I farmacisti scioperano ancora

elena ha scritto:
.la comunità europea aveva avviato una procedura contro l'Italia accusandola di avere troppe corporazioni e bersani ha agito di conseguenza.

No, Bersani obbedisce agli ordini, ordini molto potenti come mi ha detto una mia amica che lavora al ministero, funzionaria, ma non mi ha voluto dire quali, per telefono.
La Commissione Europea non è certo neutra, è quella che presiedeva Prodi, quella che ha sempre deciso a favore delle m.nazionali, ricordati anche la storia degli OGM, è proprio quella che fa gli interessi della finanza internazionale. Questa è l'Europa delle banche, non l'europa delle popolazioni europee.

per quel che riguarda il sistema all'americana, pur non essendo simpatizzante in generale, quancosa va salvato, tu hai l'amica a roma io in america, prendere un taxi a new york costa un' inezia, nei supermarket si trovano i farmaci da circa 20 anni, gli avvocati non hanno minimali come qua ma in base alla causa. Farmaci ai supermercati in mano alla grande distribuzione? per l'utente finale non fa differenza se non nel prezzo e per me questo è quello che conta, dato che non sono farmacista....

Io ho una carissima amica che vive in America da 20 anni, e ha vissuto in posti diversi (e fortunatamente a breve saranno trasferiti in Francia), ci scambiamo mail tutti i giorni e ci telefoniamo spesso.
Dell'America c'è da salvare proprio poco.
Gli avvocati sono la corporazione più potente dell'America, sono grandi studi legali con diecine di avvocati dipendenti, in genere si prendono una percentuale sulla causa, e fanno scattare il tassametro appena gli telefoni.
Per quanto riguarda i farmaci la vendita è in mano a tre grossisime corporation, CVS, Wall Green e Rite Aide, che hanno catene di farmacie in tutta l'America e anche franchising nei supermercati. In queste "farmacie" ci sono dipendenti che hanno fatto un corso univerisario biennale o triennale, pagati in rapporto alla qualifca. Se gli chiedi qualcosa guardano il foglietto illustrativo messo nel computer e te lo leggono.
Ci sono anche le farmacie private come le nostre, con farmacisti veri, come i nostri, in grado di preparare farmaci e dare spiegazioni e consigli, ma oramai sono pochissime. In una città di 250.000 abitanti per esempio sono due.
In America si consumano il doppio dei farmaci che in Europa, perchè i medici prescrivono un numero maggiore di farmaci, a dosaggi superiori e per tempi più lunghi.
 
sharnin ha scritto:
..... con farmacisti veri, come i nostri, in grado di preparare farmaci e dare spiegazioni e consigli,......


Questa minchiata la incorniciamo!!!

Mettiamo nu pocu di pipi arrustuti... ...u pisci spada alla griglia e poi un po' di etna della solicchiata...

sharnin ma che fumi? che ti prepara il tuo "farmacista" baciamolemani?

ricotta in polvere per cannoli nasali? :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:



.....VIA SCIO'''' affianco dello scarpellino, tra la tintoria e la ricevitoria del lotto...

COLLOCAZIONE DEGNA!!!
 
Ma la smetti di dire cretinate?
La nostra laurea in farmacia a negli USA viene di solito equiparata ad un PharmD.
Il farmacista vero nei drugsore c'è ma non è a contatto col pubblico, a contatto col pubblico ci sono i diplomati di primo livello.
Ma a te cosa ti rode, l'invidia del medico (ma che tipo di medico? :D ) per i farmacisti?
 
Le farmacie negli Stati Uniti
Un’amara medicina

ELENA MATTIOLI (Milano)

Mercato libero, farmacie bazar, tecnici che distribuiscono i medicinali e farmacisti burocrati questa è la farmacia americana, che alcuni opinionisti ritengono sia da imitare.
Il cittadino è in balia dei messaggi pubblicitari e delle superofferte e riceve consigli solo quando li chiede. A chi converrebbe barattare il nostro efficiente sistema farmaceutico con quello americano?

La relazione efficiente e lineare “cittadino – farmacia di sua scelta uniformemente distribuita sul territorio e farmacista – dispensazione del farmaco e consiglio su tutti i prodotti in commercio, con
o senza obbligo di ricetta medica” negli Stati Uniti non esiste.

Al suo posto c’è una realtà caratterizzata da molti punti deboli e da un contatto più raro con il professionista del farmaco. In caso di necessità di consulto, il farmacista deve infatti essere chiamato dalla zona separata e spesso non visibile al pubblico dove prepara i farmaci da dispensare, che spesso vengono consegnati al banco da un tecnico abilitato. Capita che un americano in viaggio in Europa si stupisca di interagire direttamente con il farmacista, di trovarlo subito al banco senza doverlo chiamare e di essere interrogato sui sintomi del proprio disturbo e quindi consigliato.
Da più parti personaggi che hanno forte voce pubblica e SCARSA COMPETENZA IN MATERIA continuano a citare modelli anglo-americani di grandi catene di farmacie come obiettivo a cui mirare per andare incontro alle necessità della popolazione. Noi rispondiamo analizzando in dettaglio alcuni degli aspetti del sistema farmaceutico americano, per capire cosa il cittadino italiano guadagnerebbe e cosa perderebbe se si copiasse questo modello.

Grandi catene e poca capillarità

Negli Stati Uniti la diffusione sul territorio delle farmacie non è garantita per legge. Non esiste una pianta organica o un minimo di sedi farmaceutiche per numero di abitanti. Le farmacie possono essere aperte nelle zone denominate commerciali, riservate quindi ai negozi, e mai in quelle residenziali. Ogni comune è diviso secondo questi criteri, denominati appunto di “zoning” e le leggi che regolano le licenze variano di Stato in Stato. Il cittadino americano è legato all’auto come all’acqua che beve e, con l’eccezione delle enormi metropoli dove sono il traffico e la mancanza di parcheggi a impedire la guida quotidiana, usa la macchina sempre, anche per andare in farmacia.
«A conferma di ciò stanno aumentando le farmacie dotate di finestre “drive-thru” per accostarsi con la macchina ed essere serviti senza scendere», racconta Michael Bochniewicz, che esercita da vent’anni la professione di farmacista a Pasadena, nel Maryland. «Ideate per i cittadini anziani, queste farmacie sono utilizzate in realtà soprattutto dalle mamme con bambini. Le persone avanti con gli anni, infatti, non si trovano comode a seguire con le grandi auto i percorsi obbligati, a causa della visione ridotta e di conseguenti difficoltà a giudicare bene le distanze».
È intuibile quindi come nelle zone ad alto interesse commerciale tutti si impegnino per aprire negozi dall’alta rendita, mentre in realtà i cittadini che abitano nelle zone rurali sparse per il Paese non hanno pari accesso al servizio farmaceutico.

Nel sito di Duane Reade (http//www.duanereade.com), per esempio, scopriamo che nella sola Manhattan questa grande catena possiede 136 farmacie.
Come viene servito allora il cittadino che vive in una zona sperduta? Accanto alle grandi e sempre citate catene del tipo di CVS, Walgreen, COSTCO… che possiedono centinaia di negozi ciascuna, esistono le Independent Community Pharmacies, farmacie indipendenti distribuite sul territorio il cui ruolo sociale è insostituibile. L’iniziativa dei singoli, laddove la legge non garantisce la capillarità di distribuzione come in Italia, tenta di ovviare alle lacune enormi che un mercato libero e non ben regolamentato comporta.
La National Community Pharmacists Association (NCPA), fondata nel 1898 come Associazione nazionale dei farmacisti al dettaglio (National Association of Retail Druggists - NARD) rappresenta i proprietari, manager e dipendenti di quasi 25.000 farmacie indipendenti sul territorio, distribuite in tutti gli Stati Uniti.
Colleen E Brennan, farmacista e direttrice della sezione “Professional and Educational Affaires” dell’associazione spiega «Gli oltre 60.000 farmacisti indipendenti americani dispensano 1,4 miliardi di prescrizioni all’anno, pari a quasi la metà (42 per cento) dei farmaci su prescrizione medica dell’intera nazione, per un mercato di 84 miliardi di dollari». Questo dato da solo conferma che la presenza di grandi catene non può rispondere alle reali esigenze del cittadino, che ha bisogno di potersi servire a una distanza ragionevole da casa ovunque abiti, e non solo in centro città o sulle vie ad alto traffico.
Farmacisti CERCASI
Sommersi dalle pratiche amministrative

Come noto, la copertura sanitaria pubblica negli Stati Uniti è insufficiente, quaranta milioni di persone, quasi il 14 per cento della popolazione, non hanno un’assicurazione sanitaria né pubblica né privata. I più fortunati hanno un lavoro fisso presso una società o un ente che paga un’assicurazione sanitaria (ne esistono centinaia, le più note sono BlueCross e BlueShield ) ma non c’è un obbligo di legge per il datore di lavoro. I gravi indigenti hanno diritto a ricevere assistenza sanitaria pubblica tramite Medicaid (solo quanto contemplato dal piano e non è molto) e le persone davvero benestanti non hanno problemi a pagarsi un’ottima assicurazione con premi altissimi o le spese mediche e farmaceutiche di tasca propria. Tutto il ceto medio-basso deve arrangiarsi come può.
Questa complessa situazione di rimborsi ha forte impatto anche sull’assistenza farmaceutica, il cittadino non di rado deve servirsi presso una farmacia convenzionata con la propria assicurazione, non necessariamente vicina, oppure da un fornitore on line che consegna in circa un mese farmaci per posta.
Un esempio è Caremark (www.caremark.com) che è il provider della compagnia assicurativa del dipartimento dell’educazione (Board of Education) degli insegnati delle scuole pubbliche.
Il farmacista deve applicare un sistema diverso per ogni paziente con una prescrizione, se non ha assicurazione paga il prezzo pieno; se ha un’assicurazione occorre controllarne le clausole, vedere se il
farmaco è incluso, se paga un fisso per ogni confezione, una percentuale del prezzo e quale, oppure se
paga tutto subito e poi chiederà il rimborso in un secondo tempo o ancora se ha copertura completa e
non paga niente.
I programmi software dei computer aiutano il farmacista in questa babele. Tuttavia la situazione è tal-
mente complessa che esistono corsi specifici per districarsi tra tutta questa burocrazia, come il
“Prescription Insurance Specialist Training Program”, che forma uno specialista nel campo delle coperture assicurative per i farmaci con prescrizione (www.ncpanet.com).
«Molte ore al giorno trascorrono interagendo con le assicurazioni – spiega Michael Bochniewicz – nel
tentativo di ottenere il rimborso per il paziente di farmaci non già inclusi nel piano in essere. Parimenti
spesso si contatta il medico per verificare la possibilità di sostituire un farmaco non incluso con uno incluso, diverso ma dalle medesime indicazioni. La trattativa può richiedere anche qualche giorno. Infine, se il paziente per qualunque motivo non ritira il farmaco neanche dopo sollecito telefonico, il farmacista è tenuto ad annullare tutto il lavoro fatto entro il 14° giorno, riaccreditando il denaro richiesto all’assicurazione, pena sanzione di $ 10.000».
Per quanto riguarda il cittadino, l’infinita e contorta offerta di assicurazioni, piene di clausole e postille, e l’impossibilità di prevedere con la sfera di cristallo il proprio futuro medico, rende estremamente difficoltosa la scelta di un’assicura zione privata o di una delle opzioni della pubblica Medicare, riservata a chi ha più di 65 anni e in corso di riforma proprio in questi mesi. Tra le clausole potrebbe esistere, citiamo casi reali, l’inclusione di alcune patologie e non di altre, l’esecuzione di tre soli elettrocardiogrammi nell’arco di una vita (gli altri a totale carico dell’assistito) oppure un tetto
annuo di spesa per i farmaci. Ci sono stati segnalati casi di pazienti che si curano da gennaio a luglio e, una volta terminata la copertura assicurativa, sospendono la terapia per mancanza di soldi o si rivolgono al buon cuore del medico, ove possibile, per ottenere campioni gratuiti e proseguire la cura.

Farmacie bazar

Più che essere venduto nei superercati, il farmaco da banco è venduto nella zona adibita a supermer-
cato delle stesse farmacie, dove si acquistano dalla carta igienica al latte, dalla cancelleria ai giochi e
chi più ne ha più ne metta. Chi si lamenta che la farmacia in Italia è un bazar non ha mai visto una farmacia statunitense. Le grandi catene possono garantire orari di servizio prolungati grazie al reddito proveniente anche dalla vendita delle altre tipologie merceologiche e al maggior numero di dipendenti.
La loro rotazione oraria però va necessariamente a discapito di un rapporto paziente-farmacista simile
a quello esistente in Italia. In caso di necessità di consulto si fa chiamare il farmacista e ne può ar-
rivare dalla zona a lui riservata uno tra molti, non magari quello di nostra fiducia.
I farmaci classificati come da banco, in libera vendita sugli scaffali, seguono logiche e regole
diverse dalle nostre.
Si può trovare la ranitidina, ma non esiste per esempio un prodotto otologico per uso locale che
contenga un qualsivoglia antinfiammatorio. Chi vi scrive ha verificato di persona in cinque farmacie diverse la difficoltà, perfino per un farmacista straniero, a districarsi tra le confezioni di vendita. Gli otologici da banco che vantano miracoli contro il mal d’orecchio sono tutti omeopatici, ma la scritta “prodotto omeopatico” è veramente minuta.
La LIMITATA DISPONIBILITÀ DI FARMACI DA BANCO è uno dei motivi per cui grandi catene come CVS stanno cominciando a istituire le cosiddette “mini-clinics”, dove il cliente può incontrare un medico o un’infermiera, A PAGAMENTO, per risolvere problemi routinari come appunto un mal d’orecchio o un mal di gola non risolvibili con i farmaci a libero accesso.
Il cittadino negli USA è in balia dei messaggi pubblicitari, consentiti anche su farmaci etici e fa certamente un uso improprio di farmaci da banco o un abuso in misura maggiore rispetto ai Paesi europei. Fanno fede le statistiche ogni anno negli Stati Uniti muoiono 106.000 persone per
effetti collaterali da farmaci.
Per risparmiare sui medicinali è necessario un attento monitoraggio delle offerte in corso di farmacia in
farmacia o di sito in sito.
Sui giornali locali vengono pubblicati tagliandi sconto anche per i farmaci. Molti cittadini fanno scorte in base a una previsione statistica d’uso e acquistano in anticipo e non al bisogno, magari con il tre per due, come noi facciamo per le scorte alimentari. Anche l’etico può variare molto in prezzo da un punto vendita all’altro o durante l’anno, ma questo fatto non è noto ai più.
Per fare i confronti e acquistare al meglio, occorre avere una buona dose di tempo e di capacità. I siti
delle grandi catene tendono a ostacolare questi confronti, ad accaparrarsi la clientela con altri sistemi e
poi a fidelizzarla secondo logiche commerciali molto aggressive.
Provate a vedere quanto tempo impiegate a trovare la sezione dei prezzi nel sito www.cvs.com.
A proposito di prezzi, nonostante il mercato americano del farmaco sia estremamente competitivo,
si avvalga di fidelity card per sconti, offra incentivi in soldi risparmiati sui primi acquisti per far spostare un utente da una catena a un’altra e così via, il cittadino americano ritiene i prezzi dei farmaci troppo alti, ne è insoddisfatto e chi può preferisce recarsi o ordinare in Messico e Canada per risparmiare.
Vi sono ditte che per non bruciarsi il mercato statunitense hanno preferito smettere di fornire alcune fasce territoriali di frontiera.

Modelli pseudoliberisti

«Secondo la mia esperienza ormai ventennale - racconta Michael Bochniewicz - non ci sono dubbi che il fattore chiave nel successo di una farmacia sia la capacità di consigliare i pazienti sui farmaci con ricetta e senza. Tutti gli studi dimostrano che il farmacista è il professionista della salute più accessibile
al pubblico. Nonostante le informazioni disponibili su internet, sempre più persone ogni giorno richiedono di parlare con me per consigli anche sui farmaci da banco. Una volta su due suggerisco qualcosa di diverso da ciò che avevano in mente e molto spesso mi accorgo che stavano per acquistare un farmaco da banco incompatibile con altri già in uso.
Molti sono disposti ad attendere e a pagare un po’ di più in cambio di consigli qualificati. La velocità di
servizio e i prezzi un po’ inferiori non sono quindi necessariamente la priorità delle persone».
La realtà è che il servizio farmaceutico di qualunque nazione è estremamente complesso, delicato e di
cruciale importanza per i cittadino e per riformarlo in modo utile senza farne saltare le fondamenta occorre tenere conto di tutti i fattori.
«Gli Stati Uniti hanno il consumo di farmaci più alto del mondo – spiega il presidente di Federfarma, Giorgio Siri – e il modello di farmacia USA è in contrasto con tutti i modelli europei, innanzitutto manca un sistema sanitario nazionale e poi le farmacie sono grandi drugstore. Il sistema americano in Europa non è assolutamente realizzabile; il rischio è però che si promuovano e si seguano modelli simili di pseudoliberismo come quello inglese»

Se tentiamo di cambiare forma a un grande castello di carte, in equilibrio, spostando poche carte alla base, non otterremo un castello diverso, più bello, più utile, più funzionale, ma rischieremo un disastroso crollo. C’è da augurarsi che i nostri politici se ne rendano conto, prima di scopiazzare
malamente dall’estero qualche frammento di realtà, in nome di demagogici miglioramenti, sfornando leggi che potrebbero avere ricadute disastrose sì sui farmacisti, ma prima di tutto sui cittadini.


Secondo il Dipartimento del Lavoro americano (http//www.dol.gov/) nel 2002 il numero totale di farmacisti impiegati negli Stati Uniti era di 230.000.La stessa fonte segnala una necessità di altri 25.000 entro il 2012.Negli USA attualmente si contano 37.000 farmacie facenti parte di catene e quasi 18.000 farmacie indipendenti, per un totale di 55.000 punti vendita. CVS è la catena più grande e conta oltre 5.000 punti vendita,quasi il 10 per cento del totale,distribuiti in modo non omogeneo sul territorio.
Eckerd Drugs,per fare un altro esempio,ne ha oltre 1.800.In base all’ultimo censimento la popolazione statunitense era di 288.369.000 abitanti (stima del 2002). A conti fatti c’è una farmacia ogni 5.200 abitanti ma la distribuzione non è omogenea sul territorio .La carenza di farmacisti ha registrato picchi di 6.000-7.000 posizioni vacanti soprattutto negli Stati ad alta espansione demografica come la California,la Florida e il Nord Carolina e in quelli più rurali come il Missouri,il Maine e la West Virginia.
Per cercare di colmare questa richiesta, le facoltà di Farmacia della nazione sono passate da 72 nel 1985 alle attuali 92. Ogni anno si laureano circa 8.200 studenti, pari a un aumento di 700 rispetto a tre anni fa.

Michael Bochniewicz, farmacista in USA,ci descrive un lavoro davvero molto diverso, nei gesti e negli obblighi quotidiani, dal nostro. Le figure di tecnico e di cassiere affiancano il professionista nel ricevere le ricette e nel dispensare il prodotto finito, preparato e controllato dal farmacista.
È obbligo di legge registrare nel computer nome e cognome, indirizzo, telefono, data di nascita e informazioni sull’assicurazione attiva di ogni paziente. La ricetta viene passata nello scanner e ne viene trattenuta anche copia elettronica.
Il farmacista è tenuto a verificare, dai dati in suo possesso incrociati on line con quelli dell’assicurazione relativi a farmaci acquistati altrove, l’esistenza di eventuali interazioni, allergie, patologie o altre condizioni che controindichino in quel paziente l’uso del farmaco in via di dispensazione. Il farmaco viene spesso confezionato a mano inserendo le unità posologiche contate in confezioni nominative, dotate di etichetta stampata apposta paziente per paziente con l’aggiunta di eventuali indicazioni d’uso. Il farmacista deve anche stampare tutte le informazioni che da noi sono incluse nel foglietto illustrativo e fornirle al paziente a ogni dispensazione. Chiunque consegni il farmaco al paziente è tenuto a chiedere espressamente “Ha qualche domanda per il farmacista?”se la risposta è positiva il professionista verrà chiamato dal retro.
Questa serie di obblighi fa sì che difficilmente il medicinale venga consegnato nel momento stesso della presentazione della ricetta. Il computer ordina le prescrizioni in base a ora e giorno previsti per il ritiro, richiesti dal cliente, in modo da ottimizzare il lavoro una vera e propria catena di montaggio.

www.rivistedigitali.com/Tema_farmac...tati+uniti+drugstore&hl=it&gl=it&ct=clnk&cd=7
 
sharnin ha scritto:
Le farmacie negli Stati Uniti
Un’amara medicina

ELENA MATTIOLI (Milano)

Mercato libero, farmacie bazar, tecnici che distribuiscono i medicinali e farmacisti burocrati questa è la farmacia americana, che alcuni opinionisti ritengono sia da imitare.
Il cittadino è in balia dei messaggi pubblicitari e delle superofferte e riceve consigli solo quando li chiede. A chi converrebbe barattare il nostro efficiente sistema farmaceutico con quello americano?

elena mattioli è una farmacista di milano e per questo temo sia di parte.
 
elena ha scritto:

elena mattioli è una farmacista di milano e per questo temo sia di parte.

Pensi che una rassegna anche tecnica la possa fare un giornalista, uno che non se ne intende?
Poi se hai obiezioni precise a qualche affermazione falle, altrimenti la tua affermazione non ha senso.

Sul parere della Corte europea:

28 luglio 2005
Svezia, la Corte Europea dichiara illegale il monopolio delle
farmacie
La Corte Europea di Giustizia ha giudicato la proprietà delle farmacie da parte dello Stato un caso di monopolio che viola le regole dell’EU. In Svezia, infatti, ci sono 900 farmacie – tutte di proprietà pubblica - per 9 milioni di abitanti; ciò significa che c’è un solo punto-vendita per 10.000 abitanti, e questo per tutti i farmaci, compresi gli OTC.
Non è ancora chiaro come il governo svedese si uniformerà a tale decisione. Il Ministro della Salute, Ylva Johansson, lascia intendere che il monopolio resterà, apportando qualche ritocco. L’opposizione al contrario plaude alla decisione della Corte Europea, dichiarando che il monopolio ha i giorni contati.
(BBC Monitoring European - Euro News Flash n. 3, 2005)

Successivamente:
24 novembre 2005
Svezia, è legittimo il monopolio pubblico delle farmacie

La Corte di Giustizia svedese ha recentemente pubblicato una sentenza che definisce legittimo il sistema del monopolio pubblico delle farmacie e la distribuzione esclusiva dei farmaci di automedicazione da parte delle farmacie svedesi, con la sola eccezione del sistema di approvvigionamento dei farmaci da parte di Apoteke.
Apoteke da parte sua si è dichiarata pronta ad un accodo per la modifica delle condizioni di approvvigionamento di tali farmaci. Il Governo Svedese si è impegnato a sua volta ad approvare una legge entro la fine dell’anno per risolvere la questione secondo quanto definito dalla Corte di Giustizia.
(Euro Flash News 5/10/2005)

Evidentemente il parere della Corte Europea di Giustizia non è così vincolante per gli stati
 
Esprimo la mia spassionata opinione di banalissima utente priva di amicizie internazionali e che del ramo conosce solo qualche ex compagno di scuola che -inopinatamente- ha manifestato negli anni tanta professionalita'e competenza da ereditare e gestire la farmacia paterna. Ogni volta che mi sono recata in farmacia per acquistare aspirina, sciroppi per la tosse, nimesulide e altri antidolorifici piu' o meno forti, etc., i cosiddetti farmaci da banco, insomma, non mi e' mai accaduto che il farmacista mi desse indicazioni, mi facesse domande, che so, su eventuali allergie o intolleranze, o che assumesse un qualunque comportamento che lo differenziasse da un qualsiasi commesso con la terza media. Allora mi chiedo: perche' quei farmaci non avrebbe dovuto vendermeli un commesso? Che mi sarebbe cambiato, a parte il prezzo?
 
La mia farmacista, consiglia quello generico, che dovrebbe essere più economico rispetto a quello di "marca". Si trattava, però di una pomata antisettica per la puntura di una vespa.
Certo quando si tratta di un medicinale prescritto dal medico, la cosa importante è lo stato di conservazione del prodotto. Visto che la ricetta dovrebbe rendere, in quel caso,
la consulenza del farmacista superflua.
 
tashtego ha scritto:
Esprimo la mia spassionata opinione di banalissima utente priva di amicizie internazionali e che del ramo conosce solo qualche ex compagno di scuola che -inopinatamente- ha manifestato negli anni tanta professionalita'e competenza da ereditare e gestire la farmacia paterna. Ogni volta che mi sono recata in farmacia per acquistare aspirina, sciroppi per la tosse, nimesulide e altri antidolorifici piu' o meno forti, etc., i cosiddetti farmaci da banco, insomma, non mi e' mai accaduto che il farmacista mi desse indicazioni, mi facesse domande, che so, su eventuali allergie o intolleranze, o che assumesse un qualunque comportamento che lo differenziasse da un qualsiasi commesso con la terza media. Allora mi chiedo: perche' quei farmaci non avrebbe dovuto vendermeli un commesso? Che mi sarebbe cambiato, a parte il prezzo?

Prova ad andare in qualche farmacia di zone periferiche povere, dove in farmacia ci vanno soprattutto gli anziani, che si fanno misurare anche la pressione, poi sappimi dire.
Comunque se gli chiedi informazioni il farmacista te le dà, su qualunque farmaco, e si accorge se c'è un errore nella ricetta del medico. Se si tratta di clienti abituali li conosce bene e sa quando gli deve dire qualcosa.
Per il resto le indicazioni e controindicazioni sono scritte nel foglietto illustrativo e si presuppone che un adulto istruito le sappia leggere.
 
sharnin ha scritto:
Prova ad andare in qualche farmacia di zone periferiche povere, dove in farmacia ci vanno soprattutto gli anziani, che si fanno misurare anche la pressione, poi sappimi dire.
Comunque se gli chiedi informazioni il farmacista te le dà, su qualunque farmaco, e si accorge se c'è un errore nella ricetta del medico. Se si tratta di clienti abituali li conosce bene e sa quando gli deve dire qualcosa.
Per il resto le indicazioni e controindicazioni sono scritte nel foglietto illustrativo e si presuppone che un adulto istruito le sappia leggere.

Abito in un comune di pochissime anime, percio' conosco la realta' di cui parli, e non contesto quanto dici, anzi, lo confermo. Ma io ho parlato di farmaci da banco, non di farmaci che richiedono prescrizione medica. E il decreto pure.
 

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