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03/12/2012 17:00
Fiscal Cliff, le banche Usa aiutano Obama
Professione Finanza
I principali oppositori durante la campagna elettorale condotta da Barack Obama, sono stati proprio i leader del settore bancario che criticavano l'eccessiva severità della riforma della finanza. Tuttavia ora gli stessi cercano di venire in contro alle esigenze della Casa Bianca, poiché il rischio che il fiscal cliff entri in funzione è elevatissimo e sarebbe un disastro di proporzioni inimmaginabili. E quindi, sotterrata almeno per il momento, l'ascia di guerra, la Corporate America e il settore finanziario si rendono disponibili per evitare il fiscal cliff che pesa sul futuro degli Stati Uniti, anche quello delle banche. Il problema di fondo è che se gli sgravi fiscali dell'era Bush decadessero, i tagli automatici della spesa pubblica riguarderebbero tutti i settori, dal manifatturiero al finanziario, e gli aumenti delle tasse colpirebbero tutti gli americani, cittadini e aziende. Nelle casse dello Stato, alle prese con un mastodontico problema di deficit e debito, entrerebbero complessivamente 600 miliardi di dollari, ma le conseguenze per l'economia americana potrebbero essere drammatiche, con un ritorno alla recessione. Si sono aperti pero' degli spiragli di intesa incoraggianti. Un accordo "e' raggiungibile", "entrambe le parti devono scendere a compromessi, l'approccio deve essere equilibrato, non e' questione di stabilire chi ha ragione e chi ha torto e non e' un fatto di bene contro male", ha detto l'amministratore delegato di Goldman Sachs Lloyd Blankfein, al termine dell'incontro organizzato alla Casa Bianca tra Obama e un gruppo di Ceo del mondo industriale e finanziario americano. Blankfein, unico banchiere presente insieme ai vertici di Pfizer, Merck, Home Depot e Yahoo tra gli altri, aveva gia' espresso posizioni analoghe il 14 novembre, quando il presidente aveva convocato un primo gruppo di industriali per discutere del precipizio fiscale: "qualunque accordo per affrontare il fiscal cliff richiede flessibilita' e sacrifici condivisi per evitare un deragliamento dell'economia, anche mettendo mano alle tasse", aveva detto, sottolineando che maggiore chiarezza sul fronte fiscale ridurrebbe l'incertezza, riporterebbe fiducia e dunque rilancerebbe gli investimenti. , Dello stesso avviso anche James Gorman, numero uno di Morgan Stanley, che in una lettera ai consulenti finanziari e direttori di filiale ha chiarito che "nessun problema e' piu' critico per l'economia americana, i mercati finanziari globali e i clienti della banca" della soluzione della questione fiscale. Serve una soluzione equilibrata, ha detto scegliendo, come aveva gia' fatto Blankfein, una delle argomentazioni preferite da Obama, poi si potra' tornare a discutere della regolamentazione di Wall Street e del sistema finanziario. Il presidente americano vuole una soluzione entro Natale e il numero uno della Camera, John Boehner, si e' mostrato ieri "ottimista" sulla possibilita' di un accordo. Bisogna vedere se si riuscira' a trovare un compromesso sulla questione dell'aumento delle tasse ai cittadini piu' ricchi. Obama vorrebbe un aumento delle aliquote per chi ha un reddito superiore ai 250.000 dollari, i repubblicani ne fanno una questione di principio e oppongono una strenua resistenza. Per il momento le trattative, anche se lentamente, sembrano procedere ed entreranno nel vivo la settimana prossima. I segnali sono incoraggianti. L'amministratore delegato di Deloitte, Joe Echeverria, e' uscito dall'incontro con Obama dicendosi "straordinariamente ottimista". Fonte: News
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