HO MESSO LA TESTA A POSTO... MA NON Mi RICORDO DOVE

Ci sono intercettazioni che si possono pubblicare, in barba al segreto istruttorio; e intercettazioni che invece secondo la magistratura dovrebbero restare sconosciute all'opinione pubblica, anche se depositate agli atti di un processo.
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Del secondo tipo facevano parte le imbarazzanti chiacchierate tra Matteo Renzi, il suo staff e il generale della Gdf Michele Adinolfi, intercettate dai carabinieri del Noe all'inizio del 2014 e pubblicate dal Fatto Quotidiano il mese scorso. Ieri la Procura di Napoli ha mandato la Dia a fare irruzione a casa di due giornalisti del Fatto , Marco Lillo e Vincenzo Iurillo, autori dello scoop, con l'ordine di dare la caccia al file originale del rapporto dei carabinieri. Garbatamente, ai giornalisti è stato fatto presente che se non avessero consegnato il file l'unica soluzione era portar via i pc e il loro intero contenuto.



Ovviamente, hanno consegnato il file.
 
Perché tanta solerzia da parte di una Procura che in passato ha assistito a fughe di notizie ben più inspiegabili?

È appena il caso di ricordare che dalle intercettazioni uscivano in modo eloquente i rapporti assai confidenziali tra Adinolfi e Renzi, che si dava da fare per cercare di portare l'amico alla carica di comandante generale; ma bordate di fango, soprattutto nei dialoghi tra Adinolfi e Dario Nardella, partivano all'indirizzo di Giorgio Napolitano: che sarebbe stato «tenuto per le palle» da Gianni De Gennaro e Letta (probabilmente Enrico) con dettagli sulle attività del figlio.


Sia Palalzzo Chigi sia Napolitano avevano preso malissimo la fuoriuscita delle intercettazioni: e in soccorso di entrambi si era mosso tempestivamente il Csm che aveva aperto (caso non unico ma raro) un'indagine.

Ora l'iniziativa della Procura, che apre un'inchiesta per scoprire il nome dell'ufficiale che avrebbe passato le carte segrete.


L'inchiesta è resa surreale da un dettaglio: le intercettazioni non sono segrete.

Furono depositate integralmente e senza omissis online sul Diap, il cervellone della procura, accessibili a tutte le parti.



Due giorni dopo, lo scoop del Fatto .


Ieri gli agenti della Dia provano a sostenere, sulla base di un foglio che illustrava gli articoli, che l'informativa in mano ai giornalisti era quella «segreta»: ma, spiegano al Fatto , bastava leggere gli atti dell'inchiesta, per capire che il documento veniva proprio da li.

:lol::lol::lol:
 
All'ombra della sacrosanta battaglia contro gli evasori cresce la voglia di giustizialismo fiscale. Da una parte il governo alza la soglia di errore nelle dichiarazioni dei redditi oltre la quale scatta il processo penale, dall'altra il Parlamento risponde chiedendo di dare ad Equitalia poteri da Grande Fratello.
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Per la commissione Finanze del Senato l'agente riscossore deve avere «libero accesso a tutte le informazioni bancarie che riguardano i contribuenti, come per esempio i conti bancari italiani e quelli all'estero, la compravendita di auto o di imbarcazioni, i conti titoli, ecc. ecc. come avviene nei Paesi oltreconfine».



Nel frattempo, la scelta del governo di alzare da 50 a 150.000 euro la soglia di punibilità penale per le dichiarazioni infedeli scatena contestazioni da parte della Uil, ma anche di Sel e M5S, che parlano di ritorno dell'impunità e di «manine» ferragostane, come se solo il processo penale, con i suoi costi, fosse la via giusta per punire chi evade o chi sbaglia una dichiarazione. Il Pd si difende ricordando che la norma risponde all'esigenza di evitare di ingolfare i tribunali per concentrarsi sui casi di evasione più corposi.
 
Ma il clima è da «manettari» fiscali. E sebbene in teoria sarebbe doveroso consentire a Equitalia di usare ogni arma per recuperare il maltolto da chi evade, si dimenticano troppo facilmente i lati oscuri e le trappole del sistema fiscale, quanto sia facile cadere in errore per il contribuente e quanto siano invece impuniti gli errori commessi in primis dall'Agenzia delle entrate e poi da Equitalia.

Il quotidiano Italia Oggi racconta del caso di Salerno, dove la commissione tributaria provinciale, sezione VIII, con sentenza dello scorso 6 luglio ha dato ragione a un contribuente che aveva contestato a Equitalia il reato di usura per avergli caricato sul groppone interessi fuori misura: quasi 900 euro per un debito di 1.200. I giudici tributari hanno anche trasmesso gli atti alla Procura di Salerno, che ora potrebbe contestare il reato di usura.
 
«Il problema - spiega Giampiero Guarnerio, delegato italiano presso la Federazione europea commercialisti - è che i funzionari del fisco preferiscono inviare comunque la cartella esattoriale, perché se non lo fanno, rischiano di essere contestati dalla Corte dei conti, se lo fanno ed è sbagliata, pazienza, è il contribuente che deve lottare per farla annullare e sopportare i relativi costi.



Ma sa quante volte sono sbagliati gli accertamenti?

Dopo il 2010 i dati non sono più stati resi pubblici, ma quell'anno la media era di 840 atti errati al giorno».

Il punto è che le casse pubbliche sono troppo assetate di denaro e vince la linea di non guardare troppo per il sottile.

La stessa commissione Finanze del Senato che evoca i super poteri per Equitalia pare aver dimenticato di occuparsi dell'anatocismo sulle cartelle esattoriali, cioè gli interessi sugli interessi, che sono appena stati reintrodotti con il «decreto riscossione».



In più la commissione ha chiesto al governo di fare marcia indietro sul ventilato taglio di due punti dell'aggio concesso agli esattori.

Doveva calare dall'8 al 6%, invece il «premio» si fermerà al 7%, riferisce il Sole24Ore .



Eppure Renzi aveva definito «tanta roba» quel consistente taglio dell'aggio.

Ma non era poi così tanta.
 
Cape Cod, luogo mitico del New England, vuol dire - e suona decisamente meno glam - «capo merluzzo». Perché prima di diventare meta di artisti e comunità gay,era il maggior centro della pesca al merluzzo dell’Atlantico occidentale. Ma ora del merluzzo non è rimasto nemmeno l’odore, sparito. Più facile incontrare una balena.
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Questo a causa della pesca intensiva, ma soprattutto per il cambiamento climatico che ha fatto alzare la temperatura di questa regione dell’oceano al ritmo di quasi due gradi l’anno. Come per il merluzzo anche la pesca delle aragoste nel Massachusetts sta scomparendo, passata in dieci anni da duemila quintali a trecento. Qui nel Maine, invece, cioè lungo la costapoco più a Nord, lo scorso anno si è raggiunta la quota di 615mila quintali di aragoste pescate - l’85 per cento di tutte quelle finite nelle nasse dei lobsterman americani - e solo 10 anni fa erano poco più di centomila quintali.
 
Giusto per capire l’entità del fenomeno, le aragoste vive esportate in Cina nel 2009 fruttavano meno di tre milioni di dollari, ora siamo a quota centomilioni.
Il mercato perfetto: offerta gigante e richiesta super gigante, quindi prezzi alti.
Un giro d’affari, con l’indotto, di un miliardo di dollari per uno Stato, il più grande del NewEngland, con poco più di un milione di abitanti. Ovvio che l’aragosta in Maine sia sacra come la vacca in India, solo che finisce bollita nel pentolone, fa sempre status symbol ed èdiventata la star nelle nuove creazioni degli chef televisivi, i nuovi maître a penser contemporanei, i quali stanno scoprendola «news hall lobster», l’aragosta che cambia il guscio, prima snobbata perché meno carnosa e ora lanciata a suon di «wow!» e «gnummy!», come più saporita e più tenera...
 
«Le acque del Golfo del Maine», dice Carl Williams, 42 anni, direttore del Bureau of Marine Science, «sono quelle che si stanno riscaldando di più al mondo perché la corrente che discende dall'Artico e circolava in profondità è sempre meno fredda e profonda». È qui dove si nota di più come la corrente del Golfo, che lambisce le coste orientali dell'Atlantico, entra nel mare Artico e ridiscende l'oceano sospingendo acque fredde e ricche di plancton, sta perdendo forza e nutrimento ed è sempre più condizionata dallo scioglimento dei ghiacci polari. Carl, il quale calza gli stivaloni di gomma perché sta per andare in missione a studiare i gamberi, dice che «però l'acqua non è ancora troppo calda per le aragoste, come a sud di Cape Cod. Anzi, qui hanno ora una temperatura da sogno per riprodursi. Il Golfo del Maine è la loro nursery.
Il problema è quanto durerà.
Allora non faranno altro che andare più a Nord, e saranno i canadesi a far festa».
 
Questo è sempre in TV.........ho un prurito al piede ........

ROMA – Perde le staffe il deputato del Partito Democratico Emanuele Fiano, ospite a “In Onda” su La7.

Emanuele Fiano, discutendo di tetto agli stipendi dei dipendenti di Montecitorio con Daniela Santanchè, se la prende con i conduttori, David Parenzo e Tommaso Labate, per il troppo spazio concesso alla deputata di Forza Italia


Fiano poi si lascia sfuggire una parolaccia in diretta.

Poi si rivolge a muso duro contro l’esponente azzurra: “Daniela mi sto incazzando”.
 

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