Idee e grafici. - Cap. 2 (2 lettori)

dondiego49

Forumer storico
Proseguono in forte calo gli indici statunitensi in scia alle tensioni che stanno impattando sui Paesi emergenti nelle ultime ore. I primi segnali sono scattati ieri e hanno affossato Wall Street. Gli effetti non si sono fatti attendere sui listini asiatici e su quelli europei. Il Dow Jones ora è al ridosso della soglia dei 16.000 punti, mentre l'S&P500 è arrivato a quota 1.800. Per le borse Usa è la peggior settimana da maggio 2012. La volatilità è in forte aumento (VIX sopra area 15) e i volumi in borsa sono molto sostenuti, segnale che le vendite sono diffuse. Insomma, tutti gli elementi ci dicono che la "tempesta perfetta" sembra essere alle porte. Gli operatori stanno uscendo dal mercato aspettando che passi, anche se i tempi potrebbero non essere così brevi. La corsa verso asset più sicuri (cosiddetto fly to quality) ci induce a pensare che questa volta potrebbe essere qualcosa in più di una semplice correzione di borsa. Probabilmente delle risposte più certe le avremo solo mercoledì sera, quando la Federal Reserve darà indicazioni sulla politica monetaria. Una riduzione degli stimoli potrebbe accelerare il deflusso dagli Emergenti con ripercussioni pesanti sui listini azionari. In Europa, il peggior calo è stato di Madrid (-3,8%), dato che molte imprese iberiche sono esposte in Sudamerica. L'effetto a catena ha ripercussioni pesanti anche in Europa quindi. Valute: valute emergenti mandano alimentano fly to quality Sul fronte valutario, non trova sostegno il peso argentino che sta crollando sotto i colpi del dollaro forte. La mossa sta avendo ripercussioni anche sulle altre valute emergenti. Il deflusso da queste valute sta portando gli operatori a posizionarsi su divise risk avverse, come lo yen. La valuta nipponica è in forte ascesa e ha guadagnato terreno verso tutte le principali valute. Italia: Telecom Italia affonda sotto i colpi dell'Argentina L'indice Ftse Mib ha terminato le contrattazioni con un calo dell'1,9%, a quota 19.450 punti, minimi dal 9 gennaio scorso. I prossimi supporti passano a quota 19.200 e poi a 18.800, bottom da inizio anno, al di sotto del quale il quadro grafico peggiorerebbe sensibilmente. Tra i titoli peggiori Telecom Italia, che risente delle tensioni in Argentina. I migliori asset dell'utility italiana si trovano in Sud America, pertanto, è facile aspettarsi che se la crisi argentina dovesse allargarsi a macchia d'olio anche al vicino Brasile, le ripercussioni su Telecom saranno importanti e gli investitori stanno scontando questa eventualità. Titoli di Stato: Spread in ampliamento su tensioni emergenti Sul fronte governativo, tornano l'appeal sul Tnote e sul Bund in scia alle tensioni che si sono abbattute sui mercati. I rendimenti sul Tnote e sul Bund a 10 anni si sono portati ai minimi da oltre due mesi, rispettivamente a quota 2,74% e 1,65%. In controtendenza i rendimenti dei titoli periferici dell' Eurozona che tornano a salire. Gli spread sono tornati ad allargarsi, con quello Btp-Bund che è tornato a 225pb. Se le tensioni in Argentina dovessero acuirsi è facile attendersi un forte riposizionamento degli investitori sul Bund che potrebbe riportare lo spread verso area 250pb. Materie prime: Oro ai massimi su tensioni periferici Tra le commodity, vola ai massimi da oltre due mesi l'oro in scia all'ondata di risk off che si sta abbattendo sui mercati. Il metallo prezioso ha toccato un massimo di seduta a quota 1.273 dollari/oncia, top dal 20 novembre. VINCENZO LONGO Market Strategist IG Autore: IG Fonte: News Trend Online
 

dondiego49

Forumer storico
orsa italiana in forte ribasso su timori crisi paesi sudamericani Mercati azionari in decisa flessione su ritorno avversione al rischio. Il Ftse Mib ha chiuso a -2,30%, il Ftse Italia All-Share a -2,27%, il Ftse Italia Mid Cap a -1,95%, il Ftse Italia Star a -2,16%. Per quanto riguarda i dati macroeconomici della giornata segnaliamo che in Italia l'Istat ha reso noto che a novembre 2013 l'indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato una variazione congiunturale nulla. Nel confronto con ottobre 2013, le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,2 per cento, quelle di prodotti non alimentari diminuiscono dello 0,1%. Prometeia ha confermato la previsione dello scorso Ottobre sul PIL Italiano nel 2014: +0,8%. Il centro studi bolognese ha rivisto al rialzo la stima relativa al PIL nel quarto trimestre 2013 a +0,4% t/t da +0,3% t/t. Confermato il -1,8% per l'intero 2013. In Spagna, l'Istituto di statistica INE, ha reso noto che l'Indice dei Prezzi alla Produzione in dicembre e' cresciuto dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2012, battendo le attese degli analisti che avevano stimato un calo dello 0,5%. A novembre si era registrato un decremento dell'indice pari allo 0,5% a/a. Seduta negativa sui mercati azionari a causa dei timori relativi a una crisi finanziaria in Argentina dopo la svalutazione del peso, con rischio di contagio per le altre economie dell'America Latina. Telecom Italia (-4,73%) in forte ribasso su indiscrezioni di stampa relative a un'ipotesi di aumento di capitale al fine di evitare la vendita di Tim Brasil e la separazione della rete fissa. Da segnalare anche la debolezza del Real brasiliano, circostanza che va a danneggiare il valore degli asset carioca. In netto calo il comparto del risparmio gestito con Azimut (-4,53%) in evidenza: fallito il superamento dei record recentemente toccati in area 22,00 euro, il titolo ripiega bruscamente andando a ricoprire il gap rialzista lasciato aperto lo scorso 13 gennaio. La correzione potrebbe proseguire fino a 19,33 senza compromettere l'uptrend. Decisamente deboli i titoli del settore auto : l'indice FTSE Italia Automobili e Componentistica cede il 2,56%, leggermente meno peggio del -3% dell'EURO STOXX Automobiles & Parts. In evidenza Fiat (-3,41%) che è leader di mercato in Brasile, seguita da CNH Industrial (-3,14%), Pirelli&C (-1,05%), Sogefi (-3,12%), Piaggio&C (-3,89%). Mediaset (-2,35%) rompe il supporto di area 3,65 euro e rischia approfondimenti verso un'altra importante area di sostegno, quella dei 3,40/3,45, ultimo appiglio in grado di evitare il raggiungimento di 3,20 ed eventualmente il minimo di Dicembre a 2,8540. Seduta difficile per i titoli del settore cemento/costruzioni: l'indice FTSE Italia Edilizia e Materiali cede ben il 3,72%. In evidenza troviamo Astaldi (-6,12%), Italcementi (-4,94%), Cementir (-4,81%), Buzzi Unicem (-2,58%). Pesano anche in questo caso le incertezze odierne sui Paesi emergenti dove molti di questi gruppi hanno avviato progetti importanti. Più resistente Salini Impregilo (-1,94%) dopo l'accordo raggiunto tra il consorzio Gupc e l'autorità Acp (Autoridad del Canal de Panama) per stabilire un protocollo di trattativa sulla controversia relativa al completamento dei lavori e ai costi extra da 1,6 miliardi di euro nell'ambito dell'ampliamento del Canale di Panama, un primo passo per risolvere la questione. Gupc è guidato dalla spagnola Sacyr e vede la partecipazione di Salini Impregilo, Jan de Nul e Cusa. Vendite su Trevi Finanziaria Industriale (-4,02%) che prolunga la flessione partita dal massimo di lunedì scorso e mette sotto pressione i supporti a 6,15/6,20, decisivi per scongiurare approfondimenti verso 5,95/6,00 e 5,80. Il titolo della società attiva nel settore delle tecnologie e servizi per opere di ingegneria del sottosuolo viene probabilmente penalizzata dalle tensioni sui mercati valutari e soprattutto sulle divise dei Paesi latinoamericani. Trevi Finanziaria Industriale ha interessi consistenti e crescenti nel corso del tempo in quell'area: nei primi nove mesi del 2013 ben 263 milioni di euro di ricavi su un totale di 951,2 (oltre il 27%) sono stati realizzati in America Latina. Tra i bancari decisamente debole Unicredit (-2,45%) che rompe le ex resistenze rappresentate dai massimi allineati di Ottobre/Novembre a 5,65/5,70 euro. Si prospetta quindi un indebolimento del rally visto a partire da metà Dicembre, ipotesi che ha preso corpo anche grazie al testa e spalle ribassista formatosi nelle ultime 2/3 settimane, prologo a una correzione sui 5,40 almeno e quindi in area 5. Positiva BP Milano (+0,84%). La banca meneghina ieri ha collocato un bond a 5 anni da 500 milioni di euro con richieste quasi triple. In un'intervista al Sole 24 Ore il neo consigliere delegato e direttore generale Giuseppe Castagna ha affermato che l'aumento di capitale è la priorità ma che prima dell'operazione verranno realizzate le modifiche della governance richieste da Banca d'Italia e mercato. Castagna si augura che la Investindustrial di Andrea Bonomi partecipi all'aumento. Bonomi a margine di un convegno ha dichiarato a sorpresa che deciderà nei prossimi giorni se vendere o meno la quota dell'8,6% in BPM. In verde Risanamento (+1,18%) che stamattina ha annunciato di aver accettato l'offerta da 1,225 miliardi di euro di Chelsfield avente ad oggetto l'intero portafoglio parigino composto da 9 immobili. L'operazione, una volta conclusa, determinerà per Risanamento un incasso netto pari a oltre 230 milioni di euro, una plusvalenza civilistica di oltre 100 milioni di euro e consolidata di oltre 280 milioni di euro. (Simone Ferradini) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online
 

dondiego49

Forumer storico
I 3 errori di Draghi che condanneranno l’Europa e i suoi mercati
News alert: BCE, Draghi Mario

La storia insegna. La storia sarà l’unica vincitrice nella lotta contro la crisi, anche perchè dalla sua parte non solo ha il tempo, ma anche la saggezza della logica. E la storia giudicherà in modo salomonico, la scelta di Draghi di intervenire sul costo del denaro forse troppo tardi.

Rossana Prezioso 10 ore fa
Oknotizie

AGENDA MACROECONIMICA - Il calendario degli aggiornamenti macroeconomici attesi sui principali mercati internazionali. Per ciascun evento sono indicati l’orario di diffusione, il grado di importanza, l’indicazione attuale, quella precedente e la previsione degli analisti. Apri l'Agenda.

La storia insegna. La storia sarà l’unica vincitrice nella lotta contro la crisi, anche perchè dalla sua parte non solo ha il tempo, ma anche la saggezza della logica. E la storia giudicherà in modo salomonico, la scelta di Draghi di intervenire sul costo del denaro forse troppo tardi. Con un’inflazione a meno della metà del target iniziale, con una disoccupazione a livelli record per moltissimi paesi (e destinata ad aumentare come in Italia con previsioni che parlano di n 12,7% ormai prossimo), non sembra proprio che Draghi abbia intenzione di occuparsi di questo, preferendo sistemare il settore bancario. Settore nevralgico, purtroppo, come nevralgico e urgente è anche quello del lavoro, in un’Europa che si trova sommersa dalle urgenze.

Ma partiamo da quella più subdola. Escludendo alimentari ed energetici, nel 2013 l’inflazione ha toccato una media preoccupante dello 0,7% resuscitando lo spettro della deflazione e creando il nuovo mito della “giapponesizzazione” ovvero dell’entrata in un circolo vizioso fatto di una moneta forte, ristagno di prezzi, salari e produzione, tutti sintomi che l’Europa accusa, come accaduto a Tokyo dagli anni novanta ad oggi, dal quale Tokyo sta tentando di uscire, a fase alterne ed alterne speranze, dopo aver creato l’Abenomics, la serie di stimoli monetari basati su un allargamento della base monetaria con svalutazione dello yen, e una serie di riforme unite anche al tentativo di attirare investitori esteri e rafforzare l’export. L’Europa non può farlo: troppi interessi di parte bloccano un politica unitaria, troppe indecisioni politiche legano le mani dei singoli governi. Di questo pericolo si è accorta sia Lagarde del FMI sia Jim Yong Kim, presidente della banca Mondiale: la prima teme la deflazione, il secondo il crollo del sud Europa come zavorra della ripresa, schiacciata da una disoccupazione che farà perdere un’intera generazione di giovani.
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AGENDA MACROECONIMICA - Il calendario degli aggiornamenti macroeconomici attesi sui principali mercati internazionali. Per ciascun evento sono indicati l’orario di diffusione, il grado di importanza, l’indicazione attuale, quella precedente e la previsione degli analisti. Apri l'Agenda.

E la pacatezza della Bce è ancora più sorprendente se si considera che lei stessa prevede una disoccupazione altissima e cioè al 12% circa, inaccettabile per sua stessa ammissione, fino al 2015. E si potrebbe pensare che l'elevata disoccupazione continuerà ad esercitare una pressione al ribasso sui salari europei e i prezzi in futuro più o meno allo stesso modo come ha fatto l'anno scorso, tagliando le gambe a tutte le previsioni degli analisti che volevano l'Europa come il primo grande vincitore.

Ma i margini di crescita sono sempre più deboli, sempre più asfittici e le minacce esterne sempre più gravi, tanto da rendere il Vecchio Continente il classico tallone d'Achille in un quadro già di per sè incerto e a macchia di leopardo. Non solo, ma proprio i PIIGS, ora osannati, potrebbero essere stati troppo sopravvalutati. Forse anche volontariamente.

A pensare male si fa peccato, ma la convinzione di molte società e di molti analisti nel voler rendere forzatamente appetibile un mercato che altrimenti non avrebbe nessuna effettiva base d'appoggio, sembra essere fin troppo strana: i mercati vanno oltre, si sa, ma il panorama temporale di cui i periferici avrebbero bisogno per riuscire a definirsi fuori pericolo, è anche superiore rispetto a quanto solitamente i mercati stessi guardano. La Spagna è in positivo (ma con uno 0,1% come ultimo dato concreto ottenuto da una disoccupazione al 25%), l'Italia nemmeno a parlarne: qui il marketing raggiunge vette a dir poco da imbonitore. Sulla Grecia il dramma è in corso da troppo tempo. L'Irlanda parrebbe dare buone notizie, ma resta sempre quella strana lettera che il governo aveva invitato ai cittadini chiedendogli di emigrare. Ma gari in Gran Bretagna, l'unica nazione che potrebbe presto invertire la rotta sull'accomodamento finanziario (Londra è ancora padrona della sua moneta) essendo anche uno dei pochi che è in pieno e incontestabile recupero (una voce s tutte: disoccupazione media al 7,4% con un target fissato dalla BoE al 7% per il rialzo dei tassi di interesse).
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Strano che Draghi non consideri le due variabili di inflazione e disoccupazione come troppo minacciose: inflazione troppo bassa unita a una disoccupazione troppo alta, un mix esplosivo che potrebbe bloccare gli influssi benefici delle già poche azioni in mano alla banca centrale al quale non può certo sostituirsi all’inerzia sempre più colpevole dei singoli governi. Inoltre tutte le politiche monetarie e le strategie correttive, dovendo agire su elementi profondi e radicati avranno bisogno di più tempo, come la Fed insegna. E il lavoro, sappiamo, è l’ultimo tassello dell’intero domino.

Concentrato sul settore del credito, e da questo distratto, Draghi punta a riformare questo snodo di primaria importanza al grido di “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Ovvero: le banche deboli chiudano, visto che negli Usa sono state dieci volte di più. Ma negli Usa il settore bancario non coinvolge il mercato e l’economia reale in maniera così incisiva come in Europa la cui economia si è sempre retta sul credito, sui mutui, sui fidi e sui finanziamenti chiesti (e ultimamente non ottenuti) negli istituti di credito. Eppure la paura non serpeggia solo tra gli uffici della Bce: S&P nei giorni scorsi ha puntato il dito contro le banche a causa di “utili bassi, modesta capitalizzazione e aumento delle sofferenze” aumentate a 150miliardi, oltre il 22%.

La seconda lezione che il signor Draghi sembra aver dimenticato è che le grandi lacune dei mercati del lavoro e dei prodotti sono generalmente associate con il calo dei prezzi, quindi non risolvendo l’una si peggiora anche l’altra: strano anche il fatto che, a un impennarsi della disoccupazione già presente da tempo, Draghi si sia meravigliato di un crollo dell’inflazione.
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Terzo punto, il costo della deflazione, soprattutto sui paesi particolarmente indebitati, è enorme, quindi più perdura questo stato (innegabile se non ai suoi occhi) più peggiora la situazione in generale, più sarà difficile risanarla se non con strategie al limite del suicidio (considerando iil rapporto rischi benefici) come sta facendo il Giappone. Questo perchè, come Irving Fisher ci ha insegnato, la deflazione aumenta il peso reale di un determinato livello di debito, il che aumenta in modo esponenziale il rischio della spirale deflazionistica.

Per Draghi, però, “le aspettative sono saldamente ancorate nel medio termine agli obiettivi della banca centrale”. Un ennesimo copia-incolla dai suoi discorsi...
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WANTED

Forumer storico
Il ns, si sa....gap ancora aperti.

Mentre il DJ mi stupisce con una bella candela .......fuori campo.
Mai vista sul loro indice un fuori banda del genere sul giornaliero.
Idem su SP500.
Linea del piave poco sotto.
 
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