Parmalat (PLT) I promessi sposi: Lucia Parmalat e Renzo Lactalis

mi sa che devo introdurre la regola zero stato...solo che facendo così mi sa che mi devo buttare all'estero anche io :D
stavo notando che France telekom ha anch'essa un avviamento pari al suo pn. In generale è una situazione "pericolosa" o se la società dimostra di sostenerlo nel tempo comunque non c'è di cui preoccuparsi?.
Grazie mille per tutto.
 
Ed ecco perchè per concludere il discorso, quando qualcuno qui ha segnalato la potenziale possibilità di Maire, che perdeva il 20%/30% ho raccolto l'invito, pur non avendo mai seguito il titolo.

Visti i bilanci in maniera fugace ho subito detto, prima di 1,5 non se ne parla.

Arrivata a 1,5 ed anche più giù ho, quindi, deciso di approfondire il caso concludendo che non è il caso per ora, in quanto i rischi di notizie negative, anche clamorose e improvvise, fanno premio, a mio modo di vedere, sulle grosse potenzialità di rialzo, che pure ci sono, chi lo nega.
 
mi sa che devo introdurre la regola zero stato...solo che facendo così mi sa che mi devo buttare all'estero anche io :D
stavo notando che France telekom ha anch'essa un avviamento pari al suo pn. In generale è una situazione "pericolosa" o se la società dimostra di sostenerlo nel tempo comunque non c'è di cui preoccuparsi?.
Grazie mille per tutto.

In linea generale l'avviamento è relativo e nel caso di France Telecom, diversamente da quello di telecom italia, non si spiega con una girandola di scissioni, fusioni e così via, ma con una serie di acquisizioni che hanno supportato l'espansione dell'azienda in Belgio, Gran Bretagna, Spagna e più recentemente in paesi medio orientali ed africani potenzialmente ad alto tasso di crescita.

Quindi, come sempre detto, c'è avviamento e avviamento.

Ciò detto ovviamente non è l'avviamento che si deve guardare, questo lo fa solo chi ritiene che un criterio di scelta possa essere quello di comprare un titolo solo perchè quota sotto il patrimonio netto contabile, ed è a questi che io mi rivolgo e rispondo quando parlo di avviamento.

Ma io in genere il valore contabile del titolo non lo guardo mai, altrimenti mai avrei comprato France telecom che ha un valore contabile di 11 e un valore contabile tangibile negativo, come tu hai notato.

In questo caso devi guardare tre cose in ottica di fondamentali:

a) il cash flow organico (target di Ft 8 miliardi);

b) il capex;

c) il rapporto Debito finanziario/Ebitda.

Poi devi guardare all'evoluzione del settore, che in questo momento è molto sfidante, per calibrare ed eventualmente aggiustare il Tp.


In ottica di borsa, infine, e quindi in maniera più operativa devi guardare la quotazione relativa cioè in relazione ai fondamentali ed ai peer e nello specifico:

a) Vodafone;

b) Deutche Telecom;

c) Telefonica;

d) Telecom Italia.

Infine considerare che FT non è un titolo che potrà avere grosse rivalutazioni, salvo che abbia un successo ad oggi non prevedibile, nel progetto di espansione africano e che, quindi, la sua quotazione è in lento declino, ruotando intorno a un dividendo di 1,4.

Per cui va acquistata e accumulata, a mio modo di vedere, solo in alcuni momenti di particolare debolezza, specie in relazione alle quotazioni dei peer e tenendo ben presente che le fasi di debolezza, almeno nella mia esperienza quasi triennale sul titolo, ruotano CICLICAMENTE intorno al periodo dello stacco del dividendo.

Tenendo presente queste cose è un titolo che, senza grossi rischi ti può assicurare un rendimento annuo del 20%-25%.
 
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Grazie mille, tutti ottimi consigli di crescita personale e professionale. Mese dopo mese sto cercando di creare un mio metodo di studio dei bilanci che possa darmi un aiuto in diverse situazioni, incluse quelle borsistiche. Il tempo che ho a disposizione è molto poco per cui procedo molto lentamente, pazienza.
Un ambito che devo approfondire meglio è l'analisi del Capex. Soprattutto per l'importanza che assume al variare dei settori considerati.
 
Grazie mille, tutti ottimi consigli di crescita personale e professionale. Mese dopo mese sto cercando di creare un mio metodo di studio dei bilanci che possa darmi un aiuto in diverse situazioni, incluse quelle borsistiche. Il tempo che ho a disposizione è molto poco per cui procedo molto lentamente, pazienza.
Un ambito che devo approfondire meglio è l'analisi del Capex. Soprattutto per l'importanza che assume al variare dei settori considerati.

Per me il tempo in materia non è un problema, nel senso che il mio "core business" nella vita reale è quello della consulenza in materia di ristrutturazione finanziaria e patrimoniale delle imprese, cosa che svolgo con discreto successo.

Successo che invece non sempre corona il successivo tentativo di far seguire una ristrutturazione economica delle imprese, con introduzione di evoluti sistemi di controllo di gestione.

Questo perchè nella maggior parte dei casi gli imprenditori, una volta usciti dalle secche finanziarie, rifiutano la "cura vera" del controllo di gestione, in questo supportati in generali da tutta la struttura e, quindi, inevitabilmente dopo un periodo che va dai 3 ai 5 anni si ritrovano punto e daccapo.

A questo accoppio una attività che io definisco civica, vale a dire la Consulenza per la Procura e le CTU in campo civile e penale.

Civica perchè le CT civili rendono poco, quelle per la Procura e il Tribunale Penale rendono poco, richiedono tempo e impegno, e sono pagate con ritardi biblici.

Però sono, a dire il vero, un'occasione di arricchimento professionale.

Per esempio questa è una Consulenza che ho fatto qualche anno fa e che ha portato ad una condanna per falso in bilancio con la nuova normativa, cioè un caso raro e difficile.

Ovviamente mi dispiace per i condannati, però per me è una soddisfazione da un punto di vista "professionale"

http://www.ircnapoli.com/forum/2644348-0-dodici-mesi-a-ferlaino.html

Ciò detto, dopo aver rivolto un ringraziamento a me stesso per la pubblicità che mi sono fatto:sad::sad::);), vediamo l'importanza del capex aiutandoci con un esempio.

Prendiamo l'allegato studio Intermonte su EEMS, in cui l'azienda viene stimata, in maniera del tutto errata, utilizzando il multiplo Ev/Ebitda (pagg. 16 e 17) utilizzando tanto per fare una scenografia anche le quotazioni dei peer.

Quando, invece, per il peso assunto dal capex in rapporto all'ebitda (Cfr. pag.2 dove si evidenziano investimento per 67 milioni nel biennio 2011-2012 a fronte di un EBITDA stimato in 89 milioni) anche uno studente al primo anno di ragioneria capirebbe che in questo caso si doveva usare il multiplo Ev/free cash flow o, in alternativa, il multiplo Ev/(Ebitda-capex) o, ancora, se non disponibile il capex dei peer il multiplo Ev/Ebit, laddove gli ammortamenti vengono considerati una proxi del capex.


Ho detto studente al primo anno di ragioneria, ma FORSE avrei dovuto dire, per non offendere l'analista, un analista che non aveva l'ingrato "affidavit", professionalmente parlando, di far quadrare i dati intorno a un Target price, dato come variabile esogena.

Ma è la stessa cosa, il risultato sempre quello è.:D:D:D
 

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Sto leggendo il Corsera (ottimo editoriale del sempre eccezionale Sergio Romano), ma un senso di tristezza e rabbia nel leggere l'articolo del nostro amico Dario Di Vico, uno che non conosco personalmente ma nei cui confronti nutro una disistima illimitata dai tempi della portaerei.

Il senso di tristezza è legato a questa parte dell'articolo, che riguarda il caso Fazio, da me considerato un galantuomo e un ottimo Governatore.

Ecco il passaggio:

La sentenza di ieri, che non ci si deve stancare di sottolineare è di primo grado, ci fornisce un'altra traccia che per chi fa il nostro mestiere vale più dell'oro. Ci suggerisce che ebbero ragione i giornali di allora, prima Il Sole 24 Ore e poi il Corriere, ad accendere i riflettori sui metodi e le intenzioni della cordata dei nuovi ricchi. Molte volte la stampa sbaglia, in quell'occasione pare che abbia fatto (bene) il proprio lavoro.


Le regole valgono sempre Non fu una gazzarra estiva - Corriere della Sera

Io, ad essere onesti, avrei scritto così:

La sentenza di ieri, che non ci si deve stancare di sottolineare è di primo grado, ci fornisce un'altra traccia che per chi fa il nostro mestiere vale più dell'oro. Ci suggerisce che ebbero ragione i giornali di allora, prima Il Sole 24 Ore e poi il Corriere, ad accendere i riflettori sui metodi e le intenzioni della cordata dei nuovi ricchi. La stampa viene sempre meno al suo dovere quando, come spesso avviene, assume posizioni pregiudiziali in difesa di certi interessi, in quell'occasione caso volle che abbia fatto (bene) il proprio lavoro.:D:D:D


Ps Stavolta nessuna mail al caro Dott. Di Vico, mi sa stavolta una querela non me la toglierebbe nessuno.:(:(:(
 
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Sul PLUS24 del Sole di oggi, Massimo Biglia, gestore di Carthesio SA, consiglia la norvegese STATOIL, maggiore produttore di gas in Europa. Con lo stop al nucleare, il gas dovrebbe salire (in verità il mio ETC sul gas aspetta da molti mesi una salita:(:()

Guardando il grafico giornaliero, secondo le mie regole non andrebbe acquistata (sotto la mm25), però, però... P/E 7, cedola 4,5%.
Credo che STATOIL sia controllata dallo stato norvegese, e quindi secondo le regole di SAL non andrebbe acquistata.:D:D, forse potrebbe derogare a questa regola e usare il C.R. Trading, se da un'occhiata la bilancio vede positivo.



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andgui.


Non mi sono espresso bene, io parlavo SOLO DELL'ITALIA, France Telecom ad esempio è ancora oggi controllata dallo Stato Francese.

Poi la Norvegia è un altro mondo, pensa che lì hanno creato un fondo sovrano, gestito dalla BANCA CENTRALE mi pare, che fra l'altro ha investito anche in Parmalat, alimentato dai proventi del petrolio per una corretta ripartizione fra generazioni di questi proventi.

Non facciamo paragoni, che fanno male a noi.:(:(:(

Investire il patrimonio derivato dal petrolio per le generazioni a venire
 
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Oggi sto in vena, ecco una pagina che è una pietra miliare, secondo me, per spiegare in 4 parole cosa è l'Italia e cosa è il Meridione.






Ma te sei matto", mi disse quando rifiutai di fermarmi a cena per rientrare subito a Milano in redazione: "Guarda che nessuno è insostituibile". Sagge parole di Indro Montanelli, che in questa intervista di fine agosto 1997, fatta per lanciare una iniziativa editoriale, mi spiegò la sua concezione della storia, i suoi maestri, i suoi riferimenti. La ripropongo oggi poiché dal 17 marzo il Corriere distribuisce la "Storia d'Italia" montanelliana, cominciando con "L'Italia del Risorgimento" in omaggio alla festa del 150° che cade proprio quel giorno.
Alcuni dei volumi furono interamente opera di Montanelli, altri scritti con Roberto Gervaso o con Mario Cervi. Ma l'impronta rimase sempre quella del maestro.

CORTINA - "Chi e' il curatore dell'Atlante storico che sara' distribuito dal Corriere?". Geoffrey Barraclough. "Ah, non mi meraviglia affatto che sia un inglese. Per il mio ciclo di Storia d'Italia, valga quel che valga, io non ho letto autori italiani. Per la Storia di Roma, gli autori di riferimento sono stati il tedesco Theodor Mommsen e naturalmente il francese Jer - ome Carcopino. Per i Secoli bui e l'Alto Medioevo mi ispirai al bavarese Ferdinand Gregorovius, per l'Italia dei Comuni al britannico Anderson, per la storia dei papi a Ludwig von Pastor...". A lezione di storia da Indro Montanelli, il maestro di giornalismo che di questa disciplina ha fatto la sua seconda professione, da quando, giovane laureato dell'universita' di Firenze, ando' a studiare a Grenoble e alla Sorbona di Parigi, quindi si trasferi' a Cambridge per seguire i corsi di Edward Carr, il grande specialista della Rivoluzione russa, autore tra l'altro del saggio What is history? Che cos'e' la storia? E' la domanda che rivolgiamo a Montanelli, in un pomeriggio di pioggia a Cortina. Il clima ideale per starsene in salotto a parlare di una passione che ha alimentato tutta la sua vita e a ricordare i vecchi maestri. Che, come si vede, non sono tutti italiani. "Ce l'ha un registratore?", esordisce Montanelli, "perche' ne ho da dire". Allora cominciamo. "Tra tutti i popoli occidentali, siamo quelli che meno conoscono la propria storia. E cio' dipende dal fatto che forse non siamo un popolo ma un agglomerato. E qui non si sa bene quale sia la causa e quale l'effetto: se cioe' non siamo un popolo perche' conosciamo poco la nostra storia o viceversa. Una volta dissi a Ugo Ojetti, che per tanti versi e' stato uno dei miei modelli: "Perche' non raccogli le tue cose viste? Tu hai il dovere di farlo". Lui mi rispose: "Figlio mio, ti accorgerai anche tu che l'Italia e' un Paese di contemporanei, senza antenati ne' posteri. Percio', senza memoria". Ma torniamo alla storiografia italiana. "Quel che e' mancato e' stato l'anello di congiunzione tra il pubblico e l'accademia. I nostri testi di scuola sono illeggibili, cosi' anche per le sinossi ho dovuto ricorrere a quelle inglesi. E per quanto riguarda il resto, beh, vuole sapere davvero quel che penso? I nostri storici non sanno raccontare, non hanno nemmeno la lingua per farlo, fanno una confusione voluta fra divulgazione e volgarizzazione. Dove sono i nostri Mack Smith, i nostri Carr? Se una cultura non pensa a diffondersi diventa parassitaria, serve soltanto a se stessa e alla corporazione". Il suo giudizio cosi' severo vale anche per Croce, Chabod, Salvemini? "Certo, vale anche per loro, perche' non hanno saputo raccontare la storia, ma soltanto la loro interpretazione, non hanno avuto l'umilta' di esporre i fatti, li hanno sempre presupposti". Davvero tutti condannati gli storici italiani? "Intendiamoci, ci sono le eccezioni, e quali eccezioni. Per esempio lo storico dell'antichita' Guglielmo Ferrero, che fu costretto ad andare a insegnare in Belgio perche' aveva il difetto di saper raccontare i fatti. Poi Gioacchino Volpe, Roberto Ridolfi e, naturalmente, Rosario Romeo. La sua biografia di Cavour e' notevole". Perche' dalle eccezioni positive ha escluso Renzo De Felice, il grande storico del fascismo? "Quando fondai il Giornale, volli subito tra i miei collaboratori Romeo e De Felice. Fummo in prima fila per difendere lo storico del fascismo dagli attacchi vergognosi cui era sottoposto. Ma questo e' un altro discorso. Quel che voglio dire e' che De Felice era uno storico di documenti, nella sua opera monumentale ha raccolto il meglio, ma non sapeva raccontare e soprattutto dalla sua biografia manca la cosa essenziale, il personaggio Mussolini". Forse per uno storico l'ossessione della completezza e' un limite? "Lytton Strachey, il biografo della regina Vittoria, in un saggio sulle qualita' dello storico, indicava anche quel pizzico di ignoranza che impedisce di attardarsi eccessivamente sul particolare, aiuta a prendere le distanze. Ma vorrei tornare a Mussolini, per dire quanto il fascismo si indentificasse con lui. Una volta accompagnai Bontempelli a trovare Pirandello. Ascoltavo i due che criticavano il fascismo e, timidamente, intervenni: "Se, come voi sostenete, e' un regime senza consistenza, allora cadra' presto". Pirandello mi rispose: "Non cadra' mai, perche' e' un vecchio tubo vuoto che ognuno puo' riempire come vuole". "Dopo qualche tempo ebbi la conferma di quel che intendeva Pirandello. Collaboravo a Firenze al giornale diretto da Berto Ricci, l'Universale, che intendeva il fascismo come uno strumento per dare ai giovani una coscienza civile. Un giorno Mussolini, che e' stato giornalista per tutta la vita, convoco' la nostra redazione e si rivolse a me con voce solenne: "Ho letto il vostro articolo contro il razzismo, vi elogio. Il razzismo e' roba da biondi". Peccato che i miei capelli da giovane tendessero al biondo, forse Mussolini non se n'era accorto, o forse disse quella frase proprio perche' lo aveva notato. Dopo qualche giorno il duce convoco' la redazione di Cantiere, che intendeva il fascismo come lo strumento per creare una nuova economia di Stato, di cui le corporazioni dovevano essere il primo passo. Tra i collaboratori c'era Pietro Ingrao. Mussolini diede ragione anche a loro. Ecco che cos'era il fascismo, un tubo vuoto che ognuno riempiva a suo piacimento". I ricordi di storia vissuta si accavallano alle lezioni apprese dai libri, il metodo acquisito nella lunga militanza giornalistica diventa strumento per meglio capire il nostro passato. Ecco un'altra lezione di storia, nata da un incontro con Giustino Fortunato, il meridionalista liberale lucano. "Sull'Universale mi occupavo molto della questione del Mezzogiorno. In un articolo scrissi che il fascismo era la scorciatoia per riunificare l'Italia e a sostegno della mia tesi fornii alcune cifre. Un giorno ricevetti un biglietto: "Caro signore, ho letto i suoi articoli. Mi complimento per i dati, ma non sono d'accordo sulle conclusioni". Quel biglietto era firmato Giustino Fortunato. Saltai su un treno per Napoli. Era una domenica. Salii le scale di un vecchio palazzo e mi venne ad aprire lui. Era il notabile meridionale al meglio, lo sguardo vivace, i fitti capelli bianchi. Mi disse: "Capisco che lei abbia di questi sogni, ma lei confonde il problema. Lei pensa che il problema del Meridione sia il Meridione stesso, ma sbaglia. Il problema del Meridione sono i meridionali". E mi fece entrare in una grande stanza tappezzata di libri. Era la biblioteca di sua sorella. Io leggevo i nomi di santi e di mistici sui dorsi di quei volumi rilegati e non capivo dove voleva arrivare Fortunato, che a bruciapelo mi chiese: "Ha mai sentito parlare di un mistico meridionale?". No, risposi. E lui: "Chi non crede in Dio vive soltanto del presente, non ha fiducia nel futuro. L'immagine del Meridione e' nei calanchi aridi, non coltivati, abbandonati alle capre".

Montanelli continua a sostenere che gli italiani sono un popolo di contemporanei, che non hanno fiducia nel futuro e nemmeno interesse al proprio passato. Un giudizio in parte contraddetto dal successo che ha avuto la sua storia d'Italia. Quando le venne l'idea di scriverla? "Fu Dino Buzzati, scrittore straordinario ma anche grande giornalista, a propormi negli anni Cinquanta di scrivere per la Domenica del Corriere una storia di Roma. Io non sono un topo di archivio, il mio pregio e' di saper scegliere i testi dei grandi ricercatori e mediare tra la cultura alta e il pubblico, che e' uno dei compiti del giornalismo. Questo feci. Il successo fu tale che scoprii quanto desiderio gli italiani avessero di storia, di una storia vera, raccontata in una lingua accessibile a tutti. E' un esercizio di umilta' cui mi sono applicato. La capacita' me l'ha data il giornalismo". E' piu' difficile raccontare la storia del passato o quella del presente? "Senza dubbio quella del presente, anche se io continuo a provarci. Tra poco uscira' L'Italia dell'Ulivo scritta con Mario Cervi. Ma anche per il passato remoto la completezza e l'obiettivita' sono impossibili, altrimenti basterebbe un solo libro di storia. L'obiettivita' non esiste, e' soltanto una tecnica, nella quale gli anglosassoni sono maestri, come mi spiego' il mio amico Webb Miller, giornalista della United Press che era stato con me a Parigi e in Finlandia. Lui mi passava le sue note che per me erano utilissime e un giorno gli dissi: ti ringrazio perche' devo anche a te, alla tua obiettivita' se ho fatto bene. Lui mi rispose che l'obiettivita' non esiste e me ne diede la prova. L'indomani saremmo andati in aereo a Stoccolma. Una volta arrivati, stendemmo due resoconti di quel breve viaggio e li confrontammo. Avevamo descritto la stessa esperienza non soltanto con parole diverse ma raccontando particolari differenti. Pero' c'e' una tecnica che da' il senso dell'obiettivita'. E il mio amico Webb, che poi sarebbe morto suicida perche' non riusciva a smettere con l'alcol, mi dimostro' anche che si possono dire cose diverse con le stesse parole. Noi possiamo sostenere che Giulio Cesare fu un grande mariuolo ma fu un generale e uno statista. Poi possiamo dire che Giulio Cesare era un grande statista ma un mascalzone che non pagava i debiti. Nel primo caso abbiamo affermato che Cesare era uno statista, nel secondo che era un mascalzone". Ma se l'obiettivita' non esiste, conclude Montanelli, "come e' possibile farsi una propria visione della storia? L'unico consiglio che posso dare e' leggere tante storie". *

Indro Montanelli: noi italiani orfani di storia. Dal blog La nostra storia di Dino Messina. Corriere Della Sera
 
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Non mi sono espresso bene, io parlavo SOLO DELL'ITALIA, France Telecom ad esempio è ancora oggi controllata dallo Stato Francese.

Poi la Norvegia è un altro mondo, pensa che lì hanno creato un fondo sovrano, gestito dalla BANCA CENTRALE mi pare, che fra l'altro ha investito anche in Parmalat, alimentato dai proventi del petrolio per una corretta ripartizione fra generazioni di questi proventi.

Non facciamo paragoni, che fanno male a noi.:(:(:(

Investire il patrimonio derivato dal petrolio per le generazioni a venire

Norvegia, una delle vacanze più belle della mia vita. Volvo a nolo, in due settimane 1.900 km e una decina di traghetti, dormendo in posti diversi ogni notte. 20 ore di luce al giorno, ghiacciai che arrivano fino al mare in bellissimi fiordi, ma clima ottimo.
Gente simpatica, nessun problema di lingua, quasi tutti parlano inglese e molti il tedesco.
In agosto per loro era bassa stagione e quindi alberghi a metà prezzo :up:
Assolutamente consigliabile, ma ventina di anni fa, il petrolio era solo agli inizi, spero che non sia cambiato molto.

andgui.
 
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Norvegia, una delle vacanze più belle della mia vita. Volvo a nolo, in due settimane 1.900 km e una decina di traghetti, dormendo in posti diversi ogni notte. 20 ore di luce al giorno, ghiacciai che arrivano fino al mare in bellissimi fiordi, ma clima ottimo.
Gente simpatica, nessun problema di lingua, quasi tutti parlano inglese e molti il tedesco.
In agosto per loro era bassa stagione e quindi alberghi a metà prezzo :up:
Assolutamente consigliabile, ma ventina di anni fa, il petrolio era solo agli inizi, spero che non sia cambiato molto.

andgui.

Io non ci sono mai stato ma molti amici che ci sono stati negli anni scorsi ne hanno parlato in maniera entusiasta, come te.

Non so se qualcuno di Voi ha letto i retroscena di Parmalat-Lactalis su Milano & Finanza in un interminabile articolo di ieri (pag. 12, 13 e 14) , in cui si sostiene la tesi che Bondi abbia avuto più di un abboccamento con Lactalis in vista di una sua riconferma.

Poi non ho ben capito perchè ci sia stata la rottura, ma devo confessare che ho letto l'articolo con un certo distacco e disinteresse.

Il burattinaio di Parma è il titolo dell'articolo.
 

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