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Invece nel caso di Italcementi una razionalizzazione sarebbe estremamente utile. L'azienda soffre infatti di una struttura troppo complessa con un certo numero di controllate quotate e non quotate. Le minorities pesano per il 40% del patrimonio netto di Italcementi (nel caso di Buzzi solo per il 9%) e per il 70% sulla previsione di Cheuvreux di eps 2014 (0,15 euro per azione).

Inoltre, Cheuvreux calcola che la perdita dei dividendi potrebbe rallentare la riduzione del debito di circa 450 milioni di euro nel periodo 2010/2015. Dopo il deal fallito nel 2009 (swap ratio di 8,25 nuove azioni Italcementi per 1 azione Ciments Francais), "crediamo che una fusione con carta tra Italcementi e Ciments Francais possa essere riproposta a un certo punto. In questo caso, secondo la nostra simulazione, la diluizione per Italmobiliare potrebbe essere al di sotto del livello del 2009, nonostante un rapporto di concambio più sfavorevole a 12 volte contro le 8,25 volte del 2009", osservano alla banca d'affari.

L'impatto di questa operazione sull'eps di Italcementi sarebbe consistente. Prima delle sinergie, l'integrazione delle quote di minoranza della società francese dimezzerebbe la perdita 2012, mentre per il 2014, l'impatto accrescitivo sull'utile per azione pre sinergie sarebbe pari a un +35%. Assumendo 10 milioni die uro di sinergie, l'impatto aumenterebbe al 48% e nel migliore dei casi (20 milioni di sinergie) a un +61%. Sull'ebitda l'impatto dei 10/15 milioni di euro di sinergie sarebbe oltre un +2%.

Tuttavia, gli esperti segnalano che è solo probabile che l'accordo sia riproposto dopo che l'azienda italiana è migliorata; in più una fusione di Italcementi e Ciments Francais risolverebbe solo una parte del problema: il broker stima che la perdita dei dividendi da Ciments Francais rappresenterebbe oltre il 25% del dividendo complessivo distribuito alle minoranze.

Al contrario, un accordo non in carta ma in contanti è improbabile in quanto implicherebbe oltre 200 milioni di euro di cash-out e porterebbe il rapporto posizione finanziaria netta/ebitda di Italcementi su livelli troppo alti (circa 3,8 volte). D'altra parte, uno squeeze-out della controllata francese, se il gruppo superasse il 95% dei diritti di voto (93% attualmente), è meno probabile di una fusione con carta, in quanto potrebbe richiedere un consistente cash-out.
 
13/12/2012 08.37 Commenti - Piazza Affari

Italcementi lancia il "Progetto 2015"

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Italcementi lancia il "Progetto 2015" per il rafforzamento del sistema produttivo e il presidio competitivo del mercato italiano Previsto a regime un contenimento dei costi per circa 40 milioni di euro anno

Bergamo, 12 dicembre 2012 - Il gruppo Italcementi, dopo una approfondita valutazione del difficile andamento del mercato dei materiali da costruzione in Italia, dove il consumo di cemento è sceso ai livelli che non si registravano dalla fine degli anni Sessanta, ha messo a punto un articolato progetto di riorganizzazione e rafforzamento della propria attività nel Paese, basato su una forte flessibilità del sistema produttivo e commerciale Il mercato italiano, storicamente fra i più importanti dell'area europea, risulta ormai caratterizzato da una sovraccapacità produttiva che ha determinato pressioni concorrenziali non più sostenibili dall'intero comparto.
Il 'Progetto 2015', che sarà implementato nel corso del biennio 2013-2014, ha l'obiettivo di razionalizzare non solo l'apparato industriale e distributivo sul territorio italiano ma anche di intervenire sulle strutture centrali del Gruppo e sulla rete commerciale, interessando dirigenti, quadri e operai. Questo intervento è volto a raggiungere migliori livelli di efficienza anche attraverso significativi investimenti industriali. Un esempio è il revamping della cementeria di Rezzato – annunciato di recente - dopo quelli già effettuati a Calusco e Matera –, così come l'impegno profuso nella realizzazione della nuova infrastruttura di ricerca e innovazione (i.lab) che andrà sempre più integrandosi con le attività della nuova funzione di Global Sales and Marketing destinata a interagire più attivamente con il mercato.
In particolare, le nuove tecnologie adottate nel revamping di Rezzato (che richiederà nel periodo 2012-2014 un investimento complessivo per circa 150 milioni) garantiranno una riduzione dei costi di produzione del 23% e un radicale abbattimento delle emissioni, con un calo complessivo a regime del 75%. L'intervento assicurerà quindi competitività e redditività dell'impianto, ponendolo come punto di riferimento europeo in termini di sostenibilità industriale e ambientale.
"Il piano di investimenti e ristrutturazione che abbiamo illustrato oggi alle organizzazioni sindacali – sottolinea il Direttore Generale Giovanni Ferrario – è, pur nell'ambito dei sacrifici richiesti ai nostri dipendenti attraverso il ricorso alla Cassa Integrazione Straordinaria, l'unica soluzione possibile per affrontare uno scenario economico così profondamente cambiato, senza pregiudicare la possibilità di cogliere le opportunità di una futura ripresa. Per questo non limiteremo gli investimenti in Italia, dove impegneremo risorse molto significative, superiori a quanto investito nel biennio precedente".
Per quanto riguarda le unità produttive, le 14 cementerie attuali (dopo la cessione dell'impianto di Pontassieve e la trasformazione di Vibo Valentia e di Porto Empedocle in centri di macinazione) sono state suddivise in gruppi con connotazioni strategiche differenti. Il primo gruppo – che comprende gli impianti di Calusco, Rezzato, Colleferro, Samatzai, Matera ed Isola delle Femmine – rappresenta la fascia di eccellenza industriale e ambientale e formerà l'ossatura portante della capacità produttiva in Italia. Un secondo gruppo di cementerie (Sarche, Guardiaregia, Scafa, Castrovillari e Salerno) nel prossimo biennio opererà a ciclo continuo con flessibilità nelle fasi in cui il mercato richiederà questa capacità produttiva aggiuntiva, mentre la produzione di clinker a Monselice, Broni e Trieste sarà fermata, mantenendo impianti l'attività di macinazione e spedizione.
"A valle di queste iniziative, grazie alla maggiore efficienza complessiva del backbone industriale – ha aggiunto Ferrario – il Gruppo non subirà alcuna riduzione nella capacità di presidiare la propria quota di mercato, confermando l'attuale presenza capillare sull'intero territorio nazionale".
Sotto l'aspetto dell'occupazione il "Progetto 2015" prevede il ricorso alla CIGS per un numero massimo di 665 dipendenti (su un totale di circa 2500 occupati) di cui 2/3 attualmente impegnati nei siti produttivi e un terzo nella sede centrale di Bergamo. Al termine del periodo di CIGS, in mancanza di segnali concreti di miglioramento del quadro congiunturale, circa la metà delle sospensioni temporanee saranno trasformate in strutturali, anche con il ricorso alla mobilità. Nei confronti delle persone coinvolte dal piano, l'azienda svilupperà diverse forma di sostegno integrative anche attraverso interventi innovativi di sostenibilità sociale L'effetto economico del 'Progetto 2015' è quello di garantire a regime un contenimento dei costi intorno ai 40 milioni di euro all'anno.
A valle degli interventi previsti nell'ambito del settore cemento, con lo stesso obiettivo di efficienza, flessibilità e sostenibilità, saranno adottate analoghe iniziative che riiguarderanno Il Centro Tecnico di Gruppo (che potranno interessare fino a 85 persone) oltre ad un intervento sul sistema Calcestruzzi, che verrà allineato ai parametri industriali e occupazionali stabiliti per le attività cemento di Italcementi in Italia.
 

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