale è migliore di altri Paesi. Sono soddisfatto del lavoro fatto dall'Italia in campo pensionistico, del mercato del lavoro, della tenuta del sistema bancario e dei conti pubblici, tenendo soprattutto sotto controllo il fabbisogno che è più modesto di altri Paesi. Certo, il debito che era stato ridotto è aumentato di nuovo a causa della crisi. Inoltre non va dimenticato che l'Italia ha una forte capacità di risparmio interna a differenza di altri partner. La crisi finanziaria è finita? La crisi globale non è affatto finita, ha solo cambiato faccia: da finanziaria è diventata sociale con l'aumento della disoccupazione soprattutto giovanile. Rischiamo di perdere una generazione intera di giovani a cui abbiamo detto di studiare più a lungo e a cui oggi non sappiamo offrire un'occupazione. Ora dobbiamo consolidare il debito e recuperare la crescita. Qual è il futuro dell'Ocse? Missione conclusa? No, i prossimi 5o anni saranno dinamici e di grande trasformazione con un maggior coinvolgimento dei Paesi emergenti all'interno dell'organizzazione sia con il loro ingresso diretto sia con una maggiore collaborazione.
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Foglio di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 3
Ogni giorno c'è un piano B per Atene, ma mai la salvezza certa

• Scioperi, scontri e lacrimogeni in Grecia. Si attende il voto sul piano di austerità. Tutte le alternative alla strada ufficiale Ogni giorno c'è un piano B per Atene, ma mai la salvezza certa Bruxelles. Per la Grecia "non c'è un piano B per evitare il default", ha avvertito ieri il commissario europeo agli Affari economici, 011i Rehn, mentre il Parlamento di Atene si prepara a votare su un nuovo pacchetto di austerità e la piazza si ribella alle imposizioni di Unione europea e Fondo monetario internazionale. "L'Ue continua a essere pronta a sostenere la Grecia. Ma l'Europa può aiutare la Grecia solo se la Grecia aiuta se stessa", ha detto Rehn per esortare il Partito socialista del premier George Papandreou a restare unito e approvare le misure necessarie a ottenere la prossima tranche del prestito di cui la Grecia ha bisogno per evitare la bancarotta. Il Pasok ha cinque voti di maggioranza in Parlamento, ma l'opposizione conservatrice voterà "no" e almeno cinque deputati socialisti hanno pubblicamente criticato il loro governo. I sindacati hanno bloccato il paese con uno sciopero generale di 48 ore prima del voto. Il centro di Atene si è trasformato in un campo di battaglia, le forze antisommossa hanno usato la forza per disperdere i manifestanti in Syntagma, la piazza di fronte al Parlamento, e davanti al ministero delle Finanze. In realtà, nessuno dei piani in discussione, pubblici o segreti, può sicuramente evitare il default della Grecia. Il piano A, l'unico ufficiale, prevede che il Parlamento approvi le misure di austerità, prima che Ue e Fmi rilascino 12 miliardi di aiuti immediati e avviino i negoziati su un nuovo salvataggio con la partecipazione degli investitori privati. Lunedì le banche, le assicurazioni e i fondi pensione più esposti in Grecia hanno discusso a Roma di come caricarsi una parte dei costi del nuovo bai-lout. Gli istituti francesi hanno proposto una via di mezzo tra i Brady bond e la Bad bank. Per 100 euro di debito che la Grecia deve rimborsare, i creditori ne reinvestirebbero 50 in bond trentennali con un tasso dal 3 al 5,5 per cento e 20 in obbligazioni ad alta qualità del Fondo salvaeuro. Come fecero gli Stati Uniti con i paesi insolventi dell'America latina alla fine degli anni Ottanta, così l'Ue dovrebbe garantire i nuovi bond greci che le banche europee si impegnano a acquistare. Come con una Bad bank, questi nuovi titoli non verrebbero registrati nei bilanci delle banche, ma in uno Special Purpose Vehicle, di cui le banche diventerebbero azioniste. Ma se il Parlamento greco boccia oggi il pacchetto di austerità - o domani la legge di implementazione di tagli, tasse e privatizzazioni - il piano A salta e la Grecia si troverà in luglio in cessazione dei pagamenti. Secondo il Wall Street Journal, a Roma si è discusso anche di un piano B che equivale a una ristrutturazione del debito: un buy back. Grazie agli aiuti europei o ai fondi delle privatizzazioni, Atene potrebbe ridurre l'ammontare del debito complessivo - oltre 150 per cento di pil - ricomprandosi i suoi titoli di stato con un forte sconto sul valore di mercato. Anche i ministri delle Finanze della zona euro stanno preparando un piano B, in caso di bocciatura parlamentare. "Lavoriamo a diversi piani di contingenza", confermano al Foglio fonti comunitarie, evocando le ipotesi di un prestito ponte e di un buy back. Ma tutti gli sforzi rischiano di essere vani rispetto all'obiettivo di evitare un effetto contagio sul sistema bancario europeo. Né il piano A, né i piani B impediranno alle agenzie di rating di dichiarare un default, costringendo la Bce a non accettare più i bond greci come collaterali. A quel punto, secondo fonti brussellesi, soltanto un trasferimento del debito greco sotto forma di Eurobond -vietato dai trattati e osteggiato dalla Germania - potrebbe evitare una crisi sistemica.
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Foglio di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 2
L'incubo greco si può evitare solo salvando la Grecia dall'incubo bancario
di Cundari Francesco

L'incubo greco si può evitare solo salvando la Grecia dall'incubo bancario Da mesi, che si parli della prossima manovra economica del governo Berlusconi, o della crisi dell'euro, o delle tensioni tra HOTEL Lux Pdl e Lega, nel dibattito compare sempre un qualche riferimento alla Grecia. Nei momenti critici, seppure con decrescente attenzione, la crisi greca riconquista uno spazio autonomo nel flusso delle notizie; ma il più delle volte fa la sua fugace comparsa soltanto come termine di paragone, come pericolo da scongiurare, come modello negativo. Eppure è difficile trovare un'immagine più intensamente evocativa, uno spicchio di realtà che abbia in sé un più forte valore simbolico delle fiamme che salgono dalla culla della civiltà occidentale, e della democrazia. In merito, la sostanziale afasia del dibattito pubblico si deve forse alla ragione più elementare, e cioè alla mancanza di parole. E' come se il vocabolario di cui ci serviamo ogni giorno quando trattiamo di questi problemi, con il relativo campionario di frasi fatte, proprio qui manifestasse di colpo tutta la sua disarmante inadeguatezza: il "rigore", o peggio la "virtù", di bilancio; le scelte "coraggiose e impopolari"; la necessità di "ascoltare", "rassicurare", "accontentare" i mercati. Parole che suonano semplicemente grottesche di fronte alle misure già decise e a quelle che si annunciano da parte del governo greco, e alla linea intransigente assunta dall'Europa, che ormai sembra giocare con Atene allo schiaffo del soldato. Dopo la grande crisi finanziaria globale, da cui non siamo ancora usciti, non è possibile continuare a ripetere queste formule come se nulla fosse accaduto: sull'intera economia mondiale grava ancora oggi una massa incalcolabile di debiti senza nome che nessuno ha idea di come smaltire. Debiti prodotti da quegli stessi manager che nel frattempo continuano a incassare cifre incommensurabili, grazie ai salvataggi statali che hanno impedito il tracollo delle maggiori banche internazionali, e di conseguenza dell'intero sistema. E intanto si chiede alla Grecia, una tra le più piccole economie del continente, di pagare fino all'ultimo centesimo i debiti accumulati dal precedente governo. Nella disinvoltura con cui si spinge Atene verso il baratro, mentre si parla di tagli durissimi agli stipendi degli statali, alla sanità, all'assistenza sociale, c'è qualcosa di moralmente insopportabile, ma anche, a suo modo, illuminante. E' come se all'improvviso, usciti dalla realtà virtuale della grande bolla finanziaria, anche le parole ritornassero sotto il dominio della forza di gravità, e riacquistassero il loro peso, cambiando di conseguenza i valori di tutte le discussioni in cui fino a oggi erano state usate. Comprese le discussioni di questi giorni sulla prossima manovra del governo e sulle tensioni tra Pdl e Lega. Anche in questo caso, naturalmente, a sinistra non poteva non ripresentarsi l'antica tentazione di schierarsi dietro l'Economist e il Financial Times, dietro le imperative "richieste dei mercati" e la necessità del rigore "che l'Europa ci impone". La novità, e non da poco, è che il Partito democratico, per la prima volta dalla sua nascita, non si è lasciato risucchiare in questa spirale, e ha assunto una posizione non meno critica verso il governo, ma assai diversa nel merito. In breve, il Pd ha accusato il governo di avere assunto con l'Europa impegni troppo gravosi e irrealistici, invocando un esecutivo più forte e autorevole, e perciò più capace di "ricontrattare" le condizioni dell'aggiustamento dei nostri conti, non un governo più disciplinato e ubbidiente, più ligio nel fare i compiti (peraltro sempre decisi da altri). In questo momento non servono primi della classe, tanto meno dinanzi al dibattito sul rischio di fare "la fine della Grecia" che oggi sembra dividere il governo. Evidentemente, si tratta di un rischio non da poco, e ci mancherebbe che la classe dirigente del paese nel suo complesso non si ponesse questo problema. Resta da capire, tuttavia, se sia realistico immaginare per l'Italia una fine diversa, una volta che il nostro paese abbia accettato o non abbia contrastato a sufficienza la scelta di lasciare Atene al suo destino. E se non sarebbe invece assai più saggio, oltre che giusto, preoccuparsi prima di tutto che sia la Grecia a non fare oggi una brutta fine, e con essa ogni idea di un'Europa anche solo vagamente democratica.
Francesco Cundari ***
 
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Foglio di mercoledì 29 giugno 2011, pagina 3
Così Lagarde sfiderà le crescenti remore del Fmi sulla Grecia
di lombardi Domenico

• II ministro francese succede a DSK alla direzione del Fondo monetario. Ma gli aiuti allEurozona perdono consensi a Washington Così Lagarde sfiderà le crescenti remore del Fmi sulla Grecia Mentre ieri a Washington il consiglio di amministrazione del Fondo monetario internazionale votava la francese Christine Lagarde come nuovo direttore generale, a Bruxelles i governi europei restavano alla ricerca di un ac- ANALISI - DI DOMENICO LOMBARDI* conio di ampio respiro sui contenuti di un nuovo piano di aiuti alla Grecia. E proprio il caso greco sarà il primo dossier sul tavolo dell'ormai ex ministro delle Finanze di Parigi che ieri mattina, negli ultimi momenti della corsa a due con il messicano Agustin Carstens, aveva ricevuto anche il sostegno dell'Amministrazione americana. L'istituzione di Washington al suo interno sta da tempo riconoscendo i limiti di un approccio che, sinora, ne ha accresciuto sensibilmente l'esposizione fmanziaria nell'ambito di un impegno praticamente illimitato a sostenere un'intera regione senza essere in grado, tuttavia, di controllarne adeguatamente gli sviluppi. D'altronde l'incertezza di Bruxelles su tempi, modalità e contenuti di un nuovo programma per la Grecia alimenta un senso di frustrazione e disappunto in un'istituzione che in questi mesi si è assunta rischi senza precedenti nella sua storia, tali da far apparire il suo intervento nella crisi asiatica negli anni Novanta quasi una simulazione da laboratorio. Nella primavera scorsa, con non pochi dubbi, il Fmi aveva accettato di finanziare per un terzo il programma di aiuti alla Grecia congiuntamente con i governi dell'area del-l'euro, il cui indugio, in particolare della Germania, aveva nel frattempo triplicato l'entità del fabbisogno nel giro di pochi mesi. Per la prima volta il Fmi avrebbe lavorato, nella messa a punto del programma, gomito a gomito con le istituzioni europee e i loro paesi membri, nel cui modus operandi intravedeva uno specchio fedele dei propri fallimenti passati, fatti da programmi sottofinanziati, erogati in situazioni di crisi avanzata e con ipotesi e condizioni irrealistiche, come il riaccesso della Grecia al mercato dei capitali previsto in tempi brevissimi. Pur con delle riserve al suo interno, solo in apparenza accantonate, il programma era stato presentato dal Fmi come "ambizioso ma fattibile"; nell'alfabeto Morse dell'istituzione implica la consapevolezza di un traguardo assai improbabile. La certezza, invece, era quella di assumersi il rischio dell'insuccesso del programma pur di comprare tempo e consentire agli europei di formulare un piano di azione credibile e di ampio respiro sia per la Grecia sia per le altre economie periferiche dell'area euro che stabilizzasse i mercati finanziari. Nel maggio dello scorso anno, poche settimane dopo l'approvazione del pacchetto di aiuti alla Grecia, i ministri delle Finanze approvarono a Bruxelles il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, un sistema essenzialmente intergovernativo destinato a intervenire in situazione di turbolenza già avanzata e con risorse inadeguate a fronteggiare una crisi sistemica dell'euro. Intravedendone i limiti, l'allora direttore generale Dominique Strauss-Kahn aumentava la posta, impegnando il Fmi, in una mossa senza precedenti, a cofinanziare la crisi europea per un terzo delle risorse messe a disposizione dagli europei, una decisione tecnicamente non in linea con il quadro regolamentare dell'istituzione che non prevede la possibilità di impegnarsi incondizionatamente ex ante Ancora una volta, l'istituzione accantonava le sue non poche riserve e accettava suo malgrado un ruolo di cui intravedeva tutti i rischi. Sarà quindi proprio questo il terreno su cui molti paesi membri dell'istituzione valuteranno le prime mosse del neodirettore Lagarde, a cominciare dagli Stati Uniti che seguono con preoccupazione l'evolversi della crisi europea e i possibili contraccolpi per la fragile ripresa economica americana.
*Presidente dell'Oxford Institute for Economie Policy ***
 
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