Val
Torniamo alla LIRA
Nel ruolo di contenimento dell’azione, della presenza e del potere contrattuale del partito di Alfano, Verdini non si trova in difficoltà solo per motivi di geografia politica, provenendo pure lui e i suoi dall’area del centrodestra.
E neppure, più di tanto, per le spinose dispute legislative sulla disciplina delle coppie omosessuali, cui francamente i verdiniani non sono sembrati sinora molto interessati, né a favore né contro.
No, le difficoltà maggiori di Verdini e amici derivano dal fatto che anche a loro serve, come agli alfaniani, la protezione dal rischio di pagare pesantemente, in termini di candidature, le spese del premio di maggioranza alla lista, anziché alla coalizione più votata nel rinnovo della Camera.
Cui i verdiniani più loquaci e genuini hanno annunciato di volere concorrere scrivendosi anche “sulla fronte”, come ha detto il senatore Vincenzo D’Anna, “con Renzi o per Renzi”.
Sul piano logico Verdini dovrebbe quindi non contenere ma aiutare, anzi aggiungersi alle aspirazioni degli alfaniani, essendo comune l’interesse a tornare al premio di coalizione.
Ma quel furbacchione di Renzi sa che la politica è fatta anche di pancia, e non solo di testa.
E la pancia dei fuoriusciti da Forza Italia è una pentola di rivalità vecchie e nuove, di ambizioni frustrate, di accuse atroci, di sospetti infamanti.
Alfano ruppe con Berlusconi nel 2013 procurandosi l’accusa di traditore sia da Raffaele Fitto sia da Verdini.
Poi ha rotto Fitto, accusando Berlusconi di non opporsi a sufficienza a Renzi e prendendosi l’accusa di traditore dai verdiniani,
Ora hanno rotto i verdiniani ma per i motivi opposti a quelli di Fitto, per cui non possono convergere con lui.
Ma neppure con Alfano perché pesano le scorie delle polemiche roventi di due anni fa.
E Renzi viene umanamente tentato dall’interesse di usare ora gli uni, ora gli altri, o gli uni contro gli altri, sapendo che alla fine tutti lavorano, volenti o nolenti, per la sua conquista della parte autenticamente moderata del vecchio elettorato di centrodestra.
E neppure, più di tanto, per le spinose dispute legislative sulla disciplina delle coppie omosessuali, cui francamente i verdiniani non sono sembrati sinora molto interessati, né a favore né contro.
No, le difficoltà maggiori di Verdini e amici derivano dal fatto che anche a loro serve, come agli alfaniani, la protezione dal rischio di pagare pesantemente, in termini di candidature, le spese del premio di maggioranza alla lista, anziché alla coalizione più votata nel rinnovo della Camera.
Cui i verdiniani più loquaci e genuini hanno annunciato di volere concorrere scrivendosi anche “sulla fronte”, come ha detto il senatore Vincenzo D’Anna, “con Renzi o per Renzi”.
Sul piano logico Verdini dovrebbe quindi non contenere ma aiutare, anzi aggiungersi alle aspirazioni degli alfaniani, essendo comune l’interesse a tornare al premio di coalizione.
Ma quel furbacchione di Renzi sa che la politica è fatta anche di pancia, e non solo di testa.
E la pancia dei fuoriusciti da Forza Italia è una pentola di rivalità vecchie e nuove, di ambizioni frustrate, di accuse atroci, di sospetti infamanti.
Alfano ruppe con Berlusconi nel 2013 procurandosi l’accusa di traditore sia da Raffaele Fitto sia da Verdini.
Poi ha rotto Fitto, accusando Berlusconi di non opporsi a sufficienza a Renzi e prendendosi l’accusa di traditore dai verdiniani,
Ora hanno rotto i verdiniani ma per i motivi opposti a quelli di Fitto, per cui non possono convergere con lui.
Ma neppure con Alfano perché pesano le scorie delle polemiche roventi di due anni fa.
E Renzi viene umanamente tentato dall’interesse di usare ora gli uni, ora gli altri, o gli uni contro gli altri, sapendo che alla fine tutti lavorano, volenti o nolenti, per la sua conquista della parte autenticamente moderata del vecchio elettorato di centrodestra.