HO VISTO UN POSTO CHE MI PIACE... SI CHIAMA MONDO

Domandevi perchè qualcuno scrive sulla carta......torneremo tutti così. A scrivere.

L'ultima circolare operativa della Guardia di Finanza permetterà ai Finanzieri di fare verifiche fiscali anche sulle memorie degli smartphone.

A rivelare l'ultima mossa anti-evasione del Fisco è Italia Oggi.
L'obiettivo sarebbe quello di permettere di acquisire elementi, potenzialmente utili all'attività tibutaria,
che il contribuente potrebbe aver nascosto in sistemi digitali complessi o in sistemi Cloud.

A realizzare le verifiche, scrive Italia Oggi, sarà "personale qualificato Cfda (Computer forensics e data analysis)
che verrà impiegato per le verifiche su contribuenti che utilizzano sistemi informatici avanzati e complessi di protezione e archiviazione dei dati".

Nella pratica i possibili accertamenti dovrebbero essere di due tipi.
Il primo sui dispositivi spenti (le Fiamme Gialle lavoreranno sulla copia forense del dato informatico o del documento digitale acquisito),
il secondo su sistemi attivi in modo da evitare che, una volta spenti, i dispositivi possano perdere i dati
(i Finanziari opereranno in contraddittorio con il soggetto sottoposto a verifica o con un suo delegato).

Ma il manuale prevede anche operazioni specifiche in caso di necessità di acquisire dati dall'uso di browser o client di posta,
applicazioni di messaggistica o chat, oppure qualora occorresse recuperare la cronologia delle operazioni eseguite sul sistema.

"In altre circostanze - scrive Italia Oggi - le analisi e le ricerche da effettuare sono direttamente correlate da un punto di vista tecnico
e degli strumenti da utilizzare dal sistema in cui le prove possono essere celate.
Da questo punto di vista si pensi ad esempio agli smartphone o ai tablet oppure ad analisi da svolgersi su sistemi cloud o virtualizzati".

Infine, il manuale della Gf ricorda come sia possibile anche acquisire dati informatici "detenuti presso soggetti terzi diversi dal verificato".
 
Dementi al cubo. Bisogna ribellarsi a queste iniziative. Rendere pubbliche queste "vergogne".

Che l'offensiva laicista contro il Natale avesse già ampiamente superato il limite del ridicolo, era cosa nota da tempo.
Ma la notizia che arriva da Poitiers, in Francia, più che del ridicolo ha dell'assurdo.
Persino il nome della festa che si celebra il 25 dicembre è stato messo al bando.

Può sembrare uno scherzo ma così non è: una festa di Natale è stata rinominata "festa del Leon", esattamente l'inverso della parola francese "Noel".

La denuncia arriva dal sito francese Osservatorio sulla Cristianofobia, che si occupa di monitorare il preoccupante aumento di atti di odio contro i cristiani in tutto l'Esagono e in Europa.

A Poitiers - dove, per una curiosa coincidenza, nel 732 il re dei Franchi Carlo Martello sconfisse gli invasori musulmani, preservando il volto cristiano della Francia
- il direttore di un centro di quartiere ha spiegato che la festa in programma per il prossimo 15 dicembre verrà chiamata "festa di Leon"
e non "festa di Natale" proprio per "non offendere le altre religioni e le altre culture".

Un po' come se per non offendere cristiani, ebrei e buddhisti, gli islamici iniziassero a festeggiare il "Daraman" invece del Ramadan. Follia pura.

Ma purtroppo il caso di Poitiers non è isolato: a Nantes, al confine fra la Bretagna e i paesi della Loira,
il tradizionale mercatino natalizio, in programma dal 2 al 23 dicembre, è stato ribattezzato ancora una volta "mercato di Leon",
come si può leggere anche sul sito della pro loco cittadina.
Una coincidenza certo non casuale, visto che il mercato viene pubblicizzato con abeti e fiocchi di neve
ed è allestito proprio nelle settimane centrali di dicembre.

Ma il vero nome della ricorrenza della Natività è meglio censurarlo.
Non sia mai che qualcuno ricordasse perché il 25 dicembre ci si ferma dalla routine quotidiana e si festeggia.
 
Mettersi all'angolo e lasciar spegnere le luci ? No, avanti così.

"Sabato sera ho condannato con nettezza l'esposizione di una bandiera neonazista all'interno della caserma Baldissera di Firenze
- ha scritto su Facebook - Da quel momento sono stata ricoperta da insulti e minacce di ogni tipo da parte
di chi vorrebbe far credere che in realtà quella bandiera sia 'semplicemente una vessillo della marina imperiale tedesca'.
Lo squadrismo da tastiera di chi pensa di derubricare un fatto grave in una presunta gaffe storica o in una fake news
non passerà sotto silenzio e tutti quei commenti che hanno passato il segno di una critica civile verranno sottoposti all'autorità giudiziaria".

Il problema è che lei ignorava che quella bandiera fosse prussiana. Questo è il problema signor ministro.
 
Fategli girar le palle al piccoletto. Poi - dopo - giù a piangere. Dopo.

Il Cio bandisce la Russia dai giochi olimpici invernali che si terranno in Corea del Sud in conseguenza di un presunto doping di Stato avvenuto alle Olimpiadi invernali di Sochi.

Secondo le ricostruzione di Marco Bonarrigo, sul Corriere della Sera, le provette usate dagli atleti russi come campioni per le prove anti-doping
sarebbero state manipolate con sostanze che avrebbero nascosto le tracce del doping.
Tali provette sarebbero state segnalate con una piccola incisione, una T, per favorire il lavoro dei successivi manipolatori.

A smascherare il sistema un professore di Losanna, che ci ha lavorato su per sedici mesi mettendo a punto «una tecnologia innovativa» in grado di rivelare il segreto arcano.

Questa, in estrema sintesi, la ricostruzione che troviamo sul Corriere ad opera di Marco Benarrigo, mentre altrove ci si limita a riportare il verdetto.

Ciò che colpisce è che, come accaduto nel caso delle analoghe accuse mosse dalla Wada, che costarono a Mosca l’esclusione dalle Olimpiadi brasiliane,
non c’è stato alcun contraddittorio, nessuna possibilità di difesa da parte dei russi e nessun controllo delle parti sul «sistema innovativo» usato a Losanna.

Insomma, un verdetto “inaudita altera parte“.
Val la pena accennare che il verdetto della Wada, che eliminò i russi dalle Olimpiadi carioca, risultò infondato: la stessa agenzia dovette assolvere 95 dei 96 atleti russi incriminati.

Ovviamente il verdetto assolutorio giunse solo dopo la fine dei giochi, dai quali quegli atleti quindi furono esclusi in modo del tutto infondato.

Oggi la vicenda si ripete, con certa noiosa ossessione.
Interessante l’articolo di Fabrizio Dragosei, sempre sul Corriere, che accenna alle possibili conseguenze di tale verdetto sul mondiale di calcio.

Il verdetto del Cio, infatti, coinvolge pesantemente Vitaly Mutko, che sarebbe il referente ultimo del sistema dopante russo.
Lo stesso Mutko ha l’incarico di gestire i prossimi mondiali di calcio che si terranno nel 2018 in Russia.
Da qui l’ipotesi di una revoca, che torna anche qui con certa ossessione…

Elenco breve e divertente di questa ossessione riguardo il mondiale del 2018:
qui un articolo del 2014, ipotesi revoca dopo l’abbattimento dell’aero della Malesia in Ucraina –
qui l’ipotesi revoca dopo lo smascheramento della corruzione interna alla Fifa –
qui l’ipotesi di revoca a seguito della crisi ucraina –
qui la revoca è chiesta dall’Inghilterra dopo lo scandalo doping rivelato dalla Wada (vedi sopra).

Val la pena ricordare, a titolo di esempio, che nessuno trovò bizzarro giocare un mondiale in Argentina
nonostante fosse retta dal generale Videla e fossero ancora in piena attività gli squadroni della morte e i torturatori seriali…

Detto questo, al di là dei dettagli, appare evidente che escludere i russi dai giochi, olimpici o meno, è un mantra che si ripete con certa puntualità e ossessività.
Di fatto siamo davanti a un nuovo modo di applicare la Guerra Fredda.

Usare un’occasione di pace – durante le Olimpiadi venivano sospese le guerre – come uno strumento di guerra, anche se Fredda, non è una buona cosa per il mondo.

Val la pena in tal senso ricordare che proprio durante le Olimpiadi incriminate, quelle di Sochi,
ebbe luogo la rivoluzione – o colpo di Stato – di Piazza Maidan.
Momento nel quale, con l’Occidente sponsor della rivoluzione, la Guerra da Fredda divenne calda, anzi incandescente.

Come val la pena riportare la conclusione dell’articolo di Fabrizio Dragosei:
«E pensare che [oggi ndr] doveva essere invece la giornata nella quale quasi certamente Putin avrebbe annunciato la sua disponibilità
a ricandidarsi alla presidenza della Russia. Una giornata di festa per il Paese».

Interessante cenno, che mette in luce una cronologia che può apparire casuale, ma anche no.
 
Sale il controllore e per sfuggire alle multe, loro devastano il bus. Salerno

L’episodio, come riporta Il Mattino, è accaduto nel primo pomeriggio nel centro della città campana.
La bagarre sarebbe esplosa quando il controllore avrebbe chiesto a una decina di giovani passeggeri nordafricani di mostrargli il biglietto.
Questi, evidentemente privi di ogni titolo di viaggio, hanno cercato di guadagnar tempo e di sottrarsi alle sanzioni che, per legge, avrebbero dovuto vedersi comminare.
La tensione s'è acuita quando l'uomo, ha intimato ai passeggeri senza biglietto di mostrargli i documenti per compilare i verbali delle multe.
Una richiesta sgradita agli stranieri che hanno cercato di opporsi con ogni mezzo.

Intanto, per evitare che i “portoghesi” potessero fuggire, l’autista del bus che già aveva fermato la corsa, ha chiuso le porte, rifiutando di aprirle.
La tensione, a quel punto, è salita al punto che tra i passeggeri c’è stato chi ha deciso di chiedere aiuto alle forze dell’ordine.

Quando la situazione è precipitata ed è parsa per loro senza speranza, mentre le sirene della polizia già suonavano in lontananza,
gli immigrati hanno forzato, danneggiandole, le porte a soffietto del mezzo.
Così sono riusciti a fuggire anche prima dell’arrivo sul posto delle forze dell’ordine.
 
Che strano. Più se ne parla e più perdon voti.
Non hanno ancora capito che il silenzio...vince.Ahahahah

Non lo chiuderanno al gabbio come vorrebbe Emanuele Fiano, ma intanto gli hanno chiuso l’attività.

La famosa o famigerata “legge Fiano”, dal nome del deputato dem che mette la mordacchia
ai venditori di gadget diversamente politici dalla maglietta del Che e che già si è abbattuta su un commerciante (iscritto al PD!!!)
di divise militari, ora si estende ai musei, al Museo Navale di La Spezia per l’esattezza, dove Stefano Tonelli
fino all’altro ieri da tre anni gestiva un banchetto di vendita di memorabilia ispirate alla Decima Flottiglia Mas,
che come è noto ha fatto parte della Regia Marina e che di conseguenza in un Museo dedicato alla storia navale del Paese non è poi così fuori posto.

E invece no. Il teschio con la rosa in bocca, presente su alcuni oggetti venduti da Tonelli,
secondo l’ex sindaco Giorgio Pagano è apologia di fascismo e il consigliere comunale di “Spezia Bene Comune” Massimo Lombardi
ha fatto un’interpellanza per farlo sloggiare (Tonelli, non l’ex sindaco), con la Marina Militare che si è accodata al diktat antifa,
mentre il Direttore del Museo, beh, in questi tre anni lui non c’era e se c’era dormiva.

E quindi dopo i matrimoni omo
e le adozioni omo
e la droga free
e l’ecologismo talebano
e la galera alle mamme che in mezzo alla nebbia non vedono l’ubriaco che gli attraversa la strada e lo metton sotto
e il tana libera tutti sui confini nazionali
e il voto ai sedicenni,

agli ex pc (specificazione legittima perché storicamente la sinistra non è solo cosa loro) non gli pareva vero di poter andare in tangenziale a comandare:
hanno aspettato 40 anni, ora basta!! Ah no, questo non lo dicevano loro…
 
"abbiamo una banca"...ah no , questo lo disse qualcun altro......

Più di Ghizzoni il pericolo per Maria Elena Boschi (e per il Pd) si chiama Vincenzo Consoli.

Se, come sembra, la presidenza della Commissione d’inchiesta deciderà di convocare l’ex amministratore delegato di Veneto Banca,
la sua audizione confermerebbe ripetuti interventi da parte di Pierluigi Boschi e figlia sulle vicende relative agli istituti di credito.
E le parole di Consoli non potrebbero essere messe in dubbio perché le conferme arrivano da atti giudiziari: esistono infatti delle intercettazioni tra l’ex ad e Boschi senior.

Telefonate in parte divulgate dal Fatto Quotidiano lo scorso 18 giugno e risalenti al 3 febbraio 2015,
subito dopo il decreto legge varato dal governo Renzi per la trasformazione delle banche popolari in Spa, Etruria compresa; e una settimana prima il commissariamento della banca di Arezzo.

Boschi era vicepresidente dell’istituto di credito e cercava un salvatore.
Per questo si rivolge a Consoli, impegnato a sua volta nel tentativo di alleggerire l’attenzione di Bankitalia su Veneto Banca e in cerca di sostegni politici a Palazzo Chigi.

E Boschi lo rassicura. Con queste parole:
“Domani in serata se ne parla, io ne parlo con mia figlia, col presidente domani e ci si sente in serata”.

La figlia è Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme.
Il presidente è Matteo Renzi.
Del resto, l’aveva annunciato in una telefonata precedente avuta con Vincenzo Umbrella, capo della sede fiorentina di Bankitalia.
Dice Consoli: “Io chiamo Pier Luigi e vedo se mi fa, mi fissa un incontro, anziché con la figlia, direttamente col premier”.

Con la famiglia di Laterina l’ad ha familiarità.
Si erano già incontrati nel marzo 2014, quando papà Boschi non era ancora vicepresidente di Etruria
ma consigliere del cda e la figlia era appena stata nominata ministro delle Riforme.

Come pubblicato dal Fatto lo scorso maggio, Consoli parte da Vicenza insieme al presidente di Veneto Banca, Flavio Trinca,
per raggiungere casa Boschi e discutere dei problemi delle rispettive banche.
Al desco ormai ministeriale trovano ad attenderli il presidente di Etruria, Giuseppe Fornasari e i due Boschi. Padre e figlia.

Difficilmente dunque Maria Elena Boschi potrà sostenere di essersi disinteressata delle vicende di Etruria. E oltre a Consoli c’è Ghizzoni.

Secondo quanto riportato nel libro Poteri forti (o quasi) di Ferruccio De Bortoli, nel novembre 2014,
l’allora ex numero uno di Unicredit e oggi presidente di Rothschild Italia,
avrebbe ricevuto direttamente dal ministro la richiesta di individuare una soluzione per la popolare di cui vicepresidente era il padre.
 
Dolore ...tanto dolore ...altre martellata sulle palle di una riforma ...poverina, chiamarla "riforma".

I docenti già assunti non possono essere esclusi dai concorsi, a cui hanno tutto il diritto di partecipare se vogliono migliorare la propria posizione lavorativa.
E la Buona scuola, nel momento in cui lo fa, è incostituzionale.

La Consulta non usa mezzi termini per stroncare un comma della riforma che era sempre stato contestato da sindacati e insegnanti.
Anche se concretamente la sentenza non avrà grossi effetti, se non quello di confermare la cattedra a quelle poche centinaia di professori
che avevano già fatto ricorso e intanto avevano superato con riserva le prove del concorsone 2016.
L’unica, sostanziale novità interesserà la cosiddetta fase transitoria, i concorsi riservati ai docenti già abilitati o con servizio previsti tra 2018 e 2019,
a cui a questo punto potranno partecipare anche quelli già assunti (ammesso che ne siano interessati).

Non è la prima volta che la Consulta boccia la criticatissima riforma di Matteo Renzi e dell’ex ministra Stefania Giannini.

Già l’anno scorso si era pronunciata contro due capitoli minori del testo, quelli relativi all’edilizia scolastica e agli asili (salvando però il suo impianto generale).
Stavolta la sentenza di incostituzionalità (che porta la firma di Giuliano Amato come relatore)
riguarda l’esclusione dei professori già assunti nella scuola pubblica dai concorsi, prevista dalla Legge 107.

Si pensa che i bandi siano rivolti solo ai precari o ai disoccupati che aspirano al posto fisso, e a grandi linee è così:
ma anche chi è già assunto può essere interessato a partecipare, ad esempio per cambiare materia d’insegnamento,
oppure ottenere immediatamente un trasferimento, o ancora fare il salto dalle medie alle superiori.

Invece nel recente passato il governo lo ha impedito.
 
Assurdità assurde. Ma Voi cosa direste se su un terreno Vostro,
che avete acquistato per una qualsiasi ragione. Anche solo per andarci la domenica a cogliere le margherite.
Inutilizzato, perchè magari tale terreno è destinato dal Piano Regolatore "ad uso agricolo",
ci trovaste sopra delle baracche ? Adesso l'occupazioe diventa legittima. Bene.
Allora andiamo ad occupare il parco della residenza estiva del Capo della Stato. Sono 59 Km quadrati.
Che corrispondono a 58.920.000 metri quadrati. La zona coltivata è oggi ridotta a 500 ettari. 5.000.000 di metri quadrati. .E' inutilizzato.
Se esiste lo "stato di necessità" e "non abbiamo alternative abitative"..........ma, ho il dubbio che non si possa fare.

“Non costituisce reato“.
Con questa motivazione il Tribunale di Milano ha assolto 7 nomadi romeni per l’occupazione di un terreno di via Cima a Milano con la loro baraccopoli.
I giudici hanno probabilmente riconosciuto l’esimente dello stato di necessità e dell’assenza di alternative che ha spinto otto famiglie ad insediarsi abusivamente sul terreno.

Il legale della Comunità di Sant’Egidio che ha difeso i sette durante il processo, aveva invocato infatti per loro lo stato di necessità,

“per salvaguardare il diritto fondamentale all’abitazione e per poter riparare sé stessi e le famiglie con bambini, senza causare danni a nessuno”,

in un terreno che era – ed è tuttora – inutilizzato.
 
Il pedaggio per l’Aosta-Courmayeur aumenterà del 14%, l’ira di Viérin: “Stop a un ritocco indegno”
La Regione vuole fermare l’aumento previsto dalla Rav, oggi è in programma il Consiglio di amministrazione
Il 2018 porterà con sé vigorosi aumenti dei pedaggi autostradali che lo stesso presidente della Regione ha definito stamattina «indegni». Laurent Viérin ha annunciato oggi in Consiglio Valle che la Rav, la società che gestisce la tratta Aosta-Courmayeur della A5, ha intenzione di aumentare nel nuovo anno il pedaggio del 14 per cento: «Oggi - ha spiegato Viérin - è prevista la convocazione del consiglio di amministrazione della Rav. Facendoci interpreti come governo delle istanze emerse in quest’aula, abbiamo indirizzato ieri una nota ai rappresentanti regionali che siedono nel cda Rav per rappresentare la nostra contrarietà agli aumenti che si prospettano fissati sul 14 per cento. Un ritocco indegno e da fermare. Così - ha commentato il presidente - si penalizza una tratta utilizzata non solo da residenti ma anche da turisti. Si tanto parla di accessibilità della regione e poi bisogna affrontare questi costi esosi...».

Ma sono impazziti :wall::wall:
 

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