Scosse pericolose sulle monete emergenti.
In Argentina maxi-svalutazione del peso
Cina, India, Russia, Brasile e Sudafrica rischiano di passare dal traino dell'andamento economico al subire gli effetti del "tapering", la riduzione degli stimoli della Fed che abbassa la liquidità disponibile e quindi toglie armi agli investitori. Ecco cosa succede alle valute emergenti sotto stress
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MILANO - I mercati dei paesi emergenti, in particolare Cina, India, Russia, Brasile e Sudafrica, che avevano trainato la crescita economica globale dopo il 2008, ora rischiano di essere contagiati dalla crisi e dall'effetto del "tapering" della Fed. Tra ieri e oggi i mercati valutari di diversi paesi emergenti, primi fra tutti quelli di Argentina e Turchia, hanno sperimentato un pesantissimo tracollo delle rispettive monete. La lira turca, complice anche un grave scandalo politico-finanziario che ha coinvolto il governo, è da due giorni in caduta libera ai minimi record, mentre in Argentina, il governo è dovuto intervenite annunciando un allentamento della stretta sugli acquisti in dollari, dopo che il peso è sceso ieri ai minimi da 12 anni. Il rublo russo è calato ai minimi da 5 anni, la grivna ucraina ai minimi da 4 anni e anche il rand sudafricano è sceso oggi ai minimi dall'ottobre 2008. Dietro questi tracolli monetari a catena ci sono due fattori chiave. In primo luogo l'avvio del tapering da parte della Fed negli Usa, destinato a far rialzare in prospettiva i tassi americani e dunque a frenare la politica ultra-accomodante, che spinge la speculazione internazionale a investire massicciamente nei paesi più rischiosi e più redditizi e cioè queli emergenti. L'altro motivo di fondo è l'inevitabile indebolimento del boom economico di paesi come Cina, India e Brasile.
Una situazione particolare è quella che si è registrata a Baires. L'Argentina ha deciso ieri una
brusca svalutazione del peso, la valuta nazionale, che ha riportato sui mercati i timori di una crisi finanziaria nella seconda economia per importanza in America latina. Il calo di oltre il 15% accusato dalla valuta argentina nei primi scambi ieri ha costretto la Banca centrale a ritornare sul mercato per vendere dollari, limitando così il ribasso a fine seduta all'8% che rappresenta, comunque la perdita più ampia per il peso su base giornaliera dal default da 95 miliardi di dollari e dalla pesante svalutazione del 2002.
La valuta argentina ha superato ieri la soglia simbolica di 8 peso per un dollaro dopo aver sfondato il giorno prima quella dei 7 peso, uno choc per gli argentini che negli anni '90 vivevano nella parita' tra peso e dollaro. La valuta ha toccato un minimo giornaliero di 8,34 peso per un dollaro ieri per poi chiudere a quota 8,01. La svalutazione, nemica di risparmiatori e investitori, accumulata in due giorni è del 13,9% e quella delle prime tre settimane del 2014 è pari al 18,6% contro il 24% di tutto il 2013. Il governo argentino, per tramite del premier, Jorge Capitanich, ha annunciato l'allentamento delle restrizioni in vigore da oltre due anni sugli acquisti di valuta estera, e cioè di dollari, da parte di cittadini privati, sottolineando come "il prezzo del dollaro abbia raggiunto un livello di convergenza accettabile con gli obiettivi di politica economica" del paese.
Un brusco cambiamento di rotta dopo che dall'ottobre 2011 l'amministrazione della presidente Cristina Kirchner aveva 'razionato' con parsimonia la quantità di dollari a disposizione di privati e imprese nel tentativo di proteggere le riserve internazionali del paese. La stessa Kirchner aveva affermato il 6 maggio scorso che il peso non sarebbe stato svalutato ma una mossa in questo senso veniva reclamata da tempo dalle imprese, in particolare da quelle export. Dopo aver speso oltre 4,5 miliardi di dollari nel 2013 per difendere la valuta nazionale, la banca centrale è intervenuta per almeno 100 milioni di dollari ieri per limitare il crollo del peso e le valute internazionali del paese hanno terminato la giornata a un nuovo minimo da oltre sette anni di 29,3 miliardi contro un picco di 52,6 miliardi a inizio 2011. Da quando Kirchner ha deciso un ampio rimpasto, nominando uomini nuovi a capo del ministero dell'economia e della banca centrale il 18 novembre scorso, il peso si è svalutato del 25%, un record a livello mondiale. Intanto, l'inflazione ha raggiunto il 25-30% in Argentina nel 2013, secondo stime private (10,9% secondo il governo) e viene prevista in ulteriore aumento quest'anno. Nel solo mese di dicembre, sempre secondo stime private, potrebbe toccare il 5%. (24 gennaio 2014)